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Donne invisibili
Di Fabrizio (del 06/05/2014 @ 09:00:42, in Italia, visitato 2302 volte)

Foto: Alessandro Imbriaco, Posted on 5 maggio 2014 di progettosarsan
Vivere nei "campi rom", senza uno status giuridico, documenti d'identità e possibilità di accedere ai servizi socio sanitari. La vita da "invisibili" delle donne rom. Di Simona Hristian*

Quello che, entrando in un "campo rom", stupisce e sconcerta anche gli operatori sociali con più esperienza è la situazione di totale "invisibilità" in cui si trovano alcuni abitanti.

Sono persone nate e cresciute in Italia, dove hanno sempre vissuto e frequentato la scuola, ma che sono prive di una cittadinanza e - nella maggior parte dei casi - anche di un documento di identità. È una situazione che in Italia si protrae da decenni e, considerando l'alto tasso di natalità in età giovanile della popolazione rom, riguarda ormai due-tre generazioni.

Quindi non si tratta di migranti o di figli di cittadini di origine straniera nati in Italia. Questi "cittadini senza cittadinanza" sono figli di persone nate in Italia da genitori nati in Italia che però non li riconosce, così come non sono riconosciuti dai nuovi stati dell'ex Jugoslavia da dove provenivano i loro avi.

Vivono pertanto in un limbo giuridico senza la possibilità di lavorare, di avere una casa, quindi senza una prospettiva di vita diversa da quella attuale.

I problemi maggiori, in particolare, riguardano le donne. Per loro, la vita all'interno dei "campi", unita alla mancanza di uno status giuridico e di documenti, si traduce nella conseguente difficoltà di accesso ai servizi pubblici e alla ridotta disponibilità di adeguati strumenti educativi con il rischio che i loro bambini vengano presi in custodia da parte delle istituzioni. Si aggiungano poi la carenza di competenze genitoriali, dovuta alla giovane età e a un ambiente sociale e familiare difficile, e la scarsa informazione sui metodi contraccettivi che porta peraltro a complicazioni di natura ginecologica che mettono a rischio la vita delle giovani donne.

Per venire incontro alle esigenze delle donne rom che vivono nei "campi" autorizzati e negli insediamenti informali di Roma, le mediatrici culturali del progetto Sar San 2.0 le incontrano regolarmente, all'interno degli stessi "campi", per informarle, orientarle e, ove necessario, accompagnarle verso l'accesso ai servizi socio-sanitari del territorio. Attraverso l'organizzazione di incontri con esperti, inoltre, viene offerto supporto e consulenza socio-legale e alla cittadinanza soprattutto alle donne in età fertile o con bambini molto piccoli.

Le donne, gli uomini e i bambini rom che vivono nei "campi", a Roma come purtroppo in molte altre città italiane, continuano a vivere da "invisibili".

Allontanarsi dal "campo", anche per fare la spesa o portare i figli a scuola, diventa un atto di coraggio: sono sempre accompagnati dalla paura di essere fermati dalla polizia e trovati senza documenti. Per alcuni la soluzione potrebbe essere la richiesta del riconoscimento della loro condizione di apolidia anche se si tratta di un iter lungo e, dato che viene concessa in base al principio di discrezionalità, come anche la cittadinanza italiana, è una lotteria.

Alcuni potrebbero sperare di ottenere un permesso di soggiorno umanitario, ma molti - troppi - non possono far altro che sperare che il loro paese di nascita - l'Italia - decida di riconoscerli finalmente come cittadini.

Sarebbe non solo un atto di civiltà, ma anche di tutela per tutti i cittadini di questo paese. In un paese che non riconosce i diritti, quindi non responsabilizza i suoi cittadini, non si può parlare di una società sicura senza cadere nella contraddizione e nella demagogia.

* Simona Hristian è una mediatrice culturale impegnata nel progetto Sar San 2.0