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\\ Mahalla : VAI : Europa (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

Dal blog di Tommaso Vitale - 26/mag/2010

Il Parlamento europeo ha dato la sua approvazione ad una proposta della Commissione europea che rende possibile utilizzare finanziamenti regionali europei per migliorare le condizioni abitative delle comunità emarginate. Questa misura, concordata previamente dagli Stati membri, sarà particolarmente apprezzata dalla popolazione Rom che in Europa dovrebbe ammontare a circa 10-12 milioni di persone le quali spesso vivono in condizioni di estrema povertà e segregazione.
Johannes Hahn, commissario responsabile per la Politica regionale, ha espresso il suo plauso per questa decisione: “La comunità Rom è la più grande minoranza etnica in Europa ed è spesso vittima di emarginazione, deprivazione ed esclusione sociale. Plaudo alla decisione odierna che consentirà alla politica regionale di contribuire a spezzare il circolo vizioso di cui queste comunità appaiono prigioniere. Questa iniziativa dovrebbe rientrare in un approccio globale comprendente anche interventi negli ambiti dell'istruzione, della salute, degli affari sociali e dell'occupazione.”
La legislazione sui Fondi strutturali in precedenza era estremamente restrittiva in materia di interventi abitativi e il loro criterio di fruibilità era limitato ai dodici nuovi Stati membri dell'UE (con eccezioni introdotte di recente per misure di efficienza energetica ed energie rinnovabili) e per il rinnovo di condomini esistenti nelle aree urbane. Resta il fatto però che le popolazioni Rom vivono per lo più segregate in zone rurali e in case unifamiliari.
Le misure di recente adozione estenderanno il campo d'intervento del Fondo europeo di Sviluppo regionale (FESR) agli interventi abitativi a favore delle comunità emarginate in tutti gli Stati membri. La modifica riguarda esplicitamente, anche se non esclusivamente, la popolazione Rom. Essa concerne la sostituzione delle case attuali nonché la costruzione di case nuove, sia in ambito rurale che urbano. Il finanziamento del FESR non è applicabile ad alloggi privati, bensì soltanto a progetti attuati dalle autorità pubbliche.
Il sostegno per gli alloggi integra azioni di più ampia portata
La soluzione del problema abitativo è considerata un fattore cruciale per migliorare l'integrazione dei Rom. Essa però deve rientrare in un “approccio integrato” concepito e attuato dalle autorità nazionali e regionali per affrontare altre tematiche quali l'istruzione, lo sviluppo delle abilità, l'occupazione e la salute.
I Fondi strutturali europei cofinanziano già diversi progetti rivolti alle comunità Rom, ad esempio per quanto concerne l'istruzione nella prima infanzia, l'occupazione, la microfinanza e le pari opportunità (soprattutto la parità tra i sessi). Ad esempio, grazie a un investimento UE (1,11 milioni di euro) un nuovo progetto di risanamento urbano verrà realizzato a Nyiregyhaza, che ospita una delle maggiori comunità Rom d'Ungheria. La scuola segregata verrà abolita e si rinnoveranno le strade, i campi giochi e i servizi per l'infanzia.
Oltre ai finanziamenti disponibili tramite i programmi di politica regionale, il Parlamento europeo ha assegnato alla Commissione europea 5 milioni di euro per un progetto pilota sull'inclusione dei Rom articolato in tre assi: istruzione nella prima infanzia, microfinanziamento e sensibilizzazione. Il progetto è realizzato nel corso del 2010 ed è per l'essenziale rivolto alle comunità Rom nell'Europa centrale e orientale.

Nota per i redattori
Nel luglio 2009 la Commissione ha presentato una proposta che è stata quindi discussa dal Parlamento europeo e dagli Stati membri in sede di Consiglio.

Dalle ricerche condotte è emerso che nei paesi dell'Europa centrale e orientale più del 50% della popolazione Rom vive in quartieri parzialmente o totalmente segregati – una tendenza all'isolamento che si è intensificata negli ultimi quindici anni.
Il 2010 è stato designato Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale.

