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Serbia
Di Franco Bonalumi (del 24/03/2009 @ 10:54:47, in Europa, visitato 1367 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

17 marzo 2009

Il Ministro del Lavoro e del Welfare serbo intende ricollocare 62 famiglie rom che attualmente vivono in un insediamento illegale sotto il ponte di Gazela a Belgrado, nel paese di Vranje nella Serbia meridionale, nonostante le proteste delle autorità locali.

La nota del ministero diretta al sindaco di Vranje, e che Balkan Insight ha avuto l'occasione di leggere, dice che "il ricollocamento di queste famiglie è una priorità" e che "dev'essere eseguito in conformità alle disposizioni in materia di sfratti" stabilite dalla Banca di Investimento Europea e dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, che hanno finanziato un prestito per la ricostruzione del ponte di Gazela.

"Le autorità locali non concordano con quest'ordine del ministero, tuttavia stiamo subendo forti pressioni affinché ci adeguiamo", ha dichiarato a Balkan Insight Branimir Stojancic, ministro delle Politiche per il Welfare a livello locale a Vranje.

"Ci viene chiesto di organizzare il trasporto dei Rom a Vranje da soli, ma al ministero non interessa dove queste persone vivranno o di che cosa" ha aggiunto.

Secondo Stojancic, la decisione rappresenta una discriminazione ad opera di chi vive nella capitale, e la ricollocazione dei Rom metterà in pericolo il loro fondamentale diritto umano di poter scegliere autonomamente dove vivere.

"Il luogo di residenza di questi rom è Vranje, ma essi hanno il diritto di scegliere da sé dove vogliono vivere. Sono arrivati a Belgrado molto tempo fa, sperando di riuscire a farsi una vita migliore", dice Stojancic.

Il ministero ha stabilito che delle 175 famiglie che vivono sotto al ponte, 113 possiedono i requisiti per ricominciare la propria vita in un luogo diverso di Belgrado. La nota che il ministero ha inviato alle autorità di Vranje stabilisce che le restanti famiglie non possono invece restare, poiché ciò "incoraggerebbe ulteriori migrazioni verso Belgrado, esercitando una pressione inaccettabile sul Welfare della città e sulle sue politiche residenziali".

Ma Stojancic sostiene che il ministero non abbia un piano per aiutare le autorità locali che dovrebbero accogliere le famiglie ricollocate.

"Il paese di Vranje ha un budget annuale per il Welfare che ammonta a 800.000 Euro, ricavati da un budget totale di 18 milioni di Euro, ed i Rom rappresentano il 70% degli utenti del Welfare. Semplicemente, non possiamo farci carico di queste 62 famiglie", dice Stojancic.

Mile Bajramovic, presidente dell'Associazione Civile Rom, ha dichiarato che questo è il classico caso di discriminazione verso i Rom.

"La decisione presa dal ministero va contro il suo stesso fondamentale ruolo di regolatore del Welfare e del Lavoro. Di cosa vivrebbero quelle persone, una volta tornate a Vranje?" si chiede.

"Vengono cacciati da Belgrado, nonostante siano gli stessi rom a provvedere alla pulizia della città. Temo che qualcuno possa arrivare a decidere di espellerci dalla stessa Serbia", dice Bajramovic.

I Rom in Serbia sono circa 150.000, ed hanno ricevuto lo status di minoranza nel 2002. Gran parte degli osservatori ritiene che i Rom siano il gruppo etnico economicamente e socialmente più vulnerabile in Serbia.

La popolazione di Vranje, paese a 350 kilometri a sud di Belgrado vicino al confine col Kosovo e la Macedonia, è di 88.000, il 10% dei quali è Rom. La Serbia meridionale è considerata una regione impoverita, con parametri economici inferiori alla media della repubblica.

"Il ministero vuole portarci nuovi casi da Welfare di cui noi non possiamo occuparci. Se insistono nel portare avanti tale politica, perché non ordinano anche a tutti i nostri scienziati, professori, uomini d'affari e agli altri cittadini di Vranje che vivono a Belgrado di tornare in paese?", si chiede Stojancic.

Contattato da Balkan Insight, il Ministero del Lavoro e del Welfare ha dichiarato che il progetto è solo alla sua fase iniziale e che gli incontri coi rappresentanti delle autorità locali in merito all'argomento devono ancora cominciare.