Da
Bulgarian_Roma (lunghetto, magari leggetelo a puntate se avete qualche giorno
di pausa. Un bigino su case e sgomberi)
TOLblog.org 18 dicembre 2009
I bulldozer di Burgas
Mentre state leggendo queste righe, si sa già che le case rom nel quartiere "Gorno
Ezerovo", dove era programmata la demolizione, sono già state abbattute. Nello
stesso giorno i media hanno dato fiato a materiale sensazionalista sulla rivolta
rom, catene umane e pietre lanciate ai bulldozer ed ai poliziotti. Sono
circolate voci su foto di Rom arrabbiati e che svenivano. E poi basta. La
sensazione è rientrata. Non è stato scritto o sentito niente sui giorni seguenti
e su dove la gente, che aveva perso la casa, passasse la notte e su cosa
succederà a loro nel futuro.
Qualche giorno prima che i bulldozer entrassero nel quartiere di Burgas, gli
ultimi giorni soleggiati dell'estate, parlavamo col capo dell'unica OnG rom
funzionante nella città costiera - Mitko Dokov.
"Stiamo organizzando i cittadini di Gorno Ezerovo in comitato. Vogliamo
spedire una lettera aperta al sindaco, al governatore ed al Primo Ministro.
Questo atto avventato, se non fermato, dev'essere differito. A causa di ciò
molta gente è nel panico" - sono state le parole con cui il capo del locale
consiglio rom ci ha salutato.
Nel quartiere Gorno Ezerovo vivono circa 2.000 persone. La maggior parte di
loro sono locali e non migranti, contrariamente a quanto dicono le autorità.
Abbiamo appreso da Dokov che non più di dieci famiglie provengono da altri posti
e si sono poi installate qui. La maggior parte del terreno è di proprietà
municipale, il resto appartiene a privati. Nessuno dei residenti sa su quale
tipo di proprietà hanno costruito la loro casa.
Il quartiere rom fu abbandonato dallo stato e dalle autorità municipali dopo
il 1989. Ce se ne ricorda solo prima delle elezioni. E subito dopo ce se ne
dimentica. Cosa vi succede all'interno, se viene fatta rispettare la legge, come
vive la gente, come sono le infrastrutture, non importa a nessuno. La portata
delle autorità di solito finisce quando inizia un quartiere rom. Possono fare
quel che vogliono, fintanto che dura il loro mandato, sembra essere la filosofia
del governo in questo caso. E così attraverso gli anni, lasciati a loro stessi,
i Rom si sono presi cura da sé dei loro problemi. Quando in una famiglia, che
vive in una casa di una stanza, un figlio si sposa, aggiunge alla casa una o due
stanze. Non c'è nessuno a dire di no, lui conosce tutti i suoi vicini, e lo
stato è assente. E' così in quasi tutti i quartieri rom nel paese. E così i Rom
vivono alla loro maniera, fino a ché qualcuno ha un problema con ciò. Allora
ritorna la legge con tutta la sua forza sulla testa delle persone, che per
decenni hanno vissuto nelle loro case costruite illegalmente.
Durante la notte dopo il nostro incontro con Dokov la pioggia si è
intensificata ed è continuata il giorno seguente. La mattina dopo abbiamo
visitato il quartiere. Per strada non c'era nessuno. In un caffè abbiamo trovato
quanti avevano ricevuto una notifica di demolire volontariamente le loro case o
di aspettare che provvedessero i bulldozer l'indomani, 7 settembre.
Tra la gente radunata nel caffè, c'erano il vacillante Isako di 84 anni, che
ha vissuto nel quartiere per oltre 50 anni, Guesa, 64 anni, Anguel, che ha
quattro figli ed ha promesso di darsi fuoco, Mirka, madre di dieci figli,
Galabina, che vuole comperarsi il terreno e installarvi casa sua. "Il terreno
costa molto e vogliono mandare via i Rom. Dicono che siamo migranti da Sliven o
da Kotel, ma non è vero. Ho vissuto qui per 46 anni" - strabuzza gli occhi un
anziano. Un giovane dice di avere 26 anni e che è nato nella casa che sta per
essere demolita. Mirka stropiccia la notifica che ha ricevuto un paio di giorni
fa e chiede dove potrà andare a vivere quando le sue due stanze saranno rase al
suolo. Il termine di sgombero è vicino, che significa che lei ed i suoi bambini
stanno per diventare senza casa. Le donne anziane piangono. Anche i giovani sono
alterati.
