Parlo di questo libro PROPRIO perché non c'è una sola parola su rom, sinti,
travellers, gorani, askali ecc.
Che poi, più che altro per ragioni di sintesi, è il motivo per cui
Polansky continua ad adoperare la parola zingari, non volendo riscrivere ogni
volta le Pagine Gialle. Ovvio che questa parola a molti non va giù e vedrò in
seguito di capire perché a volte le parole sono un muro ed altre un ponte.
Leggo nell'introduzione:
Dopo aver vissuto con gli zingari nei ghetti dell'Europa dell'est, nei campi
dei rifugiati delle Nazioni Unite in Kosovo, in Macedonia, e sui marciapiedi in
India, credevo di aver capito finalmente cosa significasse essere poveri, perché
loro erano poveri.
Ma quando sono tornato negli Stati Uniti dopo aver vissuto all'estero per 37
anni, non ero così sicuro di capire i poveri in America. Perché c'erano cosi
tanti senzatetto nel paese più ricco del mondo? Perché centinaia di migliaia
dormivano all'aperto o cercavano un letto nei rifugi dei senzatetto e nelle
missioni?
Sapevo che c'era un solo modo per scoprirlo: vivere con i senzatetto così come
avevo fatto con gli zingari in Europa e in India. Alla fine non c'è stato
bisogno di andare a New York, Chicago o San Francisco per trovarli. Ce n'erano
anche nella mia città, dappertutto nel cuore dell'America.
Per parecchi mesi durante l'inverno del 2000-2001 ho ammazzato il tempo con
loro, ascoltando le loro storie. Come con gli zingari, non ho giudicato la loro
scelta di vita. Ho solo raccolto le loro storie e usato le loro parole per
scrivere queste poesie.
Da qua parto con una riflessione: perché ci sono persone che a vario titolo e
dalle posizioni più diverse, scrivono di rom e sinti (per non parlare del
resto)?
- C'è chi lo fa, perché attratto dalla cultura, dalle origini,
dalla lingua di un popolo misterioso, anche se presente da
secoli nel nostro continente.
- C'è chi invece è spinto a farlo dall'esposizione scandalosa
della miseria che è legata a questo stesso popolo.
Sospetto che esista un collegamento tra i due punti, ma non mi è chiaro: da
un lato questa miseria contribuisce a rendere più oscuro il fattore
storico-linguistico-culturale, dall'altro l'isolamento indotto dalla miseria è
un fattore di conservazione di questi tratti.
Non me ne voglia il primo gruppo, ma è il secondo aspetto quello che ci
impatta (per razzismo o all'opposto per pietismo). Ci IMPATTANO non tanto i
furti, i bambini malnutriti, lo schifo dei campi, ma il fatto che nella nostra
società sopravvivano e siano SOVRAESPOSTE simili condizioni di vita medioevali,
un affronto alla nostra ricchezza. Ricchezza, specifico, di ex poveri che hanno
una paura fottuta della crisi e di ritornare con le pezze al culo.
Fosse una povertà, una miseria lontana, sarebbe tollerabile, ma con questa
occorre fare i conti. Razzismo e pietismo sono la sintesi dell'impossibile
tentativo di ignorare o esorcizzare questa esibita differenza.
Ecco che la prefazione citata sopra smaschera una parte del trucco: anche nei
ricchi Stati Uniti, dove Rom e Kalé sono relativamente invisibili, c'è gente che
vive come questi ultimi in Europa. Tra loro, molta gente bianca.
Credo che abbiamo una paura fottuta, nelle attuali incertezze, di finire come
questa gente. Scrive Paul Polansky di aver "usato le loro parole" nelle sue
poesie. Parole violente, rabbia, che ci sembrano estranee alla nostra
tranquillità (che prima o poi sarà rotta da qualche scandalo), ma ancora non
bastano a stabilire un confine con l'ALTRO. Leggo, a pagina 11:
Per lo più si pensa
che se vivi sulla strada
sei solo un pezzo di merda
che non vale niente.
Sì, ci insultano,
ci prendono a calci in culo.
I porci ci sbattono in galera,
o ci dicono di andar via.
Alcuni senzatetto chiedono l'elemosina,
altri mostrano un cartello.
Ehi, abbiamo anche bisogno di aiuto.
Sigarette, birra, cibo,
benzina, droghe.
Proprio come
tutti gli altri.
Polansky non giudica, riferisce. E per farlo, per riportare quei pensieri
così come nascono nudi e crudi, vive e convive. Quello che manca a gran parte
del resto della cronaca. Potremmo chiamarla empatia, in ogni caso è la lezione
che dovrebbe arrivare anche a chi SCRIVE-GIUDICA-DECIDE PER Rom, Sinti ecc.
Il secondo insegnamento che arriva da questa raccolta è, forse, culturale.
C'è violenza, crudeltà, scandalo, nelle poesie, ma senza compiacimento. Quegli
homeless rischiano un annichilimento culturale, se mai hanno avuto una cultura
come noi la intendiamo, al pari dei loro sfigati cugini rom e sinti in Europa.
Ma la perdita della propria cultura, non necessariamente significa il vuoto.
Spesso significa adattare la propria cultura e le proprie tradizioni alla
situazione contingente, poter creare prima o poi una cultura che sarà differente
dalla tradizione e anche dal modello maggioritario. Se riusciremo a capire e
rispettare, prima che la testa, l'ingombrante presenza fisica dei dropout.
Termino, con gli appuntamenti a Milano e dintorni:
- Lunedì 4 novembre 2013 alle 21,00 - Incontro con la
partecipazione di Enzo Giarmoleo poeta e traduttore del libro.
L'incontro avrà luogo al CAM Ponte delle Gabelle, in via San
Marco, 45 a Milano.
- Martedì 5 novembre 2013 alle 20,30 - Incontro con la
partecipazione di Valeria Ferrario che avrà luogo allo Spazio
Cantiere "Simon Weil" in Via Giordano Bruno 9 a Piacenza;
- Mercoledì 6 novembre 2013 alle 18,30 - Incontro con la
partecipazione di Luca Chiarei e Gaetano Blaiotta con
intrattenimento musicale a cura di Achille Giglio al
contrabbasso. L'incontro avrà luogo al Twiggy Club via de
Cristoforis n. 5, a Varese;
- Mercoledì 12 novembre 2013 alle 21,00 - Incontro con la
partecipazione di Tito Truglia ed Enzo Giarmoleo che avrà luogo
all'Osteria Letteraria Sottovento in Via Siro Comi n. 8 a Pavia;
- Giovedì 14 novembre 2013 alle 18,30 - Incontro con la
partecipazione di Giorgio Mannacio e Beppe Provenzale che avrà
luogo alla Libreria Linea d'Ombra in Via Calocero, 29 (MM2
Sant'Agostino) a Milano;
- Venerdì 15 novembre 2013 alle 20,30 - Incontro con la
partecipazione di Enzo Giarmoleo, vari studiosi e rappresentanti
di alcune associazioni che si occupano dei senza dimora nella
nostra città. L'incontro avrà luogo alla CGIL in Piazza Segesta
con ingresso da Via Albertinelli 14 (discesa passo carraio ) a
Milano;