Come promesso ieri, CityRom va in
via Impastato a Milano
(@2008 google - Immagini @2008 digitalGlobe, Cnes/Spot image, GeoEye)
Il piccolo campo comunale di via Impastato occupa un "vuoto" di forma quadrata
tra via Rogoredo, la tangenziale Est - nei pressi dello svincolo per
l’autostrada del Sole - e l’anello di prova per i treni del deposito di Rogoredo
della Metropolitana 3.
Il campo è costituito da un piazzale di terra battuta con tre piccole case
prefabbricate e alcuni container ed è situato dietro un terrapieno che ne
nasconde la vista dalla strada. È occupato interamente dai membri di una stessa
famiglia, quella dei Bezzecchi, in tutto una quarantina di persone. Giorgio
Bezzecchi, vice-presidente nazionale dell’Opera Nomadi, che ha lavorato 23 anni
all’Ufficio nomadi del Comune, racconta come la sua famiglia si è dovuta
trasferire in questo campo comunale cinque anni fa dopo vare vissuto per
ventanni in affitto su un terreno demaniale nelle vicinanze. Secondo Pasquale
Maggiore dell’Ufficio nomadi del Comune per la famiglia Bezzecchi essere
spostata in un campo comunale anziché pagare l’affitto per il terreno che
occupavano costituisce una regressione. Goffredo Bezzecchi, patriarca della
famiglia, infatti, aveva scelto di non vivere in un campo nomadi, rifiutando
l’assistenzialismo del Comune e questo era un segno di responsabilità e
autonomia che avrebbe dovuto essere sostenuto anziché frustrato.
Il 6 giugno 2008 all’alba il campo nomadi fu oggetto di un "blitz" della polizia
per effettuare il "Censimento dei rom" voluto da valerio Lombardi, super
commissario per i rom con gli ampi poteri previsti dall’ordinanza della
Presidenza del Consiglio. Fu il primo e l’ultimo effettuato nei campi
autorizzati di rom cittadini italiani, dopo che la vigorosa protesta degli
interessati e dell’opinione pubblica mise in evidenza gli aspetti discriminatori
e anticostituzionali dell’iniziativa.
Giorgio Bezzecchi
Siamo rom harvati, cittadini italiani anche se la mia famiglia è di origine
slovena, che vuol dire che fino alla prima guerra mondiale aveva la cittadinanza
austriaca e poi abbiamo scelto di essere italiani. Mio nonno, il padre di mio
padre, era un militare italiano. È andato in guerra e non è più tornato. Mio
padre è stato in campo di concentramento durante il fascismo… Girava con la
giostra ma ha deciso di fermarsi e nel 1966 ha affittato con un regolare
contratto un terreno demaniale, in via Bonfadini, nei pressi di quello che è ora
il campo comunale dei rom abruzzesi, su cui ha posizionato delle strutture
facilmente rimovibili: prefabbricati, case mobili. Pagavamo un regolare affitto,
l’acqua e la luce. Abbiamo dovuto lasciare l’area perché era interessata a
lavori pubblici: doveva passare il Tav, il treno ad alta velocità. Non volevamo
stare nello stesso campo dei rom abruzzesi, che il Comune aveva costruito nel
1987 e abbiamo chiesto un’altra soluzione. Ci hanno dato quest’area di risulta.
L’area non é stata attrezzata e nemmeno pavimentata. L’unico intervento
strutturale fatto dal Comune è stato quello di costruire questa montagna alta
oltre due metri per nascondere il campo alla vista del quartiere. C’è
l’allacciamento all’acqua, alla fogna e all’elettricità e vengono pagate tutte
le utenze, perché ogni famiglia ha un contratto privato con l’Enel e l’AEM, cosa
che non accade negli altri campi. Abbiamo firmato una specie di contratto e il
Comune ha dato un tot di metri quadri a famiglia e alla casa abbiamo dovuto
provvedere noi. Nei campi nomadi c’è il regolamento che vale per il circo e si
possono posizionare solo strutture non ancorate a terra, facilmente rimovibili.
