Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 11/08/2010 @ 09:51:24, in Europa, visitato 1997 volte)
Da
Roma_Daily_News (ndr. i link sono in inglese)
Leighphillips.wordpress.com by Le Rétif
02/08/2010 - Forse potremmo essere accusati di eccessivo cinismo, ma [...]
regolarmente noi del corpo di stampa a Bruxelles giriamo lo sguardo alle
opportunistiche propensioni della Commissione Europea a redigere
dichiarazioni-di-cordoglio-fotocopia
ogni volta che c'è una tragedia o cade l'anniversario di qualche grande o
piccola (ma storicamente incontrovertibile) malvagità: la Notte dei Cristalli,
un terremoto in Cina,
la fuga precipitosa della Love Parade, la morte di Michael Jackson.
Ma il cinismo era giustificato lunedì, quando il condoglianzificio-automatico
della UE sembrava per qualche ragione non funzionare bene. Nessun solenne
comunicato di simpatia, nessun momento di silenzio, neanche un blando messaggio
redatto a mano da PR tirapiedi che reciti "Mai più" questo o quello, la sera del
2-3 agosto, la notte della
Memoria dello Sterminio dei Rom, la data internazionale per la
commemorazione degli zingari e dei Sinti vittime del Porraimos o Samudaripen, le
due parole romanì usate per descrivere l'Olocausto.
Perché vedete, lunedì non è il giorno giusto per farlo. Ma forse lo sarà
l'anno prossimo per uno dei presidenti UE, quando quella data non coinciderà
goffamente con un'ondata di espulsioni e di nuove leggi rivolte ai Rom, come
inopportunamente accade quest'anno.
Le
settimane scorse, abbiamo imparato che il presidente francese Sarkozy ha
annunciato che distruggerà 300 accampamenti rom ed espellerà i Rom dal
territorio francese, che la Germania ha detto di voler espellere 12.000 zingari
verso il Kosovo - inclusi 6.000 bambini ed adolescenti, che la Svezia in
violazione alle leggi interne e UE sta deportando i Rom mendicanti, che
Copenhagen ha chiesto assistenza al governo danese, incluso l'uso della forza,
per espellere i Rom e che una carovana di 700 viaggianti è stata cacciata dalle
Fiandre.
In cima a tutto ciò la pratica ceca e slovacca di mandare automaticamente i
bambini rom in "scuole speciali" per disabili mentali, la dichiarazione in
Italia nel 2008 dello stato d'emergenza dovuto alla presenza di Rom, che ha
visto l'espulsione di migliaia di loro, soprattutto verso Romania e Bulgaria, e
l'uccisione l'anno scorso di otto Rom da parte di individui legati all'estrema
destra di quel paese.
Così adesso non sarebbe davvero un buon momento per ricordare il 66°
anniversario della liquidazione da parte dei tedeschi nella notte tra il 2 e il
3 agosto 1944, di 2.897 uomini, donne e bambini rinchiusi nello
Zigeunerfamilienlager o "Campo familiare zingaro" ad Auschwitz-Birkenau.
Si potrebbe pensare che sia scomodo attirare l'attenzione sulla similitudine
di quanto accadde molti decenni fa e l'attacco orchestrato-dai-governi che oggi
si trova a fronteggiare la più grande ed oppressa minoranza d'Europa
Come mi ha detto Anneliese Baldaccini, avvocato presso l'ufficio UE di
Amnesty: "C'è un chiaro e sistematico programma dei governi della UE verso i
Rom. Questo preciso momento è di grande preoccupazione."
E' un peccato che la data sia così scomodamente fuori stagione, perché la UE
ha realmente poteri molto considerevoli per porre fine a tutto ciò, poteri che
nessuno aveva sette decenni fa.
Al cuore del trattato UE si trova la sanzione finale che Bruxelles può
applicare ad ogni stato membro: i diplomatici la chiamano "l'opzione nucleare".
Ai sensi dell'art.7 del Trattato UE, che stabilisce che in casi di "violazione
grave e persistente" dei diritti umani, sanzioni sino alla revoca dei diritti di
voto al Consiglio Europeo e persino l'espulsione dall'Unione.
Amnesty ritiene che questo sia il tempo di agire. "La UE secondo gli art. 2,
6 e 7 del Trattato di Lisbona ha la responsabilità di affrontare i diritti umani
all'interno dei 27 stati membri," ha detto Susanna Mehtonen, funzionaria
esecutiva del gruppo per le questioni legali nell'Unione Europea.
Ma la Commissione Europa, che come il Consiglio ed il Parlamento Europeo,
hanno il potere di invocare una simile sanzione, intende tenersi lontano il più
possibile dal problema. Giovedì Matthew Newman, portavoce della commissaria alla
giustizia Viviane
Reding, ha detto: "Quando si tratta di Rom e della possibilità di espellerli,
l'azione spetta agli stati membri, in questo caso la Francia, e decidere come
applicare la legge."
Quando la Carta dei Diritti Fondamentali è entrata in vigore col Trattato di
Lisbona l'anno scorso, la UE ha annunciato il momento come una nuova alba per i
diritti umani in Europa. Il membro della commissione responsabile per il dossier
giustizia stava ora per diventare esplicitamente commissario ai "diritti
fondamentali", su pressione dei Liberali al Parlamento Europeo.
Per la verità, ad aprile durante una conferenza della Commissione Europea, la
commissaria Reding aveva giudicato "inaccettabile" la discriminazione contro la
più grande minoranza del continente.
Ma nel momento in cui si è scatenato nella comunità ed in molti stati UE un
diluvio di assalti governativi, Bruxelles è rimasta in silenzio.
La Carta, chiarisce ora la Commissione, non è una carta dei diritti per i
cittadini, ma è invece solo uno strumento che copre due aree molto specifiche:
gli atti delle stesse istituzioni UE e degli stati membri quando applicano la
legge UE. Le mosse della Francia e degli altri paesi in questo caso si trovano
quindi fuori dalla sua responsabilità, si insiste.
Il curioso è che, applicando questa stessa stessa rigida interpretazione, la
Commissione non ha neanche competenza nel difendere i diritti di gay e lesbiche,
eccetto quando ci sia una violazione della carta in queste due situazioni, anche
se i diritti dei gay sono da tempo affermati nelle metropoli europee
occidentali, non altrettanto in gran parte dell'Europa orientali, ed abbastanza
difesi dalle istituzioni.
A maggio, l'ufficio di Reding scrisse a Vilnius per lamentarsi che un
tribunale ordinario avesse proibito la manifestazione del Gay Pride. "La
Commissione è preoccupata sui recenti sviluppi." diceva la lettera. Pochi giorni
dopo, la più alta corte di giustizia della Lituania assicurava che la marcia
poteva effettuarsi. Il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van
Rompuy, mandò anche un "forte messaggio di condanna dell'omofobia" al Baltic
Pride di quest'anno.
La differenza nelle due situazioni è che esiste una tacita gerarchia entro il
blocco tra i nuovi stati dell'Europa orientale e le potenze economiche ad ovest.
Bruxelles può schiaffeggiare le capitali dell'est senza paura di conseguenze. Lo
stesso non accade quando l'esecutivo UE va contro un Sarkozy o un Berlusconi.
