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L'Europa può cambiare
Di Fabrizio (del 25/07/2005 @ 21:19:03, in Europa, visitato 3746 volte)
da EUMC’s quarterly magazine Equal Voices

EUMC (European Monitoring Centre on Racism and Xenophobia) intervista le due Romnià elette nel Parlamento Europeo

Con l'allargamento della Comunità Europea, nel Parlamento sono entrate facce fresche con nuove idee. Tra loro, due parlamentari ungheresi della minoranza Rom. In questa intervista con EUMC, Lívia Járóka (Partito Popolare Europeo / Democratici Europei) e Viktória Mohácsi (Alleanza dei Liberali e Democratici per l'Europa) spiegano come intendono agire perché l'agenda politica europea si occupi delle tematiche rom. Il 28 aprile 2005 hanno ottenuto il loro primo successo: il Parlamento Europeo ha adottato la sua prima risoluzione sui Rom nell'Europa allargata (vedi alla fine dell'intervista). Entrambe ne sono promotrici.

Interview of Lívia Járóka (LJ) and Viktória Mohácsi (VM) by Andreas Accardo (AA)

AA: Come uniche due rappresentanti dei Rom, siete una eccezione tra i 732 eletti al Parlamento Europeo. Com'è sono stati questi primi mesi a Bruxelles e Strasburgo?

LJ: All'inizio, ingenuamente, pensavo che in un'istituzione pan-europea di tale livello, tutti sarebbero stati sensibili e interessati alle tematiche Rom. Invece, ho trovato che il dibattito si era trascinato per 10 anni senza alcuna novità, senza collaborazione da parte Romo delle associazioni dei diritti civili. I politici mancano di un approccio sistematico, e si muovono reagendo agli impulsi che arrivano dai mezzi di informazione. Rimane un gran lavoro da svolgere: definire una strategia globale e un'agenda per i prossimi 10 anni. Così, prima dei tutto, ho dovuto rendermi conto che i progressi sarebbero stati lenti e i cambiamenti non sarebbero stati facili. Così, anch'io ho dovuto mutare strategie, approcciare persone differenti per nuove alleanze.

VM: Sono arrivata al Parlamento, perché non ero soddisfatta di come venivano affrontati in Europa questi temi. Intendevo fare pressione sulla Commissione, sulle differenti istituzioni e ai diversi livelli politici del Parlamento. L'Europa deve agire contro la segregazione scolastica, la discriminazione sul lavoro, la "ghettizzazione" delle comunità, e assicurare che il suo sistema legale protegga tutti, Rom inclusi. Dopo qualche mese che sono nel Parlamento, sento che ci stiamo muovendo nella direzione giusta. All'inizio, i miei colleghi di partito pensavano che gli argomenti che portavo fossero in "competizione" con altre importanti fonti di preoccupazione: diritti umani, libertà economica e giustizia sociale. Ora capiscono che le tematiche Rom sono una parte del tutto. Li ho sentiti affermare di vergognarsi per non aver considerato il tema dei Rom nei loro precedenti rapporti, dichiarazioni, risoluzioni ecc.

AA: Quali sono le priorità per l'Unione Europea e gli Stati Membri nell'affrontare la discriminazione contro i Rom?

LJ: Per quanto mi riguarda, è la segregazione scolastica, di cui si sta occupando Viktória. In secondo luogo, la discriminazione nelle istituzioni sanitarie e la mancanza di accesso ai servizi socio-sanitari, che si aggiunge alla cattiva situazione socio-economica dei Rom. Il terzo aspetto è il lavoro; qui non si tratta di segregazione, ma proprio di mancanza totale di sbocchi. Per terminare, quello che mina ogni contatto tra Rom e società maggioritaria è la mancanza di adeguate condizioni di vita e abitative. Circa il 40-50% dei Rom vive in totale segregazione, anche nell'Europa Occidentale. Gli accampamenti non hanno acqua corrente, elettricità, gas, presidi medici o di polizia.