Nella prima fase le famiglie ricevono lettere dal Direttorato Regionale per
il regolamento edilizio (RDNSK) con indicato il termine per la demolizione
volontaria. Se questa non avviene a tempo, segue la demolizione forzata. Le case
che devono essere abbattute sono 54. In ogni casa abitano almeno cinque persone,
il che significa che oltre 250 uomini, donne, bambini ed anziani non avranno un
riparo per l'inverno.
"Venite a vedere se le case sono insicure come dicono le lettere.
Fotografatele!" ci richiama un giovane sotto la pioggia. Per le strade fangose
abbiamo camminato sino ai margini del lago. Come in qualsiasi quartiere rom ci
sono sia grandi case solide che baracche, costruite in uno due giorni.
"Questa sarà abbattuta. Quella dopo, no. Anche quella a due piani. Guarda qui,
hanno cambiato gli infissi di legno con quelli in alluminio... Entra in questa
casa... Non c'è bisogno di togliersi le scarpe... Vedi come l'hanno arredata?
Guarda com'è pulita, anche questa casa sarà buttata giù... Le baracche
resteranno intatte, e le case belle verranno demolite. Ed ora dimmi come hanno
deciso quali case abbattere e quali rimanere in piedi!" - puntualizza la nostra
guida chiedendoci con enfasi.
Secondo le lettere ricevute dai residenti, tutte le case che verranno
demolite sono classificate come strutturalmente insicure. Tra le case che la
nostra guida ci indicava, ce n'erano di pericolanti come edifici solidi a due
piani. Siamo anche passati davanti ad una casa, che era stata parzialmente
demolita dai suoi abitanti: "avevano paura che se l'avessero fatto i bulldozer,
avrebbero dovuto pagare le spese. E' per questo che hanno buttato giù la causa
loro stessi" - ci spiega il giovane.
Torniamo al caffè. Hanno già deciso che quattro rappresentanti del quartiere,
guidati da Mitko Dokov e Rumen Cholakov, leader della sezione di Burgas del
movimento politico Euroroma, chiederanno un incontro col governo regionale e un
deferimento delle demolizioni. E' risultato complicato entrare nella sede
dell'amministrazione regionale. Dopo che Mitko Dokov parlò per telefono con
l'esperto regionale di etnie e demografia, soltanto a Dokov e Cholakov fu
permesso di incontrare il vice governatore regionale. Il deputato Zlatko
Dimitrov non è stato informato del caso, perché occupava il posto solo da un
paio di mesi. Ha però promesso di portare l'attenzione del governatore sul
problema, di esaminare completamente la situazione, vedere quali azioni siano
possibili ed informare i leader rom, entro la fine della giornata, se le case
sarebbero state demolite o meno la mattina successiva.
Nel frattempo in comune abbiamo parlato col vicesindaco Kostadin Markov,
responsabile del regolamento su terreni, architettura e costruzioni. Gli abbiamo
chiesto sulla sua posizione e se ci fosse un'alternativa per la gente che stava
per essere lasciata in strada. Ci ha detto "La posizione del comune è che la
legge dev'essere rispettata. Il contendere sono case, costruite due anni fa.
Questa gente sa che laprocedura termina con l'eventuale demolizione. Sono
soprattutto persone non residenti a Burgas, ma che arrivano da Yambol, Sliven e
molti altri posti. Al momento non siamo in grado di offrire loro garanzie
speciali. Il comune offre alloggi sociali, ma si deve seguire una procedura
particolare ed un periodo d'attesa. Negli ultimi due anni avrebbero almeno
dovuto fare richiesta. E' stato spiegato loro, più di una volta. Ora non esiste
alcuna procedura straordinaria, o casa disponibile a tal scopo, che il municipio
possa offrire loro. Specifico che il municipio di Burgas denuncia le costruzioni
illegali, ma è il RDNSK che provvede ad eseguire le procedure di demolizione.