Non è che la Commissione non ritenga che si stia verificando una flagrante
violazione dei diritti umani. "Questa è la sorta di cose che Sarkozy è abituato
a fare. In questo momento è davvero giù nei sondaggi, così sta usando la solita
tattica. In passato ha funzionato. Ed è davvero popolare dappertutto," mi ha
detto un funzionario della Commissione.
"E' forse la questione più delicata che ci sia," ha continuato il
funzionario, ricordando quando un altro portavoce l'anno scorso suggerì appena
che l'Italia forse intendeva spiegare perché avesse deportato in Libia un
barcone carico di rifugiati. Allora il primo ministro Silvio Berlusconi minacciò
di porre il veto a tutte le azioni del Consiglio Europeo, se la Commissione non
avesse licenziato quel portavoce per aver avuto la temerarietà di spingere Roma
ad applicare la legge.
Così questa volta, "si è presa la decisione di dare una risposta molto
istituzionale."
Privatamente la Commissione sostiene, come per "l'opzione nucleare" di
invocare l'art. 7: "Si farebbe se ci fosse una retata di tutti gli zingari e li
si mettesse in campi di concentramento. Da nessuna parte siamo ancora arrivati a
ciò."
Ma un Olocausto, o Porraimos o Samudaripen, non arriva
improvvisamente un giorno ex nihil, di ritorno da una lunga pausa alle
Bahamas e bussando alla porta di Barroso per annunciarsi: "Ciao, Jose-Manuel? E'
il cugino Fascismo! Sono tornaaato! Cosa c'è per il tea? Oooh, guarda, guarda -
austerità, disoccupazione di massa! Io amo questa stagione nel ciclo
economico!" Il fascismo arriva lentamente, quasi con calma, ma riconoscibile per
un generale inasprimento. L'Europa deve agire ora prima che appaiano i campi di
concentramento. In ogni caso, non saranno chiamati campi concentramento o
qualcosa di simile. I centri di detenzione in Grecia e a Malta per i
sub-sahariani migranti irregolari non sono costruiti con cancelli di ferro e al
loro ingresso non fa bella mostra un "Arbeit macht frei", ma in realtà
non sono altro che campi di concentramento. I leader eviteranno un linguaggio o
forme d'azione archetipicamente fasciste, cosicché Bruxelles potrà sempre dire
che quanto sta accadendo è "completamente diverso".
Secondo l'art. 7, non sono specificate sanzioni precise in anticipo del
livello di espulsione o ritiro dei diritti di voto, quindi esiste ancora un
ampio raggio di manovra a Bruxelles. Nessuno si aspetta che la Francia venga
espulsa dalla UE. Perlomeno, Reding potrebbe non inviare una lettera simile a
quella che mandò alla Lituania, quando la marcia del gay pride venne proibita?
O forse l'anno prossimo, forse gli zingari potrebbero organizzare un barcone
durante la Love Parade, per ottenere che la UE si accorga di loro.
Da
Ticino Libero
I Comunisti denunciano Bignasca per razzismo.
Giuliano Bignasca segnalato in Magistratura per istigazione alla violenza e
alla discriminazione.
"Negli ultimi anni il nostro cantone – scrivono i Comunisti ticinesi – è stato
teatro di numerose aggressioni, anche a mano armata, contro le famiglie Rom che
facevano tappa in Ticino. Nonostante il ripetersi di questi aberranti episodi
non ci risulta che nessuno mai sia stato indagato e condannato. Qualche
settimana fa ci si è messo anche Bignasca che il 20 giugno scorso ha avvertito i
nomadi (tutti definiti "gentaglia", "ladri", "truffatori", ecc.) di "levarsi
dalle scatole con le buone". Se ciò non fosse avvenuto sarebbero stati fatti
"sloggiare con altri metodi", evidentemente – scrivono ancora i Comunisti – meno
buoni".
(in foto Giuliano Bignasca, leader della Lega dei Ticinesi,
QUI un suo
recente discorso ndr.)
Il Partito Comunista nella sua nota stampa ritiene opportuno distanziarsi in
modo inequivocabile da questo modo di "fare politica" segnalando al Ministero
Pubblico il presidente della Lega per verificare se sussiste il reato di
"Pubblica istigazione alla violenza" e di "Discriminazione razziale". Che la
giustizia – concludono – verifichi se quest'istigazione all'odio è conforme al
nostro sistema democratico.
Di Fabrizio (del 14/08/2010 @ 09:14:38, in Europa, visitato 2247 volte)
Segnalazione di
Eugenio Viceconte
Gadjo dilo*, nella lingua romanì vuol dire straniero pazzo;
straniero in un mondo dove l'essere diverso appare più come un crimine che una
virtù o semplicemente un altro punto di vista, pazzo in quanto capace di
adattarsi a vivere in una cultura differente, un modo di essere, di pensare e di
vivere all'estremo opposto rispetto ai parametri addottati ed accettati dalla
società in cui viviamo.
Questo è un viaggio in un mondo emarginato, un mondo discriminato e mai
accettato, un mondo dove la gentilezza, l'ospitalità ed il saper vivere sono di
casa , un universo magico dove il tempo non passa mai.
Un ringraziamento speciale alla familia Matovic che mi ha praticamente adottato
e mi ha lasciato libero di descrivere la loro realtà.
Questo il SET su Flickr
http://www.flickr.com/photos/aaditya_net/sets/72157607029504137/with/4873763192/
Questo una versione web:
http://ideebn.org/2010/08/07/gadjo-dilo-di-edvard-ciani/
* nome preso in prestito dal film di Toni Gatlif, cineasta
francese.
Di Fabrizio (del 16/08/2010 @ 09:09:06, in Europa, visitato 1756 volte)
Da
Czech_Roma
Ostrava, 13.8.2010 13:16, (ROMEA)
Ad Ostrava, l'ex vice sindaco dei distretti di Mariánské Hory e Hulváky, Jiří
Jezerský, che in precedenza aveva espresso il suo desiderio di sparare ai Rom
che vivono là nell'insediamento di Bedřiška, è ora diventato il capolista della
lista di partito TOP 09. L'attivista per i diritti umani Kumar Vishwanathan ha
portato la candidatura di Jezerský all'attenzione dell'agenzia d'informazione
Romea.cz. In una trasmissione registrata dalla news server nel 2007, Jezerský
disse: "Datemi un porto d'armi ed un permesso per abbatterli, e lo farò."
"Come vice sindaco, lui ed il sindaca Janáčková fecero dichiarazioni
intolleranti contro tutti i Rom. Qualsiasi partito serio e civilizzato che vuole
impegnarsi a governare, non può tollerare dichiarazioni simili. Richiedo
cortesemente a TOP 09 di considerare la rimozione di Jezerský dalla lista dei
candidati," ha detto Kumar Vishwanathan alnews server Romea.cz via SMS.
Jezerský ha fatto le osservazioni incriminate in una riunione pubblica del
dipartimento abitativo il 15 agosto 2006. Durante l'incontro, sono stati
discussi i reclami relativi ai Rom che da altrove si spostavano nel distretto di
Ostrava. Janáčková
(che oltre ad essere sindaca del distretto è senatrice) e Jezerský difesero la
politica segregazionista del municipio, tesa a concentrare i Rom
nell'insediamento di Bedřiška. La polizia indagò sulle dichiarazioni di Janáčková
e Jezerský e le trovò razziste. Janáčková venne salvata dal processo grazie
all'immunità parlamentare. I giudici di Ostrava poi assolsero Jezerský.
