Da
IlGiornale.it
di Alberto Giannoni - "Acqua e sapone" a scuola per i bambini rom? Chi
lavora tutti i giorni per i piccoli nomadi non è contrario a un progetto come
quello che un istituto del Gallaratese prevede per i bambini del vicino campo di
Triboniano. La possibilità, per gli alunni rom, di lavarsi nelle docce delle
scuole prima di entrare in classe. Chi conosce bene le reali difficoltà
dell’integrazione dunque non dà giudizi astratti. Non si affida alle certezze di
un approccio ideologico. Così, per esempio, Susanna Mantovani, ordinaria di
Pedagogia e prorettore all’Università Bicocca, promuove il progetto della
scuola "Riccardo Massa": "Mi pare un elemento di accoglienza - dice la
professoressa, per tre anni nel Consiglio direttivo di Unicef Italia -, secondo
me non è molto diverso dal pulmino che accompagna i bambini a scuola, o dal
servizio mensa". "Per quel che ne so io - continua - interventi del genere sono
visti con favore dalle stesse famiglie di nomadi. Come tutti i genitori, anche i
rom vogliono il meglio per i loro figli, almeno all’inizio, poi subentrano
dinamiche molto complesse e articolate in questi gruppi che sono nello stesso
tempo tradizionalisti e trasgressivi. Ma anche gli insegnanti credo siano
favorevoli, e si prestano anche al di là di quelli che sono i loro stessi
doveri". Il suo giudizio è pragmatico e favorevole, dunque: "Qualunque cosa
aiuti la frequenza scolastica mi pare utile, e se un bambino a scuola viene
visto come un lebbroso questo certo non aiuta. L’integrazione va incoraggiata
fin dall’inizio per prevenire fenomeni pericolosi e sgradevoli dopo. Se dei
bambini che non possono fare la doccia a casa la fanno a scuola mi sembra un
servizio di accoglienza positivo".
Non è molto diverso il parere di Maurizio Pagani, vicepresidente dell’Opera
nomadi di Milano, che promuove la tutela dei diritti di rom e sinti: "A volte è
inevitabile - commenta riferendosi al progetto del Gallaratese -. Certo, si deve
intervenire con rispetto e sensibilità. E non deve essere una previsione
generalizzata. Ma se si tratta di casi mirati mi sembra una risorsa, soprattutto
per i bambini che vengono da insediamenti abusivi". "Loro oltretutto - aggiunge
- non manifestano contrarietà. E così i genitori. Anche perché i bambini sono
molto diretti, spontanei. E se uno dice a un altro “tu puzzi” questo condiziona
inevitabilmente il loro rapporto e l’integrazione". "In ogni caso, aggiunge, i
problemi veri sono altri. Soprattutto l’esito scolastico. Molti non sanno
scrivere e leggere".
"Si tratta di un gesto d’attenzione - spiega l’assessore Mariolina Moioli -,
le maestre lo fanno volentieri, i bambini si presentano in modo decoroso e
questo li aiuta. Accade anche in altre scuole". Per ridurre i problemi nelle
scuole, gli uffici scolastici hanno cercato di distribuire i piccoli rom fra i
vari istituti. E la "Riccardo Massa" è fra le "scuole pilota" dei progetti di
inserimento, insieme agli istituti di via Console Marcello e di via Cilea. Sono
1032 i bambini nomadi iscritti nelle scuole di Milano e della provincia. Su
4mila rom e sinti che vivono nel Milanese. Molti non frequentano la scuola. Nel
2005 il 61 per cento risultava frequentare regolarmente. Oggi a Milano va in
classe l’80 per cento: circa 370 piccoli. Per l’ufficio scolastico provinciale
"non esistono casi di particolare sofferenza. Certo la frequenza va
incoraggiata, ci sono difficoltà, spesso si devono attivare i servizi sociali e
sanitari, ma la situazione è stabilizzata".