17/02/2011 - Un gruppo di 93 Macedoni sono tornati giovedì dalla Francia,
dopo che lì era stato negato loro l'asilo, lo riporta la stazione privata TV Alsat.
Il gruppo, Macedoni di origine albanese e rom, è stato rimandato
all'aeroporto della meridionale città di Ohrid, prima di essere riportato alle
loro case, recita il rapporto.
I richiedenti asilo, intervistati dalla TV, hanno detto di aver cercato
lavoro in Francia, la maggior parte illegalmente, prima di essere deportati dopo
che la loro richiesta di asilo si era dimostrata senza basi.
Il gruppo è stato il primo di questo genere ad essere ritornato dalla
Francia.
Settimana scorsa, un gruppo di 60 persone a cui era stato negato
l'asilo in Germania, ha cercato di attaccare e prendere a male parole un gruppo
di giornalisti che seguiva il loro arrivo all'aeroporto di Skopje.
Da quando l'Unione Europea ha abolito l'obbligo di visto per Serbia,
Macedonia e Montenegro nel dicembre 2009, alcuni stati membri UE, cioè Svezia,
Belgio e Germania hanno registrato un incremento di richiedenti asilo da questi
paesi, soprattutto di etnia rom e albanese.
La Commissione Esecutiva Europea ha ammonito Serbia e Macedonia che
potrebbero perdere i privilegi di circolazione senza visto, se non fermeranno
questo afflusso.
La Germania ha anche deportato 36 persone a dicembre, quando la UE ha esteso
gli stessi diritti ad Albania e Bosnia, ma con uno stretto sistema di
monitoraggio e la possibilità di sospendere i privilegi in caso di abuso.
Documenti inediti tracciano nuovamente la storia delle deportazioni razziali
commesse nel Nord Pas-de-Calais durante l'occupazione. Un lavoro di ricerche su
iniziativa di amici della fondazione per la memoria della deportazione e del
museo della resistenza di Bondues.
La più giovane aveva quattro settimane, il più anziano 81 anni. Arrestati nella
regione, sono stati imbarcati a bordo del convoglio Z, partiti dal campo di
transito belga di Malines, direzione senza ritorno: Auschwitz, Pologna. Era il
15 gennaio 1944. A bordo di questo treno, 351 persone, di cui quasi la metà
bambini, ebrei ma anche tzigani. "Siamo l'unica regione di Francia nella quale
ci sono state deportazioni di tzigani. Un triste privilegio..." constata Odile
Louage, presidente degli Amici della Fondazione per la Memoria della
Deportazione, e ugualmente presidente dell'associazione Ricordo della Resistenza
e dei Fucilati del Forte di Bondues, la quale percorre nuovamente la storia di
queste famiglie schiacciate dal sistema nazi.
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TZIGANI ARRESTATI A ROUBAIX Altrove, le famiglie tzigani sono rimaste nei campi installati sul territorio
francese.
Perché il Nord Pas-de-Calais andò oltre nell'orrore? "Non lo sappiamo ancora"
riconosce Monique Hennebaut, uno storico che si è chinata prima sulla storia
della deportazione degli ebrei nel Douaisis prima di scoprire che gli zigani
della zona erano stati assassinati nei campi della morte. Colpa
dell'affiliazione del Nord Pas-de-Calais al commando tedesco? Può darsi.
Erano cestai, giostrai, stagionali, artisti del circo, musicisti... "La maggior
parte parzialmente sedentarizzati" precisa Monique Heddebaut "e avevano quasi
tutti lo stesso itinerario". Ha trovato la traccia di 47 zigani arrestati a
Roubaix. Vivevano in via Edouard d'Anseele, via Pierre de Roubaix. C'era stata
anche la famiglia Lagrenée (leggere pag. 3), arrestata a Pont-de-la-Deule nel
Douaisis. Quindici deportati, solo tre sopravvissuti. Poi questa famiglia di
Poix-du-Nord, giostrai ancora. "Un giorno, dopo una conferenza che avevo data
sulla deportazione degli zigani della zona, un signore è venuto a vedermi,
ricorda Monique Heddebaut. Era di Poix-du-Nord. Mi ha raccontato il ricordo di
una roulotte che era rimasta sul ciglio della strada durante anni. Dopo la
guerra, pensava che i suoi proprietari sarebbero venuti a riprenderla. Aveva
finalmente capito perché era rimasta lì..."
UN SOLO MONUMENTO COMMEMORATIVO PER GLI ZIGANI DELLA ZONA La deportazione degli tzigani della zona resta una macchia nera della nostra
storia. E' sempre mal conosciuta e i lavori degli storici che hanno lavorato per
l'esposizione virtuale presentata dal museo della resistenza di Bondues, colmano
questa lacuna. E' rivelatore che, nella zona, un solo monumento commemorativo
sia stato eretto per ricordarsi di questi zigani, allorché "ci sono 27 o 28
monumenti o targhe in memoria di ebrei o giusti" cifra Odile Louage. Niente a
Roubaix per 57 persone arrestate. Possiamo meravigliarci.
A Malines, questo campo di raggruppamento in Belgio, tramite il quale sono
transitati la maggior parte degli ebrei deportati, i sopravvissuti hanno fatto
installare una targa per gli tzigani, loro fratelli di dolore e di sfortuna.
