Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 08/12/2007 @ 14:19:39, in casa, visitato 1825 volte)
Da Roma_ex_Yugoslavia
By Kristina Lozo and Bozidar Jovanovic in Belgrade 07 12 2007 Le autorità di Belgrado affermano che il progetto di spostare centinaia di Rom dalle loro baracche proseguirà, nonostante l'opposizione degli altri abitanti della città che non vogliono i Rom come vicini.
A solo pochi metri da uno dei principali ponti di Belgrado, 237 famiglie Rom sono accampate in mezzo ai ratti e a mucchi di immondizia.
Per molti queste baracche sono la loro unica casa. Ora è prevista la loro demolizione per una ristrutturazione del ponte Gazela in previsione per l'anno prossimo.
"Questa non è vita, non abbiamo niente per vivere" dice Cakan Sabanovic, in sei in famiglia.
Gli abitanti di questa baraccopoli stanno attendendo con ansia notizie su dove saranno spostati dopo che le loro dimore saranno demolite. Il 24 settembre le autorità serbe hanno bandito un'asta per la ricostruzione del ponte Gazela, e sei compagnie straniere hanno sottoposto le loro offerte. L'importo è di 77 milioni di €.
La Banca d'Investimento Europea fornirà metà dei fondi, ed il resto sarà a carico della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo con base a Londra. Il comune di Belgrado si è impegnato ad allocare fondi per sistemare le 237 famiglie che saranno sgomberate dalla baraccopoli.
Il ponte Gazela fu costruito 30 anni fa, ed ha bisogno di una sistemazione dopo decenni di incuria e traffico pesante. I lavori, che originariamente dovevano partire questo mese, sono stati dilazionati a primavera 2008, a causa dell'inverno incombente.
Lo spostamento di quanti vivono sotto il ponte avverrà d'accordo con le decisioni del municipio di Belgrado, che si è assunto la responsabilità di trovare una casa a queste famiglie," dice Tamara Motrenko, della compagnia statale Putevi Srbije che ha vinto il bando di ricostruzione.
"Penso che le famiglie Rom saranno spostate prima che inizi la revisione del ponte," dice Zivojin Mitrovic, incaricato governativo che si occupa delle aree di vita malsane.
Motrenko, d'altra parte, dice che lo spostamento dei Rom non influirà sull'inizio dei lavori.
La baraccopoli ha una fognatura ed un servizio idrico dilapidati e le famiglie si sono collegate alla rete elettrica con sistemi "fai da te".
Le condizioni di vita sono terribili. Quando piove c'è fango dappertutto con cavi dappertutto," dice Branko Kalanjos, che vive lì con i quattro figli.
Tutti i suoi figli vanno a scuola e il più grande ha iniziato la scuola secondaria.
"Immaginate, i miei bambini trottano tre miglia nel fango per andare a scuola," aggiunge Branko.
Le autorità cittadine avevano già provato a spostare queste famiglie in un blocco d'appartamenti a Nuova Belgrado.
Il tentativo è fallito a causa delle proteste di quanti non volevano i Rom come vicini di casa. Anche quanti il cui lavoro è di eliminare gli slum anti igienici, hanno qualche simpatie per questa attitudine. "Se qualcuno mi chiedesse se voglio i Rom del ponte Gazela come vicini, probabilmente direi no," dice Mitrovic. Altri paesi europei hanno problemi simili. Secondo la televisione belgradese B92, le autorità slovacche hanno ricevuto minacce anonime dopo aver costruito appartamenti per i Rom che vivevano nelle baraccopoli, mentre alcune famiglie Rom della capitale slovena Lubiana sono state allontanate per motivi ecologici ed igienici dicendo loro di non fare più ritorno.
Mitrovic dice che sono stati predisposti 100 siti per il rialloggio dei Rom di ponte Gazela, ma che c'è il rifiuto di identificarli per la possibilità di proteste di massa di quanti sono riluttanti a vivere accanto a questo gruppo etnico.
Gli stessi Rom sono incerti sui benefici del loro spostamento e, come dice uno di loro, vogliono rimanere uniti.
Il segretariato governativo per il welfare sociale ed infantile è tra i coordinatori del progetto.
"L'idea è di integrare i Rom nella società civile in termine di assistenza sociale ed infantile, scolarizzazione ed impiego per quanti vivono sotto il ponte Gazela che abbiano i fogli di residenza," dice Ljiljana Jovcic, capo del segretariato.
Il segretariato ha raccolto i nomi di tutti i Rom che vivono sotto il ponte e disegnato una mappa sulla base di dove saranno rilocati. Molti di loro non sono registrati come residenti a Belgrado, essendo arrivati nella capitale serba per cercare migliori condizioni di vita. Il segretariato dice che a tutti verrà data sistemazione, aggiungendo che sono stati create due categorie.
"Un gruppo consiste nei residenti legali a Belgrado, che saranno sistemati permanentemente. Gli altri che sono arrivati nella capitale per lavorare occasionalmente e verrà data loro qualche tipo di sistemazione collettiva. Vorrebbero essere nel primo lotto ma ancora non abbiamo deciso se questo sia fattibile," dice Mitrovic.
Sentire tutti gli abitanti del ponte Gazela ha impiegato 10 giorni, mentre la seconda fase, rivolta alle case future, dovrà essere completata per la fine del 2007.
"Vogliamo fornire a queste persone i loro bisogni basici. Avranno acqua corrente, elettricità, bagni, scolarizzazione e lavoro, con uno stipendio sufficiente a pagare le bollette," dice Mitrovic.
Il segretariato per il welfare sociale ed infantile ha anche giocato un ruolo per trovare casa agli abitanti Rom.
"Stiamo cercando le soluzioni giuste perché alla famiglie Rom siano offerte migliori condizioni di vita ed abbiano la possibilità di integrarsi nella società, " dice Ljiljana Jovcic.
Mica Tapirovic, una residente del ponte Gazela, dice che "tutti noi speriamo in una vita migliore e io voglio dimenticare come viviamo qui." Aggiunge: "Spero che non dovremo tornare qui dopo lo spostamento." [...]
"Vogliamo che l'insediamento porti migliori condizioni di vita, facendo attenzione a quanto potrebbe diventare incompleto e difettoso. Non vogliamo ripetere la disastrosa situazione attuale," spiega Mitrovic.
Ci sono molti pregiudizi sui Rom come pigri e gente litigiosa, ma nessuno di quanti abbiamo sentito a ponte Gazela ha detto di preferire di vivere in mezzo al fango e alla spazzatura, senza elettricità, acqua corrente o lavoro. "Dove c'è volontà, c'è una strada. Noi apprezzeremmo molto migliori condizioni di vita se ci spostano," dice Branko Kalanjos. Le autorità cittadine dicono che ci sono soldi a sufficienza per completare il progetto.
Danijel Djularis, capo dell'ufficio serbo dell'Agenzia di Ricostruzione Europea, ERA, ha recentemente affermato che l'ERA si sta preparando ad investire 2 milioni di € per risolvere il problema dei Rom, non appena il municipio di Belgrado sottoporrà un piano fattivo.
Mitrovic, d'altra parte, rimane scettico su quante promesse possano concretizzarsi. Dice "Sinora, la cosa non è andata oltre gli accordi e le promesse preliminari."
Kristina Lozo and Bozidar Jovanovic are reporters with the Rom Radio in Obrenovac. Balkan Insight is BIRN`s online publication. This article was published with the support of the British embassy in Belgrade and Organization for Cooperation and Security in Europe, OSCE, mission in Serbia, as part of BIRN's Minority Media Training and Reporting Project
Di Fabrizio (del 25/11/2007 @ 08:27:48, in casa, visitato 2371 volte)
Klassa (Bulgaria) -
http://www.class.
bg/view.php? id=5392
Le autorità municipali della capitale hanno annunciato i piani per la
costruzione di un muro ai confini del quartiere rom di Sofia. Il muro correrà
parallelo al percorso della ferrovia e le motivazioni ufficiali sono che
"proteggerà contro il rumore del passaggio dei treni e dai depositi improvvisati
di rifiuti [...]" Commenta Georgi Papakotshev: "La decisione di costruire un
muro ai confini del quartiere rom di Fakulteta ha causato tumulto tra i
residenti del quartiere. C'è una similitudine evidente con la situazione della
città ceca di Ustí nad Labem nel 1999. Questa analogia racconta molto sui
frequenti e xenofobici umori nei paesi post comunisti. Ma allora la Repubblica
Ceca non era ancora parte dell'Unione Europea, mentre la Bulgaria ne è membro da
dieci mesi... Quale prezzo pagheremo per questo muro? Bene, la Bulgaria... non
sarà più a lungo "un modello esemplare Europeo" per il resto della regione
meridionale dei Balcani."
Di Fabrizio (del 14/11/2007 @ 09:14:09, in casa, visitato 1882 volte)
09 Nov 2007 09:48:22 GMT - Source: UNHCR
Reuters
PRISTINA, Kosovo, 8 Novembre (UNHCR) - Gli operai stanno livellando un
container collettivo per rifugiati interni vicino alla capitale Pristina, dopo
che l'ultima famiglia si è spostata verso una nuova casa nel loro villaggio
d'origine.
Il centro collettivo temporaneo di Plemetina era stato aperto nel 1999per
fornire una sistemazione d'emergenza a circa 1.300 persone disperse appartenenti
alle minoranze del Kosovo. Ha chiuso settimana scorsa quando un felice Demir
Gashi e la sua famiglia Rom di cinque persone sono usciti con le loro
proprietà.
L'UNHCR li ha trasportati a qualche centinaio di metri nei loro nuovi
appartamenti a Plemetina, costruiti dal Ministero dello Sviluppo e
Pianificazione Spaziale. Demir ha detto di essere contento nel lasciare le dure
condizioni di vita del centro collettivo per trasferirsi in una casa in città.
Il governo è stato capace di chiudere il centro collettivo dopo aver assisti
i rifugiati interni nel ritorno alle loro case e aver trovato posti dove
costruire edilizia sociale con l'aiuto dell'agenzia ONU per i rifugiati.
Giuseppe Lococo, capo dell'ufficio UNHCR di Pristina, ha ringraziato tutti
quanti, compresi i donatori, sono stati coinvolti nel trovare soluzioni
durature.
Le autorità kosovare -assistite anche dall'UNHCR - hanno lavorato per trovare
soluzioni abitative ai rimanenti residenti del Campo di Plemetina. Due progetti
di edilizia sociale sono stati completati a Plemetina ed uno a Magura, mentre il
governo ha costruito nove case a Plemetina su terreno pagato dagli stessi
rifugiati.
L'UNHCR ha aiutato i residenti del centro collettivo di Plemetina fornendo
assistenza legale, portando avanti casi di valutazione individuali ed aiutando
la distribuzione di cibo ed altri beni. Ha anche aiutato quanti hanno voluto
lasciare il centro per andare in nuove case.
A seguito della politica delle autorità serbe nel 1999, oltre 900.000 Albanesi
erano stati forzati a lasciare il Kosovo, per farvi ritorno pochi mesi dopo
aseguito dell'intervento militare ONU. In quei giorni iniziò l'esodo di 200.000
Serbi, Rom, Ascali ed Egizi, che continuò per mesi.
Anche se 17.000 dispersi interni hanno fatto ritorno alle loro case, ce ne
sono in Kosovo altri 21.000 che necessitano di soluzioni durevoli.
By Shpend Halili
In Pristina, Kosovo
Di Fabrizio (del 06/11/2007 @ 08:46:59, in casa, visitato 2569 volte)
By Grattan Puxon
Richard Sheridan, portavoce di
Dale Farm, questa settimana sarà a Bruxelles per ottenere supporto alla
campagna per fermare le ruspe di Basildon contro la più grande comunità
Viaggiante nel Regno Unito.
In compagnia di Joseph Jones, rappresentante dei Viaggianti, chiederà una
moratoria di tutti gli sgomberi finché non siano disponibili aree di sosta in
Gran Bretagna e nel resto d'Europa.
Ci si aspetta che il Parlamento Europeo adotti linee guida per l'inclusione
sociale dei circa 10 milioni di Rom e Viaggianti che vivono nei 27 stati
dell'Unione Europea.
"Siamo stati esclusi per secoli" ha detto Sheridan prima di partire. "Questa
è la nostra chance di indicare un modello per un futuro migliore."
Ma aggiunge che il primo obiettivo è di portare l'attenzione su ciò che
descrive come la politica di pulizia etnica del consiglio di Basildon. Il
consiglio ha votato la spesa di circa 5 milioni di euro per ripulire il
distretto da 150 cosiddette famiglie Viaggianti non autorizzate.
Il
mese scorso, il consiglio ha partecipato nel perseguitare 25 famiglie
Viaggianti che diverse volte tentarono di accamparsi nel territorio
distrettuale. Furono sgomberati grazie alla notoria Sezione 61 del Criminal
Justice Act, che effettivamente proibisce il modo di vita dei Viaggianti.
"La polizia ci ha sgomberato cinque volte in tre giorni," dice Patrick
Gammell. "Dove possiamo vivere? L'anno scorso siamo stati cacciati dalla nostra
terra e sinora siamo stati cacciati ovunque."
Dozzine di piazzole e terreni privati sono stati distrutti negli ultimi
cinque anni dalle autorità locali. Molti hanno impiegato i servizi di
Constant & Co, una compagnia nota per usare mano pesante.
Constant ha raso al suolo la comunità modello di Woodside nel Bedfordshire,
cacciato i Viaggianti e dato alle fiamme le loro proprietà, su incarico del
consiglio di Chelmsford. Il conto per questo lavoro è di oltre 25 milioni di
euro all'anno.
La conferenza di Bruxelles è l'apice di un programma di cinque anni per
incoraggiare la cooperazione tra gli stati membri nella lotta all'esclusione
sociale dei Rom, come previsto nel trattato di Amsterdam del 2002.
Segue una dichiarazione del Commissario per i Diritti Umani del Consiglio
d'Europa ed il rapporto speciale ONU di ottobre che deplora gli sgomberi forzati
e la marginalizzazione di Rom e Viaggianti, compreso la Bretagna.
Appoggiano la dichiarazione, un gruppo di importanti OnG, incluso European
Roma Rights Centre e Greek Helsinki Watch, che portano l'attenzione sulla
minaccia di sgombero a Dale Farm. Viene scritto che Basildon ha nuovamente
rigettato l'appello per ottenere i permessi di sosta, e hanno già distrutto una
dozzina di case nella vicina Hovefields.
Nel frattempo, i Viaggianti di Dale Farm rifiutano di fornire ogni ulteriore
informazione personale sulle loro famiglie. Dicono che il consiglio di Basildon
ha già infranto la legge britannica sulla protezione dei dati, mettendo alcuni
dettagli sanitari e sociali personali in un sito web.
Attualmente, tre famiglie hanno citato il consiglio per danni. Se la loro
azione avesse successo, altre famiglie seguirebbero il loro esempio, la tal cosa
potrebbe costare ai contribuenti di Basildon un milione di euro.
I funzionari comunali sono in difficoltà per il boicottaggio delle
informazioni, dato che hanno bisogno di nuovi dati per la riunione consigliare
del mese prossimo, quando si dovrà rispondere al tribunale sul piano di sgombero
ed essere ascoltai l'11 febbraio.
I procuratori legali hanno consigliato ai Viaggianti di non cooperare con lo
staff consigliare. Puntualizzano che mentre l'ordine di applicazione contro le
86 case di Dale Farm sussiste tuttora, la raccolta dei dati sul welfare non
porterebbe loro benefici.
[...] Dice Kathleen McCarthy, portavoce della Dale Farm Housing Association.
"La richiesta di dati personali è un abuso della nostra privacy. Non è per il
nostro bene."
Dale Farm è stata sotto assedio per sette anni. 500 Viaggianti a cui era stato
garantito il permesso di sosta sul loro terreno, se lo son visti ritirare perché
le loro case si trovano nella cintura verde.
Ma questo secondo Kathleen McCarthy è la ricerca di un capro espiatorio
contro i Viaggianti che hanno comprato i terreni.
L'ex vice primo ministro John Prescot ha suggerito una soluzione attraverso
l'individuazione di un'area alternativo nella vicina Pitsea. Ma il consiglio di
Basildon ha rigettato un piano in questo senso, proposto dalle associazioni dei
Viaggianti.
"Abbiamo fatto un centinaio di richieste di sosta e siamo passati attraverso
cinque inchieste pubbliche," dice Richard Sheridan. "Dicono che siamo illegali,
ma boicottano ogni nostro tentativo di ottenere i permessi."
Di Fabrizio (del 02/11/2007 @ 09:03:45, in casa, visitato 2131 volte)
L'ANTIZIGANISMO IN EUROPA.
L'AZIONE DELLE ISTITUZIONI EUROPEE A TUTELA DELLE MINORANZE ROM E SINTE.
Interviene: Eva Rizzin
Introduce e coordina: Tommaso Vitale
Partecipano alla discussione: Giorgio Bezzecchi (Opera Nomadi Milano), Massimo Bricocoli (Politecnico di Milano), Laura
Centemeri (Università di Milano), Simone Tosi (Università di Milano Bicocca).
Giovedì 8 novembre, h 10:00
dipartimento di sociologia e ricerca sociale
Aula Pagani
III piano, edificio U7
via bicocca degli arcimboldi 8
MIlano
Seminario mensile di studio e riflessione sulle politiche per le minoranze rom e
sinte
Accesso: il seminario è liibero e ad accesso gratuito, rivolto a studenti,
studiosi ed attivisti
Si prega di dare conferma della presenza per posta elettronica
E-mail: laura.boschetti@yahoo.it
Eva Rizzin:
- si è laureata in Scienze Politiche all’Università degli Studi di Trieste con
una tesi sulla cultura della comunità dei Sinti Gackane Eftawagaria;
- ha conseguito un Dottorato di ricerca in Geopolitica e Geostrategia presso
l’Università degli Studi di Trieste sul f enomeno dell’Antiziganismo nell’Europa
allargata;
- appartiene alla comunità dei Sinti; collabora con OsservAzione, centro di
ricerca-azione contro la discriminazione di rom e sinti;
- è membro del comitato Rom e Sinti Insieme, il primo coordinamento nazionale di
Sinti e Rom, che intende riunire intorno a sé tutte le comunità presenti in
Italia.
Di Fabrizio (del 27/10/2007 @ 09:27:31, in casa, visitato 2390 volte)
Vi invio un appello firmato dalla comunità Rom di via S. Dionigi. Per favore,
diffondete.
Dijana Pavlovic
AL SINDACO DI MILANO
AL PREFETTO DI MILANO
Per fax
APPELLO DELLA COMUNITA’ ROM DI VIA SAN DIONIGI
Noi, comunità rom sgomberata da via S. Dionigi il 5 settembre scorso, chiediamo
al Comune e al prefetto di Milano una soluzione al problema della casa che
consenta alle nostre famiglie di tornare a vivere insieme.
Dopo lo sgombero l’assessore alle politiche sociali ha garantito il ricovero di
donne e bambini presso il dormitorio comunale di via Ortles, mentre gli
uomini sono stati aiutati dalla Casa della carità ma con soluzioni provvisorie.
Da quel giorno siamo divisi, ospiti di qualcuno: molte donne e i bambini al,
tutti gli altri – circa 40 persone – in vari luoghi, presso varie associazioni.
Alcune donne si sono già spostate dal dormitorio tornando a vivere con i loro
mariti in campi abusivi.
Questa situazione deve terminare: i nostri figli frequentano le scuole al
Corvetto, molti di noi hanno un lavoro, regolare o in nero, le madri devono
poter seguire i loro figli in una casa.
Chiediamo quindi una soluzione che ci riunisca nuovamente prima dell’inverno:
una o due aree in affitto, attrezzate con luce e acqua, non lontane dalla scuola
dei figli; anche due cascine abbandonate da sistemare, con il nostro impegno
all’affitto o alla ristrutturazione con la creazione di una cooperativa di
lavoro, oppure, per chi ha i titoli, l’accesso alle case popolari.
Diffondiamo questo appello anche alla cittadinanza per sensibilizzare tutti
della situazione insostenibile in cui ci troviamo dal 5 settembre scorso.
Firmato dai consiglieri del campo di via S. Dionigi:
Lucan Constantin
Jon Sadaveanu
Milcea Càldàràreasa
Lucan Dumitru
Milano, 22 ottobre 2007
Di Fabrizio (del 23/10/2007 @ 09:22:31, in casa, visitato 2195 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
MITROVICA, Kosovo, October 16 (UNHCR) – L'agenzia ONU per i rifugiati ha
aiutato 92 membri delle minoranze kosovare dei Rom, Askali ed Egizi (RAE) a
ritornare nel loro quartiere nella città divisa di Mitrovica.
I RAE, di 18 famiglie, sono tornati lunedì e giovedì nel quartiere
meridionale della Mahala. Avevano lasciato Mitrovica nel 1999 e trovato rifugio
nel Kosovo settentrionale, come pure in Montenegro e nella città serba di Novi
Sad.
I 92 RAE sono entrati nel blocco di due edifici della Mahala, che era stata
distrutta dopo che otto anni fa gli abitanti erano scappati per paura degli
attacchi degli estremisti. Il comune di Mitrovica ha garantito il terreno su cui
sono stati costruiti i nuovi appartamenti.
I rifugiati sono stati accolti dall'UNHCR e da Fatmire Berisha, vice
presidente dell'assemblea municipale di Mitrovica, che si è impegnato ad
assistere alla loro reintegrazione. "Siamo felici di vedere la gente che torna
alle proprie case... e cominciare una nuova vita," ha detto Sunil Thapa, capo
dell'ufficio UNHCR di Mitrovica.
I RAE hano ricevuto pacchi con cibo e non-alimentari per un periodo iniziale
di tre mesi. L'agenzia ONU per i rifugiati li aiuterà e consiglierà nelle aree
dei diritti di proprietà, socio-economici, registrazione civile e capacità di
costruire ed iniziative redditizie.
L'UNHCR ha iniziato il ritorno assistito delle comunità RAE nella Mahala a
marzo, quando in 118 fecero ritorno. I ritornati hanno detto di non ritenere la
loro sicurezza la principale tematica, ma la polizia pattuglierà l'area.
Minire* madre di due figli, è felice di aver fatto ritorno
dopo otto anni passati in una serie di centri collettivi. "Siamo convissuti con
la povertà, senza adeguate condizioni igieniche e i miei bambini sono stati a
lungo malati," ricorda. "In questi ultimi due giorni ho pianto dalla felicità,"
aggiunge.
Ci sono scarse opportunità di impiego nella Mahala, benché i residenti più
intraprendenti tentino di decollare con alcune piccole attività: un internet
caffè, un bar e una sartoria con annesso negozio di vestiti. Minire spera di
poter adoperare le sue capacità di parrucchiera per fare un po' di soldi.
I fratelli Agron,* e Lumnije,*
rispettivamente di 11 e 10 anni, sono troppo giovani per ricordarsi il
quartiere, ma sono lo stesso eccitati nel traslocare nella nuova casa ed aiutano
i genitori portando le loro cose negli appartamenti. Si stanno anche informando
su come iscriversi a scuola.
"Abbiamo cambiato posto tante volte e a volte siamo stati obbligati a pagare
l'affitto" dice la loro madre ricordando la loro lunga assenza nel Kosovo del
nord. "in questi sette/otto anni ho fatto i mestieri di casa."
L'operazione di questa settimana è parte del Roma Mahala Return Project,
coordinato dalle autorità municipali in cooperazione con l'UNHCR ed altri
partners come l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE),
la missione ONU in Kosovo ed il Consiglio Danese per i Rifugiati. E' uno dei più
grandi progetti di ritorno in Kosovo.
Durante il conflitto in Kosovo del marzo-giugno 1999 oltre 900.000 di etnia
albanese furono forzati ad abbandonare il Kosovo. Fecero ritorno con l'ingresso
delle truppe NATO - iniziò allora l'esodo di 200.000 Serbi, Rom, Askali ed
Egizi. Secondo le stime UNHCR, circa 17.300 di loro hanno fatto ritorno.
Il fiume Ibar che attraversa Mitrovica, dal 1999 è diventato un simbolo della
divisione del Kosovo, con l'etnia albanese nel sud della città e quella serba
concentrata a nord. L'UNHCR stima in 21.000 il numero dei dispersi in Kosovo, di
tutte le comunità.
* Per tutelare gli interessati, i nomi sono stati
cambiati.
By Peninah Muriithi and Shpend Halili - In Mitrovica, Kosovo
Di Fabrizio (del 13/10/2007 @ 09:45:24, in casa, visitato 2590 volte)
Nomadi per forza
La più antica comunità Rom del mondo sfrattata da Istanbul
Il più antico insediamento Rom del mondo, situato nel quartiere di Sulukule a
Istanbul e risalente al 1054, potrebbe presto scomparire per far posto a 'case
tradizionali in stile ottomano'. Il progetto della municipalità del distretto di
Faith, nella parte occidentale della città, prevede infatti l'acquisto delle
abitazioni, dove vive una comunità zingara di almeno 1.500 persone, la loro
ristrutturazione, o la demolizione di buona parte di loro.
La 'rigenerazione' del quartiere, adiacente le mura dell'antica
Bisanzio, rischia di veder scomparire un sito noto per la sua pittoresca
vitalità. Sulukule è infatti sinonimo di danze, vita notturna, chiassosa
convivialità. Il Comune ha proposto ai Rom incentivi economici per
acquistare nuovi appartamenti, a Sulukule o in altre zone di Istanbul.
Ma gli zingari non ne vogliono sapere. "A fatica riusciamo a guadagnare
il minimo per sopravvivere - dicono -, figuriamoci per comprare una
casa". |
|
La ragione dietro il rifiuto dei Rom ad abbandonare
Sulukule sta nello spettro di una 'sedentarizzazione forzata' in nuovi
appartamenti dove la loro libertà e il loro tradizionale stile di vita,
estraneo a canoni stanziali e regole condominiali o urbanistiche,
verrebbero irrimediabilmente stravolti. |
|
Insediamento storico. L'intera
migrazione Rom verso l'Europa inizia qui, secondo gli studiosi. Il
ricercatore britannico Adrian Marsh, autore di un libro dal titolo 'Le
origini degli zingari: identità e influenze nella storia dei Rom', ha
deplorato il progetto municipale, parlando della scomparsa non solo di
una delle parti più folkloristiche di Istanbul, ma soprattutto della
'memoria di una comunità millenaria'. Uno scriba bizantino, nel 1054,
narra per primo della presenza di 'egiziani' che abitano in 'tende scure
sotto le mura della città' e che si guadagnano da vivere come
chiromanti, giocolieri, indovini, addomesticatori di orsi ballerini. |
Dopo la caduta di
Costantinopoli in mano turca, nel 1453, i danzatori e i musicisti di
Sulukule divennero attrazioni stabili nelle notti dell'opulenta corte
ottomana. Il quartiere fu decimato dal terremoto del 1960 e le sue
suggestive taverne, dove imperversava la danza del ventre, vennero
chiuse dai politici conservatori nel 1990. Ma la vita notturna non è
cessata, e ha continuato ad animare Sulukule fino al giorno d'oggi.
Musicisti e artisti abitano ancora qui, e considerano il quartiere 'la
terra dei loro antenati'. |
"Condizioni vantaggiose". Schiere di
attivisti stanno raccogliendo informazioni e opinioni casa per casa, per
valutare l'eventualità di un'alternativa al progetto. Il sindaco del
distretto Faith, spiega che entro la fine dell'anno verranno distrutte
463 strutture, definite 'insalubri' e pericolose in caso di terremoto.
