Dal blog di
Stefania Ragusa
Leggendo Altreconomia
di febbraio, ho scoperto una cosa molto interessante. Ricordate Giovanna
Reggiani, la donna violentata e uccisa da un giovane romeno nell'autunno del
2007, all'uscita di una stazione nella periferia romana? Ricordate quel che
accadde dopo, la violenta campagna politica contro i rom e l'immigrazione dalla
Romania?
La famiglia di Giovanna Reggiani non ha
ceduto alla tentazione dell'odio e ha avviato, insieme con la comunità valdese
di Firenze, un progetto per aiutare e sostenere gli immigrati romeni in Italia.
Nel volume Lavavetri, scritto da
Lorenzo Guadagnucci e pubblicato da Terre di Mezzo, c'è un'intervista alla
sorella minore di Giovanna Reggiani, Paola, in cui si parla di questa scelta e
di molte altre cose. Alla domanda: "cosa pensi oggi di quella reazione della
politica, del meccanismo che si innescò?", Paola Reggiani risponde: «Io dico che
non c'è coerenza, perché agendo così non garantisci sicurezza a nessuno. Non dai
alternative alle persone che hai cacciato dalla città, dai luoghi in cui
abitano, e così crei nuovi ostacoli alla possibilità di costruire cose insieme.
E non dai sicurezza alle altre persone, che diventano vittime a loro volta di
reazioni estreme, frutto di situazioni contingenti. Non è questa la sicurezza nè
il modo per reagire a fatti così gravi. Non si può distruggere, si deve
costruire. E con la violenza non costruisci, da qualsiasi parte provenga».
Violenza non è solo uccidere o picchiare. Violenza è anche fare vivere delle
persone come bestie, perseguitarle, escluderle.