@ltroMolise.it 2010-03-29 02:09:39 (Altre notizie su
Paul Polansky e su
Lety, ndr)
di LAURA CAROSELLA - Paul Polansky, poeta e romanziere americano di origini
cecoslovacche, ha tenuto un recital di poesia presso il Teatro Italo Argentino
di Agnone il giorno 26 marzo, durante il quale ha illustrato la sua esperienza
di poeta e giornalista a contatto con le popolazioni Rom della Repubblica Ceca e
del Kosovo.
Dallo sterminio durante la seconda guerra mondiale, all’avvelenamento da piombo
nei campi Rom del Kosovo che ancora causa morti, Polansky fa denunce serissime e
attraverso le sue poesie narra le storie di chi non ha voce.
Cos’è che ha suscitato in lei un interesse così profondo verso le popolazioni
Rom ed in particolare verso i campi di concentramento durante la seconda guerra
mondiale? Stava cercando di risalire alle sue origini cecoslovacche eppure ha
provato interesse per qualcosa di completamente diverso. Vuole raccontarci come
è andata?
"Sì, stavo cercando le mie origini negli archivi della Cecoslovacchia nel 1991 e
reperii un numero notevole di documenti che gli archivi raccoglievano sui campi
di concentramento Rom presenti a Lety durante la Seconda Guerra Mondiale. Il
direttore dell’archivio disse che nessuno avrebbe potuto consultarli per 15
anni, quindi cominciai a pressare il Governo e tramite alcune amicizie influenti
sono riuscito ad avere accesso agli archivi.
Non esisteva un inventario e c’erano numerosi scatoloni pieni di documenti, così
per ogni scatola e per ogni documento feci un inventario accurato e trovai
moltissime informazioni attraverso le quali capii che si trattava di un campo di
sterminio gestito dai cechi e non dai tedeschi. Trovai molte foto ed in
particolare quella di una giovane ragazza che un Natale cercò di fuggire dal
campo, dopodiché non c’erano altre informazioni su di lei così presunsi fosse
stata uccisa come molti altri che cercarono di fuggire.
Attraverso delle ricerche su tutti i nomi delle persone che trovai trascritti su
quei documenti (tra i quali c’erano anche 95 guardie), venni a sapere che non
c’erano persone ancora in vita e pensai subito che fosse molto strano,
impossibile oserei dire.
Conobbi poi uno zingaro che era stato un conducente di Taxi a New York per 8
anni e che parlava inglese molto bene , inoltre era parecchio conosciuto nella
comunità Rom, così lo "assunsi" per cercare informazioni su eventuali
sopravvissuti.
Girammo tutta la Cecoslovacchia chiedendo ai Rom se qualcuno conoscesse
sopravvissuti della seconda guerra mondiale che provenissero da Lety: ne trovai
più di un centinaio e ovviamente avevano delle storie terribili da raccontarmi,
ancora peggiori di quelle raccontate dai sopravvissuti di Auschwitz. Non avevano
mai narrato queste storie prima di allora, neppure ai loro figli, perché i Rom
hanno un loro "codice del silenzio" e queste storie per loro costituivano quasi
un marchio di disonore, ma io mi trovai nel momento giusto al posto giusto,
poiché i sopravvissuti erano tutti molto anziani e capirono di non voler portare
quel segreto nella tomba , volevano che la gente sapesse cosa avevano subito.
Così cominciai a raccogliere tutte le loro storie. Non vollero però che io li
filmassi, fotografassi o che registrassi le loro parole, avevano paura che
subito dopo io sarei andato dalla polizia a denunciarli per farli riportare a Lety; erano passati tutti quegli anni eppure avevano ancora paura di essere
rinchiusi nuovamente in un campo di concentramento e questa è un’ulteriore prova
di che esperienza terribile fosse stata.