Per ulteriori informazioni:
http://ec.europa.eu/roma

Per scaricare il documento ufficiale in italiano: IP-10-589_IT.pdf

Per scaricarlo in diverse lingue:

 
Di Fabrizio (del 11/06/2010 @ 09:40:00, in Europa, visitato 1849 volte)

Segnalazione di Orhan Tahir (per chi volesse approfondire l'argomento, ricordo QUI)

ConservativeHome | CentreRight posted by Daniel Hamilton

Poco meno di due mesi fa, sono tornato da una visita in Kosovo.

Intendevo scrivere sulle mie esperienze ed impressioni nella provincia, ma ogni volta che mettevo la penna sulla carta, non ne seguivano le parole.

Come in ogni zona di conflitto - soprattutto conflitti etnici del tipo visti in Kosovo - i punti di vista che si sentono dai locali sono troppo polarizzati, le emozioni espresse troppo forte ed i simboli molto umani delle distruzioni illustrate dalle case bruciate; e cumuli di macerie che ancora delimitano le strade nel nord del paese sono ancora troppo evidenti per trarre una conclusione equa riguardo i "diritti" e "torti" di ogni situazione.

Non mi dilungherò sulle politiche in corso riguardo il futuro del Kosovo come nazione, né discuterò sulle continue intimidazioni e le misere condizioni delle minoranze della provincia. Invece, intendo sottolineare una significativa lacuna della comunità internazionale: il trattamento e le condizioni di vita dei rifugiati rom nel paese.

Questo problema risale al conflitto nel Kosovo tra il 1998 e il 1999, quando l'Armata di Liberazione del Kosovo espulse dalle loro case 90.000 cittadini di etnia rom sulle basi delle paure nazionaliste albanesi che la comunità fosse al servizio di Slobodan Milosevic.

Tra questi c'era la comunità rom di Mitrovica, una città nel settentrione della provincia etnicamente divisa tra la maggioranza serba a nord del fiume Ibar e la più vasta città albanese a sud. In precedenza casa di una delle più vaste comunità rom nei Balcani, 8.000 Rom, Ascali ed Egizi, la "Mahalla" (comunità) sulle rive dell'Ibar fu rasa al suolo dalle forze ALK nel giugno 1999, a seguito della ritirata dell'esercito serbo.

Temendo per le proprie vite, i cittadini rom di Mitrovica sono stati numerosi tra le centinaia di migliaia di rifugiati - Albanesi, Serbi, Gorani, Turchi e Bosniaci - scappati dal Kosovo [...].

Dal 1999, la maggioranza dei 90.000 Rom espulsi sono tornati in Kosovo, anche se oltre 30.000 non son mai tornati nelle loro case. La maggior parte di questa diaspora, non vedendo alcun futuro sotto il ruolo dell'amministrazione quasi monopolizzata dai nazionalisti albanesi, sceglie piuttosto di rimanere nella Repubblica Serba o di restare vicino alle proprie ex case nei grotteschi campi per rifugiati nella zona controllata dai Serbi a Mitrovica Nord.

Benvenuti nel complesso minerario di Trepça, dove 650 uomini, donne e bambini vivono in condizioni che non accetterebbe neanche un maiale.

Ho visitato uno dei campi, Cesmin Lug, una nuvolosa domenica pomeriggio.

In un accatastarsi di cemento ricoperto di ruggine, macchinari abbandonati e pozze di acqua stagnante grandi come piscine, a fatica si può credere che una volta le miniere rappresentavano il 70% della produzione di minerali della Jugoslavia ed occupavano circa 25.000 persone del posto in quattro differenti pozzi. Sono passati oltre venti anni da quando Trepça era pienamente operativa, ma  rimane ancora nell'aria un leggero odore di zolfo. Graffiti coprono ogni centimetro di edifici abbandonati e colonne di fumo si alzano contro l'orizzonte. Arbusti occasionali a parte, le cui radici si attaccano tenacemente al suolo, la vegetazione è sparsa stranamente.