"Nella zona, abbiamo aiutato e nascosto dei bambini ebrei" ricorda Odile Louage,
tra l'altro assistente di storia che ha insegnato fino ad andare in pensione in
classi preparatorie al liceo Faid'herbe di Lille "ma non abbiamo fatto nulla per
i bambini tzigani". La fondazione per la memoria della deportazione non fa
nessuna esclusiva, nessuna distinzione nell'orrore: ebrei, partigiani, tzigani,
omosessuali, hanno in comune la loro sorte.
UN GIORNO E' TROPPO TARDI Di queste scomparse, Monique Heddebaut parla con commozione. Ha ritrovato tracce
dei decreti di 1940, i quali vietavano ai nomadi di circolare. "Poi ci fu
un'escalation". L'estate scorsa, quando i rom si trovarono tra i fuochi della
comunicazione governativa, Monique Heddebaut ha risentito un profondo malessere.
"Siamo nel 2010 non nel 1940, ma attenzione, ci sono alcuni atteggiamenti che
non si possono tollerare."
Cita quest'altro storico che ha lavorato su le popolazioni rom di Ungheria,
Romania, Repubblica Ceca, la quale ha sentito dire là, inorridita: "bisognerebbe
gasarli"...
Monique Heddebaut dice ancora: "Il problema è l'escalation. Un giorno, è troppo
tardi."
Antoine Lagrenée, è un bambino rom arrestato e deportato qui.
Aveva 14 anni. Come altre 14 persone della sua famiglia, Antoine Lagrenée è
stato deportato perché tzigane. Arrestati dai tedeschi con l'aiuto della polizia
francese, solo tre di loro ritornarono dai campi nel 1945.
E' oggi un signore di 80 anni, con l'udito un po' difettoso, e dallo sguardo che
sfugge talvolta nel vago. Nel gennaio 1944 Antoine Lagrenée ha quasi 14 anni.
Vive a Pont-de-la-Deule vicino a Douai, dove la sua famiglia è arrivata dopo una
lunga epopea. Una vita di viaggiatori come quella di tanti altri. Lo storico
Monique Heddebaut non ha trovato tracce scritte di questi arresti. E' giusto
riuscita ha tirare fuori dagli archivi delle schede d'arresto, redatte a
posteriori. Sa che questi arresti sono stati compiuti dall'occupante tedesco con
"l'aiuto della polizia francese, la quale in zona rendeva sicuri i luoghi mentre
i tedeschi intervenivano per gli arresti."
Antoine Lagrenée ha una memoria discreta, il verbo scarso. Parla con poche
parole della sua liberazione, "l'11 aprile 1945". Dopo essere transitato nel
campo di Malines in Belgio e Auschwitz (il convoglio vi arrivò il 17 gennaio
1944) è inviato a Buchenwald. Antoine Lagrenée viveva nel blocco 31 di questo
campo di lavoro, vicino a Weimar in Germania. "Abbiamo avuto la fortuna di stare
in un blocco molto organizzato dai partigiani francesi" ricorda. Monique
Heddebaut che conosce bene Antoine, racconta anche "che un maestro che si
trovava nello stesso blocco, faceva lezione ai bambini."
Antoine Lagrenée è sopravvissuto, malgrado la sua giovane età, nell'inferno di
Buchenwald. "Siamo stati liberati dagli americani, ma prima ancora dai deportati
stessi" precisa. Secondo le valutazioni di Monique Heddebaut, 148 tzigani sono
stati deportati dal Nord Pas-de-Calais. Ne ha contati 351 arrestati in Belgio,
anche loro inviati verso i campi della Polonia e della Germania. Ma confessa di
non essere certa che non ce ne siano altri. Il lavoro degli storici non è ancora
concluso.
ESPOSIZIONE VIRTUALE A BONDUES E' lì dove 68 persone della zona sono state fucilate, tra 1943 e 1944 che il
museo della resistenza di Bondues ha installato delle postazioni, presentando
documenti inediti sulle deportazioni razziali dell'ultima guerra mondiale. La
maggior parte sono inediti. I documenti sono stati affidati dalle famiglie agli
storici, i quali hanno lavorato con il museo della resistenza di Bondues. Ci
sono anche fondi degli archivi propri del museo, documenti tratti da archivi
dipartimentali, da quelli della caserma Dossin, del museo ebraico di Malines.
Una raccolta consultabile su delle postazioni, le quali presentano documenti
numerati, i quali raccontano di queste persecuzioni razziali che hanno toccato
il Nord Pas-de-Calais durante la seconda guerra mondiale. Alle spalle, ci sono
due anni di ricerche per potere tracciare le "grandi fasi di quello che è
successo", spiega Danielle Delmaire storico, che ha insegnato all'università di
Lille III. "Dalle prime serie di divieti imposti agli ebrei a partire da
1940-1941, i grandi arresti di 1942, i convogli, i ritorni dai campi..." Vi
troviamo inoltre la foto di Micheline Teichler, scolara a Faid'herbe a Lille
della quale un compagno di scuola – Edgard Leser il quale ha avuto la fortuna di
essere un bambino nascosto -, ha voluto onorare la memoria. Con gli Amici della
Fondazione per la Deportazione, ha tenuto che il suo ricordo non sprofondi
nell'oblio. Il suo nome è stato dato a una classe del collegio Rabelais di
Mons-en-Baroeul. "Abbiamo l'intenzione di proseguire con questo lavoro,
organizzando una giornata di studi sulla spoliazione dei beni di ebrei e
tzigani, il prossimo 12 ottobre, al museo della resistenza di Bondues" precisa
Odile Louage, la quale ha presa la presidenza del museo e vuole perfino prendere
in considerazione una pubblicazione al riguardo. Un lavoro che risponde
esattamente agli obiettivi della Fondazione per la Memoria della Deportazione:
la ricerca storica, la trasmissione e la difesa di questa memoria. Odile Louage
aggiunge che: "intorno alla Fondazione si è realizzata l'unione di tutti i
componenti del mondo della deportazione. Tutte queste strutture, con ognuna la
propria sensibilità, lavorano alla trasmissione di valori tali come sono stati
definiti all'indomani della guerra, nella Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo."
