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Milano, l'odissea del musicista in fuga "Suono con Pelù, ma devo nascondermi"
Di Daniele (del 09/02/2010 @ 09:30:53, in musica e parole, visitato 2458 volte)

La Repubblica Milano.it


Jovica Jovic è un maestro di fisarmonica di fama internazionale. "È incredibile, vivo in Italia da quarant’anni, sono sempre stato in regola e amato da tutti. Ma da due anni sono costretto a nascondermi, a vivere come un clandestino. Eppure non ho mai fatto niente di male". La sua unica colpa è di avere un visto scaduto di Luca De Vito

Jovica Jovic

La sua fisarmonica ha 39 anni. Jovica Jovic l’ha acquistata appena arrivato in Italia, a Stradella, nel 1971. Per essere precisi è una fisarmonica cromatica, uno di quei modelli introvabili con i bottoni al posto della tastiera, difficilissima da suonare. Jovic è un serbo di etnia rom e a guardarlo sembra un elegante pensionato sulla cinquantina, sorridente e dai modi gentili. Ma, suo malgrado, ha una doppia vita. Quella ufficiale, che vive sui palchi di mezza Italia a fianco di artisti internazionali e assieme alla sua band “ I Muzikanti”. E quella da clandestino, cominciata nel 2007 e passata a nascondersi fra un accampamento e l’altro. Con un’unica colpa: avere un visto scaduto.

VIDEO Il racconto di Jovica

«È incredibile - racconta - vivo in Italia da quarant’anni, sono sempre stato in regola e amato da tutti. Ma da due anni sono costretto a nascondermi, a vivere come un clandestino. Eppure non ho mai fatto niente di male». Jovic accetta di parlare nel chiuso di un garage del centro, perché «nelle mie condizioni le precauzioni non sono mai troppe». Insieme con lui, alcuni amici italiani che lo hanno conosciuto grazie alla sua attività artistica. Mauro Poletti, dell’associazione Terra del fuoco, segue da anni Jovica nella sua carriera di musicista. «La società dice Paoletti ha un atteggiamento schizofrenico nei confronti del maestro Jovic. Da una parte lo celebra come artista di fama internazionale: basti pensare che ha suonato per anni al binario 21 nel giorno della memoria della Shoah, e che ha collaborato con artisti del calibro di Piero Pelù, Moni Ovadia e Dario Fo. Dall’a ltra lo persegue come illegale e clandestino».

La vita del signor Jovic sembra un film di Kusturica, fatta di viaggi e colpi di scena, anche se il presente per adesso è amaro. Nato a Belgrado nel ‘52, ha imparato a suonare la fisarmonica ascoltando suo nonno, senza spartiti e senza metronomi. Un metodo che utilizza per insegnare ai trenta allievi del suo corso che tiene nella sede di “Terra del fuoco”, un corso di perfezionamento al quale può partecipare soltanto chi ha già una buona conoscenza della fisarmonica. In Italia ha lavorato e suonato senza problemi fino al 2007, quando è stato bloccato all’aeroporto di Roma e - a causa di un visto non rinnovato - rinchiuso in un Cpt, da cui è uscito solo per le sue precarie condizioni di salute e grazie all’a iuto di un medico.

Una settimana fa l’ultimo episodio di questa vita clandestina: il Comune di Rho - dove Jovic, con la sua famiglia, viveva negli accampamenti di via Magenta - gli ha recapitato un “avviso di imminente accertamento” sui suoi documenti. «Solo grazie a un nostro presidio - spiega Andrea Papoff, del centro sociale Fornace - siamo riusciti a impedire lo sgombero di Jovica e dei suoi parenti». E Jovic aggiunge preoccupato: «Le case accanto alla mia le hanno buttate giù, lasciando sulla strada tre famiglie. I miei parenti temono lo sgombero da un giorno all’altro. Mia moglie aspetta da mesi la possibilità di operarsi a un braccio e anch’io dovrei sottopormi a un intervento all’intestino».

Nonostante i consigli degli amici, però, Jovic si ostina a fumare. Fra le sue dita, un mozzicone che regge una torretta di cenere pericolante. «Prima o poi smetto», assicura, accennando un sorriso poco convinto. Poi torna serio e aggiunge con quella sua voce un po’ roca e un po’ lamentosa: «Mi appello a tutti gli artisti e a tutti gli intellettuali con cui ho lavorato. Vorrei poter rimanere in Italia e continuare con la mia vita di artista onesto. Il mio sogno? Un permesso di soggiorno ad honorem, per il contributo artistico che sto dando al vostro Paese»

[6 febbraio 2010]