Trovai anche delle guardie sopravvissute e pressai il Governo ceco affinché
processasse uno di loro, perché avevo le prove che egli avesse ucciso tantissime
persone con le sue mani, soprattutto bambini. Diedi vita ad un caso che
all’epoca ebbe molta risonanza a livello mediatico in Cecoslovacchia, ma questa
guardia era ormai troppo anziana per essere processata, anche se tentò di
uccidermi quando io stesso andai a trovarlo! Quando conobbi la figlia e le
raccontai ciò che sapevo su suo padre mi disse che avevo appena distrutto tutti
i suoi sogni, mi disse "hai distrutto la mia vita e quella dei miei figli." Ecco
qual è la parte peggiore del fare un lavoro come il mio".
Ieri, durante l’incontro presso il Teatro Italo Argentino, lei ha detto di aver
vissuto per oltre 15 anni insieme alle popolazioni Rom come antropologo e
studioso. Questa esperienza che impatto ha avuto sulla sua vita?
"Ho vissuto per 5 anni con gli zingari della Repubblica Ceca e per ben 11 anni
con quelli del Kosovo come antropologo per l’appunto, raccogliendo le loro
storie, imparando le loro abitudini e i loro costumi, assimilando le loro
leggende e miti e tentando di trovare una differenza tra loro e me, per poi
capire sempre di più che non ce ne fosse nessuna. Poi, attraverso le storie che
mi raccontavano ho capito che le loro radici si trovavano in India, così sono
andato in India e ho scattato molte foto, quando sono tornato e ho mostrato loro
le foto scattate lì non credevano che io ci fossi stato davvero, uno di loro mi
disse "Sei sicuro di essere stato in India? Conosco la donna in questa foto ed
abita proprio nel villaggio qui accanto!" Non hanno mai creduto al fatto che
fossi stato in India eppure lì avevo trovato i loro "cugini"!
A parte questo, vivere con loro non significa solo "studiare" i loro usi e
costumi, ma soffrire con loro, subire gli stessi attacchi e gli stessi
pregiudizi che la gente ha nei loro confronti, per esempio la NBC si rifiuta di
parlare con me perché mi considera uno zingaro a tutti gli effetti, sono uno di
loro! Girava addirittura la voce che io facessi parte di un esercito di zingari
e molti, anche miei cari amici, erano curiosi di vederlo, questo mio grande
"esercito", quando invece si trattava solo di due sorelle Rom che erano le mie
interpreti. Eppure la NBC aveva messo in giro questo "rumor": "Paul Polansky
arruolato in un esercito gitano". Io sto semplicemente cercando di salvare tanti
bambini e tante persone che vivono nei campi contaminati dal piombo e la cosa
peggiore di questa esperienza è il constatare che nessuno vuole salvarli, questo
è il problema".
A proposito di questo, alla fine del video documentario "Gipsy Blood" che ieri
lei ha proiettato in sala, c’è una forte denuncia nei confronti dell’ONU per
quanto riguarda il problema dell’inquinamento da piombo nei campi Rom in Kosovo.
Perché tanta indifferenza da parte di una associazione che è nata per difendere
i diritti umani?
"C’è un atteggiamento innato di razzismo nei confronti degli zingari tra i
componenti dell’ONU e non solo in Kosovo, inoltre l’ONU cambia il suo staff ogni
6 mesi in Kosovo, per cui io in 11 anni ho assistito a ben 22 cambiamenti di
staff e tutte le persone che ho visto subentrare odiavano e odiano gli zingari.
Prima la stessa cosa accadeva per le persone di colore, ora invece abbiamo
persone di colore al governo, nelle istituzioni, insomma ricoprono posizioni di
grande rilievo e quasi più nessuno è intollerante nei loro confronti, più che
altro hanno capito che non si può essere razzisti nei loro confronti, mentre gli
zingari non sono conosciuti, non sono integrati con la società, non hanno
incarichi di nessun genere, sono considerati dei nomadi e questo alimenta il
pregiudizio e l’intolleranza e l’intolleranza, a sua volta , è alimentata
dall’ignoranza".