"Jiří Jezerský è davvero il capolista per TOP 09 ad Ostrava - Mariánské
Hory,"ha confermato al giornale online TÝDEN.CZ Jan Jakob, portavoce di TOP 09.
Ha detto di ritenere che il partito fosse a conoscenza del processo a Jezerský e
l'abbia sostenuto pienamente. "La Corte Distrettuale di Ostrava l'ha assolto e
la sentenza è stata confermata dal Tribunale Regionale di Ostrava," ha spiegato
Jacob. Per questo ritiene che Jezerský sia innocente. "Jezerský quest'anno ha
organizzato un corso di cucito per donne rom ed il risultato del loro lavoro
verrà valutato a settembre in un concorso internazionale per costumi del
folklore rom in Grecia," ha detto Jakob al giornale.
Secondo un altro candidato di TOP 09, il moderatore Aleš Juchelka, le liste
dei candidati si possono cambiare da adesso a settembre. "Tuttavia, conosco Jezerský
personalmente e so che sta facendo molto per Ostrava," ha detto Juchelka in
difesa del suo collega di partito, secondo TÝDEN.CZ.
ryz, TÝDEN.CZ, translated by Gwendolyn Albert
Di Fabrizio (del 17/08/2010 @ 09:17:06, in Europa, visitato 3425 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)
(immagine tratta da
associazionekaribuni.blogspot.com)
PREMIO NEGLIGENZA CRIMINALE: disonora quell'organizzazione che chiuse
occhi ed orecchie alla sua dichiarazione di missione ed attraverso
compiacimento, incompetenza ed insensibilità ignorò la salute ed i diritti umani
dei bambini che aveva in cura, facendo che molti di loro morissero.
Anche se questi anti-premi sono normalmente assegnati ad individui od
organizzazioni, questo viene condiviso per ogni singola persona che abbia mai
lavorato per l'UNHCR in Kosovo, eccetto per uno: David Riley, il primo capo
dell'UNCHR in Kosovo. Se fosse sopravvissuto, sono certo che questa tragedia non
sarebbe mai successa.
Nel settembre 1999 David aiutò più di 50 IDP Rom/Askali a fuggire dal Kosovo
verso la Macedonia, contro le intenzioni dell'ONU di tenerli sui terreni tossici
vicino a Oblic. Più tardi sempre quel mese, David, come capo dell'UNHCR si prese
cura di altri 600 IDP Rom/Askali che i locali albanesi avevano cacciato da
Mitrovica sud: li sistemò in poco tempo in rifugi temporanei a Mitrovica nord.
Sapendo che anche questi IDP erano ospitati su terreni contaminati, David
promise che avrebbero potuto fare ritorno alle loro case in 45 giorni o mandati
all'estero come rifugiati. Nonostante tutti i suoi sforzi per farli ritornare
nelle loro case o trovare una sistemazione alternativa in altre città del
Kosovo, David venne ostacolato da minacce da parte dell'ALK che gli Albanesi non
volevano "zingari" in Kosovo. Quando David tentò di mantenere la sua promessa di
portarli all'estero come rifugiati, il suo piano ottenne il veto dal quartier
generale dell'UNHCR a Ginevra, che disse che questi "zingari" non erano
rifugiati. Un mese più tardi, il 20 gennaio 2000, il cinquantenne David Riley
moriva per un attacco cardiaco nel suo appartamento a Pristina.
Dennis McNamara, Neozelandese di 54 anni, prese il posto di David, ma rifiutò
di discutere con me le sofferenze di questi poveri Rom/Askali, nonostante fosse
l'Inviato Speciale per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite, Direttore
Regionale per l'Alto Commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite, e Vice
Amministratore Capo delle Nazioni Unite in Kosovo. Anche se McNamara avrebbe
continuato a predicare per anni nelle conferenze internazionali sugli "IDP
dimenticati e negletti, vittime di conflitti mondiali", non tentò neanche una
volta di salvare questi IDP Rom/Askali di Mitrovica dalla loro catastrofica
situazione.
Fondata nel 1950 con uno staff di sole 35 persone, nel 1954 l'UNHCR ottenne
il Premio Nobel per la Pace per l'aiuto fornito agli europei dispersi dalla
guerra. Oggi l'UNHCR ha un budget annuale di2 miliardi di $ ed uno staff di
6.650 persone, incluse 740 nel quartiere generale di Ginevra. Ma dato che hanno
fermamente rinunciato in nove anni di tutela di evacuare e curare questi bambini
dei campi di Mitrovica (come richiesto dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità), ora disonoriamo l'UNHCR per negligenza criminale.
Angelina Jolie
(immagine da
solcomhouse.com) Angelina Jolie (al centro) nel dicembre 2002 di fronte
alla distrutta Mahala rom di Mitrovica, una volta la grande comunità zingara in
Kosovo.
IL PREMIO TESTA VUOTA DI HOLLYWOOD: disonora quell'attore o quell'attrice di
Hollywood che si lasciano usare per coprire un crimine, come si è fatta usare
Angelina Jolie dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per
coprire le enormi negligenze verso i bambini dei campi zingari nel nord del
Kosovo.
Nata nel 1975 a Los Angeles, California, Jolie (nata Voight) ha ricevuto tre
Golden Globe Award, due Screen Actors Guild Award, un Academy Award ed adesso
questo Heroes Award dall'ONU per aver permesso l'uso del suo nome e della sua
fame per coprire il peggior trattamento infantile d'Europa.
Gli Ambasciatori della Buona Volontà ONU come Jolie pensano di agire per il
bene. Ma in realtà vivono una vita di auto-inganno. Raramente si chiedono cosa
stanno davvero vedendo. Come ha potuto Jolie visitare nel dicembre 2002 come
Ambasciatrice della Buona Volontà ONU questi campi rifugiati romanì e non vedere
i 100 milioni di tonnellate di scorie tossiche attorno a questi campi? Come ha
potuto stare di fronte alle rovine del loro vecchio quartiere e non chiedere
cos'era successo a quelle persone? Perché le loro case erano distrutte? Perché
non potevano tornarci? Cosa stava facendo l'ONU per aiutarli?
Perché Jolie non ha visto che l'ONU aveva interrotto tutti gli aiuti alimentari
ai campi, obbligando le famiglie a trovare il loro unico pasto nei cassonetti
dell'immondizia. E perché ha donato dei fondi all'ONU per costruire una fossa
biologica e toilette alla turca per mantenere questi rifugiati su terreni
contaminati? Quand'è che il compiacimento diviene negligenza, e quando la
negligenza finisce nell'insensibilità inutile, e poi nella deliberata
indifferenza per innocenti vite umane, com'è pratica dell'ONU in questi campi?
Jolie era lì, ha visto. Poteva non vedere cosa stava succedendo a questi bambini
che avevano i più alti livelli di piombo nella storia medica, dato che i
risultati degli esami sanguigni vennero rivelati a novembre 2000? Ha dovuto
vedere che quei bambini non agivano normalmente.