Oggi o domani, a seconda delle condizioni atmosferiche, ritengo che le case
saranno demolite."
In questo caso, l'unico obbligo dell'amministrazione municipale è di
preservare le proprietà dalle case dopo la demolizione, per cui è stato
impiantato un magazzino municipale. Il giorno stesso il Comitato Bulgaro di
Helsinki ha inviato una lettera ai media, in cui dichiarava che se le case rom a
Burgas fossero state demolite, la Bulgaria avrebbe violato la Convenzione
Europea sui Diritti Umani. Chiedeva inoltre un'azione immediata da parte del
governo e del Primo Ministro Boyko Borissov, sia per fermare la programmata
demolizione che per trovare un alloggio alternativo ai Rom.
Di ritorno al quartiere la gente ha aspettato sino a sera una telefonata dal
vice governatore regionale, nella speranza che la casa non venisse demolita
-invano. La telefonata arrivò, ma solo per confermare la demolizione.
La mattina dell'8 settembre è stata interrotta l'elettricità delle case
selezionate. Bulldozer e poliziotti sono entrati nel quartiere. Disperatamente,
la gente ha cercato di porre fine a questa pazzia. Ma sono stati lasciati senza
casa.
Due settimane dopo, di nuovo a Burgas, altre 19 case rom sono state demolite
nel quartiere Meden Rudnik.
Il bulldozer di Sofia
Il 15 ottobre, un mese ed otto giorni dopo la demolizione delle case rom nei
quartieri di Burgas di Gorno Ezerovo e Meden Rudnik, il bulldozer della legge ed
ordine si è riversato anche nella capitale. Quando arrivammo a Sofia nel
quartiere di Nadezhda, trovammo il bulldozer al lavoro in uno spazio bloccato al
traffico presidiato dalla polizia, in viale Rozhen vicino alla fermata del tram.
Sul marciapiede erano ammonticchiati i bagagli e le proprietà degli ex abitanti.
Letti smantellati, materassi, reti, tavoli, vestiti in buste di plastica, catini
e qualsiasi altra cosa che potesse attirare l'attenzione dei primi pedoni e dei
passeggeri del tram. Quelli che erano stati residenti sino alla notte
antecedente, stavano in piedi ai margini della zona presidiata e osservavano
tristemente la demolizione delle loro case. Causa l'ora mattutina, la mancanza
di informazioni o qualche altra ragione sconosciuta, i media non erano presenti.
Ci siamo avvicinati a Trajan e Magda. "Vi sistemeranno da qualche parte?" -
chiediamo. "Da nessuna parte. Staremo per strada." - E' stata la lapidaria
risposta di Magda. Trajan aveva più voglia di parlare. Hanno vissuto qui per 19
anni. 30 persone condividevano una casa con quattro stanza e due piccole unità
aggiunte nel cortile. Tra loro ci sono donne in attesa e bambini malati, che
sono ora nelle case vicine. Non sanno dove passare la notte. Nessuno ha un
lavoro stabile. "Quest'uomo è il nostro sindaco. Lasciate che ci dica dove
andare" - ha puntualizzato Magda. Ma il sindaco di Nadezhda - l'ingegnere
Dimitar Dimov - quando ha visto il giornalista armato di registratore, è salito
rapidamente in macchina e si è allontanato.
Un vecchio vacillante si è avvicinato a noi; per niente stupido o emozionato
faceva lo stesso fatica a parlare. Ci ha spiegato che i suoi figli erano sul
marciapiede opposto - sua moglie col bambino ed i giovani nipoti. Sono stati
alzati tutta notte ed hanno portato tutto il possibile da parenti. "Una borsa
qui, due borse la. Non c'è una stanza per il resto. Qui sul marciapiede." spiega
Strahil, 58 anni e padre di sei figli. "Perché non indossi le calze?" - udiamo
una voce femminile dietro di noi. Una poliziotta sta parlando con una ragazza a
piedi nudi. Lei si chiama Gyula e ha dieci anni. Dice di non avere freddo, anche
se si stringe nella sua giacca. Oggi non è andata a scuola, perché la sua casa è
stata abbattuta. E' timida, non vuole essere fotografata. Altri bambini si
avvicinano. La maggior parte hanno una brutta tosse. Diciamo a loro di andare al
caldo. Sono imbarazzati.