Le case di questo importante campo rifugiati a Podgorica di Rom fuggiti
dal Kosovo, sono state definite da The Guardian come "una cima di spazzatura
puzzolente". Eppure i giovani ambiziosi che vivono là sono futuri maestri di
hip-hop e padroni del loro destino
By Emmanuel Haddad
15/02/11 - Siamo in Bratstva i jedinstva 4, un edificio fatiscente situato
in un grande viale in Montenegro. La porta si apre e Dijana Uljarevic,
incaricata dei programmi del
Forum MNE (forum sull'educazione informale giovanile), ci accoglie in un
ufficio un po' disordinato, un mix di giochi per bambini, computer e poster di
concerti.
Queste case spesso vanno in fiamme
Konik è il più grande campo profughi nei Balcani, di cui pochi
conoscono l'esistenza, secondo un
articolo del 2009 di The Guardian. Lì vivono oltre 2.000 Rom in
baracche di fortuna costruite con scarti di legno, latta ed altri materiali.
Queste case spesso vanno in fiamme e, nei giorni di neve come oggi, al freddo e
a perdite dai soffitti. Basta andare in case che sono cumuli di spazzatura
puzzolente per i rifugiati del Kosovo dimenticati in un angolo, come
suggerito dal titolo del giornale britannico. Enorme, specialmente dopo che la
simpatia per i Rom è considerevolmente aumentata in Francia, a seguito della
politica governativa di espulsione di massa dei Rom dai campi.
"Insegno loro a non vergognarsi"
Pavle Calasan | Il più grande centro commerciale con le foto di Konik
Speriamo di scattare fotografie nello stile di quelle del giovane fotografo
montenegrino Pavle Casalan, che vengono esposte in un centro commerciale
in città. Poco prima della nostra partenza arriva Osman Mustafaj. E'
normale che gli ex partecipanti del progetto si fermino. "Non siamo spesso
consapevoli dei progressi raggiunti da un progetto che opera con la gioventù,"
nota Dijana. "Spesso è quando tornano e ci dicono di aver trovato un lavoro che
capiamo quanto ha operato".
Osman è un ragazzo di bell'aspetto, con un sorriso raggiante. Trent'anni, è
arrivato dal Kosovo che ne aveva dodici, e non si è mai guardato
indietro. La sua casa è qui. Le sue radici in MNE sono così forti che ne è
diventato un membro attivo e sta pensando di fondare una propria OnG,
"Coinvolgere la gioventù rom, ascali ed egizia nei Balcani" (UM RAE, Ukljuciti mlade Romi Aškalije Egipćani).
Vuole far crescere la consapevolezza ed ascoltando Dijana, capisci da dove l'ha
presa. "La cosa più importante è il dialogo" dice la giovane mente di MNE. "La
comunità internazionale, che sovvenziona la maggior parte delle nostre attività
- il governo montenegrino essendo per lo più assente - fornisce cibo ed altri
beni, ma questo da solo non è sufficiente a sviluppare la capacità dei giovani.
Ecco perché siamo qui. Per aiutare a tratteggiare le capacità degli individui,
le loro capacità comunicative, i talenti e così via." Questo si realizza
attraverso attività, ed è qui che intervengono Osman e altri educatori.
Vividamente racconta il primo set di karaoke da lui organizzato nel campo
rifugiati, la prima partita di calcio o quando i bambini sono scesi in centro
città per mostrare la loro abilità nella breakdance. "Insegno loro a non
vergognarsi di ciò che sono," sorride. "Alla loro età, ho sofferto la
discriminazione..."
Hip-hop o piccola criminalità
E' difficile tracciare semplicemente un ritratto delle vittime o lamentare lo
stato dei dintorni, anche se ci sono tutti gli ingredienti. "Nel 2003, il
61,3% della popolazione rom non aveva istruzione; il 21,3% non aveva
terminato la scuola primaria. Solo il 9,2% l'ha terminata e ci sono solo
sei Rom iscritti all'università tra il 2004 e il 2005, di cui quattro
hanno abbandonato," osservano Sofia Söderlund e Elin Wärnelid in uno studio del
2009 intitolato
Hip-hop and the construction of group
identity in a stigmatised area.
Barčić Record ed altri artisti di Konik | storie di successo
del Forum MNE
Osman è ottimista, ad esempio sul laboratorio di responsabilizzazione
sull'Aids. "Per molti partecipanti è la prima volta che sentono queste
informazioni." Nella soddisfazione che segue il suo discorso "molti vanno a
fare i test, perché la popolazione rom è la più pesantemente colpita dal virus."
Il potenziale dei giovani che prendono parte alle attività del Forum MNE, ispira
non solo rispetto ma anche ammirazione. Sulle pareti dell'ufficio sono appesi
articoli di giornali dedicato ai Barčić Record, uno dei gruppi
di hip-hop emersi da Konik. Tuttavia, nel loro studio sull'impatto positivo
dell'hip-hop nella creazione dell'identità rom di Konik, Sofia Söderlund e Elin Wärnelid
hanno raccolto storie esemplari sulla povertà nei campi uno e due, dove le
famiglie dei rifugiati vivono una sull'altra, tra crimine, prostituzione e
problemi di droga. Le origini dei problemi spesso nascono dalla stessa fonte,
cioè la mancanza di istruzione. Con i dati del 2007 che mostravano un
tasso di disoccupazione dell'82% tra i Rom in Montenegro, l'istruzione
era diventata secondaria.
