Da
Roma_Francais
Nordéclair.fr par
FLORENCE TRAULLE'
Documenti inediti tracciano nuovamente la storia delle deportazioni razziali
commesse nel Nord Pas-de-Calais durante l'occupazione. Un lavoro di ricerche su
iniziativa di amici della fondazione per la memoria della deportazione e del
museo della resistenza di Bondues.
La più giovane aveva quattro settimane, il più anziano 81 anni. Arrestati nella
regione, sono stati imbarcati a bordo del convoglio Z, partiti dal campo di
transito belga di Malines, direzione senza ritorno: Auschwitz, Pologna. Era il
15 gennaio 1944. A bordo di questo treno, 351 persone, di cui quasi la metà
bambini, ebrei ma anche tzigani. "Siamo l'unica regione di Francia nella quale
ci sono state deportazioni di tzigani. Un triste privilegio..." constata Odile
Louage, presidente degli Amici della Fondazione per la Memoria della
Deportazione, e ugualmente presidente dell'associazione Ricordo della Resistenza
e dei Fucilati del Forte di Bondues, la quale percorre nuovamente la storia di
queste famiglie schiacciate dal sistema nazi.
47
TZIGANI ARRESTATI A ROUBAIX
Altrove, le famiglie tzigani sono rimaste nei campi installati sul territorio
francese.
Perché il Nord Pas-de-Calais andò oltre nell'orrore? "Non lo sappiamo ancora"
riconosce Monique Hennebaut, uno storico che si è chinata prima sulla storia
della deportazione degli ebrei nel Douaisis prima di scoprire che gli zigani
della zona erano stati assassinati nei campi della morte. Colpa
dell'affiliazione del Nord Pas-de-Calais al commando tedesco? Può darsi.
Erano cestai, giostrai, stagionali, artisti del circo, musicisti... "La maggior
parte parzialmente sedentarizzati" precisa Monique Heddebaut "e avevano quasi
tutti lo stesso itinerario". Ha trovato la traccia di 47 zigani arrestati a
Roubaix. Vivevano in via Edouard d'Anseele, via Pierre de Roubaix. C'era stata
anche la famiglia Lagrenée (leggere pag. 3), arrestata a Pont-de-la-Deule nel
Douaisis. Quindici deportati, solo tre sopravvissuti. Poi questa famiglia di
Poix-du-Nord, giostrai ancora. "Un giorno, dopo una conferenza che avevo data
sulla deportazione degli zigani della zona, un signore è venuto a vedermi,
ricorda Monique Heddebaut. Era di Poix-du-Nord. Mi ha raccontato il ricordo di
una roulotte che era rimasta sul ciglio della strada durante anni. Dopo la
guerra, pensava che i suoi proprietari sarebbero venuti a riprenderla. Aveva
finalmente capito perché era rimasta lì..."
UN SOLO MONUMENTO COMMEMORATIVO PER GLI ZIGANI DELLA ZONA
La deportazione degli tzigani della zona resta una macchia nera della nostra
storia. E' sempre mal conosciuta e i lavori degli storici che hanno lavorato per
l'esposizione virtuale presentata dal museo della resistenza di Bondues, colmano
questa lacuna. E' rivelatore che, nella zona, un solo monumento commemorativo
sia stato eretto per ricordarsi di questi zigani, allorché "ci sono 27 o 28
monumenti o targhe in memoria di ebrei o giusti" cifra Odile Louage. Niente a
Roubaix per 57 persone arrestate. Possiamo meravigliarci.
A Malines, questo campo di raggruppamento in Belgio, tramite il quale sono
transitati la maggior parte degli ebrei deportati, i sopravvissuti hanno fatto
installare una targa per gli tzigani, loro fratelli di dolore e di sfortuna.
"Nella zona, abbiamo aiutato e nascosto dei bambini ebrei" ricorda Odile Louage,
tra l'altro assistente di storia che ha insegnato fino ad andare in pensione in
classi preparatorie al liceo Faid'herbe di Lille "ma non abbiamo fatto nulla per
i bambini tzigani". La fondazione per la memoria della deportazione non fa
nessuna esclusiva, nessuna distinzione nell'orrore: ebrei, partigiani, tzigani,
omosessuali, hanno in comune la loro sorte.
UN GIORNO E' TROPPO TARDI
Di queste scomparse, Monique Heddebaut parla con commozione. Ha ritrovato tracce
dei decreti di 1940, i quali vietavano ai nomadi di circolare. "Poi ci fu
un'escalation". L'estate scorsa, quando i rom si trovarono tra i fuochi della
comunicazione governativa, Monique Heddebaut ha risentito un profondo malessere.
"Siamo nel 2010 non nel 1940, ma attenzione, ci sono alcuni atteggiamenti che
non si possono tollerare."
Cita quest'altro storico che ha lavorato su le popolazioni rom di Ungheria,
Romania, Repubblica Ceca, la quale ha sentito dire là, inorridita: "bisognerebbe
gasarli"...
