08 febbraio 2014 -
La relazione dell'Occhio del Riciclone da il punto sulla situazione dei rom
nelle città italiane, in merito alle attività lavorative collegate al settore:
"Occorre combinare opportunità di formazione e di reddito, creando centri di
riuso e riparazione, aree di libero scambio e sportelli municipali"
ROMA - Il rapporto nazionale sul riutilizzo 2013, presentato dalla rete
nazionale di operatori dell'usato e realizzato dal centro di ricerca economica
e sociale "Occhio del riciclone", con il patrocinio del ministero dell'Ambiente,
fa il punto sulla situazione dei rom, nelle città italiane, in merito alle
pratiche e attività lavorative collegate al settore. "Siamo di fronte ad un vero
e proprio know-how", racconta Gianfranco Bongiovanni, responsabile sociale del
lavoro per l'organizzazione "Occhio del riciclone"- "si deve trovare il modo per
formalizzare soluzioni concrete, combinando opportunità di formazione e di
reddito, basterebbe seguire alcuni semplici passi, creare centri di riuso e
riparazione per la raccolta e selezione dei beni usati, istituire aree di libero
scambio, aprire sportelli municipali per le fasce deboli, far emergere le
microimprese e costituire cooperative sociali".
Come ha fatto il comune di Torino, "che dal 2010 ha creato un'area di libero
scambio dove si ritrovano Rom, comunità straniere, ex-operai, cassaintegrati.
Sono due le zone in questione e una di queste è all'interno dello storico
mercato del Balan, nel quartiere Borgo Dora, ed è un'area gestita
dall'associazione omonima (Balan), l'altra in piazza della Repubblica, ed è
l'associazione Bazar project che se ne occupa".
Riguardo a questa tematica, negli ultimi anni, "Roma ha fatto invece passi
indietro nell'opportunità di includere le economie informali, all'interno di una
gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti e nell'inclusione sociale di queste
attività". "Il comparto dell'usato è un ammortizzatore sociale naturale, poiché
chi ha mancanza di capitali la prima cosa che fa è vendere ciò che possiede
oppure gli oggetti non utilizzati della propria rete di conoscenze, questi beni
costituiscono una risorsa economica per il sostentamento del proprio nucleo
familiare", dice Bongiovanni. Con il tempo, questi mercati, dove lavoravano i
Rom, sono stati chiusi, creando così fenomeni di caporalato e taglieggiamento a
operatori Rom, spingendoli tra l'altro a portare le loro mercanzie in aree non
autorizzate, quindi esponendoli ancora di più al rischio di infrazioni e di
ritiro della merce".
Realizzare un area legale di libero scambio in territorio romano potrebbe essere
una maniera interessante per consentire una formalizzazione graduale di questo
tipo di attività. "Nel rapporto sul riutilizzo 2013 ci sono delle indicazioni
che possono aiutare gli amministratori locali a intraprendere dei percorsi per
l'istituzione locale alla creazione di questi spazi anche con una certa celerità
perché le esigenze dovute anche alla crisi economico-sociale sono sempre più
pressanti", racconta Dongiovanni. "Intorno al riutilizzo stanno nascendo realtà
interessanti come quelle della riconversione di spazi lavorativi, come le ex
officine per la manutenzione dei treni di Roma o l'ex Maflow di Milano. Sono
tante le persone che insieme ai figli, attraverso l'attività di rivendita
dell'usato, riescono a mandare avanti la famiglia, come persone che volevano
intraprendere una loro attività, ma che non sono riuscite a emergere a causa
delle difficoltà della normativa attuale". "Senza dubbio, conclude Bongiovanni,
il problema è la mancanza di spazi autorizzati dove commercializzare beni usati,
al fine di poter rendere questa attività un vero e proprio progetto di vita".
© Copyright Redattore Sociale