Da
Roma_Francais
Publié le samedi 06 juin 2009 à 06h00 pour
MATTHIEU MILLECAMPS
François Vlaminck, "gadjo" presso i Rom
La prima volta, fu nell'aprile 2007. François Vlaminck, educatore sociale,
incominciava a lavorare per Aréas (Associazione regionale di studio e di azione
sociale presso la gens du voyage). "C'erano queste baracche, a
Lille-Fives, con una sessantina di persone tutte appena arrivate dalla Romania.
Non avevano ancora delle roulotte. Di sicuro, le baracche sono presto state
evacuate dalla polizia..." Da allora, di bidonville in depositi, garantisce una
missione "di osservazione e di vigilanza sociale" presso i Rom precari originari
della Romania, Bulgaria ed ex-Jugoslavia. Il suo compito, finanziato dallo
Stato, consiste nel recensire le famiglie, le loro situazioni sociali e
sanitarie.
Ma François Vlaminck è fatto anche una specialità della gestione delle
emergenze umanitarie. In relazione costante col "115", soprattutto nel periodo
invernale, un giorno scova un riparo per una giovane sul punto di partorire.
L'indomani, sono i volontari del Soccorso Popolare che l'accompagnano per una
distribuzione di derrate alimentari... Sul filo, senza soste, tra il suo ruolo
di lavoratore sociale e le aspettative della popolazione.
"Sistemi di sopravvivenza"
"Un giorno, mi son ritrovato nel campo di via de Marquillies a Lilla, seduto
su una sedia in mezzo alle famiglie. Erano tutti là, coi documenti d'identità.
Credevano fossi venuto ad iscriverli a qualcosa, un dispositivo..."
Dopo, le famiglie comprendono meglio il ruolo di François Vlaminck, vigile
sociale delle baraccopoli. "A volte, così, mi faccio messaggero delle buone
notizie, accompagno anche le famiglie nei loro percorsi".
Lontano tanto dal buonismo che dalla caricatura, François Vlaminck dice di
aver preso coscienza dei problemi che attraversano i campi "selvaggi". In queste
baraccopoli vivono ancora 220 famiglie della metropoli di Lilla, quelle che non
sono potute entrare nel dispositivo dei villaggi di inserimento.
La mendicità dei bambini? "Evidentemente è un problema. Ma l'ampiezza è tale
che non si può che ripetere altro, senza fine, che è proibito". Ed evocando
anche la difficile questione della prostituzione, è per insistere immediatamente
sul fatto che questo fenomeno sia lontano dall'essere proprio della cultura rom.
"Su 220 famiglie che vivono in una tale precarietà, ci sono sistemi di
sopravvivenza messi in atto, non sempre legali. Ma ci sono anche molte famiglie
che se ne allontanano, che non vogliono sentire parlare di accattonaggio dei
bambini", martella lui.
Rispetto a questa realtà, spera che incontri come quelli sulla "Ziganìa" (QUI
in francese ndr), oggi alla stazione Saint-Sauveur, "aiutino ad aprire un
poco lo spirito della gente, a farla reagire". A condizione, insiste, di non
"ridurre i Rom alla loro musica ed al folclore!"
E se il giovane operatore sociale afferma di avere "troppo la testa sul da
farsi per fermarsi a riflettere", ha nondimeno sviluppato un profondo interesse
per la cultura di chi frequenta quotidianamente. Quest'estate, ha previsto
proprio di partire al loro incontro, nei paesi dell'est, per tre mesi.