"E' il progetto sociale più ambizioso che sia mai stato realizzato qui a
Istanbul - ha raccontato Mustafa Demir all'agenzia francese Afp qualche
tempo fa -. Compreremo le case dai proprietari e, una volta
ristrutturate, i Rom potranno riacquistarle a condizioni vantaggiose,
pagando la differenza nell'arco di 15 anni". Se solo i Rom volessero... |
|
Luca Galassi |
Di Fabrizio (del 30/09/2007 @ 09:08:27, in casa, visitato 3029 volte)
Da
British_Roma
By Grattan Puxon
Ad appena una settimana dal rapporto che ammoniva sulla crescita del razzismo
contro gli zigani, la polizia è accusata di lanciare un'operazione di pulizia
etnica per cacciare i Viaggianti dall'Essex.
Abusando dei loro poteri (la notoria Sezione 61) i poliziotti hanno
obbligato un gruppo di 25 famiglie a spostarsi per cinque volte in tre giorni.
Le famiglie si aspettano di essere sgomberate nuovamente stamattina (29
settembre) mentre vi sto scrivendo.
"Abbiamo con noi due neonati ma la polizia non mostra riguardi o
considerazioni" dice Patrick Gammell. "Agiscono come animali." Gammell dice che
gli ordini sono partiti dopo che sono stati sgomberati dal terreno di loro
appartenenza a Birchfield Lane [...], a seguito dell'elezione di membri
del neo-fascista British National Party in consiglio comunale.
Settimana scorsa hanno cercato rifugio a Canvey Island, sul Tamigi. Cacciati
dall'isola, Gammell ha raggiunto altri Viaggianti che erano fermi vicino a
Southend Pier. "Questi dovevano recarsi in tribunale lunedì prossimo" spiega
Gammell. "Ero pronto ad unirmi a loro, ma la nostra richiesta è stata negata."
Così si sono spostati a Shoeburyness, dove alle 23.00 di giovedì è arrivata
la polizia ordinando loro di lasciare il posto entro le 10.00 del mattino
successivo.
Le operazioni sono state guidate dall'Ispettore Capo Steve Worron, che non
considerando le esigenze familiari del gruppo ha insistito sul fatto che l'area
andava sgomberata, concedendo comunque loro di non lasciare il distretto.
Ma nel giro di un'ora, Gammell e gli altri Viaggianti si sono ritrovati
circondati dai veicoli della polizia, mentre avevano fatto una pausa a Pitsea.
Obbligati nuovamente a spostarsi, si sono spinti in un terreno industriale
vicino alla A113. Nuovamente minacciati di sgombero, Gammell chiede "Potete far
niente per far fermare questo stato di cose?" I bambini piangono e hanno fame,
gli uomini sono esasperati [...]
---
Nel contempo, la vicina
Dale Farm è da sette anni sotto assedio di un consiglio che ha pronto a
spendere cinque milioni di euro per distruggere questa comunità.
Martedì aprirà un'Inchiesta Pubblica sul caso di sue ragazze orfane che si
appellano contro lo sgombero che le lascerebbe alla mercé della polizia. "Se
perdiamo questo appello" dice Joanne McCarthy, i cui genitori sono morti in un
incendio, "perderemo tutto. La nostra casa, la possibilità di andare a scuola e
di una vita normale. Diventeremo come fuorilegge [...]"
Trevor Phillips, che settimana scorsa ha presentato la versione finale del
suo rapporto come presidente della Commissione per l'Eguaglianza Razziale, ha
riconosciuto i 350.000 Rom e Viaggianti britannici come la minoranza più
svantaggiata in UK. Afferma che pregiudizio e discriminazione circondano ogni
aspetto della loro esistenza, nonostante la consapevolezza che Nomadi e
Viaggianti hanno diritto al loro stile di vita.
Sia la polizia dell'Essex e del Kent sono state messe in preallarme per
alcuni volantini dietro cui ci sarebbe la minaccia di gruppi di vigilantes. Ma a
ciò non ha corrisposto alcuna azione, secondo l'Irish Travellers Movement.
[...]
CONTACTS:
Patrick Gammell 07737467106
Richard Sheridan 07747417711
____________ _________ _________ _________ ___
JOINT PROTEST ACTION AT BASILDON CENTRE
St.Martin'sSquare, Basildon, 2-4 October,
sarting 11 am each day.