Secondo la mia guida, una donna serba di mezza età chiamata Jasna, vengono fatti sforzi occasionali per riattivare parti del complesso, sforzi che invariabilmente si arenano al primo ostacolo. L'elettricità scarseggia (l'intera provincia del Kosovo ottiene la sua energia da stazione appena fuori da Pristina) ed oltre un decennio di abbandono significa che gran parte del complesso minerario è ora irreversibilmente sott'acqua.

Mentre i macabri ricordi del passato industriale di Trepça si possono vedere tutt'attorno, oggi l'unico segno di vita sono le case dei residenti rom.

Entrando a Cesmin Lug, sono stato immediatamente colpito dal numero di case rom attaccate l'una all'altra, i loro vibranti muri colorati quasi interamente camuffati da una misto di fango e pile d'immondizia.

Prima della mia visita avevo sentito dei gravi problemi di salute sofferti da molti dei residenti, ma sono rimasto scioccato nel vedere bambini di non più di quattro o cinque anni, sguazzare in pozze di acqua scura ed arrampicarsi su attrezzature minerarie abbandonate come fossero un parco giochi locale.

Non oltre qualche centinaio di metri da Cesmin Lug c'è un  piccolo pozzo che sembra una specie di imbocco per una miniera. Qui si dice che questi ingressi servivano a smaltire i gas tossici delle miniere da anni considerate insalubri per l'esplorazione umana.

Non ho parlato con nessuno nel campo ed ho lasciato Cesmin Lug in fretta come ero arrivato, scomodo alla mia macabra osservazione della reale sofferenza umana.

Tornando a Pristina, anche la più rapida delle conversazioni coi locali rivelava una conoscenza diffusa dei problemi di salute patiti dai Rom. Le più comunemente citate sono state le relazioni e le voci di avvelenamento da piombo, insufficienza renale e deformazioni tra quanti vivono nei campi. Mentre lo scandalo delle miniere di Trepça può essere praticamente sconosciuto fuori dal Kosovo, tristemente è linguaggio comune nella provincia.

Il gruppo ambientale Miniere e Comunità, che ha fatto campagne mondiali per far crescere la consapevolezza del danno ambientale costituito dal settore minerario, ha offerto le seguenti osservazioni sul tipo di rischi alla salute posti a quanti vivono nelle immediate vicinanze di miniere come Trepça:

"Il piombo può entrare nel corpo attraverso: inalazione, ingestione del suolo stesso o di cibo contaminato dal suolo, ed attraverso la placenta per il feto nel grembo materno. Nutrizione, igiene, rapporto di grasso corporeo, l'assunzione di fibre, età e in generale la condizione fisiologica, tutto può influire sulla velocità con la quale il corpo assorbe il piombo. I bambini sino a sei anni sono i più vulnerabili, in quanto sono nei primi stadi della crescita e dello sviluppo. L'avvelenamento da piombo colpisce tutto il corpo con conseguenze sulla salute gravi e permanenti. Potenziali sintomi dell'esposizione al piombo, anche a bassi livelli, includono la perdita dell'appetito, letargia, alta pressione sanguigna, problemi di fertilità per uomini e donne, parti prematuri, difficoltà nella crescita, danni all'udito e neurologici, convulsioni, dolori e/o paralisi alle gambe, perdita di coscienza, anemia, aggressività, crampi allo stomaco, vomito. Gli effetti più significativi ed irreversibili sono al livello di QI. Un aumento dei livelli del piombo nel sangue da 10 a 20 microgrammi per decilitro, è stato associato con la decrescita di 2,6 punti di QI, ma qualsiasi aumento oltre i 20 riduce i livelli di QI"

In misura diversa, ognuno se non tutti questi sintomi sono stati osservati nei campi dei rifugiati rom nel Kosovo settentrionale.

