Da
Czech_Roma
30 luglio, 2008 - By Gwendolyn Albert
Anita Danka/European Roma Rights Centre.
Elena Gorolova, a sinistra, a Madrid con una reduce alla sterilizzazione
forzata, Marta Pušková.
Negli ultimi quattro anni, sono stata coinvolta nell'aiutare le reduci delle
sterilizzazioni forzate nella Repubblica Ceca, nella loro lotta per ottenere dal
governo una riparazione per i danni da loro sofferti, e per impedire che
violazioni simili accadano ancora negli ospedali cechi. Assieme ad OnG locali ed
internazionali, le donne della comunità Rom di Ostrava in particolare, hanno
perseverato in questa ricerca, nonostante le minime risorse ed appoggio. Il loro
solo alleato è il difensore pubblico dei diritti Ceco (ombudsman), le cui
raccomandazioni fatte nel 2005 rimangono inadempiute dal governo, nonostante i
richiami dei consulenti governativi di riconoscere la responsabilità per le
violazioni, scusarsi con le vittime e fornire una riparazione.
Qualche settimana fa, mi sono trovata in un albergo di Vienna, dopo una
settimana di attivismo ad una grande
conferenza a Madrid sui diritti delle donne. Assieme ad alcune delle reduci
di Ostrava ed allo staff dell'European Roma Rights Centre, avevo raccolto firme
per richiedere ai governi ceco, ungherese e slovacco di riparare queste
violazioni. Curiosa di vedere le notizie, ho girato sulla CNN - e quasi sono
caduta per la sorpresa. Uno spot annunciava che il documentario Processo per un
Bambino Negato, sulla sterilizzazione coercitiva nella Repubblica Ceca, sarebbe
stato trasmesso durante la serie "Storie Mai Raccontate dal Mondo". Essendo
stata coinvolta da vicino nell'assistere i produttori del film, ero strafelice
di vedere il loro lavoro raggiungere il mondo.
Ma per me, lo sviluppo più importante negli scorsi quattro anni è stato il
cambiamento che ho osservato nelle donne stesse. Nonostante alcune difficoltà -
come le cronache ostili nella stampa locale dopo che avevano dimostrato fuori
dall'ospedale di Ostrava nel 2006 - queste donne hanno superato lo stigma che
chiunque proverebbe a discutere dettagli sulla propria vita così intimi. In un
recente incontro con le donne Rom della Slovacchia che sono state oggetto degli
stessi abusi, le reduci delle sterilizzazioni di Ostrava parlarono
appassionatamente del bisogno di raggiungere in qualche modo il pubblico
attraverso i media, non solo di scambiarsi le proprie esperienze privatamente.
Anche dopo quattro anni di quasi silenzio dal governo, ed anche sapendo che loro
sono coscienti che la grande maggioranza di loro non vedrà mai quel giorno in
tribunale, rimangono focalizzate e desiderose di giustizia.
Nessuna personifica questa trasformazione così chiaramente come Elena Gorolova,
che fu sterilizzata senza il suo consenso nel 1990, nel corso del suo secondo
parto cesareo. Durante il travaglio in sala parto, con un'enorme paura e sotto
l'influenza dei sedativi, i dottori le diedero un pezzo di carta e le dissero:
"Firma o morirai." Credendogli, firmò senza nemmeno leggere il documento - come
disse più tardi, "In quel momento, avrei firmato la mia condanna a morte."
Il "consenso" ottenuto da Elena sotto queste circostanze è tipico dei reclami
del post-comunismo registrati dall'ombudsman. Lei non scelse di essere
sterilizzata - i dottori scelsero per lei.
Quattro anni fa, quando riportai per la prima volta di queste violazioni alle
Nazioni Unite di New York, fu il suo primo viaggio aereo. Così ci organizzammo
per un'altra donna, che l'avrebbe accompagnata e mostrato la rotta.
Quest'estate, per il nostro viaggio a Madrid, Elena non solo ha volato da
Ostrava da sola, ma è stata lei ad offrire supporto ad un'altra che a sua volta
volava per la prima volta. Ha anche imparato ad usare, l'e-mail e Skype.
L'esperienza di parlare in pubblico ed interagire con i giornalisti ha
rafforzato non solo l'autostima di Elena, ma anche quella delle sue colleghe,
come il documentario dipinge così bene. Elena è anche stata nominata
recentemente membro della società civile del Consiglio Governativo per gli
Affari della Comunità Rom, un organo consultivo del governo sulle tematiche Rom.
Solo un'individualità veramente forte può aver sostenuto l'esperienza recente
di un'intervista online con i lettori del server di notizie iDNES.cz, che Elena
ha voluto fare mentre eravamo a Madrid. I partecipanti alla conversazione,
alcuni firmandosi "Dottore", accusavano Elena e le sue compagne di vari motivi
clandestini, come quello di voler diventare "ricche alla svelta" - un'accusa
ridicola per chiunque abbia familiarità con i tempi del sistema legale ceco, e
le somme tradizionalmente basse dei compensi elargiti solo in casi eccezionali.
Quanti interrogavano sembravano afferrare a fatica che le doglie non sono il
momento migliore per chiedere ad una donna se volesse essere sterilizzata.
Tentavano di spiegare ad Elena che il "vero problema" era il desiderio di suo
marito di avere più figli, non quello del dottore che la sterilizzava senza il
suo informato consenso. Questo implicava che avere bambini era solo uno
stratagemma per ricevere appoggio sociale. Le hanno chiesto se fumasse, quali
voti avesse a scuola e perché non adottasse un figlio. Le hanno chiesto perché i
Rom abusino del sistema sociale, perché si perdano nel gioco, droghe e alcool -
domande razziste che non hanno niente a che fare con gli abusi dei diritti
umani.
Come era sua prerogativa, non ha risposto alle domande più ignoranti. Ha
risposto a quelle che riteneva utili, ripetendo la sua storia intensamente
personale forse per la millesima volta, nello sforzo di far capire alla gente
che non solo lei, ma molte altre, ci sono passate. Ho trovato la sua stamina
semplicemente incredibile.
Il governo ceco assumerà la presidenza UE nella prima metà del 2009, seguito
dalla Svezia. Dieci anni fa, quella nazione decise di fare quanto la Repubblica
Ceca non ha ancora fatto: riconoscere che il programma di sterilizzazione
adottato dai primi anni '30 sino agli anni '70 portava all'abuso dei diritti
umani, e compensò le vittime di questa pratica. Per quanto ne so, il
riconoscimento di questa verità non è costato niente al governo svedese nei
termini di prestigio internazionale - invece, ha sollevato la condizione del
paese fra i fautori dei diritti umani e della giustizia.
Grazie agli sforzi di quanti hanno lavorato sull'argomento delle
sterilizzazioni forzate in questo paese sin dalla fine degli anni '70, il
governo ceco ha ora un'enorme opportunità di unirsi al gruppo di quei paesi
capaci di auto-riflessione ed espiazione. La domanda è se i leader cechi hanno
abbastanza compassione per farlo.
The author is the Director of the Women’s Initiatives Network of the
Peacework Development Fund.