Seduti dalla parte del torto
Di Fabrizio (del 18/12/2011 @ 09:14:50, in media, visitato 2270 volte)
Filippo Facci come scrivevo
più di un anno fa, è uno scribacchino atipico: voltagabbana, a tratti
servile, e con un ego sovradimensionato, ma ammettevo che quando scrive del
tormentato rapporto tra rom, popolazioni autoctone e razzismo lo fa con una
lucidità rara.
Un suo nuovo scritto pubblicato da
Il Post mi conferma questa impressione, e vi invito a leggerlo con
attenzione.
Ma qua, partono i necessari distinguo:
- Neanche a me piace l'abitudine, tutta italiana, di schierarsi per forza
tra guelfi e ghibellini. Però... se nell'arco di pochi giorni le
piccole, quotidiane violenze che segnano il NOSTRO rapporto con chi
percepiamo come straniero, hanno due picchi violenti come quelli di Torino e
Firenze, è doveroso interrogarsi sulle cause politiche di quel titolo:
Siamo razzisti? Sì. I vari Berlusconi, Borghezio e
compagnia, avranno pure delle responsabilità nel cambiamento antropologico
in senso razzista dell'Italia. Provo a spiegarmi meglio: il razzismo non può
essere una scusa per giustificare le colpe di chi ha avuto ruoli di
responsabilità negli ultimi decenni, casomai ne è una delle cause.
- Non si tratta del gesto di un folle: che sia un corteo di incendiari
(come a Torino, a Ponticelli, a Opera), o si tratti di responsabilità singole (Carreri a Firenzi,
Breivik a Oslo). Si è formato in tutta Europa un quadro che giustifica la
follia, la noia, il bisogno di distinguersi, ad esprimersi in atti violenti
verso determinate categorie, guardacaso Rom, Sinti, stranieri, portatori di
handicap.
- Facci scrive "la ragazzetta di Torino è una mitomane che sconfina
nel cretinismo: il contesto disegnatelo voi." Chi reggeva le torce
accese, chi minacciava i giornalisti a Torino, gente matura magari, faceva
parte dello stesso contesto di quella ragazzina. Per comodità li
classifichiamo come mostri, ma i mostri veri sono la camorra, che per
liberare un'area edilizia appetibile ha mandato
in riformatorio senza prove una ragazza madre, e dato fuoco a rifugi di
poveracci. Mostro è chi a Opera aizzò la folla già scalmanata di suo, e
l'anno dopo incassò la carica di sindaco.
-
Essere zingari è un'aggravante? Ho paura di sì. Facci ha il coraggio di
ricordare come l'immagine della zingara rapitrice di bambini sia una
colossale bufala storica. Se di coraggio di uno scrittore vogliamo parlare,
in fondo non gli costa niente, ma di sicuro non è una posizione comoda per
chi si rivolge a lettori di destra.
- Smontato uno stereotipo, però ricade (preso dal suo eccesso di realismo)
in un altro: quello dello zingaro ladro. Si dimentica che di ladri in
circolazione abbiamo un vasto campionario, e che senza scomodare i suoi
compari di casta/classe (non di schieramento, il fenomeno riguarda tanto destra che
sinistra), c'è chi lo fa in maniera
più o meno furba. Sfugge a Facci, come a tanti altri, che non è l'etnia,
ma la condizione di vita. Nel comodo delle nostre case con porte blindate ed
antifurto, siamo pronti ad idealizzare la Palestina, l'Egitto, il Sud Africa
o la Colombia... un giro in quegli slum ci mostrerebbe un'umanità dolente e
piene di speranze che ruba, figlia, si ammala e muore con
percentuali del tutto simili ai Rom e Sinti nostrani. Ma senza andare nel
"terzo mondo", un giro in qualche quartiere USA del "primo mondo"
restituirebbe la medesima realtà. Ma quelli, sono i poveri lontani, i loro
odori e le loro grida diventano innocuo esotismo.
- Allora, quello che scandalizza il benpensante, di destra e di sinistra,
non è il furto, ma la sua necessità (che deve anche essere prossima,
altrimenti non se ne accorge). Perché tutti amiamo crederci buoni,
democratici, autosufficienti. Ma il pensionato beccato al supermercato con
due scatolette di tonno nascoste nella giacca, ci porta la miseria allo
specchio, chi ruba per fame in un mondo di prosperità lo fa perché ha sua
volta è stato deprivato (derubato) dei valori occidentali di vita, compreso
il pieno accesso ad istruzione, casa, lavoro, sanità. Invece, fiduciosi nel
NOSTRO progresso, non solo vogliamo essere ricchi, ma pure amati dai poveri, perché così la NOSTRA coscienza (di classe?) non ci pone domande scomode.
Paradossalmente, diventiamo cattivi quando questo ci è negato.
- Facci cita il Porrajmos, un olocausto dimenticato e tutto particolare.
Lo fa, sapendo quanto la nostra sia una bontà di facciata, per cui VOGLIAMO
DIMENTICARE i nostri antenati che fecero del Porrajmos, della Shoa, ma anche
dei massacri in Africa e nelle Americhe: non un isolato episodio di
razzismo, ma un sistema pianificato di arricchimento, sterminio e terrore. Ci stupiamo
che qualcuno sia sopravvissuto, emigri perché non abbia più di che vivere e
soprattutto abbia l'ardire di presentare il conto. Cosa che possono fare gli
Israeliani, forti di uno stato e di un esercito mica male, non i Rom e Sinti
che vivono tuttora in eterno dopoguerra. E allora, dagli allo zingaro!
- VOGLIAMO DIMENTICARE, e l'abbiamo fatto, come eravamo nel dopoguerra o
quando si emigrava, perché nuovamente ci vergogniamo della povertà. Razzismo
ha tanti significati e radici, questo è quello attuale. Ma ricorda un
articolo del
Corriere (uscito in concomitanza con quello di Facci) che c'è un
ulteriore differenza: il nomadismo. Che secondo il Corriere
può aprire le porte dei cieli (spero che qualche zingaro si sia fregato la
chiave per tempo) e secondo il più realista Facci non ha più ragione di
essere. Il Corriere ricorda come furono nomadi anche gli Ebrei, ma
dimentica che tutti i popoli che diedero vita agli stati moderni lo sono
stati, finché non fecero a botte per trovare una terra dove potersi fermare.
Potersi fermare, non dimentichiamolo, significa avere la possibilità di
cacciare qualcun altro. Non chiamiamolo NOMADE, allora, chiamiamolo
SGOMBERATO. Se ci intendiamo sulle parole, forse saremo già in grado di
intravedere le soluzioni.
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