Barčić
Record, Boys in Da Hood e co | Come l'attenzione agli emarginati ha prevalso
Laggiù, la gente "normale"
I giovani rapper le cui voci si sentono nello studio menzionano il confine
tra "loro" e la gente "normale"; tra il centro città e "noi". Qualcuno è
risentito soprattutto perché sono cresciuti in Germania, prima di essere
deportati qui nella periferia. "Non fanno entrare i Rom," ricorda Dijana di
quando andò in un pub con giovani Rom e non-Rom. "Poi si sono scusati." E' un
inizio.
Giorno di neve a Podgorica | Giovani nel campo Konik uno
Mi dirigo verso il campo Konik uno, dove ho appuntamento con Osman. La donna
che ci accompagna in macchina non sa come arrivarci. Si ferma a chiedere:
nessuno lo sa. I bambini stanno giocando nella neve in sandali e si finisce a
bere un caffè nel suo ufficio. E' accanto al campo, ma lei non c'era mai
passata.
Di Fabrizio (del 01/03/2011 @ 09:50:42, in Europa, visitato 2238 volte)
"Una ventata di ottimismo" da Orhan Tahir
1. Crei una OnG perché vuoi cambiare la situazione nel tuo paese.
2. Contatti un'Organizzazione Donatrice e quelle gentili persone ti dicono
"Dacci un progetto".
3. Elabori il progetto, secondo le richieste del Donatore.
4. In realtà dai informazioni al Donatore - qual è la situazione nella tua
città, quanti Rom vivono là e, la cosa più importante - COSA HAI IN MENTE, COSA
VUOI FARE, SEI PERICOLOSO, PUOI FARE UNA RIVOLUZIONE DOMANI?
5. Se vedono che puoi essere pericoloso ti danno i soldi, e ti rendono
dipendente.
6. Dopo 5, 6, 8 o 10 anni COMPRENDI che questo sistema NON FUNZIONA, CON I TUOI
PROGETTI NON PUOI CAMBIARE NIENTE! VEDI CHE TI USANO.
7. Provi a cercarti un altro lavoro, vuoi indipendenza, ma non hai mai fatto
altro, in tutta la tua vita hai fatto PROGETTI e non hai esperienze
professionali in altri campi. Conosci soltanto parole come: "Integrazione",
"Inclusione", "Discriminazione", "Povertà", "Piattaforma", "Decennio", bla, bla, bla...
8. Alla fine pensi di non aver altra possibilità se non di lavorare in Matrix,
anche se tu Matrix la odi. Sai che non puoi cambiare niente. Hai bisogno di fare
ciò che ti dice la "brava gente". Questa brava gente si occupa dei Rom, loro
sanno meglio cos'hanno bisogno i Rom.
9. Tu sei parte dell'Ipocrisia e sviluppi politiche che rendono la tua comunità
più dipendente dai Donatori, dalla UE e dai Fondi Governativi. Quindi sei uno
strumento nelle loro mani. Gli piaci perché sei il loro Animale da Laboratorio.
10. NON PUOI FARE LA RIVOLUZIONE PERCHE' LA GENTE ATTORNO A TE VUOLE I SOLDI
ED HA SUBITO IL LAVAGGIO DEL CERVELLO.
Alla fine scopri che alcuni non-Rom nel tuo paese sono diventati molto
ricchi, perché hanno usato le informazioni dai tuoi progetti per scrivere
rapporti e proporre politiche. Sono consulenti ben pagati ed invitati
dappertutto. Poi scopri che qualcuno di loro lavora per i Servizi Segreti ed i
Donatori lo sanno molto bene.
Rappresentanti islamici ed ebrei si oppongono all'estrema destra in Europa
- Czech Press Agency, translated by Gwendolyn Albert
Parigi, 8.3.2011 11:35, AFP riporta che i principali rappresentanti islamici
ed ebrei hanno espresso la loro comune volontà di resistere alla crescita dei
partiti di estrema destra in Europa. Durante un incontro oggi a Parigi,
hanno adottato una dichiarazione in cui dicono essere inaccettabile banalizzare
questi partiti razzisti e xenofobi, e mettono in guardia contro il crescente
pericolo che pongono alle minoranze etniche e religiose nel continente.
Il consiglio di coordinamento dei leader islamici ed ebrei da Belgio, Gran
Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Stati Uniti ed altri paesi, hanno anche
annunciato che lanceranno una serie di eventi pubblici nelle capitali europee,
il 9 maggio in onore della Giornata d'Europa. Il consiglio ha tenuto il suo
primo incontro nel dicembre 2010 a Bruxelles.
I partecipanti alla riunione odierna, tra i cui organizzatori figura il
Congresso Mondiale Ebraico, hanno condannato il fatto che i partiti estremisti e
xenofobi nei Paesi Bassi ed altrove, sono diventati partner di governo nelle
coalizioni governative. Hanno inoltre espresso disagio sulle recenti
affermazioni di alti rappresentanti di Gran Bretagna, Francia e Germania, per
cui il multiculturalismo nei loro paesi ha dimostrato di essere un fallimento.
Di Fabrizio (del 12/03/2011 @ 09:49:33, in Europa, visitato 1615 volte)
Segnalazione di Lorenzo Bagnoli
Approvata con 576 voti a favore, 32 contrari e 60 astenuti la relazione di
Lívia Járóka, popolare ungherese e unica eurodeputata rom. Il prossimo 5 aprile
la Commissione presenterà la propria versione dell'attesa Strategia
STRASBURGO - In attesa che il prossimo 5 aprile la Commissione europea presenti
la propria versione dell'attesa Strategia europea per l'inclusione dei rom,
il Parlamento europeo ha finalizzato oggi la propria proposta in materia.
Approvando con 576 voti a favore, 32 contrari e 60 astenuti la relazione di
Lívia Járóka, popolare ungherese e unica eurodeputata rom, il PPE riafferma la
necessità di assumere un approccio comune per affrontare l'integrazione
socio-economica della più vasta minoranza etnica europea. I 10-12 milioni di rom
che vivono sul territorio dell'Ue soffrono una discriminazione sistematica e
combattono contro "un livello intollerabile di esclusione" e violazioni dei
diritti umani, afferma la risoluzione degli europarlamentari. I recenti fatti,
in particolare le espulsioni da Francia e Italia, hanno ampiamente dimostrato
che la questione rom non conosce confini nazionali: l'Europa avverte quindi la
necessità pressante di prendere l'iniziativa e dettare agli Stati nazionali la
linea da percorrere. Fulcro della proposta del PPE è infatti la richiesta di
introdurre standard comunitari obbligatori di integrazione e la possibilità di
imporre penalità ai governi nazionali che non li rispettano.
La strategia proposta dal PPE si propone come innovativa in quanto si basa su
una valutazione dei fattori socio-economici legati all'emarginazione dei rom,
invece di concentrarsi esclusivamente su fattori etnici e culturali. Inoltre
Járóka propone di stilare una mappa dell'esclusione, individuando le
microregioni dove povertà e segregazione sono più accentate. Sull'occupazione,
la strategia Ue dovrà assicurare un accesso effettivo al mercato del lavoro,
oltre a misure di contrasto al lavoro sommerso e in favore dell'assunzione di
rom nell'amministrazione pubblica. Per quanto riguarda l'educazione, i deputati
chiedono ai governi nazionali di impiegare un numero maggiore di mediatori e
insegnanti rom nelle scuole per garantire l'educazione anche nella loro lingua.
Inoltre il Parlamento denuncia le "discutibili operazioni di rimpatrio" di
cittadini rom verificatesi in vari Stati membri che hanno creato un "clima di
paura e inquietudine" fra la popolazione rom, e che hanno innalzato il livello
di "razzismo e discriminazione". Per questa ragione la Strategie europea dovrà
combattere ogni forma di violazione dei diritti fondamentali, inclusi "la
discriminazione, la segregazione, i discorsi d'incitazione all'odio, il
profiling etnico, il rilevamento illegale delle impronte digitali, nonché lo
sfratto e l'espulsione illegali".
Infine il PPE chiede la creazione di enti europei di sostegno, sotto la
supervisione dell'esistente Task Force per i Rom (creata in seno alla
Commissione Ue), per assicurare un uso più mirato dei fondi europei a
disposizione dei governi nazionali e locali. I deputati chiedono poi alla
Commissione di prevedere finanziamenti ad hoc, nel quadro della politica di
coesione, per sostenere la Strategia Ue per i rom.
La Commissione dovrebbe presentare la sua proposta il 5 aprile. Il testo
dovrebbe poi passare al Consiglio europeo del 24 giugno: l'inclusione dei rom è
una delle priorità della presidenza semestrale dell'Ungheria, che ha collaborato
strettamente con la Járóka nella definizione di una strategia comune. (mm)
Un racconto sul razzismo ceco Prague, 6.3.2011 16:50, Slávek Pařenica, translated by Gwendolyn Albert
Cari lettori,
Grazie per la pazienza che dedicherete alla lettura di questa storia. E' una
storia reale su persone reali. Soltanto i nomi dei luoghi e delle persone sono
stati cambiati. Non comprendiamo quante storie simili si sviluppino
costantemente attorno a noi.
La maggior parte della gente non è cattiva. Non vorrebbe far del male a
nessuno - almeno non intenzionalmente. Come tutti sanno, la strada per l'inferno
è pavimentata di buone intenzioni. Stiamo tutti vivendo le nostre vite. Per la
maggior parte facciamo del nostro meglio per vivere come ci è possibile, e non
siamo abbastanza consapevoli di come siamo collegati agli altri, di come una
parola può migliorare o peggiorare la vita di qualcuno. Una parola pronunciata,
oppure no, ed una vita umana può puntare in una direzione completamente
differente.
La nostra storia inizia in un negozio di alimentari in una città di
provincia. E' un negozio piccolo e carino, ben tenuto da un proprietario
simpatico, un vecchio gentiluomo che vi ha lavorato tutta la vita. Amava il suo
lavoro sin dai giorni in cui tutto apparteneva allo stato, e nell'ambito delle
sue possibilità ha fatto del suo meglio, come gestore, per avere scorte di
prodotti freschi (anche quando la selezione era più povera), cosicché i suoi
clienti potessero sempre acquistare al meglio ed essere felici di tornare.
Sapeva benissimo che non avevano molta scelta, che non c'era una vasta gamma di
prodotti, ma anche così.
Poi venne la rivoluzione ed all'inizio degli anni '90 aprì la sua propria
attività. Era il SUO negozio di alimentari. Lo amava sinceramente e gli affari
fiorirono. Non divenne mai un miliardario, ma non gli andò mai male. Era felice.
