Da
Roma_Francais
Denunciare l'anti-ziganismo senza attaccarsi alle sue radici? par Martin Olivera, antropologo
In seguito ad alcune dichiarazioni del capo dello Stato riguardo ai "Rom e
Viaggianti", numerose associazioni di intellettuali e alcuni politici hanno
reagito per denunciare gli amalgami, i quali permettono di creare a buon
mercato, un diversivo in un contesto di crisi politica acuta. Alcuni hanno messo
in prospettiva di stigmatizzare alcuni di questi gruppi, azione ben ancorata
nella storia repubblicana e più genericamente, nel vecchio continente. Siamo
riusciti infine a dare l'allarme in merito ai rischi di violenze fisiche
gravando direttamente su coloro i quali vengono designati come "Rom e
Viaggianti". Tutte queste reazioni sono ovviamente giustificate e necessarie. Ma
appaiono purtroppo impotenti a grippare quel meccanismo intento a nutrire i
discorsi del governo, e più a fondo ancora, il "buon senso" come fondamenta
dell'anti-ziganismo in Francia come altrove.
La lettura delle reazioni degli internauti su alcuni siti d'informazione, lo
illustra in modo eloquente: per alcuni, il capo dello Stato e il governo
giocano, come accade spesso, con il fuoco, giocando la carta del populismo
securitario; per altri – denunciando il lassismo dei primi – non bisogna temere
di attaccarsi ai "veri problemi" posti da "quella gente". Abbiamo così più
spesso a che fare con posizioni di principio che si nutrono tra loro, tanto più
incrollabili visto che non rimettono mai in causa la categoria definita come
problematica. Una tale opposizione binaria non serve altro che a riprodurre
posizionamenti ideologici, strumentalizzando la famosa "questione rom"
ad nauseam.
Però, il problema non è di sapere se i "Rom e Viaggianti" sono prima di tutto
vittime dell'apparato di Stato e del razzismo popolare, o se "sono" invece
colpevoli della loro "emarginazione".
Nulla si muoverà mai, tanto che si continuerà ad abbordare la categoria stessa
"Rom e Viaggianti" come una popolazione evidente, indefinitamente offerta alla
pietà o al biasimo, secondo le tendenze politiche degli uni e degli altri. E pur
invitando a maggiori sfumature, le reazioni di fronte agli amalgami del governo,
non rimettono mai in discussione l'esistenza di questa "comunità" in quanto
entità sociale omogenea.
Eppure, eccetto la messa in categorie imposta dalle società maggioritarie che le
riuniscono sotto un'unica etichetta (variabile nella storia, da cui l'inflazione
della confusione), niente ci autorizza a considerare come andando da sé, le
similitudini tra questi vari gruppi. "L'origine indiana" è una scoperta della
scienza linguistica apparsa alla fine del XVIII secolo, e non un ricordo
conservato dagli interessati nel seno delle diverse comunità.
In quanto al "nomadismo", sono diversi decenni che i ricercatori dimostrano e
ripetono che non è affatto una caratteristica dei cosiddetti Tzigani, non oggi
più di ieri: troviamo dei gruppi, i quali per motivi storici e economici,
praticano una mobilità stagionale, ma l'immensa maggioranza di loro è sempre
stata sedentaria. Al punto che il qualificativo stesso sembra superfluo.
L'esempio della "Seine Saint-Denis" è un mezzo efficace per farsi all'idea
dell'irriducibile diversità dei cosiddetti Tzigani o "Rom e Viaggianti", per
quanto poco si presti attenzione al modo con il quale loro stessi si
definiscono:
- famiglie gitane (venute dalla Linguadoca e dalla Spagna) ci vivono dalla fine
del XIX secolo, il più spesso in abitazioni "standard" (padiglioni o
appartamenti)
- gruppi famigliari manush, yenish e viaggianti, maggiormente originari dell'est
della Francia, si sono impiantati lì nella stessa epoca, cioè più di un secolo
fa. Un gran numero di loro vivono in roulotte o abitazioni miste (casa e
roulotte). Corrispondono per l'essenziale alla categoria dei "Viaggianti" – ciò
non significando che "viaggino" realmente
- una comunità Rom (i "Rom di Parigi") è presente in "Seine Saint-Denis" dal
periodo tra le due ultime guerre. Come i precedenti, sono oggi cittadini
francesi e vivono per la maggioranza in padiglioni della periferia
- altri gruppi Rom, originari dell'ex Iugoslavia, si sono installati nelle città
del dipartimento nel corso degli anni 1960-1970. Preservando per alcuni, legami
con il paese d'origine, vivono lì ancora, in case banali, la roulotte essendo
nel loro caso solo una risposta all'impossibilità di accedere alla locazione o
alla proprietà
- incontriamo infine dagli anni 1990-2000, gruppi famigliari Rom originari di
Romania e di Bulgaria, occupando essenzialmente degli squat o dei bidonville, a
difetto di alternative: senza diritto al lavoro e alle prestazioni sociali,
"girano" da un terreno all'altro nei comuni del dipartimento talvolta da più di
dieci anni, seguendo il ritmo delle espulsioni… Precisiamo infine che loro
stessi non formano una comunità, ma diversi gruppi distinti e che il loro numero
è stabile dagli anni 2003-2004 – all'incirca tremila persone – anche se la
mobilità subita li rende particolarmente visibili.
