Cento passi per la legalità
Di Fabrizio (del 28/02/2011 @ 09:14:07, in lavoro, visitato 2190 volte)
IlSole24ORE
DOMENICO MODAFFERI. Esiste uno stereotipo radicato: quello che con i rom
non ci sia niente da fare, che ce l'abbiano nel sangue di non rispettare le
regole, di vivere da parassiti nei confronti della società. Noi, attraverso la
formazione al lavoro, abbiamo educato al rispetto delle regole della convivenza,
smontando questo luogo comune. In una città come Reggio Calabria, coi
problemi di disagio e disoccupazione che esistono, la nostra cooperativa offre
lavoro regolare ai rom, nel campo ecologico e dello smaltimento dei rifiuti.
Ricordo un episodio all'inizio della nostra attività: in un quartiere della
città avevamo da poco incominciato a fare manutenzione del verde; una signora,
passando, commenta visibilmente soddisfatta: «Finalmente il Comune ci manda
qualcuno!». Avendole spiegato che si trattava di ragazzi rom, la signora si
ferma e dice in dialetto: «Chisti sun zingari fora»; ovvero, questi non possono
essere zingari di Reggio Calabria... Lo stereotipo del rom incapace di lavorare
era messo in crisi. La sua sorpresa era il segno del percorso culturale che
stavamo avviando.
Abbiamo sempre pensato che per creare le condizioni di integrazione non si
dovesse fare un percorso di assistenzialismo, ma di rispetto delle regole del
lavoro e della convivenza.
In questo senso, per educare al rispetto della legalità, è stato importante
anche ottenere come sede della cooperativa un bene confiscato alla 'ndrangheta.
Lo stato, assegnandocelo, ha affermato il principio della legalità togliendo un
bene al malavitoso e affidandolo a chi, vivendo nel disagio, ha sempre
considerato il malavitoso un soggetto vincitore. Lavorare in una struttura
confiscata è stato educativo per tutta la comunità rom, perché ha fatto capire
che non sempre la persona che ha il potere criminale nella città riesce a farla
franca.
Quello che mette in crisi il percorso di educazione alla legalità attraverso
il lavoro è, invece, la lontananza delle istituzioni. Ad esempio, la mancanza di
appalti per la cooperativa. Questo fa vacillare la fiducia nelle regole che
cerchiamo di costruire con la nostra attività. Cosa rispondo se un rom, padre di
famiglia, mi dice: «Io ho scelto di lavorare e di sudare, anche rispetto a tanti
altri rom che hanno voluto scegliere strade più comode... loro però adesso i 50
euro per dare il pane ai figli li hanno, io no».
Domenico Modafferi è il presidente della cooperativa sociale Rom 1995, nata
con l'obiettivo di allontanare i rom da emarginazione e devianza attraverso
percorsi di inserimento lavorativo nella gestione dei rifiuti solidi urbani. La
cooperativa ha sede in un immobile confiscato alla 'ndrangheta.
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