Non ha sentito Jolie di madri che si procuravano l'aborto bevendo medicine
contro i pidocchi o mischiando lievito alla birra per uccidere il feto, perché
non volevano più bambini nati con danni irreversibili al cervello? Dov'erano le
sue guide ONU, i suoi interpreti?
Jolie deve aver visto i bambini malnutriti. Perché non ha donato cibo invece di
toilette? Se non mangi, non caghi. Otto anni dopo la sua visita, perché Jolie
non si chiede cos'è accaduto a quei piccoli cari zingari che ha visto? Sarebbe
scioccata a sapere che sono ancora su terreni contaminati (quelli che sono
ancora vivi)? Perché non ha chiesto allora (e adesso) cosa intendeva fare l'ONU?
Come ha potuto essere così ignorante? Perché Jolie ha contribuito a tutto ciò.
Perché ha donato denaro per far sì che restassero lì. E' quello che si chiama
una Testa Vuota di Hollywood... ed è per questo che si è meritata un
Anti-Premio.
Fine nona puntata
Da
Roma_Francais
I giornalisti condannano la repressione in Francia contro i Rom -
Federazione Internazionale dei Giornalisti – 09/08/2010
La Federazione Internazionale dei Giornalisti (FIJ) e la sua sezione regionale,
la Federazione Europea dei Giornalisti, hanno condannato oggi la repressione
scatenata dalle autorità francesi contro i membri della comunità Rom, avvertendo
che ciò incoraggia la xenofobia e l'intolleranza. Accusano inoltre la polizia di
intralcio al lavoro dei giornalisti, ai quali non è stato concesso riprendere il
raid lanciato ieri all'alba contro un campo.
Secondo la FIJ, ai giornalisti è stato impedito dalla polizia di riprendere
un raid contro un accampamento di gitani nella città di Saint-Etienne (Francia
centrale) dove si è assistito all'espulsione con la forza di un accampamento
illegale, nonostante la municipalità lo avesse fornito di acqua potabile e di WC
chimici.
E' la prima azione della polizia da quando il presidente Nicolas Sarkozy ha
annunciato una serie di misure energiche nelle prossime settimane, tra le quali
l'espulsione di Rom da trecento accampamenti illegali.
"L'atteggiamento intollerante del governo avrà per unico risultato, quello di
incoraggiare il risorgere del razzismo e della xenofobia", ha dichiarato Aidan
White, segretario generale della FIJ. "Questo tipo di azioni contro persone
provenienti da altri paesi dell' Unione Europea è nello stesso tempo discutibile
sul piano legale e irresponsabile, in quanto alimenta le tensioni tra comunità."
Per la FIJ, ogni compiacenza nei confronti dell'estremismo e il razzismo, non
farà altro che incoraggiare la propaganda xenofoba e aumenterà la pressione sui
giornalisti e i media.
"D'ora e in avanti, ci segnalano che la polizia a Saint-Etienne, ha impedito a
dei giornalisti di riprendere il loro raid contro l'accampamento", ha dichiarato
White. "E' totalmente inaccettabile. La Francia non è uno stato poliziesco e i
media devono potere informare liberamente. Se i giornalisti e i media non
possono accedere alla verità, come saprà il pubblico se la legalità è
rispettata?"
Per la FIJ, le dichiarazioni dei responsabili francesi secondo i quali è
previsto di espellere dalla Francia tutti i Rom senza documenti verso la
Romania, sembrano costituire un intralcio al diritto alla libera circolazione
nel seno dell'Unione Europea.
Il numero di quindicimila gitani e Rom i quali vivono in Francia, e originari
dell'Europa dell'est è evocato, la maggior parte dei quali vivono in
accampamenti autorizzati, mentre altri si sono dovuti installare in accampamenti
illegali a causa dell'insufficienza di infrastrutture. Le ultime azioni fanno
seguito a un incidente avvenuto il mese scorso, durante il quale un gruppo di
viaggianti francesi ha scatenato una sommossa dopo la morte di uno di loro,
ucciso dalla polizia a Saint-Aignan (Francia centrale).
Per la FIJ, le ultime azioni del governo - che numerose critiche accusano di
ricorrere a politiche impregnate di populismo e contro gli immigrati, per venire
fuori dalle cattive acque nelle quali si ritrova – non fanno altro che
accrescere le preoccupazioni riguardanti la crescita di un sentimento anti-Rom e
la xenofobia da parte dell'Europa.
"La verità è che le politiche che giocano sulla paura e l'incertezza,
finiranno con rendere la vita difficile a tante minorità, condurre alla
discriminazione e rischiano di sottomettere giornalisti e media all'influenza
della propaganda razzista di politici senza scrupoli", ha aggiunto White. "Le
autorità francesi devono agire con calma ed evitare ogni forma di ingiusta
discriminazione."
Da
Roma_Francais
Denunciare l'anti-ziganismo senza attaccarsi alle sue radici? par Martin Olivera, antropologo
In seguito ad alcune dichiarazioni del capo dello Stato riguardo ai "Rom e
Viaggianti", numerose associazioni di intellettuali e alcuni politici hanno
reagito per denunciare gli amalgami, i quali permettono di creare a buon
mercato, un diversivo in un contesto di crisi politica acuta. Alcuni hanno messo
in prospettiva di stigmatizzare alcuni di questi gruppi, azione ben ancorata
nella storia repubblicana e più genericamente, nel vecchio continente. Siamo
riusciti infine a dare l'allarme in merito ai rischi di violenze fisiche
gravando direttamente su coloro i quali vengono designati come "Rom e
Viaggianti". Tutte queste reazioni sono ovviamente giustificate e necessarie. Ma
appaiono purtroppo impotenti a grippare quel meccanismo intento a nutrire i
discorsi del governo, e più a fondo ancora, il "buon senso" come fondamenta
dell'anti-ziganismo in Francia come altrove.
La lettura delle reazioni degli internauti su alcuni siti d'informazione, lo
illustra in modo eloquente: per alcuni, il capo dello Stato e il governo
giocano, come accade spesso, con il fuoco, giocando la carta del populismo
securitario; per altri – denunciando il lassismo dei primi – non bisogna temere
di attaccarsi ai "veri problemi" posti da "quella gente". Abbiamo così più
spesso a che fare con posizioni di principio che si nutrono tra loro, tanto più
incrollabili visto che non rimettono mai in causa la categoria definita come
problematica. Una tale opposizione binaria non serve altro che a riprodurre
posizionamenti ideologici, strumentalizzando la famosa "questione rom"
ad nauseam.
Però, il problema non è di sapere se i "Rom e Viaggianti" sono prima di tutto
vittime dell'apparato di Stato e del razzismo popolare, o se "sono" invece
colpevoli della loro "emarginazione".
Nulla si muoverà mai, tanto che si continuerà ad abbordare la categoria stessa
"Rom e Viaggianti" come una popolazione evidente, indefinitamente offerta alla
pietà o al biasimo, secondo le tendenze politiche degli uni e degli altri. E pur
invitando a maggiori sfumature, le reazioni di fronte agli amalgami del governo,
non rimettono mai in discussione l'esistenza di questa "comunità" in quanto
entità sociale omogenea.
Eppure, eccetto la messa in categorie imposta dalle società maggioritarie che le
riuniscono sotto un'unica etichetta (variabile nella storia, da cui l'inflazione
della confusione), niente ci autorizza a considerare come andando da sé, le
similitudini tra questi vari gruppi. "L'origine indiana" è una scoperta della
scienza linguistica apparsa alla fine del XVIII secolo, e non un ricordo
conservato dagli interessati nel seno delle diverse comunità.