Monique Heddebaut dice ancora: "Il problema è l'escalation. Un giorno, è troppo
tardi."
Antoine Lagrenée, è un bambino rom arrestato e deportato qui.
Aveva 14 anni. Come altre 14 persone della sua famiglia, Antoine Lagrenée è
stato deportato perché tzigane. Arrestati dai tedeschi con l'aiuto della polizia
francese, solo tre di loro ritornarono dai campi nel 1945.
E' oggi un signore di 80 anni, con l'udito un po' difettoso, e dallo sguardo che
sfugge talvolta nel vago. Nel gennaio 1944 Antoine Lagrenée ha quasi 14 anni.
Vive a Pont-de-la-Deule vicino a Douai, dove la sua famiglia è arrivata dopo una
lunga epopea. Una vita di viaggiatori come quella di tanti altri. Lo storico
Monique Heddebaut non ha trovato tracce scritte di questi arresti. E' giusto
riuscita ha tirare fuori dagli archivi delle schede d'arresto, redatte a
posteriori. Sa che questi arresti sono stati compiuti dall'occupante tedesco con
"l'aiuto della polizia francese, la quale in zona rendeva sicuri i luoghi mentre
i tedeschi intervenivano per gli arresti."
Antoine Lagrenée ha una memoria discreta, il verbo scarso. Parla con poche
parole della sua liberazione, "l'11 aprile 1945". Dopo essere transitato nel
campo di Malines in Belgio e Auschwitz (il convoglio vi arrivò il 17 gennaio
1944) è inviato a Buchenwald. Antoine Lagrenée viveva nel blocco 31 di questo
campo di lavoro, vicino a Weimar in Germania. "Abbiamo avuto la fortuna di stare
in un blocco molto organizzato dai partigiani francesi" ricorda. Monique
Heddebaut che conosce bene Antoine, racconta anche "che un maestro che si
trovava nello stesso blocco, faceva lezione ai bambini."
Antoine Lagrenée è sopravvissuto, malgrado la sua giovane età, nell'inferno di
Buchenwald. "Siamo stati liberati dagli americani, ma prima ancora dai deportati
stessi" precisa. Secondo le valutazioni di Monique Heddebaut, 148 tzigani sono
stati deportati dal Nord Pas-de-Calais. Ne ha contati 351 arrestati in Belgio,
anche loro inviati verso i campi della Polonia e della Germania. Ma confessa di
non essere certa che non ce ne siano altri. Il lavoro degli storici non è ancora
concluso.
ESPOSIZIONE VIRTUALE A BONDUES
E' lì dove 68 persone della zona sono state fucilate, tra 1943 e 1944 che il
museo della resistenza di Bondues ha installato delle postazioni, presentando
documenti inediti sulle deportazioni razziali dell'ultima guerra mondiale. La
maggior parte sono inediti. I documenti sono stati affidati dalle famiglie agli
storici, i quali hanno lavorato con il museo della resistenza di Bondues. Ci
sono anche fondi degli archivi propri del museo, documenti tratti da archivi
dipartimentali, da quelli della caserma Dossin, del museo ebraico di Malines.
Una raccolta consultabile su delle postazioni, le quali presentano documenti
numerati, i quali raccontano di queste persecuzioni razziali che hanno toccato
il Nord Pas-de-Calais durante la seconda guerra mondiale. Alle spalle, ci sono
due anni di ricerche per potere tracciare le "grandi fasi di quello che è
successo", spiega Danielle Delmaire storico, che ha insegnato all'università di
Lille III. "Dalle prime serie di divieti imposti agli ebrei a partire da
1940-1941, i grandi arresti di 1942, i convogli, i ritorni dai campi..." Vi
troviamo inoltre la foto di Micheline Teichler, scolara a Faid'herbe a Lille
della quale un compagno di scuola – Edgard Leser il quale ha avuto la fortuna di
essere un bambino nascosto -, ha voluto onorare la memoria. Con gli Amici della
Fondazione per la Deportazione, ha tenuto che il suo ricordo non sprofondi
nell'oblio. Il suo nome è stato dato a una classe del collegio Rabelais di
Mons-en-Baroeul. "Abbiamo l'intenzione di proseguire con questo lavoro,
organizzando una giornata di studi sulla spoliazione dei beni di ebrei e
tzigani, il prossimo 12 ottobre, al museo della resistenza di Bondues" precisa
Odile Louage, la quale ha presa la presidenza del museo e vuole perfino prendere
in considerazione una pubblicazione al riguardo. Un lavoro che risponde
esattamente agli obiettivi della Fondazione per la Memoria della Deportazione:
la ricerca storica, la trasmissione e la difesa di questa memoria. Odile Louage
aggiunge che: "intorno alla Fondazione si è realizzata l'unione di tutti i
componenti del mondo della deportazione. Tutte queste strutture, con ognuna la
propria sensibilità, lavorano alla trasmissione di valori tali come sono stati
definiti all'indomani della guerra, nella Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo."