Ricevo da Maria Grazia Dicati
La raccomandazione nr 4 (2000) del Comitato dei Ministri agli Stati membri
sulla scolarizzazione dei fanciulli rom/sinti in Europa afferma :
“NEI PAESI IN CUI LA LINGUA ROMANÌ È PARLATA OCCORREREBBE OFFRIRE AI
FANCIULLI ROM/SINTI LA POSSIBILITÀ DI ACCEDERE AD UN INSEGNAMENTO NELLA PROPRIA
LINGUA MATERNA”
Prima di presentare il testo “Leggere e scrivere in romanés”, desidero
riportare due episodi : il primo ha come protagonista Baba una bambina rom e il
secondo si riferisce ad Andrea un bambino non rom
Baba: “ Perché io devo imparare la lingua italiana, mentre i miei
compagni non devono imparare la mia lingua?” chiedeva e, quasi per una forma di
protesta non parlava più italiano e alle mie domande rispondeva in romanès.
Andrea invece era un bambino non rom : nei tempi in cui si recitavano le
preghiere prima delle lezioni, avevo predisposto un foglio con la preghiera del
Padrenostro in romanès, in modo da alternarla con quella in italiano.
Andrea però perdeva regolarmente il foglio (così raccontava) e dovevo
ridarglielo ogni volta che si pregava in romanès.
Un giorno però il bambino non ce l’ha fatto più a raccontare queste bugie : “
Mia mamma mi strappa il foglio e non vuole che io reciti la preghiera con queste
parole” mi rivelò singhiozzando e vergognandosi di fronte ai compagni
Quale può essere quindi il punto d’incontro tra la richiesta di Baba e il
rifiuto dei genitori di Andrea ? Come conciliare le due posizioni ? E come
rispettare anche quei bambini Sinti o Rom che ti sussurrano all’orecchio : “ Non
dire agli altri che siamo perché il papà non vuole! “
La scuola, come Istituzione pubblica, si trova nella condizione di dover
contemplare le diverse opinioni per rispetto del singolo alunno che non deve
crescere in un contesto scolastico in contrapposizione con l’ambiente familiare;
ecco quindi l’importanza della progettazione e della chiarezza da parte di una
scuola diventata multiculturale.
Non è invece consigliabile intervenire in modo estemporaneo, in quanto il nostro
intervento didattico potrebbe essere sottovalutato, se non ostacolato dagli
stessi rom/sinti soprattutto per azioni relative alla lingua e cultura romanì,
ma anche dagli altri genitori preoccupati per il rallentamento del programma
scolastico.
Il testo “ Leggere e scrivere in romanés” vuole essere un attestato di
riconoscimento, attraverso il codice scritto, di una lingua orale
antichissima, una lingua ancora utilizzata da alcuni gruppi, ma che rischia di
scomparire non solo per il mancato riconoscimento legislativo, ma anche per
scelta di coloro che vogliono o che sono costretti a mascherare/rinnegare la
loro vera identità.
Il testo non si propone l’insegnamento del romanès, ma soprattutto la
valorizzazione della lingua madre per i bambini rom e sinti, il riconoscimento
della loro diversità linguistica e la comprensione da parte dei compagni e
dei docenti per eventuali difficoltà ed incertezze in lingua italiana, seconda o
terza lingua per gli alunni Sinti e Rom.
Come riportato dalla collega di Roma può diventare uno stimolo: “Gli
alunni che venendo a scuola sanno di trovare qualcosa, anche poco, che fa
riferimento al loro mondo "fuori" e che, anzi, li aiuta a comprenderlo e
valorizzarlo meglio (e questo vale per tutti gli alunni di origine diversa da
quella italiana) e che avvertono la curiosità degli autoctoni alla conoscenza e
allo scambio, trovano una diversa e più forte motivazione alla frequenza e
all'apprendimento anche quando questo prevede percorsi lunghi, a volte
differenziati o difficoltosi”
Il testo riporta i vocaboli in Romanés harvato ma, visto gli obiettivi più di
carattere educativo che cognitivo, può essere utilizzato anche nelle classi
dove frequentano bambini rom e sinti di altri gruppi.