VM: Come diceva Lívia, sto affrontando primariamente la questione della segregazione scolastica. Posso aggiungere il tema delle sterilizzazioni forzate, tuttora irrisolto. La difficoltà è nel dimostrare che alla base ci sono motivazioni razziste, se non addirittura criminali. Il personale medico nega il atto che le sterilizzazioni avvengano senza consenso delle interessate. Portare questi casi in tribunale è molto difficile.

AA: La discriminazione contro i Rom e la necessità di migliorare le loro condizioni di vita sono spesso indicate come specifiche per i "nuovi" Stati Membri, piuttosto che per la "vecchia" Europa dei 15. E' giustificata questa divisione tra Est ed Ovest Europa?

LJ: Certamente no. Tra i tanti fraintendimenti difficili da demistificare, c'è anche questo. Grecia, Spagna, Portogallo presentano le stesse situazioni. In generale, da parte di tutti gli Stati Membri c'è riluttanza ad ammettere che la situazione è simile.

VM: La differenza è che nei nuovi Stati Membri, ci sono più ONG coinvolte. Questo perché lì sono più evidenti le brutalità poliziesche, le favelas, la mancanza di accesso ai servizi sanitari e scolastici. Però, questi casi ci sono in tutta Europa.

AA: Quali sono gli effettivi strumenti della politica per migliorare la situazione dei Rom?

VM: I politici nei governi degli Stati Membri hanno iniziato a sviluppare politiche e progettispecifici. Per esempio, in certe aree dove la disoccupazione Rom raggiunge il 90%, sono implementati cosrsi di formazione e di avviamento al lavoro, con particolare attenzione alle generazioni più giovani. Di solito questi progetti - che sono anche costosi - hanno un minimo impatto. Al termine del progetto, sono in pochi quelli che hanno trovato lavoro e la situazione rimane la stessa. Secondo me, per ottenere risultati più concreti, occorrerebbe che fossero affiancati a un'effettiva politica antidiscriminatoria. L'approccio migliore sarebbe assicurare un trattamento paritario ai Rom in cerca di lavoro. Per questo, si deve superare il concetto di "programmi o progetti speciali" e concentrarsi sui modi per combattere le discriminazioni. Sono fermamente convinta che le radici del problema siano nei manifesti sentimenti anti Rom. Solo combattendo le discriminazioni possiamo sperare di migliorare la situazione.

LJ: Le politiche "generaliste" e le misure per migliorare la scolarizzazione, l'impiego, la sanità e le condizioni di vita sono estremamente importanti. Un tempo, i problemi Rom venivano catalogati come questioni socio-economiche, è tempo che diventino parte dell'approccio politico generale. Le questioni culturali e di identità possono essere affrontate con un approccio particolare. [...]

VM: La mia esperienza è che i governi spesso sviluppano programmi di cui alla fine le comunità Rom non beneficiano. Per esempio, in Ungheria nel periodo prima dell'ingresso in Europa, i progetti PHARE erano rivolti a diminuire il numero dei bambini Rom nelle scuole speciali. Viceversa, ora le politiche dei "progetti pilota" tendono ad investire forti somme, ma per mantenere quei bambini nelle scuole differenziali. Dobbiamo cambiare questo approccioe assicurare invece che i Rom abbiano uguali opportunità di accesso al normale sistema educativo. Piuttosto, c'è necessita di programmi appositi per favorire l'accesso ai servizi di base. Secondo il mio punto di vista, interventi mirati sono: censimento e controllo di quanti bambini Rom siano confinati nelle scuole speciali, supporto finanziario alla scolarizzazione di base e riforme legali. In altre parole: azione mirata della politica contro la discriminazione. Se queste pratiche discriminatorie non verranno più permesse, allora i Rom accederanno naturalmente a un'istruzione di qualità.

AA: State dicendo che non c'è una sufficiente conoscenza sulla situazione dei Rom, e che quindi le misure prese non sono efficaci a combattere la discriminazione e l'esclusione sociale?