Così questo proprietario (lo chiameremo Novotný) gradualmente ampliò la gamma
dei prodotti ed inoltre dopo il 2000 estese l'orario di apertura del negozio
[...]. Ovviamente, i suoi prezzi non potevano competere con gli ipermercati, ma
anche così aveva abbastanza clienti - grazie soprattutto all'atteggiamento del
suo staff ed alla qualità dei prodotti. Era anche accessibile a chi viveva lì
attorno.
Ad un certo punto a luglio qualcuna del suo staff andò in congedo di
maternità. Stanco di lavoro extra, il signor Novotný decise di assumere una
nuova venditrice. Mise un cartello "Personale cercasi".
Jarmila Demeterová è una zingara - così la chiamano, lei non si preoccupa se
adoperano il termine "Romnì" o "zingara". Tutti e due possono essere usati bene,
o in senso peggiorativo. Sono in cinque in famiglia. Suo padre beveva parecchio
e sua madre amava la famiglia con tutto il cuore e si prese cura di loro.
Jarmila è andata a scuola, era un'alunna nella media. Non stupida, ma neanche un
genio. Soltanto una ragazza normale - con la pelle leggermente più scura degli
altri. Terminati gli studi ha fatto apprendistato come addetta alle vendite.
Jarmila faceva la spesa regolarmente al negozio del signor Novotný. Le
piaceva lì, più che altro perché non aveva la sensazione di non essere
benvenuta. Nessuno la seguiva con sospetto mentre faceva acquisti, cosa che
accadeva di solito negli altri negozi. Da un lato capì perché era così. Sapeva
molto bene che alcuni zingari rubano e non lavorano, e comprendeva il malessere
che incontrava, la mancanza di fiducia. Ciò non significa che non la
preoccupava. In verità talvolta anche lei era stata tentata di rubare qualcosa
negli ipermercati - se tutti ti guardano come un ladro, allora diamogli una
ragione - ma non l'aveva mai fatto.
Il cartello "Personale cercasi" pendeva da diversi giorni alla porta del
negozia e Jarmila continuava a passarci davanti. Pensò che doveva chiedere del
lavoro, ma aveva paura di essere umiliata un'altra volta. Nessuno le aveva mai
detto direttamente che non l'avrebbero assunta perché era una zingara, ma a
volte gli occhi dicono più delle parole.
Alla
fine ebbe il coraggio di chiedere per il lavoro. Mentre entrava nel negozio dove
per tanto tempo aveva fattola spesa, il cuore le batteva forte, come succede a
ogni ragazza di 19 anni in cerca di lavoro.
"Capo, c'è qui una ragazza interessata al lavoro di vendita. Per favore,
aspetta qui un momento, il capo sarà qui subito."
Questo trattamento dignitoso e gradevole la sorprese, e si calmò un poco. Ci
vollero pochi secondi perché il signor Novotný uscisse dal suo ufficio, ma a
Jarmila parve un'ora.
"Salve signorina. Prego, venga nel mio ufficio."
Il signor Novotný conosceva Jarmila di vista. Sapeva che era una cliente
abituale, che era ben educata, tranquilla e vestita decentemente. Le piaceva.
Lui non era mai stato razzista. Era un uomo d'affari, ed i clienti sono clienti,
non importa il loro colore. Dopo una breve intervista, decise di dare una
possibilità a Jarmila. Concordarono un periodo standard di prova di tre mesi, lo
stipendio iniziale e le altre condizioni. Jarmila non diede molta attenzione a
questi dettagli. Era contenta di avere un lavoro, e cominciò a sognare un posto
suo dove vivere - anche se amava la sua famiglia, voleva un po' di privacy. Era
grata al signor Novotný.
Passato il periodo di prova di tre mesi, Jarmila aveva acquisito una notevole
esperienza di lavoro. Non era perfetta, ma non lo è nessuno quando si impara un
nuovo lavoro. Bisogna dire che scuola e apprendistato sono un po' differenti -
ma lei era competente ed imparava in fretta. Le piaceva lavorare per quanto il
lavoro possa essere piacevole - quasi nessuno di noi in realtà si rallegra di
andare a lavorare, ma sapete tutti cosa intendo.
Un ano dopo, Jarmila era una venditrice esperta. Era veloce, amichevole,
molte persone avevano di lei una buona opinione.
Un giorno, era al servizio dei clienti, come al solito. C'erano poche persone
nel negozio, e tra loro un gruppetto di giovani uomini.
"Vedete quella cioccolata?"
"Hm, dovrebbe stare sull'autostrada E55, non ad importunare la gente qui in
negozio. Andiamocene prima di prendere l'epatite."
I giovani non hanno parlato esattamente a voce alta, ma le loro parole sono
state udite. Gli altri clienti non ci hanno fatto attenzione. Nessuno vuole
problemi inutili. Anche Jarmila li ha ignorati, anche se si sentiva
terrorizzata. Da tempo non sentiva discorsi simili e non era abituata. Talvolta
basta qualche parola per ricordarsi molto in fretta del passato.
Non era finita. I giovani tornarono nel piccolo negozio sempre più spesso, ed
i loro attacchi si intensificarono. Una volta, il signor Novotný ne fu testimone
e si intromise.
"Signori, c'è qualche problema?"
"Non per noi, sei tu quello col problema, vecchio."
"Uscite o chiamerò la polizia."
Gente come quella di solito non ha molto coraggio. Mormorarono qualcosa del
tipo ci vediamo dopo e lasciarono il negozio.
Quando il signor Novotný tornò a lavoro il giorno dopo, c'erano graffiti su
tutta la vetrina, con scritto "Morte agli zingari", ecc.
La cosa si ripetè, ma ciò non fu il peggio. Successe che i clienti smisero di
venire. I giovani non entrarono più, ma ogni tanto vennero lasciate all'ingresso
uova e verdure marce, o altre cose simili. I clienti smisero di trovare
piacevole il negozio.
Il treno aveva lasciato la stazione e non si poteva più fermarlo.
Pochi mesi dopo, sulla vetrina apparve un cartello "IN VENDITA".
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ROMEA civic association.
Ci sono quasi 2,2 milioni di persone rom che vivono in Romania, il 75%
dei quali vive in povertà. Poiché l'UE dichiara il 2010 come l'anno per
combattere la povertà e l'esclusione sociale, la fondazione Proton inizia ad
esplorare nuove opportunità di trasformare la vita per la comunità rom.
Č ampiamente accettato che c'è un grande bisogno, tra i rom, d'istruzione,
alloggio, assistenza sanitaria e identità. Senza un miglioramento di queste
quattro grandi aree di necessità, il ciclico problema della povertà non può
essere superato. Nel dicembre 2009 il dipartimento della commissione europea per
l'occupazione, affari sociali e pari opportunità, ha pubblicato
il seguente video ed articolo sul proprio sito web.
"I rom hanno i stessi sogni e speranze per il futuro come tutti gli europei:
ad esempio, avere una buona educazione ed una carriera appagante e d'integrarsi
nella società. Sebbene la discriminazione contro i membri di questa importante
minoranza è ancora diffusa, ci sono esempi che i rom possono realizzare i propri
sogni. Gli stati membri della UE insieme con le istituzioni della Comunità
Europea, promuovono l'inclusione sociale dei rom e danno loro supporto per
accedere all'istruzione, per trovare un lavoro e per partecipare alla vita
pubblica. Questo cortometraggio si concentra sul caso dell'Ungheria e mostra
esempi di iniziative che aiutano i rom a partecipare attivamente al
miglioramento delle loro vite."
La fondazione Proton ha lavorato da diversi anni al fianco della
King's Contruction, una
società di sviluppo immobiliare che mette a disposizione una terra ed alloggi a
prezzi accessibili nella zona di Costanza. Usando questa conoscenza ed
attraverso la sua rete, la fondazione Proton ha recentemente iniziato a
dialogare con i potenziali partner e con le organizzazioni per esplorare modi di
lavorare insieme per fornire una risposta ai bisogni del popolo rom che vive in
Romania.
Nel gennaio 2010 Amnesty
International ha pubblicato il seguente rapporto nel proprio sito web:
"Ci sono quasi 2,2 milioni di rom in Romania – che costituiscono circa il 10%
della popolazione totale. Come conseguenza di una diffusa discriminazione, il
75% dei rom vive in povertà, rispetto al 24% dei romeni e al 20% degli
ungheresi, la più grande minoranza in Romania. I livelli di salute fisica e
delle condizioni di vita dei rom, sono tra i peggiori del paese.
Anche se alcuni rom vivono in strutture permanenti con diritto di locazione,
molte altre abitazioni di vecchia data rom, sono considerate dal governo come
"temporanee" e non ufficiali ed i loro abitanti non hanno nessuna prova di
locazione, il che aumenta la loro vulnerabilità allo sfratto.
Gli sgombri forzati violano gli standard legali regionali ed internazionali
della Romania come quelli contenuti nella Convenzione internazionale sui diritti
economici, sociali e culturali e la Convenzione europea sui diritti dell'uomo
che esige che tutte le persone debbano avere un livello minimo di sicurezza nel
diritto di proprietà, garantendo loro la tutela legale nei confronti degli
sfratti, delle molestie e di altre minacce.
"Siamo zingari ed è per questo che non ci ascoltano" - Monika, maggio
2009.
Più di cento persone rom - incluso famiglie con bambini – vivono in baracche di
metallo vicino ad una fabbrica di depurazione in Romania, dopo che sono stati
sfrattati con la forza dalle loro case, secondo un nuovo rapporto di oggi di
Amnesty.
Il rapporto, Trattati come rifiuti: case dei rom distrutte e salute a rischio
in Romania, racconta come il popolo rom è stato sfrattato con la forza dalle
autorità comunali da un edificio nel centro di Miercurea Ciuc – il capoluogo
della provincia di Harhita nel centro della Romania. La maggior parte sono stati
riaccolti dalle autorità in capanne di metallo alla periferia della città,
dietro un impianto di depurazione. Alcuni hanno deciso di trasferirsi in una
discarica vicino, piuttosto che vivere vicino al depuratore.
Erszebet, che vive accanto agli impianti di depurazione con il marito e nove
figli, ha riferito ad Amnesty International com'è la vita in una capanna di
metallo: "E' stretta, quando tutta la famiglia va a dormire non ci entriamo. Non
possiamo fare il bagno, non ci possiamo lavare. E' troppo piccola. Non vogliamo
che le ragazze più adulte fanno il bagno davanti al loro padre."
Le capanne di metallo temporanee e le baracche sono vicine al depuratore, nei
300 metri di protezione stabiliti dalla legge romena per separare le case da
potenziali rischi di tossicità. La mancata tutela del diritto alla salute è
un'altra violazione degli obblighi nazionali ed internazionali della Romania.