Boncho ha tre bambini. Sta tenendo quello più giovane tra le sue braccia.
Dice che la mattina non ha avuto problemi con la polizia. Sono usciti di casa
quando è stato detto loro di lasciarla. Una donna era venuta la sera prima e
aveva detto di prendere con loro tutto ciò che potevano prima che i bulldozer
arrivassero alle 6.30 per distruggere la casa. Per cosa? "Non lo so. Qualcosa
riguardo all'amministrazione..." - il 23enne scrolla le spalle e pensa a cosa
fare con i bagagli e dove portare la famiglia.
Torniamo da Trajan e Magda, in piedi sul marciapiede accanto alle loro cose. Ora
Magda sta piangendo. Apprendiamo da Trajan che 19 anni fa si spostarono nella
casa, di proprietà municipale. Nessuna reazione da parte del comune. Volevano
pagare l'affitto ma gli fu rifiutato perché non avevano un documento di
residenza nella proprietà. Cinque anni fa gli abitanti vinsero una causa e
continuarono a vivere lì. Ed ora all'improvviso la casa era in lista per la
demolizione. "Dicono che qui sotto passerà la metropolitana. Ma è solo un
pretesto. Se fosse così, perché non demoliscono le altre case nel quartiere?"
chiede Trajan.
La donna che li aveva visitati la notte prima era dell'agenzia per la
protezione dell'infanzia. Nessuna sa come si chiama. Arrivò per invitare Donka,
che ha un bambino, a vivere con il bambino in un riparo temporaneo. Donka
rifiutò. Preferiva stare con la sua famiglia. "Ora abbiamo timore che i servizi
sociali portino via i nostri figli. E sono ancora dei bambini" - aggiunge la
giovane madre.
Si mostrano altri abitanti delle case demolite. Alcuni portano dei teli di
plastica per coprire le loro cose sui marciapiedi. Altri si sono riuniti
intorno a noi e vogliono parlare. Non hanno visto nessun mandato. La mattina è
arrivata la polizia, svegliando tutti e dicendo che dovevano lasciare la casa.
Hanno dato appena il tempo di prendere i propri effetti, prima che il bulldozer
iniziasse la demolizione. E' stato detto loro che non erano residenti a Sofia e
che dovevano tornare da dove provenivano. La figlia della 45enne Veska è
incinta, sua nipote ha degli attacchi, e suo figlio è sordomuto. Dimitrina ha
avvolto suo figlio in una coperta e guarda con gli occhi spalancati. Alcuni
piangevano, altri davano la colpa al sindaco e al governo, e maledicevano il
loro destino.
Finalmente il bulldozer ha finito ed è andato via. I poliziotti sono risaliti
sulle loro macchine verso un'altra operazione. Anche noi siamo andati via. Jordanka Bekirska, avvocato
del Bulgarian Helsinki Committee ha fatto ricorso a nome di 14 ex abitanti.
Prima che le case fossero demolite aveva parlato con degli incaricati comunali e
aveva detto loro che buttare la gente per strada è una violazione delle leggi
europee. La risposta fu che le autorità stavano osservando le leggi bulgare, e
che quelle europee non importavano. Decidemmo che parlare con le autorità
municipali era inutile. La risposta sarebbe stata identica a quella ricevuta il
mese precedente a Burgas - che la legge deve essere seguita e rinforzata, che
l'amministrazione non può offrire un'alternativa, che esiste una procedura da
seguire per gli alloggi sociali ecc.
