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La scuola del vento nel villaggio rom
Di Fabrizio (del 23/08/2013 @ 09:02:22, in scuola, visitato 1675 volte)

di Claudio Dionesalvi

Cosenza, sponda sinistra del fiume Crati, pianeta Terra. Un'esperienza di didattica dal basso

Nel 2006 ci siamo riuniti per la prima volta in uno spazio autogestito. Abbiamo deciso di chiamarci Coessenza. Accomunati dalla passione per la scrittura, condividiamo conoscenza, lettura e reciproco ascolto. Ci unisce la voglia di camminare in basso. Diamo il nostro piccolo contributo nella lotta contro il diritto d'autore che in Calabria, come in molti altri luoghi, domina in maniera mafiosa il sistema dell'editoria. Per un anno abbiamo solo parlato, letto, ascoltato. Poi ci siamo decisi a pubblicare racconti, poesie, saggi. Non è andata male. Anzi, se avessimo voluto diventare una casa editrice, forse non ci sarebbe stato difficile farlo. Ma non era questo che volevamo fare. Allora, nel terzo anno di attività, ci siamo detti che bisognava provare ad andare ancora più in basso, cercando nuovi linguaggi, sperimentando forme innovative di espressione in mezzo alle persone che vivono nei quartieri periferici della città, dai quali molti di noi provengono, in cui alcuni di noi abitano.

In questo sforzo di ricerca, quando Elisabetta ci ha fatto notare che sulla riva sinistra del fiume Crati, a Cosenza, sul pianeta Terra, la situazione è più difficile che mai, abbiamo deciso di incontrare i bambini "invisibili" del villaggio rom. Insieme a loro, collaborando anche con altre associazioni sensibili ai diritti dei migranti, abbiamo dato il via alla Scuola del Vento. Si chiama così perché una delle prime volte che siamo entrati nel villaggio, il vento si è divertito a lanciare in aria il nostro gazebo che ha cominciato a rotolare tra le baracche. Tutti insieme divertiti lo abbiamo inseguito. È bello vedere una scuola che vola. Inseguendo il gazebo, ci è capitato di guardare in alto. E così dal campo rom abbiamo intravisto i tetti della città. Non li avevamo mai notati, i tetti. Grazie a Tony e ad altri vecchi e giovani compagni, per alcune settimane abbiamo tenuto lezioni di Italiano, Matematica, Decupage e Artigianato.

I bambini rom imparano subito, ti aspettano con ansia quando sanno che vuoi insegnar loro qualcosa e hai scelto di farlo nel loro mondo, quello dei gitani, all'aperto, lontano da aule anguste e chiuse, dove tante scuole italiane, purtroppo, ritengono ancora di poter "formare i cittadini", limitandosi però ad allevare polli-bambini. Aule strapiene, insegnanti mummificati, progettifici, scarse attività di recupero, otto ore in classe, razzismo, quantificazione del sapere... per fortuna non tutte le scuole sono così, ma ce ne sono tante. In queste scuole non troveranno mai spazio né i rom né tanti altri ragazzi che non provengono dalle famiglie pubblicizzate negli spot televisivi di una nota marca di biscotti. Noi non vogliamo distruggere l'istituzione scolastica. Anzi, facciamo di tutto affinché i ragazzi di tutte le etnie e culture la frequentino. A Cosenza ci sono pure scuole che si sono poste l'obiettivo di concedere cittadinanza in aula ai rom. Ma in generale nell'ultimo decennio si è imposto il modello scuola-azienda, a volte degenerante in assurde mini-istituzioni totali che noi sogniamo di destituire, esautorare.

Vogliamo dare il nostro piccolo contributo. Sappiamo che i bambini del villaggio rom rischiano di diventare, tra qualche anno, i soldatini della ‘ndrangheta del domani. Quelli che riscuoteranno tangenti, venderanno droghe, ruberanno macchine per chiedere il riscatto e, in caso di necessità, saranno "battezzati" per andare a compiere missioni di morte. Ciò è accaduto in questa terra negli ultimi vent'anni. Le comunità nomadi, da sempre, sono state spinte a privarsi delle loro radici culturali. Corpi, consensi e saperi comprati e svenduti. Al di fuori della carità e della compassione che a volte finiscono solo per allevare disperazione e sotterrare l'umana dignità, in pochi hanno fatto veramente qualcosa di costruttivo con gli zingari.

Per noialtri, montare il nostro gazebo nel villaggio per due o tre volte a settimana, significa imparare, divertirci, praticare una didattica diversa, esercitare un'Altra cittadinanza, ribellarci all'ondata di paura e moral panic. Mentre i malgoverni delle città studiano le prossime mosse per divorare i fondi europei disponibili in materia di contrasto alla discriminazione dei rom e sinti, la mancata soluzione della questione gitana spinge intere popolazioni che con essi vivono a contatto, a identificare il male con gli zingari, trascurando il problema di quanta aggressività e disperazione si annidino nelle nostre famiglie, nei nostri condomini, negli uffici pubblici, sui luoghi di lavoro, nelle caserme, nei tribunali e nelle italiche strade.

Durante l'estate abbiamo fermato l'attività didattica. Siamo andati a trovare i bimbi rom solo per giocare a pallone con loro. Perché ogni scuola ha i suoi tempi di pausa. Dall'inizio dell'autunno, grazie anche ad altre associazioni cittadine, con il consenso degli adulti rom, abbiamo ricominciato a condividere questa esperienza. Giovannone ha costruito nel campo sul fiume, insieme ai bimbi rom, una baracca che è la sede della Scuola del Vento. Continuiamo a frequentare la baraccopoli, nella speranza di rivedere una verde scia luminosa solcare il cielo al tramonto, com'è accaduto in una sera di giugno, sul villaggio in riva al Crati. Non un miracolo. Forse un meteorite. Di certo era una scia volante persistente e colorata, che si muoveva rapida seguendo il fiume. E i nostri sogni pure.