In quanto al "nomadismo", sono diversi decenni che i ricercatori dimostrano e
ripetono che non è affatto una caratteristica dei cosiddetti Tzigani, non oggi
più di ieri: troviamo dei gruppi, i quali per motivi storici e economici,
praticano una mobilità stagionale, ma l'immensa maggioranza di loro è sempre
stata sedentaria. Al punto che il qualificativo stesso sembra superfluo.
L'esempio della "Seine Saint-Denis" è un mezzo efficace per farsi all'idea
dell'irriducibile diversità dei cosiddetti Tzigani o "Rom e Viaggianti", per
quanto poco si presti attenzione al modo con il quale loro stessi si
definiscono:
- famiglie gitane (venute dalla Linguadoca e dalla Spagna) ci vivono dalla fine
del XIX secolo, il più spesso in abitazioni "standard" (padiglioni o
appartamenti)
- gruppi famigliari manush, yenish e viaggianti, maggiormente originari dell'est
della Francia, si sono impiantati lì nella stessa epoca, cioè più di un secolo
fa. Un gran numero di loro vivono in roulotte o abitazioni miste (casa e
roulotte). Corrispondono per l'essenziale alla categoria dei "Viaggianti" – ciò
non significando che "viaggino" realmente
- una comunità Rom (i "Rom di Parigi") è presente in "Seine Saint-Denis" dal
periodo tra le due ultime guerre. Come i precedenti, sono oggi cittadini
francesi e vivono per la maggioranza in padiglioni della periferia
- altri gruppi Rom, originari dell'ex Iugoslavia, si sono installati nelle città
del dipartimento nel corso degli anni 1960-1970. Preservando per alcuni, legami
con il paese d'origine, vivono lì ancora, in case banali, la roulotte essendo
nel loro caso solo una risposta all'impossibilità di accedere alla locazione o
alla proprietà
- incontriamo infine dagli anni 1990-2000, gruppi famigliari Rom originari di
Romania e di Bulgaria, occupando essenzialmente degli squat o dei bidonville, a
difetto di alternative: senza diritto al lavoro e alle prestazioni sociali,
"girano" da un terreno all'altro nei comuni del dipartimento talvolta da più di
dieci anni, seguendo il ritmo delle espulsioni… Precisiamo infine che loro
stessi non formano una comunità, ma diversi gruppi distinti e che il loro numero
è stabile dagli anni 2003-2004 – all'incirca tremila persone – anche se la
mobilità subita li rende particolarmente visibili.
Alcuni parlano finalmente di "mosaico" per definire l'insieme tzigane. Questo
mosaico non esiste peraltro per coloro i quali lo guardano, cioè i non tzigani.
Certo, si identificano sempre più, di volta in volta, punti in comune tra i
differenti gruppi: i Rom originari dell'Europa orientale sono marcati da
influenze in parte comuni, legate alla loro appartenenza ad una stessa area
storico-culturale.
Tuttavia, entrando nei dettagli, possiamo constatare la loro grande diversità,
direttamente sorta dalle terre dalle quali queste comunità vengono: i Rom
musulmani di lingua turca del sud della Bulgaria, i Rom sassoni del centro della
Transilvania e i Rom sloveni installati da quarant'anni nell'Italia del Nord non
hanno lo stesso passato, non praticano le stesse attività professionali, sono
diversamente inseriti in habitat altrettanto diversi ecc…
In definitiva, non è un caso se sono innanzitutto dati di tipo macrosociologico
che sembrano dare corpo alla categoria "Rom e Viaggianti". A questo proposito,
le istituzioni europee (U.E, Consiglio dell'Europa), internazionali (FMI,
Banca
Mondiale, PNUD) e diverse fondazioni (in particolare l'Open Society Institute
del miliardario George Soros) hanno una maggiore responsabilità nella
definizione della "questione rom" a livello europeo. L'immagine di una minoranza
essenzialmente costituita da "casi sociali" non avrà cessato di rinforzarsi nel
corso degli anni 19902000, per mezzo di studi quantitativi i quali rendono
astratta già all'origine, la diversità delle realtà locali. L'Unione Europea
inquadra oggi perfino una "decade per l'inclusione dei Rom" (2005-2015),
partendo dal principio che questi sono globalmente "mal inseriti" nelle società
maggioritarie. Ma i cosiddetti Tzigani sono sempre ugualmente eterogenei dal
punto di vista socio-economico di quanto lo sono culturalmente, a est così come
a ovest del continente.
Non c'è così nulla di semplice da dire sui "Rom e Viaggianti", non più che sugli
"Africani" o gli "Asiatici"… E se come in Romania, per esempio, è usanza
chiamare Tzigani tutti coloro percepiti come socialmente marginali, la prima
responsabilità dei ricercatori come dei giornalisti è d'interrogare questo luogo
comune, per rendersi conto di realtà ben più complesse.
Infatti, la strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni, ognuno oggi è
in misura di rendersene conto. Pur volendo lottare contro le discriminazioni e
favorire l'inserimento di alcuni gruppi locali, effettivamente in difficoltà ma
avendo poche cose da vedere gli uni con gli altri, se non un'etichetta, la
retorica della "questione rom" non avrà fatto altro che convalidare nuovamente
la categoria "stigmatizzabile" e la sua pertinenza simbolica.
Come denunciare "l'etnicizzazione" del dibattito e delle politiche pubbliche,
quando si ha per evidente l'entità etnica in questione? Come fare conoscere
meglio coloro chiamati ieri Tzigani, oggi "Rom e Viaggianti", e
nello stesso tempo preservare il punto di vista che vieta di conoscerli? Come
combattere i clichè
senza rimettere in causa lo stampo che li genera? Tali sono le domande che oggi
possono posarsi tutti quelli che desiderano – ricercatori inclusi – lottare
efficacemente contro l'anti-ziganismo.
Difatti la sua base non è purtroppo la semplice mancanza di conoscenza.
Quest'ultima non è altro che una conseguenza del volere creare categorie. In
altre parole, gli stereotipi (negativi o positivi) non sono un'interpretazione
erronea della realtà che basterebbe correggere, ma si nutrono di una postura a
priori, rinforzandola contemporaneamente e a scatola chiusa. E in questo
contesto, la ragione è ben impotente di fronte all'immaginario popolare e alle
strumentalizzazioni politiche.
Allora no, non va tutto nel migliore dei modi e si, dei gruppi di cosiddetti
Tzigani incontrano localmente delle difficoltà, producendo loro stessi una
coabitazione talvolta delicata con il vicinato. Ma se non è gradevole abitare
nei pressi di un bidonville, lo è ancora meno viverci… Però, il modo migliore
per rendere impossibile la risoluzione di queste situazioni è bene quello di
disgiungere le difficoltà vissute da queste famiglie dal contesto locale,
facendone una "questione europea" disincarnata e fantasmagorica.
Difficoltà d'accesso all'alloggio, servizi sociali senza mezzi umani e
finanziari, mercato del lavoro sinistrato, politiche d'immigrazione chiuse e
servizi prefettizi obsoleti… I problemi incontrati da certi "Rom e Viaggianti"
sono quelli delle nostre società contemporanee, delle quali fanno parte
integrante, e non le conseguenze (subite o provocate) di caratteristiche sociali
generiche.
