Francesco Brancati
MILANO -
Un campo rom alla periferia di una qualunque grande città degli anni Duemila. In
questo ambiente, il regista Mario Martone immagina il compiersi della tragedia
verista messa in musica da Ruggero Leoncavallo nei "Pagliacci", l'opera che
insieme a "Cavalleria rusticana" di Pietro Mascagni e con la direzione di Daniel
Harding avrebbe dovuto andare in scena oggi alla Scala ma che per lo sciopero
proclamato dalla Cgil slitterà a martedì prossimo (ma la tensione resta dopo che
il sovrintendente Stephane Lissner ha spiegato che solo a fine gennaio si saprà
se il governo ripristinerà i cinque milioni di fondi che ha tolto per il 2010 e
quindi se il teatro chiuderà il consuntivo di bilancio in pareggio potendo
pagare così l'integrativo ai lavoratori).
Una messa in scena, quella voluta da Martone, che ha già suscitato qualche
allarme fra i leghisti milanesi, tanto da far dire a Luciana Ruffinelli,
presidente della commissione Cultura in consiglio regionale: «Questa scelta è
una vera e propria provocazione visto che verrà proposta in una città come
Milano, che ha grandi problemi nella gestione dell'immigrazione rom». Venerdì
alla presentazione della prima scaligera, Martone non ha nemmeno voluto
rispondere direttamente, limitandosi a rilevare che "Pagliacci" «è un'opera
eccezionale», che «il nomadismo è una cosa che ha a che fare con la storia e i
circensi sono sono nomadi».
Poi c'è il "verismo" e la sua rappresentazione oggi: «Ma che senso avrebbe farne
un ritratto con una cornice d'epoca?». Martone ha avuto già numerose esperienze
con la lirica, ma è soprattutto regista cinematografico, tanto che l'autore
delle scene, Sergio Tramonti, ha detto di aver cercato di mettere in scena
«l'avventura cinematografica che Mario mi ha descritto, come l'inquadratura di
una qualsiasi periferia di una metropoli di oggi, con l'arrivo dei giostrai in
una piazza con una rampa autostradale sullo sfondo, che potesse fare da supporto
al coro». Un coro, quello della Scala, elogiato dal direttore Daniel Harding,
assieme all'orchestra scaligera che «pur a vent'anni dall'ultima
rappresentazione di "Cavalleria" e "Pagliacci"» (il dittico manca dal 1988), ha
mostrato di essere preparatissima.
Se tanto è stato anticipato su "Pagliacci", anche sull'onda delle polemiche
leghiste, pochissimo gli autori hanno voluto rivelare su "Cavalleria", facendo
presagire una scenografia minimalista, «spogliando molto la rappresentazione
scenica – ha detto Tramonti – per dare spazio alla musica, tanto da farla
diventare essa stessa scenografia, perché è Mascagni che ci restituisce gli
odori e i sapori della Sicilia, attraverso la sua musica».
Grande attesa per la prima, slittata a martedì, e per le compagnie di canto che
per "Cavalleria" puntano su Salvatore Licitra e per "Pagliacci" su Josè Cura.