Da
Osservatorio sui Balcani
Il piombo di Mitrovica 07.07.2008
Campo rom di Osterode
20.000 persone occupate e un benessere diffuso. Erano gli anni '70 e '80 e
Mitrovica era un importante polo minerario. Ora rimane poco, se non
l'inquinamento. A farne le spese soprattutto i rom. Riceviamo e volentieri
pubblichiamo
Di Federica Riccardi e Raffaele Coniglio*
Tra i tanti primati che una volta caratterizzavano Mitrovica vanno annoverati il
fiorente indotto minerario che faceva della città e dintorni una delle più
fiorenti aree del Kosovo e dell’ex Jugoslavia (per estrazione di minerali, loro
lavorazione-trasformazione e successiva produzione di batterie), e il più grande
quartiere rom del Kosovo, il Roma Mahala. Questi due aspetti, di valenza
indubbiamente positiva, sembrano non avere interconnessioni mentre invece hanno
stretti legami e tragiche conseguenze.
Gli impianti di Trepca, il fiorente polo minerario nella ricca regione di
Mitrovica, hanno contribuito notevolmente allo sviluppo economico e sociale di
questa zona per tutti gli anni ‘70 e ‘80. Erano più di 20.000 le persone
impiegate, di cui la metà provenienti dalla sola area di Mitrovica, con salari
indimenticabili e tanti benefits per le famiglie degli operai. Sebbene la città
fosse prospera e occupata con il lavoro delle miniere, la gente rimaneva
comunque un tantino insoddisfatta per via della mancanza di investimenti
successivi agli introiti delle miniere. Un detto di quei tempi recitava “Trepca
punon Beogradi ndėrrton”(Trepca lavora e Belgrado si costruisce), sintetizzando
questo aspetto.
8.000 o forse poco di più era il numero di membri della comunità rom che viveva
nel quartiere Roma Mahala di Mitrovica, una striscia di terra a sud del fiume
Ibar che sembra interporsi tra i serbi e gli albanesi. I rom anche allora come
oggi non erano ben inseriti nelle strutture sociali della città, non godevano di
una buona reputazione, e si sono trovati, durante gli anni dello scontro etnico
in Kosovo, tra due fuochi, quello serbo e quello albanese.
Oggi la fotografia di Mitrovica è un’altra. L’intero indotto di Trepca è ridotto
all’osso, con meno di un migliaio di operai vi estraggono soltanto i minerali.
Gli impianti di lavorazione e trasformazione del piombo, rame, zinco sono
dismessi e versano in uno stato fatiscente. Insieme al polo turistico di
Bresovica, gli impianti di Trepca sono stati un grande fallimento per la KTA,
l’agenzia incaricata per le privatizzazioni in Kosovo. Quello che è rimasto dei
fiorenti e produttivi impianti minerari, oltre alle obsolete strutture, è
l’inquinamento del suolo.
Mitrovica oggi ricopre il triste primato di città più inquinata del Kosovo e
dell’ex Jugoslavia. A farne le spese sono tutti i suoi cittadini, i rom più
degli altri. Ed oltre al problema dell’inquinamento, che li vede vittime di
intrighi politici, i rom sono anche cittadini privi delle loro case. Facilmente
manipolati dai serbi e indiscriminatamente percepiti come traditori e nemici
dagli albanesi, si sono visti, da questi ultimi, completamente annientare tutto
il loro storico quartiere. Inermi, dal lato nord del fiume che oggi divide
etnicamente la città in due, hanno assistito alla distruzione delle loro case.
Quelli che avevano deciso di affrontare di petto la situazione persero la vita.
In tanti sono scappati in Europa, in Montenegro, in Serbia.
Campo rom di Zitkovac
I pochi rimasti a Mitrovica sono stati costretti a vivere, in mancanza di
alternative, in posti malsani e inquinati. I campi di Zitkovac, Cesmin Lug e
Kablare, tutti nella parte nord di Mitrovica, furono costruiti nel novembre del
1999 per ospitare circa 500 persone di etnia rom scappate dal loro grande
quartiere. Da allora e per tutti questi anni il problema dei rom è diventato
sempre più grande.
