Chiedevo pareri settimana scorsa. Ho raccolto qualche MI PIACE su
Facebook e basta, come va di moda in questi periodi di afasia, in cui tutti ci
sono, ma ancora non hanno capito perché. Più articolato un tweet da U VELTO:
@info_mahalla @Ass_21_luglio noi siamo convinti della bontà del
progetto, ma le questioni poste dovrebbero portarci ad una seria discussione
che comunque non fornisce molti elementi.
Così il sospetto è che queste prime (chiamiamole) risposte, siano il
corrispettivo di un PAT PAT sul testolone: Bravo ragazzo, ma perché non parliamo
delle solite cose trite e ritrite? Facciamo finta di niente, e tra un po'
nessuno si ricorderà niente. PILLOLA ROSSA o PILLOLA BLU?
Allora ci riprovo, che al solito mi tocca da fare tutto da solo. Al mio
autismo aggiungo un po' di peperoncino, quello tipico di Mahalla, vedendo se
qualcuno si sveglia.
Io credo che la questione della mediazione abbia assunto un aspetto MERAMENTE
CULTURALE, e vada riportata coi piedi per terra per evitare fallimenti o
fraintendimenti futuri.
Il primo dato di fatto, era il SOSTANZIALE ESAURIMENTO delle politiche di
mediazione del passato. Tra gli aspetti di questa crisi:
- l'abbandono a se stessi dei mediatori passati;
- lo svilimento del ruolo, che non avendo mai avuto competenze
e orari ben definiti, non si è mai tramutato in una professione,
né tantomeno ha generato introiti interessanti per i mediatori,
che quindi hanno finito per vederlo come una soluzione
(personale) di ripiego.
Il fatto che non sia facile avere un quadro del destino, della storia di
questi mediatori, e nel contempo un bilancio dei risultati ottenuti, mette
un'ipoteca su come continuare.
L'altro aspetto critico è che questi mediatori, chiusi in un ruolo ibrido che
nel mondo del lavoro è difficilmente classificabile, in passato erano
soprattutto persone mature di riferimento per la comunità, oggi vanno
caratterizzandosi come giovani rom e sinti, che potrebbero entrare nel mondo
degli studi (da quelli primari a quelli universitari) e del lavoro.
IMPORTANTE: non è solo un parametro economico. In che ambiti opera un
mediatore? Lui per prima vive la ghettizzazione, nel campo e con i suoi
abitanti, e rapportandosi col mondo esterno solo attraverso figure di
riferimento altrettanto mediate. Un muratore, un facchino, ma anche uno
studente, non solo hanno più possibilità di carriera, ma sono obiettivamente
meno isolati dalla società maggioritaria (e reale).
Però, anche se si ripete che occorrerebbe investire in istruzione e
formazione lavoro, da tempo s'è formata una strana alleanza tra burocrati
europei e autonominatisi rappresentanti di rom e sinti (che questi
rappresentanti siano gagé, come nel passato, o rom e sinti come sta succedendo
ultimamente, non cambia la logica). Un effetto collaterale di questastrana
alleanza, è che la mediazione da luogo a congressi, convegni, tavole rotonde... La mediazione diventa un po'
come l'università nella società nostra: non più un trampolino verso un
miglioramento personale e sociale, ma parcheggio per giovani che il mercato del
lavoro non può e non vuole assorbire (o non sa come farlo).
Tutti questi aspetti mi portano a concludere che l'opportunità non
sta nella carriera di mediatore culturale, ma nell'organizzazione dei corsi e di
tutta la campagna per formare queste figure perché, se ormai abbiamo
imparato che i campi-sosta sono ghetto e business, dovremmo coerentemente dare
un occhio ad altri aspetti similari dello zingarificio italiano ed europeo.
Ciliegina finale: candidata alle elezioni europee troviamo proprio la
responsabile italiana di ROMED2-ROMACT, e allora questa candidatura potrebbe
essere meno folkloristica che nelle tante volte passate, anche se da
scommettitore non sarei sicuro che Tsipras possa essere il cavallo più adatto
alla corsa verso Bruxelles.
Ne riparliamo settimana prossima, se il peperoncino di Mahalla non è
bastato si può sempre aumentare la dose. COME SEMPRE, SENZA OFFESA.