Da
Roma_Daily_News
7 maggio 2009,
Economist.com Incomprensi e bloccati nel fango
POCHI argomenti destano più controversie dei Rom nell'ex regione comunista.
E' facile caricaturare le posizioni più esplicite. Da una parte, attivisti
prezzolati che non vedono altro che razzismo di un'arrogante maggioranza bianca.
Dall'altro, retti cittadini, soddisfatti di sé stessi che ritengono i Rom (messa
gentilmente) autori delle loro sfortune, o (meno gentilmente) un assieme di
ladri parassiti buoni a nulla.
La realtà è molto più complicata. Chiaramente il non-intervento, l'approccio
punitivo dei Rom - delinquenti non è una risposta. Rinchiudere i Rom (per
esempio, come l'America imprigiona il suo sottoproletariato nero) non è solo futile,
ma sbagliato. La sofferenza di così tanti milioni di Europei dovrebbe scuotere
la coscienza del continente. La schiavitù rom terminò soltanto circa 150 anni
fa. Sono stati l'unico gruppo razziale, con gli Ebrei, che Hitler tentò di
sterminare. I regimi comunisti resero illegale il loro modo di vita. Le riforme
economiche hanno tagliato la loro rete di sicurezza.
Reuters
Inoltre, gli argomenti dei Rom - delinquenti sono fragili. Asseriscono
simultaneamente che la discriminazione non è il problema mentre
contemporaneamente rilasciano ampie dichiarazioni sulla criminalità rom, la loro
avversione all'istruzione, ed inaffidabilità. La disgustosa esperienza dei
bambini rom adottati alla nascita da genitori non-rom mostra che il razzismo è
almeno una parte del problema.
In verità, le generalizzazioni sulle questioni rom sono inaccurate dal punto
di vista dell'inutilità. Chiaramente non tutti i Rom sono poveri (o senza
istruzione, o abusano dell'assistenza pubblica, o inclini alla criminalità).
Difatti, le caratteristiche comuni sono rare: l'uso della lingua romanì, per
esempio, varia ampliamente. Certamente i Rom non sono del tutto innocenti per le
critiche stereotipate su di loro. In effetti, pochi attivisti rom vorrebbero
dimostrare il contrario.
Ma ragionare sull'accuratezza di queste generalizzazioni è futile,
specialmente perché la definizione stessa di "Rom" è contestata. Per fortuna, i
paesi civilizzati non usano i test del DNA per stabilire l'etnia e scrivere il
risultato sui documenti d'identità. Indipendentemente da ciò, "Rom" è una
questione di auto-descrizione. Alcune parti del problema si vedono meglio come
questioni etniche. Piuttosto, si può capire di più come il risultato di una
povertà profondamente radicata in un sottoproletariato. Come puntualizza Petra
Gelbart, un'attivista rom ceca ora in America, molti dei problemi ascritti ai
Rom, come le frodi nell'assistenza pubblica, sono presenti anche nelle comunità
povere non-Rom.
Quei Rom che conducono vite miserabili nell'Europa orientale (e migrano verso
quella occidentale per trovarsi vilipesi anche lì), lo fanno principalmente
perché sono poveri, non a causa di una loro (spesso apparente) connessione
linguistica e culturale con una datata migrazione dall'India. Cercare di fermare
la discriminazione e promuovere la lingua romanì può aiutare quanti già
attaccano la mobilità. Ma cercare di terminare una cultura di povertà radicata
per generazioni, probabilmente è più importante.
Questo non rende facile le risposte. Soprattutto nelle politiche sociali, un
meccanismo statale determinato ma flessibile è il requisito centrale. Una scuola
locale dinamica che offre pasti caldi gratuiti e sovvenzioni le divise
scolastiche può cambiare le attitudini familiari sul mandare lì i propri figli.
Combinato con un sistema di assistenza che renda i benefici dipendenti da bassi
tassi d'interesse e tutto ciò diventa ancora più efficace.
Tutto questo richiede fondi e buon governo. Questo sembra nel breve termine.
I paesi ex-comunisti hanno fatto fatica nella gestione anche quando i tempi
erano buoni. Poiché la diminuzione economica comprime la spesa pubblica,
prestare attenzione urgente ad una minoranza disprezzata non sembra una mossa
vincente.