Di Fabrizio (del 23/08/2010 @ 09:52:44, in Europa, visitato 1756 volte)
Da
Roma_Daily_News
by BERİL DEDEOĞLU
b.dedeoglu@todayszaman.com
11/08/2010 - Dev'essere stato circa un anno fa. Stavo camminando in Spagna
con delle colleghe quando una signora molto anziana mi chiese in turco la
bottiglia d'acqua che portavo con me.
Quando le chiesi di dov'era, mi disse che era una Rom della Bulgaria, e che
sapeva parlare il turco perché Turchi e Rom una volta erano lì parimenti
oppressi, e per questo i due gruppi si sentivano vicini l'un l'altro. Non so
cosa stesse facendo lì, ma mi disse che la sua vita in Spagna era brutta come in
Bulgaria e che il destino dei Rom non cambia mai.
Una collega spagnola che era con noi si rattristò per questa conversazione.
Riaffermò che i Rom erano i nuovi "Ebrei" e che sono uno dei bersagli principali
del crescente nazionalismo in Europa occidentale. Sinceramente pensai che la mia
collega stava esagerando quando diceva di aver paura che i Rom potessero essere
vittime di uccisioni di massa. Insistette che gli Europei non potevano vivere
senza la sensazione di essere minacciati da "altri" attorno a loro, fornendo
molti esempi dalla storia rom.
Le recenti decisioni sui Rom del presidente francese Nicolas Sarkozy mi hanno
ricordato gli ammonimenti della mia collega. A seguito degli ordini del
presidente Sarkozy, le autorità locali hanno iniziato a smantellare un totale di
300 insediamenti rom in tutto il paese. Sembra che tutte le volte che la sua
popolarità declina, il presidente Sarkozy sente il bisogno di usare la retorica
nazionalista per riguadagnare appoggi. I Rom sono diventati le ultime vittime di
quest'attitudine, dopo le politiche come "i musulmani non sono europei", "la
Turchia non è Europa" e "le donne che portano il burqa devono stare a casa".
Anche nei tempi antichi i Rom viaggiavano in tutto il continente e,
nonostante il loro stile di vita nomade, non erano considerati stranieri nei
paesi dove passavano le loro vite. Con le loro tradizioni e credenze ancestrali,
i Rom in verità sono abbastanza differenti dalla maggior parte degli Europei che
vivono nelle città o nei villaggi. La maggioranza dei Rom europei vivevano in
Europa orientale durante l'epoca della guerra fredda, ma quando i paesi del
blocco orientale si unirono alla UE, acquisirono la cittadinanza europea e così
il diritto di viaggiare liberamente per l'Europa, proprio come ogni altro gruppo
etnico o sociale di quei paesi.
Inoltre, nel caso dell'Ungheria e della Romania, i diritti delle minoranze
delle popolazioni rom furono uno dei principali argomenti del processo di
negoziazione UE. La UE è stata abbastanza esplicita nel chiedere a questi paesi
di attuare misure di discriminazioni positive verso queste persone. Alcuni paesi
candidati dell'Europa orientale hanno ascoltato le raccomandazioni UE su come
trattare la popolazione rom, e li hanno persino obbligati a vivere in grandi
appartamenti, nel nome di migliori condizioni di vita. Tuttavia, questa politica
è stata rigettata dai Rom stessi, che affermano che fosse irrispettosa del loro
tradizionale modo di vita. In alcuni casi, hanno reagito mettendo i loro animali
in queste case mentre loro sceglievano di vivere in tende all'aperto.
Il concetto solito di stato-nazione prevede progetti di "creazione della
nazione" attraverso l'assimilazione o politiche d'integrazione, usando la forza
se necessario. Quanti resistono a queste politiche sono sovente esclusi dalla
società. Inoltre, la loro resistenza spesso fornisce una scusa per etichettarli
come "cattive persone". Alcuni Europei vogliono che i Rom diventino invisibili,
e paesi come la Francia preferiscono "risolvere" il problema rom rimandandoli
nei loro paesi d'origine come l'Ungheria e la Romania. Se questo è quel che si
chiama "unità nella diversità", è allora impossibile affermare che la UE si
definisca un buon esempio per paesi come la Turchia.
Di Fabrizio (del 24/08/2010 @ 09:22:58, in Europa, visitato 3556 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Alexander Borg Olivier
(immagine da
Times of Malta)
IL PREMIO GRANDE IMMUNITA': disonora quell'avvocato che ha fatto della sua
connivenza il meglio per prevenire azioni legali contro l'ONU o qualsiasi membro
di quello staff che commisero negligenza colposa contro i bambini IDP che erano
sotto la tutela dell'UNHCR.
Nel 1990 Borg Oliver, avvocato maltese di formazione americana, venne quasi
scelto come presidente dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in
riconoscimento della sua popolarità presso l'ONU come ambasciatore di Malta.
Sino allora, Borg Olivier era stato coinvolto in diversi lavori con l'ONU,
culminati in alcuni conflitti d'interesse col governo del Kosovo.
Il preambolo della Carta delle Nazioni Unite è uno degli esempi più
inspiranti della letteratura legale. Vi si dice che i popoli del mondo hanno
proclamato con coraggio la loro determinazione nel riaffermare la fede nei
diritti umani e nella dignità delle persone umane. Come avvocato ONU in Kosovo,
Borg Olivier probabilmente non ha mai letto quel preambolo. Almeno, non secondo
le sue azioni per come ha abilmente procrastinato dal 2006 per ritardare una
revisione delle affermazioni fatte a nome degli zingari dei campi di
Mitrovica alla ricerca di un risarcimento per l'avvelenamento da piombo nei
campi ONU, che ha lasciato almeno 86 morti ed ogni bambino nato con danni
irreversibili al cervello.
Dopo aver lavorato come consigliere legale top per l'ONU in Kosovo, il nostro
signor Borg Olivier andò direttamente a lavorare ed essere pagato come
consulente del governo kosovaro. E' quello che si chiama una "porta girevole" e
porta a domandarsi su una delle peggiori pratiche del conflitto d'interesse.
Mentre lavorava per l'ONU in Kosovo, Borg Olivier aiutò a mungere denaro dalla
Kosovo Trust Agency ai funzionari a Pristina, per poi accettare un lavoro da
loro pagato. Anche se parte dei Fondi Trust delle contestate vendite di Olivier
di imprese statali sono ritornati, Borg Olivier ha mantenuto il suo lavoro.