Interessante la riflessione della collega M. Cristina Fazzi : ”Va precisato,
nel merito, che il romanes usato nel testo citato è quello dei Rom Harvati etnia
a cui non appartengono gli alunni che frequentano la nostra scuola, pur tuttavia
ci sono molte similitudini e soprattutto la metodologia di impostazione dei
testi ha offerto una forte motivazione a rimuovere quella forte ostilità che
questi bambini provano nel socializzare la loro lingua così come altri aspetti
della loro cultura al punto che per loro è tornato facile, spontaneo e
coinvolgente "ritradurre" tutti i vocaboli non "congruenti"
Giorgio Bezzecchi, mediatore culturale rom dichiara : “…….. una
particolare ATTENZIONE ALLA CULTURA ED ALLA LINGUA DEI ROM E DEI SINTI
non soltanto incoraggerà la frequenza, ma potrà fornire agli stessi un valido
aiuto perché acquistino una piena coscienza culturale dell’oggi e del domani….
…. GIOCARE IN ROMANES
Anche questo sussidio, come il testo in romanés vuole essere un ulteriore
contributo per la valorizzazione della lingua dei Rom e dei Sinti e quindi
veniva utilizzato alternandolo con altre tombole in lingua italiana
E’ risultato un ottimo strumento didattico che permetteva :
agli alunni non rom di capire le difficoltà dei bambini rom quando dovevano
chiedere all’insegnante di mostrare l’immagine, non conoscendo le parole della
tombola in italiano,
agli alunni rom di essere competenti e sicuri nell’individuare l’immagine
pronunciata in romanès, constatando che anche gli alunni non rom si trovavano
nelle loro medesime condizioni, non conoscendo le parole in romanés
Il mettersi ognuno al posto dell’altro e constatare le reciproche difficoltà,
contribuiva a creare condizioni più favorevoli per la comprensione e la
socializzazione tra alunni; spesso il bambino rom diventava un vero ed unico
protagonista di fronte ai suoi compagni, per i suggerimenti e il supporto
all’insegnante relativamente alla corretta pronuncia del vocabolo in romanés.
Oltre a queste finalità educative, il gioco serviva anche per l’insegnamento
individualizzato, in particolare per le esercitazioni di analisi e
sintesi di brevi e facili parole.
A tale scopo sono state selezionate parole di una o due sillabe semplici,
evitando vocaboli o lettere che sul piano fonetico potevano costituire un
problema di pronuncia da parte dell’insegnante che non conosce la lingua romanés.
Il programma è costituito da 14 unità didattiche, corrispondenti a 14
consonanti dell’alfabeto, per ognuna delle quali sono state selezionate 8 parole
per un totale di 112 vocaboli in romanés.
Il gioco è composto da :
24 cartelle con illustrazioni e parole in romanés
tessere con illustrazione e dietro la parola in romanès scritta in stampato
maiuscolo
tessere con illustrazione e dietro la parola in romanès scritta in stampato
minuscolo
tessere con l’ illustrazione e dietro la parola in italiano scritta in
stampato minuscolo
Si può giocare a tombola sia in romanés che in italiano utilizzando le varie
cartelle e le tessere corrispondenti.
Adoperando invece solo lo tessere con le illustrazioni e le parole sul retro
tessera, si può giocare a memory in coppia : si capovolgono coppie di tessere
con le illustrazioni e vince chi riesce a trovare il maggior numero di coppie
Finalità didattica del gioco “memory” è la corrispondenza tra stampato
maiuscolo e minuscolo in romanés e la corrispondenza tra parole in romanés e
parole in italiano
Concludo con un augurio che Spatzo (nella lingua dei Sinti Estrekárja
significa "uccellino, passero) rivolge ai Sinti affinchè non dimentichino la
lingua dei loro padri.
“Purtroppo sono consapevole che si tratta di un augurio tardivo dal momento
che l'abbandono della lingua materna costituisce ormai un processo irreversibile
in questa fase storica.
Nel nostro mondo asservito al capitalismo ed al consumismo la gente impara le
lingue solamente se queste gli servono. Forse occorre cominciare a capire che si
può imparare (o re-imparare) una lingua per servire ad essa, per far sì che non
muoia ma continui ad esistere come un pezzo importante dell'identità di un
popolo...”