Lo stesso giorno si teneva in un albergo una conferenza dal titolo "Realtà e
prospettive nelle politiche d'integrazione per i Rom". Alla conferenza si
dibatteva sulle priorità e sulle misure politiche da introdurre nel programma
governativo quadriennale per l''integrazione dei Rom. Era presieduto dal vice
Primo Ministro e Ministro degli Interni, Tsvetan Tsvetanov, che è anche leader
del principale partito di centro-destra, il GERB. Abbiamo chiesto a Tsvetanov
quante altre demolizioni di case rom erano previste. Menzionammo la demolizione
della mattina stessa ed aggiungemmo che ci sarebbe stato un ricorso che avrebbe
probabilmente la Corte Europea, cosa non buona per il paese. Rispose che era un
problema delle autorità municipali, che hanno l'obbligo di rafforzare la legge.
E la legge è la stessa per ognuno nel paese.
Uno degli argomenti della conferenza era le condizioni di vita dei Rom.
Comprendeva questi suggerimenti per il governo: "unire, dirigere e coordinare
gli sforzi delle agenzie statali, le autorità locali, i comitati cittadini, la
comunità rom ed ogni istituzione del paese coinvolta nel miglioramento delle
condizioni di vita dei Rom e nella modernizzazione dei quartieri che abitano."
Quindi, mentre si discute e si dibatte sulle condizioni di vita dei Rom, i
bulldozer di legge ed ordine stanno continuando ad andare ad abbattere solo
quelle case abitate dai Rom. Arrivano lamentele perché la legge è uguale per
tutti e tutti sono uguali davanti alla legge. Sembra che in molti si stiano
stancando, ed i forum su internet contengono commenti come "meglio smettere di
giocare con le baracche dei Rom, ed iniziare a regolare i palazzi costruiti
illegalmente dai nuovi ricchi." O sono forse più uguali del resto di fronte ai
bulldozer di legge ed ordine?
Ancora nessun bulldozer a Montana
Nella città di Montana ci sono due quartieri rom - Ogosta, con circa 1.800
abitanti, e Kosharnik con circa 2.500 abitanti. Sono ai due lati opposti del
centro regionale. All'inizio degli anni '50 la popolazione rom si concentrò ad
Ogosta, accanto alle sponde del fiume omonimo. Le inondazioni distrussero a suo
tempo molte case e ripari. Una buona parte della popolazione fu evacuata e
piazzati in strutture temporanee fuori dalla città.
Nel 1972 un progetto municipale getta le basi del nuovo quartiere di Kosharnik,
fuori dalla città. Attualmente è abitato da molta gente che si è trasferita da
altre città negli ultimi due anni. Nei terreni comunali di pascolo attorno al
quartiere hanno costruito case familiari senza mattoni, piani di costruzione e
permessi edilizi. Le autorità municipali non reagirono alle costruzioni
illegali, anche se ci furono proteste dei residenti lì attorno. In queste case
sono nati bambini e le famiglie sono cresciute, da cui si sviluppa il bisogno di
nuovi terreni. Crescono sempre più le case e le baracche illegali, abitate da
nuove famiglie.
Il quartiere di Ogosta si trova di fronte a problemi simili. Da un lato
confina con la ferrovia, il fiume dall'altro e la strada E-79. La popolazione
cresce ogni anno, ma l'espansione territoriale del quartiere è impossibile. In
pochi cercano di comperare casa fuori da quel territorio, in città o nei
villaggi vicini. La maggioranza della popolazione rimane nelle loro vecchie
case. Aggiungono un piano o costruiscono unità adiacenti, che raggiungono la
strada ed i marciapiedi e violano i regolamenti. Alcuni degli abitanti hanno
solo documenti di proprietà per la terra dove ci sono le vecchie case; altri non
hanno del tutto documenti. Ma tutti vivono con la convinzione che queste sono le
loro case, da ormai quattro generazioni.
Lo stato è impotente nel fermare questi processi. La città non ha
disponibilità di abbastanza edifici sociali per rispondere ai bisogno delle
famiglie che crescono. Non è chiaro quanto durerà questa situazione. Cosa
succederà agli abitanti delle case illegalmente costruite, quando le autorità
decideranno di seguire l'esempio di Burgas ed i bulldozer di legge ed ordine
entreranno nei quartieri rom di Montana?