More details from: 01206 523528
Make your voice heard by phoning:
Chief Inspector Steve Worron
01702 431212
Southend Borough Council
John Williams
01702 215000
Di Fabrizio (del 27/08/2007 @ 09:29:43, in casa, visitato 12191 volte)
di Vincenzo Galiano
CASONI di Vegni, Avi, Casissa, Noci, Canate di Marsiglia. Nomi di antiche
frazioni abbandonate, tutte più o meno sperdute tra i monti. Impropriamente
qualcuno li chiama paesi, ma sono piccoli agglomerati di case in pietra, in gran
parte diroccate. Testimonianza di un passato rurale che potrebbe tornare a
vivere se le istituzioni dessero corpo alla proposta lanciata al SecoloXIX da
Edin Hrustic, portavoce dei rom slavi dell’ex campo nomadi della Foce e, oggi,
inquilini delle case popolari di Comune e Arte. «Perché si chiede Hrustic non
dare la possibilità di ripopolare le piccole località disabitate dell’entroterra
agli zingari che stentano a integrarsi o accettano con difficoltà la vita nei
condomini?». «Io stesso continua Hrustic, dipendente di una ditta che effettua
servizio di rimozione delle auto con carroattrezzi prenderei in considerazione
l’idea di ristrutturare, anche tramite mutuo, un vecchio rustico abbandonato. I
lavori di recupero potrebbero essere eseguiti direttamente dagli stessi zingari
con l’aiuto delle amministrazioni pubbliche.
Il vantaggio sarebbe una vita più autonoma e all’aria aperta: quella che, in
fondo, manca a molti di noi». Questa potrebbe anche essere la soluzione per dare
un tetto alle decine e decine di rom romeni che stazionano a Genova in
accampamenti abusivi privi di tutto, a rischio di incidenti ed epidemie. Tanto
più che il lavoro nei campi, la manutenzione dei giardini e la pulizia dei
boschi erano tra le attività tradizionalmente praticate dai rom sotto l’ex
regime di Ceausescu.Ma quanto è praticabile l’idea di affidare agli zingari il
compito di rivitalizzare remoti presidi montani? L’ipotesi non piace ai
volontari della Comunità di Sant’Egidio, da sempre impegnata in prima linea
nell’aiuto ai nomadi divenuti stanziali. «Isolare queste persone non è certo il
modo migliore per favorirne l’integrazione e sarebbe un passo indietro rispetto
al lavoro di tutti questi anni», osserva Claudio Bagnasco, tra i responsabili
dell’assistenza ai rom in seno all’associazione no profit di ispirazione
cattolica.
Sulla carta, l’operazione sembrerebbe fattibile. Perché sono diversi i borghi
fantasma dell’entroterra e, appunto, perché l’ipotesi non pare sgradita agli
stessi rom, slavi e romeni. Ovviamente, non mancano gli ostacoli. Il primo
riguarda la difficile accessibilità dei paesi abbandonati. Per esempio Noci, un
pugno di case disabitate da decenni nei pressi dell’omonimo invaso che alimenta
l’acquedotto comunale e non lontano da Montoggio, è raggiungibile solo
attraverso una pessima strada sterrata, preferibilmente a bordo di una jeep. «E
pensare che Noci è forse il posto meno isolato», dice Marco Balostro,
escursionista appassionato di fotografia, che, insieme a Davide Pambianchi,
fotoreporter del Secolo XIX, ha documentato l’abbandono di cinque antichi
insediamenti tra la Provincia di Genova e il Basso Piemonte. Luoghi come Avi,
vicino a Roccaforte ligure, Rivarossa e Casoni di Vegni, tutti in Valborbera,
provincia di Alessandria. E frazioni che gravitano su Genova, quali Casissa,
valle di Vobbia, alle spalle di Ronco Scrivia, dove si è conservata intatta
un’antica chiesa. O come Lavazzuoli, in Valbrevenna. Canate di Marsiglia, in
alta Valbisagno, è un’altra frazione abbandonata che, però, ha il pregio della
vicinanza alla città.
«Comunque conclude Balostro in tutte queste località, soprattutto d’inverno, la
vita è dura. Non a caso ’60, gli insediamenti più disagiati si sono spopolati
nel giro di poco tempo». Infatti, il portavoce dei rom”sfrattati” dall’ex campo
di via dei Pescatori pensa a sistemazioni meno avventurose: «Ho notizie dice
Hrustic di ruderi abbandonati sopra Sestri, sul monte Gazzo e nelle vicinanze
della discarica di Scarpino». Nelle località Cassinelle e Bianchetta
effettivamente esistono modeste dimore in disuso. A Panigaro c’è una vecchia
fabbrica di mattoni, accanto a una cava. Potrebbe essere adatta a diventare
quell'asilo notturno per romeni senza tetto prima ipotizzato e, poi,
ufficialmente accantonato dalla giunta Vincenzi? «Non penso proprio sbotta
Stefano Bernini, presidente Ds del municipio Medio Ponente Sapete quanto costa
la bonifica di una vecchia cava?». Hrustic non si fa illusioni: «I tentativi dei
romeni di riutilizzare case o vecchie fabbriche fuori dai centri abitati sono
falliti per l’opposizione della gente del posto. Per quanto mi riguarda, sto
bene nella casa popolare e posso benissimo rimanerci. I problemi riguardano solo
pochissimi rom. E non è vero che siamo morosi: quelli che erano in ritardo coi
pagamenti, hanno cominciato a mettersi in regola».
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