Ilana ha raccontato ad Amnesty International: "Le case si riempiono di
quell'odore. Di notte... i bambini si coprono la faccia con i cuscini. Non
vogliamo mangiare quando sentiamo l'odore... ho avuto un altro bimbo che è morto
a quattro mesi... non voglio perdere gli altri miei figli."
Le autorità romene devono fermare lo sgombero forzato delle famiglie rom e
riposizionare immediatamente quelli che vivono da anni in condizioni pericolose
vicino a discariche di rifiuti, impianti di depurazione o aree industriali alla
periferia della città, ha dichiarato Amnesty International. L'organizzazione
chiede al governo della Romania di riformare la propria legislazione sugli
alloggi per incorporare gli standard internazionali sui diritti umani e con
particolare attenzione agli alloggi.
Halya Gowan, Direttore del programma europeo di
Amnesty International,
ha dichiarato: "In tutto il paese le famiglie rom sono state sfrattate dalle
loro case contro la loro volontà. Quando questo accade, non solo perdono le loro
case, perdono i loro averi, i loro rapporti sociali, i loro accessi al lavoro ed
ai servizi dello stato.
"Questo modello di sgomberi forzati, senza un'adeguata consultazione,
comunicazione o sistemazione alternativa, perpetua la segregazione razziale e
viola gli obblighi internazionali della Romania. Il calvario delle famiglie rom
è proseguito per sei anni, ora è il momento per le autorità locali di fornire
loro un alloggio adeguato vicino a servizi e strutture e in un luogo sicuro e
sano. Qualcosa deve accadere adesso. Un esempio dev'essere impostato – gli
sgomberi forzati devono essere fermati ed il diritto alla casa dev'essere
garantito. E questo può e dovrebbe essere fatto dalle autorità di Miercurea Ciuc".
Di Fabrizio (del 16/03/2011 @ 09:07:05, in Europa, visitato 1552 volte)
Il sindaco di Šurice, gli zingari vengano a noi
Zoltán Végh, il sindaco del villaggio di Šurice, nella regione di Banská
Bystrica, ha sostenuto che sarebbe felice di veder aumentare il numero di
abitanti di etnia Rom nel suo villaggio.
Il sindaco Végh non è comunque un apostolo della fratellanza fra genti diverse
ma piuttosto un uomo pratico e concreto ufficialmente consapevole del fatto che
ad un maggior numero di zingari corrisponderebbe, per la municipalità di Šurice
una maggiore allocazione di fondi pubblici anche in proporzione al numero di
abitanti.
Alla prosperità del villaggio manca, insomma, un maggior tasso di natalità ed
una bella e prolifica comunità Rom. “L’anno scorso sono morte 11 persone ed è
nato un solo bambino. Il fattore principale è la mancanza di cittadini Rom, che
normalmente hanno famiglie numerose”.
Végh vorrebbe vedere la sua gente, invece, crescere e moltiplicarsi perché se ci
fossero bambini ci sarebbe anche un asilo ed una scuola. Con solo 13 ragazzini
sotto i 15 anni questo non è ovviamente, ne economico e neanche possibile.
Zingari o meno occorre un miracolo, la popolazione di Šurice è attualmente
composta da 500 anime in rapida diminuzione.
Di Fabrizio (del 17/03/2011 @ 09:29:50, in Europa, visitato 1786 volte)
Giornata della memoria, protagonisti i popoli nomadi europei
LUGANO - In occasione della Giornata cantonale della memoria, che come ogni anno
cadrà il 21 marzo, l'Associazione Ticinese degli Insegnanti di Storia ha
organizzato nelle scuole una serie di appuntamenti dedicati ai popoli nomadi
europei (Rom, Sinti, Jenish).
"Oggetto da secoli di periodiche persecuzioni, tra le principali vittime del
tentativo di sterminio delle "razze inferiori" perpetrato dal nazismo durante la
Seconda guerra mondiale, le comunità Rom, Sinti e Jenish sparse per l'Europa
stanno diventando di nuovo, in questo ultimo decennio, bersaglio privilegiato
dell'intolleranza e della diffidenza; un fenomeno, questo, che non risparmia né
la Svizzera né il Ticino".
Per l'occasione sono previsti molteplici eventi nelle scuole, oltre ad una
serata pubblica. Presso le scuole medie di Gravesano (la mattina) e le scuole
medie di Camignolo (il pomeriggio), agli allievi delle classi quarte sarà
rivolto un incontro così articolato: Visione del documentario "Liberi dentro…
zingari e svizzeri" di Fabio Calvi, regista, che sarà presente in sala.
Testimonianza di Ursula "Ushi" Waser, esponente della comunità Jenish e vittima
del programma di rieducazione della Pro Juventute, ed intervento del trio
musicale "I Muzikanti di Balval" che proporrà alcuni brani di musica rom.
Presso il Liceo Lugano 1 (la mattina) e il Liceo Lugano 2 (il pomeriggio) è
prevista un'attività destinata agli studenti suddivisa in due parti.
La prima ha l'obiettivo di inquadrare il contesto storico in cui si delinea lo
scontro tra civiltà sedentarie e nomadi e l'esito di tale scontro nel secondo
conflitto mondiale. La seconda parte si prefigge di conoscere meglio le civiltà
nomadi contemporanee nel contesto svizzero e italiano. E' previsto l'intervento
di vari ospiti.
La sera di lunedì 21 marzo, alle 20.15, presso il Centro evangelico di Lugano
(via Landriani 10), si terrà infine l'evento "Alle porte della città, parole e
musiche nomadi" con la partecipazione di Giorgio Bezzecchi, di Maurizio Pagani e
del gruppo «I Muzikanti di Balval».
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