E’ quindi l’ignoranza il motivo per cui, dalla seconda guerra mondiale ad oggi,
continua a sussistere un atteggiamento xenofobo nei confronti delle popolazioni
Rom?
"Sì, diciamo che per conoscere le persone bisogna viverci insieme. Sia in
Spagna, che nella Repubblica Ceca, che nel Kosovo ho avuto modo di conoscere
persone che avevano dei Rom come vicini di casa ed ognuna di queste persone mi
ha detto "lo zingaro che abita accanto a me è un persona per bene, non ho nessun
problema nei suoi confronti e mi fido di lui, ma è lo zingaro che abita
dall’altra parte della città quello di cui non mi posso fidare. " Ecco vede, se
li si conosce, si vive insieme a loro, non ci sono problemi, se non li si
conosci e non si sa nulla di loro è lì che comincia l’intolleranza e la fobia".
Rispetto ad altri poeti di cui ho avuto modo di leggere i componimenti, ho
notato che le sue poesie rifuggono da qualsiasi artificio stilistico ed adottano
un linguaggio diretto e concreto riportando i fatti per come sono avvenuti,
oserei dire con uno stile quasi giornalistico. Si tratta di una scelta ben
precisa o del suo stile innato di scrittura?
"Quando ho cominciato la mia carriera giornalistica alle scuole superiori, la
mia insegnante diceva sempre che utilizzavo troppe parole , che ero molto
prolisso e che purtroppo il mio stile naturale di scrittura era quello. Il fatto
è che vivendo con i Rom e ascoltando le loro storie, devo utilizzare le loro
semplici parole per raccontarle a mia volta, devo essere necessariamente diretto
ed utilizzo il loro stile perché voglio mostrare a tutti chi essi siano davvero.
Questo è il modo in cui loro parlano, non usano molte parole per descrivere le
azioni , le loro storie di vita perché non hanno ovviamente il senso della
letteratura, ma solo quello della storia, quella che si narra di padre in figlio
di generazione in generazione. Ogni zingaro ha un’innata capacità narrativa
usando il proprio diretto, semplice ed essenziale modo di raccontare che ti
colpisce, arriva dritto alle ossa. Questo è il motivo per cui io adotto il loro
stile e ormai l’ho fatto mio, infatti lo utilizzo per qualsiasi cosa io scriva".
Oggi ha trascorso una giornata ricca di appuntamenti qui a Agnone, cito la
visita alle scuole superiori, alla struttura che un tempo fu adibita a campo di
concentramento e poi alla Fonderia delle Campane Marinelli. Che idea si è fatto
di Agnone e della sua storia?
"Mi sono davvero innamorato di Agnone, sono sincero! E’ una cittadina favolosa
ed ho particolarmente apprezzato il suo centro storico: tutti i palazzi, i
portoni, le botteghe; amo molto questo genere di cose. Le persone sono molto
gentili per quello che ho potuto constatare e sono rimasto molto stupito dagli
studenti delle scuole superiori con cui questa mattina ho avuto un incontro
perché ho fatto molti convegni presso le università e questi ragazzi avevano
molte più domande da pormi rispetto agli studenti universitari, erano totalmente
coinvolti ed interessati alle mie parole, alle mie esperienze, a ciò che
raccontavo loro. Nonostante si trattasse di un argomento piuttosto difficile e
drammatico, avevo l’attenzione di ogni singolo studente. Ne sono rimasto
impressionato e mi sono entrati davvero nel cuore. I ragazzi dell’Istituto
Alberghiero, inoltre, mi hanno addirittura preparato, insieme ai loro
insegnanti, un ottimo pranzo che non dimenticherò di certo! Vorrei davvero
tornare in futuro, tornare a vedere la Fonderia (Marinelli n.d.r) che oggi mi ha
fatto uno splendido dono e magari, perché no, scrivere anche un libro di poesie
su questa bellissima città e sulla sua storia."