Dove andarono i Fondi Trust? Sicuramente non hai bambini romanì che l'ONU ha
tenuto su terreni contaminati per quasi undici anni, mentre Borg Olivier
difendeva gli amministratori con immunità e privilegi, dicendo che questi erano
necessari per il buon funzionamento della missione ONU. Nel settembre 2006,
ammise verbalmente che l'ONU era responsabile delle condizioni tossiche dei
campi rom e che voleva collaborare con gli avvocati che rappresentavano le
famiglie che pativano di avvelenamento da piombo. Venne concordato a voce di
instaurare una commissione per stabilire il compenso di ogni famiglia. Invece,
quando venne organizzato un incontro con gli avvocati che rappresentavano le
famiglie del campo, Borg Olivier rifiutò di prendervi parte e disse a Dianne
Post, l'avvocato americano rappresentante la maggior parte dei Rom/Askali dei
campi, che non intendeva incontrarla di nuovo e disse di non dover rispondere
agli zingari; che doveva risposta solo al suo superiore dell'ONU e che l'ONU non
doveva rispondere a nessuno. Secondo la carta fondante ONU, la Convenzione sui
Privilegi e le Immunità del 1946, l'organizzazione beneficia di immunità legale
"per l'adempimento dei suoi scopi". Dal 2008, l'ONU ha passato la gestione dei
campi al governo kosovaro, dove Borg Olivier ora lavora come consulente
profumatamente pagato.
Save the Children
IL PREMIO OSSIMORO: disonora quell'organizzazione che agisce esattamente
nella maniera opposta di come implicherebbe il suo nome e marchio. Anche se
molte altre organizzazioni sono state prese in considerazione per questo premio,
come l'UNICEF, nessuna OnG negli scorsi dieci anni in Kosovo merita questo
premio più di SAVE THE CHILDREN GB.
CITAZIONI DA "SAVE THE CHILDERN":
- "Per alleviare il disagio e promuovere il benessere dei bambini di
ogni paese, senza differenza di razza, colore, nazionalità, credo o
sesso..."
- "Ogni anno, quasi 10 milioni di bambini muovono prima di raggiungere
il quinto compleanno - la maggior parte per cause prevenibili o affrontabili.
Non possiamo e non vogliamo permettere che questo continui."
- "Il nostro scopo è di proteggere i diritti dei bambini attraverso il
patrocinio internazionale per promuovere soluzioni ed assicurare
finanziamenti per il lavoro umanitario, e far pressione ai governi nazionali
affinché cambino leggi, politiche e pratiche o si migliorino le condizioni."
- "Save the Children coordina il Gruppo d'Azione sui Diritti Infantili,
una rete di organizzazioni non governative che contribuiscono alla Strategia
UE per i Diritti del Fanciullo. Inoltre, richiamiamo il Consiglio dei
Diritti Umani ONU a focalizzarsi in misura maggiore nel suo lavoro e
attenzione sui bambini."
- "Save the Children lavora per far sentire le voci dei bambini ai più
alti livelli nazionali ed internazionali."
- "Noi... abbiamo persuaso le autorità locali in Kosovo a fondare asili
d'infanzia interetnici."
- "Il nostro ufficio di consulenza legale a Ginevra ha concluso che
siamo la principale organizzazioni dei diritti infantili a Ginevra, dove ha
base il Comitato ONU sui Diritti dell'Infanzia."
- "Nel 2008 lo studio legale Baker & McKenzie ha fornito un prezioso
aiuto alle nostre attività volte a proteggere il logo ed il marchio di Save
the Children in tutto il mondo."
- "Nell'anno in corso ho visto con i miei occhi, visitando la Cina ed
il Kosovo, l'alta considerazione in cui è tenuto il nostro staff in questi
diversi paesi, e l'eccellente lavoro che stanno facendo per aiutare l'accesso
dei bambini ad adeguati servizi sanitari, istruzione e programmi
alimentari." Alan Parker, Presidente, Save the Children GB
Save the Children GB rivendica di essere la più importante organizzazione
indipendente nel creare cambi duraturi nelle vite dei bambini. Tuttora questa
OnG di Londra ha fermamente rifiutato di prendersi cura dei bambini zingari
sofferenti di avvelenamento da piombo e malnutrizione anche se a Save the
Children è stato chiesto di farlo da parte tanto dell'UNHCR che dal Ministero
della Salute del Kosovo. Nonostante abbia un ufficio a tempo pieno a Pristina ed
un ufficio regionale a Mitrovica, Save the Children nel 2005 ha rifiutato il
contratto dell'UNHCR perché, secondo il loro ufficio locale, la percentuale che
avrebbero dovuto ricevere dal budget dei campi non era tale da interessarli.
Nel 2009, venne chiesto ripetutamente a Save the Children di unirsi ad altre
OnG, come l'OMS, Human Rights Watch, ICRC, Society for Threatened Peoples,
Kosovo Roma Refugee Foundation, Kosovo Medical Emergency Group, ecc., nel
richiedere l'immediata evacuazione dei campi zingari dai terreni contaminati ed
il trattamento medico per i bambini sofferenti dei più alti livelli di piombo
nella letteratura medica. Save the Children rifiutò.
Save the Children proclama con orgoglio: "Save the Children lavoro per e con
i bambini a rischio di fame e malnutrizione e quelli afflitti da disastri
naturali, guerre e conflitti." I bambini zingari che stanno morendo di
avvelenamento da piombo, furono cacciati dalle loro nel 1999 dagli estremisti
albanesi dopo la guerra del Kosovo (un conflitto) e da allora sono sopravvissuti
(fame e malnutrizione) di quanto trovano nei container dell'immondizia vicino
agli uffici di Mitrovica di Save the Children.
Nel 2008, Save the Children Alliance ha avuto entrate per US $ 1.275.999.361.
Fine decima puntata
Di Fabrizio (del 24/08/2010 @ 09:29:40, in Europa, visitato 1769 volte)
Gli euro-nomadi di Tanya Mangalakova | Sofia 19 agosto 2010
Sfruttano le possibilità dei mezzi di comunicazione elettronici e quelle dei
voli low cost. Vivono divisi tra il "qui" del paese di origine e il "là" di
quello che hanno scelto per lavorare. Utilizzano identità multiple. Sono gli
"euro-nomadi", gruppo in continua crescita anche in Bulgaria
Ivanka lavora da ormai cinque anni in una clinica privata di Londra. Ogni due
mesi, questa energica bulgara di 44 anni prende l'aereo e atterra all'aeroporto
di Sofia, dove l'aspetta suo marito Krasimir.
Dall'aeroporto Ivanka e Krasimir vanno nella loro città natale, Stara Zagora,
situata nella Bulgaria centrale, dove trascorreranno insieme una settimana. La
loro figlia, Emanuela, si sta per laureare in filologia indiana all'Università
di Sofia, e vorrebbe continuare con studi specialistici a Londra.
Ivanka ha preparato un programma di spostamenti per quasi tutto l'anno prossimo,
basato sui voli low cost che connettono la capitale britannica a quella bulgara.
"Con mio marito ogni volta ci separiamo per due o tre mesi, ma il nostro
matrimonio non ne soffre. Nei dieci giorni che passiamo insieme in Bulgaria, non
abbiamo davvero tempo per litigare", dice Ivanka.
"Mio marito non riesce a trovare lavoro a Londra, e io non voglio perdere
l'occasione di una posizione ben pagata. Dopo il 1° gennaio 2007, data di
ingresso della Bulgaria nell'Unione europea, il mio status di lavoratrice in
Gran Bretagna è migliorato sensibilmente, e oggi sul mercato del lavoro ho gli
stessi diritti dei colleghi inglesi".
La nostra conversazione avviene attraverso "Skype", lo strumento che permette ad
Ivanka di mantenere i contatti con gli amici in Bulgaria e nel mondo. Per i
nuovi "euro-nomadi" come Ivanka sono proprio i mezzi di comunicazione
elettronici, insieme ai collegamenti low cost, a far cadere confini prima
difficilmente valicabili.
