Da
Roma_Daily_News [Non entro nei giudizi politici dell'articolo (se non si
capisce il giornale The Post è della Repubblica Irlandese), ma i recenti fatti
di violenza a
Belfast contro la comunità rom rumena, risvegliano un passato che si
voleva dimenticare. Si ripropone anche la questione della fallita
integrazione nelle aree ghetto cittadine - PS chiedo scusa per alcune
imprecisioni nella traduzione]
ThePost.ie 21 giugno 2009 - By Tom McGurk
L'attacco razzista alla comunità rom nell'area Village di Belfast è arrivata
senza sorpresa a chi conosce il luogo.
Per anni, è stata un sinonimo degli elementi degli elementi lealisti più
estremi e, durante i Disordini, era dominata dal paramilitarismo lealista.
Durante i peggiori giorni degli assassinii settari a Belfast, il Village era il
quartier generale per alcune delle più sanguinarie bande lealiste.
Situato proprio sotto Falls Road presso l'autostrada M1 e vicino al centro
cittadino, era posizionato idealmente per le uscite delle bande di assassini
verso le adiacenti aree cattoliche per rapire le vittime.
Per anni, molti dei corpi delle persone che uccidevano sarebbero state
trovate alla luce del mattino nelle vaste aree delle discariche che circondavano
il Village.
Sempre più decrepito ed in rovina, il Village è oggi simbolico di quello che
è accaduto a vaste sezioni delle comunità della classe operaia unionista del
Nord, con enormi livelli di disoccupazione, bassi livelli di successo scolastico
e seri abusi di alcool e droga.
Negli anni recenti, quanti potevano lasciavano il Village, col risultato che
molti edifici sono stati comprati a poco prezzo dalle immobiliari per
affittarli. Questo a sua volta ha portato ad un afflusso di immigrati nell'area.
Qui allora è il vecchio territorio della classe operaia unionista che,
semmai, approfondisce le incertezze nella nuova dispensa politica del Nord.
Sospetto che gli attacchi ai Rom a lungo perseguitati, vengano come una
sorpresa, [Rom] che hanno la più grande percentuale di vittime uccise nei campi
di sterminio nazisti.
D'altra parte, sono soltanto le ultime vittime degli attacchi settari nel
Nord, che ha il più alto livello di crimini razziali in queste isole. Negli
anni, ci sono stati persistenti attacchi alla comunità cinese a Belfast sud, ed
in altri posti a Polacchi e Portoghesi.
Le origini degli ultimi attacchi risiedono nei tumulti attorno alla partita
Irlanda del Nord - Polonia a marzo nel vicino Windsor Park. Dato che la comunità
polacca è soprattutto cattolica, c'è voluto davvero poco per far esplodere le
violenze.
Da marzo, sembra esserci stata una sistematica, se non spasmodica, campagna
per "liberare" l'area del Village dagli stranieri, culminata negli attacchi di
questa settimana ai Rom.
Una recente indagine del giornale The Observer puntualizza che circa il 90%
dei crimini razziali nel Nord sono avvenuti nelle aree lealiste,un segnale
significativo sull'eredità di cui il lealismo paramilitare, ufficiale o meno, è
largamente responsabile.
Ha scritto The Observer che "questi assalti variano dalle bombe molotov
contro le case dei lavoratori migranti agli sgomberi forzati delle donne di
colore dalle case lealiste. In un caso i razzisti hanno sparso escrementi su una
chiesa cattolica in Upper Newtownards Road a Belfast est, che era diventata il
tempio per le infermiere filippine che lavorano nel vicino Ulster Hospital."
[...] Possiamo solo essere testimoni che gli spasmi morenti del bigottismo
raddoppiano il cosiddetto Protestantesimo-Anglo-Sassone nel Nord e la sua infame
intolleranza verso chi è diverso da sé.