Dovevano restare in questi posti soltanto per 45 giorni. Solo Zitkovac è stato
chiuso ma soltanto nel 2006 ed i suoi abitanti sono stati dislocati negli altri
campi. Nei tre campi di Zitkovac, Cesmin Lug e Kablare molti bambini mostravano
infatti i classici sintomi da inquinamento da piombo: perdita di memoria,
mancanza di coordinamento, vomito e convulsioni. Il Prof. Nait Vrenezi
dell’Università di Pristina già in un suo studio del 1997, condotto
congiuntamente con numerosi esperti internazionali, affermava che l’esposizione
continua ad ambienti con alta concentrazione di piombo crea nei bambini danni
motori e di percezione permanenti.
Dal 1999 al 2006, 27 persone sono morte a Zitkovac, molte delle quali con ogni
probabilità a causa di avvelenamento da metallo pesante, anche se autopsie non
sono mai state effettuate. Nel 2000 furono effettuati diversi test e analisi
sugli abitanti dei campi dall’allora consulente russo dell’ONU, Dott. Andrei
Andreyev, che confermavano fuori da ogni dubbio l’alto livello di concentrazione
di piombo nel loro sangue. Andreyev allora inoltrò un report dettagliato
contenente dati e cifre all’Organizzazione Mondiale della Sanità e all’UNMIK,
chiedendo loro di provvedere ad una immediata evacuazione dei campi. Il suo
report, però, che oggi non è disponibile al pubblico, non ha avuto nessun
riscontro pratico, se non che molti funzionari internazionali della polizia
dell’Unmik, che giornalmente facevano jogging accanto al campo di Cesmin Lug,
dovettero fare immediati accertamenti medici, e si scoprì che il loro tasso di
piombo era così alto da richiedere il loro rimpatrio. Nel 2004 test capillari su
75 persone dei tre campi, principalmente bambini e donne incinte, mostravano che
44 di loro avevano livelli di piombo nel sangue più alti di quanto il
macchinario potesse misurare (65 mg/dl), laddove 10 mg è considerato il punto in
cui vi è un serio rischio di danni al cervello o al sistema nervoso.
Le ultime da Osterode Camp
Osterode camp, costruito nel 2005 in quella che prima della guerra era una base
militare serba e successivamente una postazione francese, ospita oggi più di 400
persone in container tra stradine asfaltate, ex-capannoni militari ri-utilizzati
e un piccolo parco giochi, il tutto circoscritto da filo spinato. Certo Osterode
- oggi monitorato dalla Norwegian Church Aid, agenzia che coordina i donors e le
attività del campo - appare, al primo impatto, una struttura ben più comoda e
pulita rispetto ai capannoni sporchi ammassati sulle rotaie ferroviarie del
campo di Cesmin Lug, distante appena poche decine di metri.
Campo rom di Cesmin Lug
Tuttavia, il rappresentante rom del campo, il Sig.Habib Haidini, senza tanti
giri di parole ci tiene a precisare che cambia poco avere un container
mettallico di limitate dimensioni e piccole strutture di divertimento, rispetto
alle baracche di lamiera contorte del campo vicino. “Non è una casa, e quelli a
Cesmin Lug non vengono da noi perché sono della nostra stessa opinione: stiamo
tutti aspettando una casa, una casa vera”. Habib incontra quotidianamente i
rappresentanti di enti istituzionali locali e non, per far pressioni e cercare
di velocizzare i tempi affinché tutti i rom dei due campi possano essere
finalmente trasferiti in una struttura permanente. Osterode doveva rimanere
funzionante appena un anno.
Oggi nella vasta area della residenza storica dei rom di Mitrovica,
nonostante l’attualità della “minoranza rom” nell’agenda politica delle
istituzioni e organizzazioni internazionali, sono stati però costruiti appena un
centinaio di case e quattro blocchi plurifamiliari che ospitano non più di 250
persone. Molte delle case ancora non sono state assegnate, probabilmente per via
dei complessi criteri che richiedono lunghe procedure burocratiche, e per altri
motivi.