Gli "euro-nomadi" stanno modificando le caratteristiche dell'istituzione
matrimoniale in Bulgaria, in una forma difficilmente accettabile per le vecchie
generazioni.
Maria, una pensionata di Sofia, l'anno scorso ha trascorso il suo settantesimo
compleanno a Johannesburg, Sud Africa, ospite della figlia.
Maria guarda con un certo scetticismo al matrimonio di suo figlio Nikolay,
medico di 42 anni, che lavora a Parigi, mentre la moglie vive a Ruse, sul
Danubio, dove amministra un impianto tessile. Ogni mese Nikolay prende l'aereo
per Bucarest (la capitale rumena si trova ad appena 70 chilometri da Ruse) per
trascorrere qualche giorno con la famiglia.
Secondo l'etnografa Margarita Karamihova, tra gli emigranti esiste il modello
della "doppia casa", divisa tra il "qui" (in Bulgaria) e il "là" (all'estero).
Le basi di questo modello sono fornite dalla possibilità di aiutare
finanziariamente i propri cari e di mantenere le proprietà nel luogo natale
attraverso le risorse finanziarie frutto del lavoro lontano da casa.
In Bulgaria, gli "euro-nomadi" non sono solo specialisti qualificati come Ivanka
e Nikolay. Ci sono anche lavoratori stagionali o impiegati nelle costruzioni o
in agricoltura, i cui risparmi, spediti a casa attraverso la Western Union, sono
di fondamentale importanza nel budget delle famiglie di origine.
Ritorno in Europa
Il crollo del regime comunista è coinciso con l'affermarsi del processo di
globalizzazione. I bulgari, che vivevano dietro la cortina di ferro e che non
potevano viaggiare liberamente, hanno così potuto riscoprire l'Europa e il
mondo.
Negli anni '90 circa un milione di bulgari ha fatto le valigie verso i paesi
sviluppati dell'Occidente, alla ricerca di una vita migliore. Nel decennio
successivo l'emigrazione ha portato alla divisione della popolazione bulgara in
due grandi gruppi.
Da una parte ci sono i nuovi nomadi, in continuo aumento, e nelle cui fila non
figurano solo gli studenti e i lavoratori qualificati, che cercano la propria
realizzazione professionale fuori dal paese, utilizzando le risorse messe a
disposizione dalla globalizzazione e in continuo spostamento.
In questo gruppo infatti trovano posto anche i lavoratori non qualificati, che
non hanno titoli di studio, ma sono riusciti comunque a trovare una nicchia di
mercato in molti paesi dell'Ue, soprattutto nelle costruzioni, nell'agricoltura
e nei servizi. Le famiglie dei nuovi nomadi sviluppano nuovi modelli: i coniugi
vivono separatamente, viaggiano tra la Bulgaria e i paesi in cui lavorano, i
loro figli studiano nelle università di Bruxelles, Londra, Vienna.
C'è poi un altro gruppo, che si posiziona agli antipodi del primo. E' il gruppo
dei marginalizzati e dei condannati alla dimensione "locale". Utilizzando le
chiavi di lettura del sociologo Zygmunt Bauman, quest'ultimi vivono "sotto il
peso del continuo eccesso di tempo libero", che solitamente riempiono guardando
soap-opera in tv.
In questo gruppo figurano gran parte dei pensionati bulgari, che trovano
difficile viaggiare anche all'interno dei confini del paese, condannati
all'immobilità da pensioni miserrime che spesso si aggirano tra i 100 e i 200
euro, risorse che permettono a malapena di pagare cibo e riscaldamento. Anche i
poveri (gran parte dei quali è rappresentata dalla comunità dei rom) fanno parte
di questo gruppo, che riesce a malapena o per nulla a godere dei vantaggi
dell'ingresso della Bulgaria nell'Ue.
Identità multiple
Margarita Karamihova indaga i processi migratori e le sfaccettature
dell'identità multipla dei musulmani bulgari nella regione di Satovcha, dopo
l'ondata migratoria che ha colpito l'area dopo il 1998.
Principali destinazioni di quest'ondata sono state la Spagna, il Portogallo, la
Grecia, Cipro, l'Italia e gli Stati Uniti. Secondo l'etnografa ognuno dei
migranti ha solitamente a disposizione un "portafoglio" di identità, che
utilizza in modo differente a seconda della situazione.
Passato il confine, sul territorio di altri stati vengono caratterizzati come
cittadini bulgari, e si integrano facilmente nelle reti di rapporti formate
dagli slavi dei Balcani. Con l'emigrazione si rafforza l'identità bulgara,
mentre quella concorrente, turca, non viene attivata.
Gli emigranti in Europa occidentale provenienti da Satovcha utilizzano il
vantaggio rappresentato dall'essere bulgari, oggi cittadini di un membro a pieno
titolo dell'Unione europea, e al tempo stesso affermano con orgoglio la propria
identità locale.
Secondo la Karamihova il caso di Satovcha mostra "una forte identità locale,
slegata dalla destinazione di emigrazione e il cui centro reale-virtuale è il
villaggio lasciato in Bulgaria, lì dove si trovano le tombe degli antenati".
Secondo l'etnografa Mila Maeva, i turchi di Bulgaria preferiscono invece
emigrare in Germania, a causa della numerosa comunità turca presente nel paese,
che li accetta con facilità e fornisce loro lavoro, potendo comunicare nella
stessa lingua. Anche il buon livello di retribuzione influisce sulla scelta
della destinazione di emigrazione.
Dopo la Germania i turchi di Bulgaria preferiscono l'Olanda e il Belgio. In
Europa occidentale lavorano soprattutto nei cantieri, in agricoltura e (in
Olanda) nelle serre.
Studiando le scelte identitarie in questa comunità, la Maeva ritiene che nella
maggior parte dei casi i turchi bulgari preferiscano viaggiare con passaporti
che riportano i loro nomi nella versione bulgara, a causa dei pregiudizi diffusi
in occidente sulle comunità musulmane.
In questo caso il lavoro all'estero rafforzerebbe il senso di appartenenza alla
comunità turca, ma anche a quella dei credenti musulmani. Dopo quella etnica e
religiosa, tra i turchi di Bulgaria vengono in ordine di importanza l'identità
nazionale (bulgara) e infine quella europea.
La libertà di movimento in Europa fornisce quindi ai bulgari varie possibilità
di scelta identitaria. Tra tutte queste identità, in generale, quella
sovranazionale ed europea è ancora la meno radicata e la più difficile da
individuare.
Per chi è diviso tra Bulgaria e resto d'Europa, l'identità locale resta
prevedibilmente quella più visibile. Sul sito di una delle organizzazioni di
emigranti bulgari all'estero, ad esempio, è stato pubblicato lo scorso giugno il
seguente invito a partecipare ad un incontro a Madrid.
"Alla vigilia del 21 giugno, il giorno più lungo dell'anno, anticamente festa
del fuoco del dio Sole, gli antichi bulgari si riunivano in località sacre per
celebrare riti con cui si pregava per il bene e la salute del popolo... Siamo
convinti che, nell'Europa senza confini di oggi, noi bulgari dobbiamo conservare
la nostra identità spirituale più che mai".
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