Segnalazione di clochard
[mercoledì 8 aprile 2009]
Alla Camera viene soppresso l’art. 5 del decreto legge che prevedeva il
prolungamento dei tempi di detenzione a sei mesi
Nuova battuta d’arresto sui Cpt. Già il Senato, nell’ambito della discussione
sul disegno di legge 733 (quello che tra le altre contiene la soppressione del
divieto di segnalazione da parte dei medici) aveva cassato la previsione di
trattenere un anno e sei mesi i migranti irregolari nei centri di detenzione.
Ma il Viminale, indisponibile a cedere sul governo delle migrazione tramite
l’incarcerazione (si dice in attesa di espulsione) aveva riproposto attraverso
il cosiddetto decreto "anti-stupri", tuttora in vigore, una norma simile,
che prolungava a sei mesi il trattenimento. Questo, non solo nel caso di
ostruzione all’identificazione (come previsto dalla contestatissima direttiva
europea sui rimpatri) ma semplicemente per difficoltà (magari burocratiche e
attribuibili alle autorità dei paesi d’origine) nel risalire alla
nazionalità dei migranti in attesa di espulsione.
Sulla sorte del decreto legge, che il Parlamento deve ratificare entro 60 giorni
dalla sua emanazione) per la parte relativa ai Cie, è però intervenuto un
emendamento di Udc e Pd che ha fatto sopprimere l’art 5 sostenuto dal voto
segreto di alcuni esponenti della maggioranza.
Uno "smacco" che non va giù alla Lega Nord che sull’immigrazione sta rigiocando
la sua legittimità.
Il terreno è tutto aperto, il decreto ancora in vigore, si attendono le
successive votazioni del Senato. Intanto però si afferma uno spazio di
possibilità nella realtà di una crisi che sta travolgendo profondamente gli
assetti monolitici della rappresentanza politica incapace di trovare risposte
adeguate allo scenario che abbiamo davanti. Le risposte sono confuse e vanno
dalle dichiarazioni belligeranti del Ministro Maroni (ricordiamo la sua
annunciata "cattiveria contro i clandestini") a quelle spiazzanti del
presidente della Camera Fini (macchè tolleranza, ci vuole integrazione...),
a quelle bonapartiste del presidente del Consiglio, attento a colpire la "pancia
del popolo" ma tanto astuto da saper ammorbidire le controversie spinose.
Chi volesse guardare a questo scenario con gli occhi classici della politologia
rischierebbe di impazzire. Chi prova a farlo con quelli dell’ideologia, di
ritrovarsi in una visione fantasiosa.
La nuda e cruda realtà è quella che tiene insieme il razzismo più becero che
vorrebbe scaricare la crisi sui migranti, insieme e contemporaneamente alle
centinaia di firme raccolte dai parlamentari della maggioranza contro la
segnalazione degli irregolari. Una matassa nuova.
A quanti pensano che il voto alla Camera contro l’art 5 del decreto significhi
la possibilità di rispondere al razzismo col voto dell’opposizione, diciamo che
il suo sguardo è corto e mistificatorio.
In gioco non c’è la capacità di votare, la decisione su questo o quel
provvedimento, ma la forza di decidere.
C’è qualcosa di nuovo che ha bisogno di trovare nuove istituzioni, nuovi momenti
di decisione. Le reti di solidarietà, quelle dei medici contro la delazione, le
reti auto-organizzate dei migranti, possono parlare ad un paese in cui la crisi
ha rotto ogni inibizione alla xenofobia.
La risposta al razzismo, nella crisi, non può che essere una risposta
moltitudinaria. Non quella degli esperti dell’immigrazione, non quella dei
migranti soli contro altri, ma quella di una società che dal basso sappia
riprendersi ciò che questo mondo così mal governato le ha tolto. La capacità di
decidere sul proprio futuro.
N. Grigion, Progetto Melting Pot Europa
Vedi anche:
The road
to Lampedusa - L’inferno ora dura 6 mesi