Gli sforzi delle OnG rom nel risolvere i problemi regolando i quartieri rom e
trovando soluzioni abitative alternative, hanno sinora ottenuto soltanto di
includere la questione nel "programma quadro per l'integrazione rom nella
società bulgara". La medesima questione era stata inclusa nel trattato che la
Bulgaria aveva firmato come parte del Decennio dell'inclusione Rom.
Sono state adottate strategie locali sull'iniziativa del Movimento Civico
Rom, ma le discriminazioni istituzionali esistenti a livello nazionale e locale
causano che queste politiche rimangano solo sulla carta. I detentori del potere
non hanno interesse che quei programmi diventino parte del budget. Ignorare la
rappresentazione rom porta al conflitto etnico, locale, sociale e religioso. Il
fragile contratto sociale tra i cittadini bulgari di origine rom e lo stato con
le sue istituzioni, porta a regolari problemi nei quartieri e nelle
infrastrutture. Per queste ragioni non ci sono condizioni chiare fra i
consumatori ed i fornitori dei servizi quali energia elettrica, l'acqua e le
fognature. I quartieri rom sono di solito nelle aree suburbane, che li rende
strategici per installare grandi depositi, stazioni di servizio, fabbriche, ecc.
Questo porta a nuovi problemi tra i Rom ed il mondo degli affari, dove lo stato
improvvisamente si muove per regolare lo status di questi quartieri, assicurando
nel contempo la terra per grossi affari a basso prezzo.
I rappresentanti dei partiti nazionalisti nei consigli comunali adoperano il
processo decisionale a favore di alcuni cittadini e di solito a detrimento dei
Rom. Forse sinora l'obiettivo dei governi è stato di mantenere la popolazione in
uno stato di incertezza e sotto-rappresentazione e di aprirsi alla manipolazione
in occasione delle elezioni.
Per misurare tutto ciò, si adoperano soprattutto i misuratori di consumo
elettrico domestico, ma la misurazione del consumo energetico non è diventata
più precisa, di solito a svantaggio dei Rom. La sfiducia dei Rom si è di
conseguenza mutata in protesta silenziosa. La protesta si muta nell'essere
indifeso passivo, tendente sull'irresponsabilità per il loro proprio futuro e
quello dei propri figli.
Varna aspetta i bulldozer
Nella capitale marinara della Bulgaria, i bulldozer non hanno ancora fatto
nessuna vittima. Il quartiere rom si trova subito a sinistra dell'ingresso della
città. Per la maggior parte le dimore del quartiere Maksuda sono state
costruite senza permesso, cosa che le rende automaticamente illegali. Nella
nostra conversazione con Nikolay, che lavora nel settore OnG che tratta di Varna
e della regione, condivide le voci che quel pezzo di terra dove sono costruite
case illegali sia stato comprato da due fratelli affaristi. In effetti, la
posizione del quartiere rom è eccezionalmente conveniente: vicino alla costa,
dove ogni uomo d'affari cercherebbe terreni appetibili. "Abbiamo sentito che in
due, forse tre anni, inizieranno a buttare giù le case. Scorrerà il sangue. Lì
la gente ha belle case a due piani e vive lì da tempo. Combatteranno per quello
che considerano loro. Ci sarà fermento," dice Nikolay amareggiato.
In effetti le voci sui due fratelli affaristi di Varna è esemplare
dell'attuale impasse sui problemi residenziali dei Rom. Sfortunatamente, lo
stato di fronte alle autorità municipali non riesce a trovare il giusto
approccio alla soluzione di questi problemi. Per lavarsene le mani e realizzare
profitto, lo stato vende i problematici quartieri rom alla grande finanza, che
da parte sua tenta con tutti i mezzi possibili, bulldozer inclusi, di spianare i
terreni acquisiti e prepararli per lo sviluppo e gli investimenti. Così lo stato
si sottrae alle proprie responsabilità ed i Rom si scontrano con la grande
finanza nel salvare o perdere le proprie case, com'è accaduto a Burgas e Sofia.
By
Ognyan Isaev
Valery Lekov
Tosen Ramar
Dimitar Georgiev