\\ Mahalla : Articolo : Stampa
Spagna
Di Fabrizio (del 14/02/2010 @ 08:19:35, in Europa, visitato 1548 volte)

Segnalazione di Gabriel Segura

Laboratorio di cucina, una delle attività dell'associazione. :: BLANCA CASTILLO ElCorreo.com

Gitani sul buon cammino
L'associazione Gao Lacho Drom celebra 25 anni di lavoro a favore dell'integrazione
07.02.10 - 03:07 - FRANCISCO GÓNGORA | VITORIA.

"Cos'è, un carro armato?" domanda Jesús Jiménez, di 7 anni, quando la maestra indica la ruota disegnata sulla bandiera azzurro cielo e verde terra dei gitani. "Ma non te l'ha detto tuo padre?", insiste l'insegnante. "Ah, sì! - dice il bambino - Che prima non avevamo case, ma solo gli alberi". La scena ha avuto luogo nel giorno di Santa Águeda nell'aula di ripasso educativo che l'associazione Gao Lacho Drom tiene in calle Antonio Machado del barrio di Sansomendi de Vitoria. Vecchi ricordi si affacciano nella mente dei piccoli gitani, che così celebrano, per esempio, la tradizione di cantare con i bastoni alla santa martire, come qualsiasi studente.

Ne Jesús ne su fratello Ángel, di 9anni, immerso nell'imparare la tavola pitagorica, sanno niente della vita errante, dei carri, del dormire sotto le stelle, degli accampamenti di baracche degli anni sessanta e del villaggio di adattamento chiamato "un popolo (villaggio) nel buon cammino" - è il significato di Gao Lacho Drom - che è posto molto vicino all'attuale laboratorio di Lakuabizkarra nel 1971. Non ne sapeva niente, salvo i racconti a voce un'altra volta "dei genitori", Pascual Borja, 28 anni, vice-presidente dell'associazione, Bartolomé Jiménez, che presto diventerà leader del collettivo.

"Siamo una nuova generazione, non conosciamo queste sistemazioni marginali e neanche quella malavita che non ha niente di romantico. E' da idioti credere che a qualcuno piaccia vivere nella sporcizia, come molti continuano a pensare. Io sono nato sul suolo di Antonio Machado - tre mesi dopo che i miei abbandonarono il villaggio. Ho potuto studiare e non vivo al margine", afferma il giovane Pascual che maneggia, inoltre, la lingua di un patriarca, la cortesia, la diplomazia, l'ospitalità, il saper stare con tutti. E tutto ciò è la somma di una grande conoscenza della gente. Con le statistiche e con l'esperienza che nasce dal ricevere la gente ed ascoltare i suoi problemi.

Chi si ricorda dettagli inverosimili di quella tappa oscura sono Bartolomé e Julia Chávarri, la religiosa del Divino Maestro che cominciò a lavorare col gruppo nel 1968, animata da quello spirito postconciliare del Vaticano II che portò molti cristiani a compromettersi con i più deboli.

Una vasca congelata

"Il sindaco era Lejarreta ed ottenemmo qualcosa per la prima volta in Spagna, abitacoli con bagno, cucina e una stanza di 36 metri che poi ciascuno separò con mattoni, secondo le sue necessità. Era qualcosa per iniziare ad uscire dalle baracche. Gli inverni furono durissimi. La vasca per lavare si congelava", riferisce Julia, "l'anima ed il cuore dell'associazione", che a 77 anni continua l'attività preparando però il ricambio.

Quando Bartolomé Jiménez va indietro nel tempo e vede il cammino percorso dal suo popolo si inorgoglisce."Si è sofferto molto. Si sono superati conflitti, ci sono tuttora discriminazioni, però abbiamo sempre tentato di superarle parlando. Abbiamo contribuito a costruire Vitoria, alla pace sociale e, senza dubbio, abbiamo ricevuto molto dal resto della gente di buon cuore". La lista è lunga: Cáritas, Cayo Luis Vea Murguía, Pedro Mari Núñez e la sua famiglia, tutti i sindaci meno uno "che era molto cattivo", Jesús Loza e tutti i gruppi politici, PNV, PP, PSE, EA, IU, "tutti senza eccezione ci hanno aiutato", sottolinea soddisfatto il patriarca.

"Integrazione esemplare"

"Credo che il processo di integrazione sia stato esemplare a livello spagnolo. Ci sono state luci ed ombre, come la decisione di creare un collegio per i soli gitani, ma poi è stato ricondotto. Ottenere che vivano sparsi per la città come tutti i vitoriani senza creare ghetti è stato fondamentale", pensa l'ex sindaco José Ángel Cuerda, che ricorda come "affrontammo il rialloggiamento dalle case di Antonio Machado alla città negli anni '80, assieme al Ministero della Casa. Hanno collaborato tutte le istituzioni", sottolinea.

Ma questa buona immagine trasmessa dalle istituzioni e dalla stessa associazione incontra anche polemiche come quella dei "Bartolos" dell'avenida de los Huetos che questa settimana hanno persola casa per non aver pagato le loro case. "Il 95% dei gitani svolge una vita normale senza creare conflitti. Essere differente non è sinonimo di essere cattivo, anche se ci costa rompere il muro dei pregiudizi e degli stereotipi. Da parte nostra abbiamo fatto uno sforzo, nel far pace con loro. Perché anche loro hanno diritti", sottolinea Bartolomé Jiménez, 65 anni, leggenda vivente di questo collettivo. Un'attitudine che lo onora, perché durante una discussione con il clan dei "Bartolos" nel suo ufficio, una pallottola stava per costargli la vita.

IL DATO
3.500 sono i gitani a Vitoria e Álava, una comunità che soffre la disoccupazione e la crisi in una maniera più virulenta che altri gruppi. Molti di loro vivono completamente integrati e sparsi nei vari quartieri di Vitoria, anche se i gruppi più grossi si concentrano a Sansomendi e nel Casco Viejo.