Questa casa dei miei genitori è un prefabbricato. Era in via Bonfadini, è stata
divisa in due, caricata e trasportata coi "trasporti eccezionali". Una casa di
questo tipo quando è nuova si può trasportare anche più di una volta, ma quando
ha trent’anni come questa, nel trasporto, si rompe…vedete le crepe? L’ho detto
anche a mio fratello che ne ha comprata una da poco: se tra quindici anni la
devi spostare, si rompe tutta…
Gli altri stanno nei container perché non possono permettersi queste casette,
che sono a norma ma costano molto. Se si chiede ai Rom dove preferirebbero
abitare, non si ottiene una risposta univoca. In questo campo, alcuni ragazzi
giovani hanno fatto domanda di alloggio popolare; uno o due ha anche occupato
abusivamente un alloggio popolare, come molti italiani. Mio padre vuole
continuare a vivere in questo modo, mia sorella anche, l’altro mio fratello
anche… Una mattina di giugno alle cinque si sono presentati 70 agenti – da
notare che in questo campo vivono 40 persone –: Carabinieri, Polizia di Stato,
Polizia Municipale e furgone della Scientifica. Hanno circondato il campo e
hanno svegliato tutti. In base all’ordinanza di Berlusconi, siamo stati censiti,
fotografati, sottoposti a rilievi dattiloscopici dalla Polizia Scientifica.
Anche i bambini. Si è istituito per noi un archivio speciale in Prefettura,
nonostante siamo cittadini italiani, residenti in via Impastato, regolarmente
registrati all’anagrafe civica. Un intervento istituzionale differenziato.
Sarebbe bastato andare in anagrafe per rilevare le presenze. Per fortuna la
nostra è rimasta l’unica famiglia italiana che è stata censita. Per ora in
questo archivio parallelo ci sono solo la mia famiglia e i Rom stranieri. Siamo
riusciti in qualche modo, sembra, a fermare il censimento attraverso la Procura.
Abbiamo presentato un esposto citando il capo del Governo, il Sindaco e il capo
della Polizia…
Goffredo Bezzecchi
O fai lo zingaro e giri o quando ti fermi ti devono dare la possibilità di farti
una casa, comprartela, sennò sei fuori… Prima io giravo perché avevo le
giostrine. Non mi sarei fermato con la mia giostrina, anche se mi avessero
regalato un posto io non ci sarei stato. Andava bene così: mi fermavo due o tre
giorni e non davo fastidio. Poi me ne ne andavo e il posto rimaneva pulito.
Allora era diverso: avevi la giostrina e ci vivevi, non c’erano tante esigenze.
Oggi fare lo zingaro non è facile. Mi sono fermato perché avevo otto figli e ho
preferito per loro la scuola e il lavoro. Mi sono fermato in via Bonfadini. Ero
in affitto su un terreno e non volevo vivere nel campo nomadi. Il funzionario
era una brava persona, adesso è in pensione. Lui e la moglie mi hanno aiutato
molto, anche per il lavoro. Io ho detto "pago l’affitto" e sono andato avanti
per tanti anni, e i ragazzi andavano a scuola. E dalla scuola sono passati al
lavoro: uno ha fatto per 19 anni il portinaio; mio figlio Paolo da 30 anni
lavora sempre sotto lo stesso padrone; Giorgio è stato assunto dal Comune.
Alcuni fanno i lavori che trovano: mia figlia stamattina è partita alle cinque
per andare a lavorare in un’impresa di pulizie… Io sono scappato dal campo e mi
sono accorto che i miei figli hanno una testa, non sono stupidi e possono
farcela. A molti invece il campo fa comodo, specialmente ai furbacchioni. A
molti piace scroccare, ma non solo ai rom. Anche nelle case popolari ci sono i
furbacchioni. Ma se non puoi andare fuori dal campo, dove vai? Se non ti
lasciano, non hai scelta… Io ormai alla mia età non ci andrei più a vivere in
una casa e ci sono alcuni ragazzi che continuano a preferire vivere qui, nella
casetta o nel container, ma con mio figlio Giorgio, che ha sposato una gagia ho
insistito. Gli ho detto "per amor di Dio, tu non devi più stare qui con la tua
signora, lei è abituata a stare in una casa…".
(Il sopralluogo al campo e le interviste a Goffredo e Giorgio e Bezzecchi sono
stati effettuati il 22 ottobre 2008, l’intervista a Pasquale Maggiore il 16
ottobre 2008 )