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Eire
Di Anna Luridiana (del 07/10/2010 @ 09:23:27, in Europa, visitato 2395 volte)

Da British_Roma

Irish Central by Mary Catherine Brouder

Non importa dove vai: nel centro di Dublino o di altre grandi città; troverai quasi sempre persone sedute per strada a elemosinare per sopravvivere. Ci sono giovani scappati di casa, tossicodipendenti, e poi ci sono i Rom, ai quali spesso ci si rivolge come "zingari".

Nonostante il fatto che i Rom generalmente non mostrino dipendenze da droghe, che portino i figli con loro e che mantengano un aspetto curato pur con i loro scarsi mezzi, è proprio di loro che i miei amici e i miei vicini irlandesi si lamentano di più.

Da quando di recente la Francia ha dato inizio alla deportazione di centinaia di famiglie Rom, ho preso parte a non poche conversazioni interessanti.
Alcuni dei miei amici erano, come me, inorriditi da questo provvedimento, ma sono rimasto sorpreso nel vedere che molte persone appoggiano pienamente l'idea delle deportazioni forzate.

Un amico si era lanciato in una tirata sugli orrori dei "gypos". Quando ho insistito perché mi spiegasse da dove proveniva questo suo modo di pensare, decisamente negativo, nei confronti dei Rom (forse un'esperienza personale?), mi ha risposto con il solito: "I Rom sono così rozzi e così ignoranti".
Inoltre, ha spiegato, "I Rom picchiano i loro figli per poter avere maggiori possibilità di raccogliere più denaro dall'accattonaggio".
Aveva qualche prova che supportasse una tale accusa? Nessuna.

A me sembra che crescere per strada un figlio disabile, piuttosto che uno in perfetta salute, richieda logicamente molta più attenzione da parte dei genitori. E, in quanto a ciò, le cure e i trattamenti per tutta la vita non costerebbero ai genitori più di quello che possono sperare di guadagnare chiedendo l'elemosina?

Anche se l'affermazione del mio amico non aveva molto senso, lui aveva un altro motivo per i suoi pregiudizi.
"Quando tu dai loro dei soldi, loro li raccolgono da ogni punto in cui si trovano nella città, e quando fanno ritorno al campo li dividono".
Questo sembra essere un buon senso per gli affari, o almeno fare una buona suddivisione, difficilmente sembra essere una prova di inganno e di innata disonestà, come il mio amico avrebbe voluto farmi credere.

Qualche mese fa, mentre lavoravo a un documentario sui Rom, passai del tempo con loro. Il mio co-produttore ed io abbiamo viaggiato in Ungheria, in alcuni delle più povere e miserabili baraccopoli che avevo mai visto.
E da allora non ho più incontrato persone più desiderose di aprire la porta della propria casa ed il loro cuore a me, un perfetto sconosciuto con una video camera, quanto i Rom di quelle zone.

Tutte le famiglie che abbiamo incontrato ci hanno dato tre baci sulle guance – un'usanza ungherese – e ci hanno offerto caffè e, letteralmente, ogni singolo boccone di cibo che conservavano nelle loro dispense.
Un'anziana signora ci diceva di avere a malapena il denaro sufficiente per comprare fette di pane per sfamare la sua famiglia, e rideva all'idea di avere la possibilità di comprare carne da mettere fra quelle fette. Ci fu un silenzio imbarazzato, pieno di vergogna e di pena, da parte mia e dei miei collaboratori. Avevamo mangiato panini a pranzo e consumato carne ogni sera di quella settimana.

I Rom non solo sono poveri. Vivono in case senza un riscaldamento adeguato, senza elettricità né sanitari.
Vivono in condizioni che nessun essere umano dovrebbe sopportare, e non vi sarebbero costretti se fossero qualcosa d'altro di un comodo capro espiatorio per i problemi finanziari dell'Europa.

Ho incontrato il Prof. Jack Greenberg, un avvocato che si è battuto per i diritti civili in Sud Africa durante l'apartheid.
In questi anni il professore, ha anche visitato diversi campi Rom e i territori circostanti.
Egli descrive le condizioni di vita dei Rom come peggiori di quelle viste nelle bidonville del Sud Africa.

I Rom più fortunati se ne vanno dai luoghi dove storicamente sono stati in schiavitù, hanno subito genocidi, discriminazioni, emarginazione, per iniziare una nuova vita in posti come la Francia o l'Irlanda. E quando arrivano devono lottare per ogni centesimo raccolto.
E' vero, molti sono aggressivi quando chiedono soldi o cibo. Anche io ho avuto qualche esperienza spiacevole con i Rom, spingendoli via da me quando mi chiedevano l'elemosina o quando rispondevano con ingratitudine alla mia offerta. Ma mi sono sempre domandata quanto prepotente sarei io se dovessi dipendere dalla carità altrui per nutrire i miei figli.
Penso che combatterei con le unghie e con i denti per ottenere tutti i soldi possibili dal mio prossimo. Probabilmente non sarei tanto educato se vedessi la gente attorno a me sprecare cibo e indossare abiti costosi, mentre io passo i miei giorni preoccupandomi che la mia famiglia non vada a dormire affamata.

Qualche giorno fa ho incontrato un Ungherese che vive in Irlanda. Così gli ho raccontato del viaggio che ho fatto nella sua terra per documentare le condizioni di vita del popolo Rom. L'espressione del suo viso è cambiata in una smorfia di disgusto.
"I Rom?" ha detto sbuffando. "Sei mai stato in una prigione in Ungheria?".
Beh, no.
"Le prigioni sono piene di Rom".

Ho cominciato a parlare di come un retaggio di povertà, di discriminazione e di emarginazione porti all'abbandono della speranza, e di come spesso questo conduca a compiere crimini. Lui mi ha interrotto.
"Là la polizia ha paura ad arrestare chiunque, perché quelli dicono: Hey, mi stai arrestando perché sono Rom?".
Ha sottolineato questa sua affermazione con un'imitazione soddisfatta di una persona che si gioca la carta del "povero me".

Ci ho pensato su un momento, quindi ho realizzato che ciò non aveva alcun senso.
Così gli ho chiesto: "le prigioni sono piene di Rom, oppure i poliziotti hanno paura ad arrestarli? Non possono essere vere le due cose".
Non mi ha risposto.

Lui, come milioni di altre persone nel mondo, è stato nutrito con un mucchio di sciocchezze sulle persone diverse da lui, ed essendo incline a disprezzare ciò che non gli è familiare, fornisce qualunque giustificazione per supportare le sue teorie.
Anche quando queste sono letteralmente contraddittorie e illogiche.

La discriminazione non è mai logica. E nemmeno accettabile.