Un dato certo è che, alla metà del 2008, non è stato fatto abbastanza per i rom
di Mitrovica. Eppure è passato poco più di un anno da quando, nel marzo del
2007, gli alti rappresentanti delle istituzioni internazionali, degli uffici
diplomatici e lo stesso primo ministro del Kosovo in una grande giornata
commemorativa hanno tenuto un’imponente cerimonia di inaugurazione del quartiere
Roma Mahalla a Mitrovica. Grandi parole allora erano state spese da tutti, le
più gettonate delle quali erano “multiculturalità” e “integrazione”.
Stando alle testimonianze più recenti, come quella di Sokol Kursumlija, da anni
impegnato nel campo Osterode con progetti educativo-ricreativi attraverso
l’associazione locale multietnica di cui è presidente, non c’è da stare sereni e
tranquilli: anche per Osterode si parla di gravi casi di contaminazione da
piombo che colpiscono soprattutto i suoi più giovani abitanti. Tuttavia Sokol ci
tiene a precisare, rimanendo fermo sul fatto che effettivamente i rom a
Mitrovica vivono da tempo in condizioni a dir poco precarie, che l’argomento
contaminazione da piombo non può essere circoscritto al solo discorso che verte
sulla minoranza rom, vittima a suo parere di intrighi politici, ma deve essere
generalizzato in quanto riguarda l’intera area di Mitrovica. Nel caso specifico
di Zitkovac, piccolo villaggio a Nord di Mitrovica, Sokol sostiene, ad esempio,
di trovare “assurdo che per la sola opportunità politica soltanto per i rom che
vivevano dall’altra parte del binario si è parlato di contaminazione mentre per
i serbi che vivono a tutt’oggi lì, a due passi da dove si trovavano i rom, c’è
ancora assoluto silenzio e nessuna preoccupazione”.
Forse per via delle scarse condizioni igieniche e del contatto con la terra
tipico dei bambini, i piccoli rom sembrano tuttavia particolarmente esposti
all’avvelenamento da piombo. Nel campo Osterode di recente sono stati fatti dei
test sui bambini dallo staff del WHO. I risultati però sono stati negati ad
Habib e gli altri rom, che pure li richiedevano insistentemente. Stando a Sokol,
per questioni di privacy i dati del WHO non potevano essere diffusi, neppure ai
rappresentanti UNICEF che lavoravano nel campo. “Io volevo sapere almeno il
numero o la percentuale di persone contaminate di Osterode, potevo non saperne i
nomi; quando quell’organizzazione mi ha negato i dati, mi sono rivolto alle
strutture mediche di Mitrovica Nord dove hanno effettuato i test sui bambini. Il
risultato è stato chiaro: contaminazione da piombo per la maggioranza di loro”,
ricorda Habib.
Un argomento così delicato da un punto di vista etico, morale, sociale e
politico non dovrebbe comunque essere lasciato solo alla spicciola cronaca
cittadina che spesso, incapace di sortire i necessari effetti, finisce col
creare invece soltanto involontaria disinformazione. La comunità internazionale
e enti di spessore come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, piuttosto che
coprire la realtà con il silenzio, potrebbero seguire l’esempio positivo di
altre organizzazioni che in Kosovo dedicano tempo, spazio e tanti soldi per
pubblicazioni sistematiche di bollettini sui diversi argomenti. È tempo che un
dossier ufficiale, onnicomprensivo e chiaro, esca allo scoperto per far luce su
tutti questi anni bui. Fino a quando su queste tematiche aleggeranno solo e
soltanto strumentalizzazioni di ogni genere, il problema dei rom e della salute
pubblica dei cittadini di Mitrovica resterà solo appannaggio dell’agenda
politica che potrà continuare ad usarle a propria discrezione.
* Federica Riccardi è stata Project Manager per più di 2 anni in Kosovo per
conto di una ONG italiana; attualmente Direttore Esecutivo di una ONG locale
Raffaele Coniglio è Project Manager a Mitrovica per conto della Provincia di
Gorizia, in Kosovo dal 2005.