Ma forse quello che è successo a Belfast settimana scorsa è ancora un altro
segnale delle crescenti preoccupazioni e dello scontento sociale sulle politiche
migratorie multi-razziali e multi-etniche della UE?
In tutta Europa, nelle recenti elezioni, ci sono stati significativi segnali
che la razza e la migrazione stanno entrambe assumendo importanza politica, non
ultima in Bretagna.
Là, migliaia di votanti laburisti della classe operaia hanno abbandonato il
loro partito per eleggere due membri del Partito Nazionale Britannico (BNP).
Altre migliaia si sono affollate nel Partito dell'Indipendenza del Regno Unito (UKIP).
Pochi commentatori l'hanno menzionato, ma il voto combinato di UKIP e BNP al
22,7% è stato superiore a quello che hanno preso tanto i Laburisti che i
Liberali presi singolarmente, mentre è solo del 5% inferiore a quello dei
Conservatori che sono al 27,7%.
Il crescente voto britannico per gli Euroscettici ora eguaglia metà
dell'elettorato, con le preoccupazioni sull'immigrazione al suo centro. (Nessuna
meraviglia che ci siano preoccupazioni europee e a Downing Street sul ripassare
all'Irlanda i protocolli del Trattato di Lisbona sul percorso che potrebbe aver
bisogno di ritornare a Westminster).
Infatti, in tutta Europa (dove soltanto due elettori su cinque hanno votato)
ci sono stati spostamenti significativi verso i partiti anti-immigrazione di
destra in Danimarca, Olanda, Belgio, Austria ed Italia. Partiti stridentemente
nazisti hanno registrati successi in Ungheria e negli stati Baltici.
L'austriaco Partito della Libertà ha oltre che raddoppiato i suoi voti,
ottenendo il 13,1%, con una piattaforma anti-islam. Nei Paesi Bassi, il partito
anti-islamico di Geert Wilders ha ottenuto il 17% dei voti, con quattro seggi e
tre ne ha portati a casa l'ungherese Jobbik.
Jobbik si descrive come Euroscettico ed anti-immigrazione e vuole che la
polizia ponga termine ai piccoli crimini commessi dagli zingari - ironicamente
gli stessi Rom che sono sotto attacco a Belfast. I critici definiscono il
partito come razzista e antisemita.
Mentre si approfondisce le recessione economica europea, creando sempre più
disoccupazione e code crescenti per l'assistenza sociale, il dibattito
sull'immigrazione può dirsi sospeso come importanza politica.
L'elefante nella cristalleria è che l'ampio voto anti-Lisbona dell'anno
scorso da parte della classe operaia irlandese, può ben essere stato influenzato
dall'immigrazione, ma tali sono le limitazioni che ci sono imposte dagli zar del
politicamente corretto, che la cosa non può essere ammessa pubblicamente. In
effetti, ogni domanda riguardo le più ampie implicazioni dell'immigrazione porta
al riflesso pavloviano dell'accusa di razzismo.
La criminalità politica, ovviamente, cercherà sempre il punto di minor
resistenza e gli sfortunati Rom di Belfast settimana scorsa sono serviti allo
scopo. Ma possiamo appena ignorare il potenziale sfruttamento della destra su
questo tema, non ascoltando le preoccupazioni della gente?
Per esempio, non tenere in conto del giudizio dell'Irlanda sul Trattato di
Lisbona è tornare al gioco delle tre carte di Bruxelles, o, come ha scritto
elegantemente sul Guardian un diplomatico UE: "Vogliamo il massimo impatto in
Irlanda e il danno minimo per tutti gli altri". Vediamo qui il malessere
democratico europeo in tutto il suo genio furtivo, tessere un muro di parole
attorno al fatto non modificabile che lo stesso Trattato di Lisbona può essere
soltanto rivotato.
Come nelle sue ambizioni multiculturali, il diritto di voto dei cittadini non
è richiesto. Talvolta ci si domanda se la questione che pende sul programma
europeo porti al XXI secolo, o indietro agli anni'30.