VM: Non ritengo che la mancanza di conoscenza sia per forza una questione chiave. La società deve imparare a non discriminare e a non lasciare spazio ad azioni razziste. Nella scuola, sul posto di lavoro o nelle altre sfere della vita pubblica.

LJ: La maggior parte dei politici europei non presta attenzione alla situazione reale dei Rom. Ne hanno un'immagina stereotipata che non corrisponde alla realtà. Sono stupita e contrariata di quanta poca volontà politica ci sia nel capire le difficoltà affrontate dai Rom. I politici preferiscono accettare l'immagine esotica degli "Zingari"; sono contenti di aver a che fare con le tematiche legate alla loro cultura, ma mostrano una totale inadeguatezza a capire cosa significhi "veramente" essere Rom nell'Europa del 2005. Le conoscenze e i dati a disposizione non sono sufficienti a rettificare tutti quei vecchi stereotipi che continuano a circolare nella politica e nella vita di tutti i giorni. Questo gap ci impedisce di approntare politiche efficaci. [...] Esiste una forbice enorme tra le ambizioni e la realtà: così come le leggi antidiscriminazione non garantiscono automaticamente il cessare delle discriminazioni. Un'altra colpa della Commissione è stata di non chiarire adeguatamente che lo sviluppo delle legislazioni antidiscriminazioni esistenti, è più importante di scriverne di nuove.

VM: La stessa Direttiva per l'Eguaglianza Razziale non è dettagliata. All'inizio, alcuni Stati Membri eranodell'opinione che la loro costituzione fosse sufficiente a garantire l'uguaglianza. Sono leggi che esistono da anni, ma la discriminazione permane. Ecco perché dev'essere data attenzione al loro sviluppo. Per esempio, nei casi di discriminazione, adottare quanto già la legge stabilisce, per proteggere i diritti di tutti i cittadini, Rom oppure no.

AA: Ci sono speranze?

LJ: Sì, quando si verificherà una spinta più forte nelle politiche antidiscriminazione nelle aree della scuola, del lavoro, della casa e della sanità. Manca in questo senso la volontà, se si escludono alcune OnG e forse noi due. Quello che vorremmo vedere nel lungo termine è: più impiego per i Rom nelcontesto della strategia di Lisbona; non discriminazione sul posto di lavoro, assistenza da parte dei governi; monitoraggio degli Stati Membri da parte della Commissione. Tutto questo rimane sinora un'illusione, perché alle azioni positive intraprese manca la continuità.

VM: L'unica speranza per i Rom europei è che la loro fiducia nell'Unione Europea sia ben riposta. Un recente sonfdaggo in Ungheria chiedeva agliintervistati se si sentissero cittadini ungheresi piuttosto che europei. I risultati mostrano che i Rom intervistati hanno rispoto europei in maggioranza. Hanno perso la fiducia nel governo nazionale, perché spesso la loro fiducia è stata malriposta. Oggi continuano ad essere discriminati nella vita di tutti i giorni e in ogni sfera della società. Sono qui per esserci quando saranno cittadini europei pari agli altri e fieri di esserlo.


La risoluzione del Parlamento Europeo sui Rom: I 28 aprile 2005, è stata adottata una risoluzione unitaria sui Rom in Europa. Vi si nota come "soffrano discirmizione razziale e in molti casi siano soggetti a severe discriminazioni strutturali, povertà ed esclusione sociale". La risoluzione evidenzia anche le difficoltà quotidiane come gli attacchi razzisti, i discorsi discriminatori e razzisti, gli attacchi fisici dei gruppi estremisti, gli sgomberi illegali e i comportamenti polizieschi dettati a antiziganismo e romanofobia. Il Parlamento richiede una rapida integrazione economica, sociale e politica dei Rom; e sprona il Consiglio, la Commissione e gli Stati Membri al riconoscimento dei Rom come minoranza nazionale e al miglioramento della loro situazione.