Alcuni parlano finalmente di "mosaico" per definire l'insieme tzigane. Questo
mosaico non esiste peraltro per coloro i quali lo guardano, cioè i non tzigani.
Certo, si identificano sempre più, di volta in volta, punti in comune tra i
differenti gruppi: i Rom originari dell'Europa orientale sono marcati da
influenze in parte comuni, legate alla loro appartenenza ad una stessa area
storico-culturale.
Tuttavia, entrando nei dettagli, possiamo constatare la loro grande diversità,
direttamente sorta dalle terre dalle quali queste comunità vengono: i Rom
musulmani di lingua turca del sud della Bulgaria, i Rom sassoni del centro della
Transilvania e i Rom sloveni installati da quarant'anni nell'Italia del Nord non
hanno lo stesso passato, non praticano le stesse attività professionali, sono
diversamente inseriti in habitat altrettanto diversi ecc…
In definitiva, non è un caso se sono innanzitutto dati di tipo macrosociologico
che sembrano dare corpo alla categoria "Rom e Viaggianti". A questo proposito,
le istituzioni europee (U.E, Consiglio dell'Europa), internazionali (FMI,
Banca
Mondiale, PNUD) e diverse fondazioni (in particolare l'Open Society Institute
del miliardario George Soros) hanno una maggiore responsabilità nella
definizione della "questione rom" a livello europeo. L'immagine di una minoranza
essenzialmente costituita da "casi sociali" non avrà cessato di rinforzarsi nel
corso degli anni 19902000, per mezzo di studi quantitativi i quali rendono
astratta già all'origine, la diversità delle realtà locali. L'Unione Europea
inquadra oggi perfino una "decade per l'inclusione dei Rom" (2005-2015),
partendo dal principio che questi sono globalmente "mal inseriti" nelle società
maggioritarie. Ma i cosiddetti Tzigani sono sempre ugualmente eterogenei dal
punto di vista socio-economico di quanto lo sono culturalmente, a est così come
a ovest del continente.
Non c'è così nulla di semplice da dire sui "Rom e Viaggianti", non più che sugli
"Africani" o gli "Asiatici"… E se come in Romania, per esempio, è usanza
chiamare Tzigani tutti coloro percepiti come socialmente marginali, la prima
responsabilità dei ricercatori come dei giornalisti è d'interrogare questo luogo
comune, per rendersi conto di realtà ben più complesse.
Infatti, la strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni, ognuno oggi è
in misura di rendersene conto. Pur volendo lottare contro le discriminazioni e
favorire l'inserimento di alcuni gruppi locali, effettivamente in difficoltà ma
avendo poche cose da vedere gli uni con gli altri, se non un'etichetta, la
retorica della "questione rom" non avrà fatto altro che convalidare nuovamente
la categoria "stigmatizzabile" e la sua pertinenza simbolica.
Come denunciare "l'etnicizzazione" del dibattito e delle politiche pubbliche,
quando si ha per evidente l'entità etnica in questione? Come fare conoscere
meglio coloro chiamati ieri Tzigani, oggi "Rom e Viaggianti", e
nello stesso tempo preservare il punto di vista che vieta di conoscerli? Come
combattere i clichè
senza rimettere in causa lo stampo che li genera? Tali sono le domande che oggi
possono posarsi tutti quelli che desiderano – ricercatori inclusi – lottare
efficacemente contro l'anti-ziganismo.
Difatti la sua base non è purtroppo la semplice mancanza di conoscenza.
Quest'ultima non è altro che una conseguenza del volere creare categorie. In
altre parole, gli stereotipi (negativi o positivi) non sono un'interpretazione
erronea della realtà che basterebbe correggere, ma si nutrono di una postura a
priori, rinforzandola contemporaneamente e a scatola chiusa. E in questo
contesto, la ragione è ben impotente di fronte all'immaginario popolare e alle
strumentalizzazioni politiche.
Allora no, non va tutto nel migliore dei modi e si, dei gruppi di cosiddetti
Tzigani incontrano localmente delle difficoltà, producendo loro stessi una
coabitazione talvolta delicata con il vicinato. Ma se non è gradevole abitare
nei pressi di un bidonville, lo è ancora meno viverci… Però, il modo migliore
per rendere impossibile la risoluzione di queste situazioni è bene quello di
disgiungere le difficoltà vissute da queste famiglie dal contesto locale,
facendone una "questione europea" disincarnata e fantasmagorica.
Difficoltà d'accesso all'alloggio, servizi sociali senza mezzi umani e
finanziari, mercato del lavoro sinistrato, politiche d'immigrazione chiuse e
servizi prefettizi obsoleti… I problemi incontrati da certi "Rom e Viaggianti"
sono quelli delle nostre società contemporanee, delle quali fanno parte
integrante, e non le conseguenze (subite o provocate) di caratteristiche sociali
generiche.