Nessuno potrebbe ritenere che un posto simile sia desiderabile o appropriato per ospitare gente a lungo termine. A dire il vero, l'Ufficio dell'Alto Commissario ONU per i Rifugiati (UNHCR) ha giudicato che questi campi per rifugiati dovevano essere semplicemente una misura temporanea per garantire a breve termine la sicurezza dei residenti rom a Mitrovica sud.

Nonostante i pochi sforzi della comunità internazionale per rialloggiare i rifugiati rom, i campi  sono rimasti operativi per oltre un decennio. I Rom, che hanno ancora terrore dopo la loro esperienza nel conflitto del 1999, hanno ripetutamente declinato l'opportunità di tornare a Mitrovica sud controllata dagli Albanesi.

Dovrebbe essere una ragione di vergogna per l'Unione Europea e la più ampia comunità internazionale che i campi rom di Trepça rimanga operativo ad appena 300 miglia da Budapest e a 75 da Skopje - la capitale di un aspirante stato membro UE.

I campi per i rifugiati rom adiacenti al complesso minerario di Trepça devono essere chiuse alla prima opportunità possibile, dopo aver identificato un sito appropriato dove alloggiare la comunità rom. Purtroppo la lodevole volontà della comunità internazionale di realizzare comunità etnicamente miste nel settore albanese a sud del fiume Ibar rimarrà impraticabile per decenni. Le emozioni sono troppo forti e la memoria troppo viva.

Tale sito dovrebbe essere trovato nelle aree sotto il controllo della Serbia nella provincia settentrionale della Kosovska Mitrovica. Mentre diversi governi - incluso quello del Regno Unito - riconoscono solo la sovranità della Repubblica del Kosovo, anche sulle aree controllate dai Serbi, l'acquisizione di questo sito richiederebbe la costruttiva cooperazione della Repubblica di Serbia e e dell'Assemblea della Comunità Serba di Kosovo e Metohija. In pratica, richiederà l'offerta di un importante incentivo finanziario alle autorità serbe.

La comunità internazionale deve anche riconoscere che, a causa della sua mancanza di un'azione affermativa, centinaia di persone stanno ora soffrendo seri problemi di salute che potranno avere conseguenze mortali nei prossimi anni. Devono essere fornite cure mediche immediate a quanto hanno vissuto nei campi di Trepça. Attualmente trattamenti specialisti simili non sono disponibili né in Serbia o in Kosovo e dovranno quindi avvenire in un appropriato paese terzo, i candidati più prossimi potrebbero essere Romania o Bulgaria.

La storia è piena di esempi tragici sui maltrattamenti della comunità rom; dall'abbattimento del 25% del loro popolo nelle camere a gas naziste durante la II guerra mondiale all'onda crescente di attacchi razzisti in Europa centrale.

Non contribuiamo ulteriormente ad un altro tragico capitolo della loro storia ed agiamo oggi per risolvere questa crisi umanitaria.

 
Di Fabrizio (del 15/06/2010 @ 09:07:02, in Europa, visitato 2139 volte)

Da Nordic_Roma

06/06/2010 - Il Primo Ministro finlandese Matti Vanhanen ha chiesto alla gente di partecipare ad uno sciopero bianco nel dare soldi per strada ai mendicanti rom.

Vanhanen ha detto che questo sarebbe la maniera più semplice ed efficace per affrontare la questione della recente ondata di mendicanti arrivati in Finlandia, soprattutto da Bulgaria e Romania.

"Non ci vorrebbero molte settimane, e questo fenomeno finirebbe. Richiederebbe una decisione da parte di tutti nel non dare denaro," ha detto il Primo Ministro, che parlava con i giornalisti politici durante un pranzo dedicato a quel tema. L'accattonaggio molesto iniziò ad apparire in Finlandia circa due anni fa, riporta l'Helsingin Sanomat.

Juha Hakola del Partito Coalizione Nazionale ha già proposto una legge parlamentare per vietare le elemosine. Sinora il documento è stato firmato da 51 dei 200 membri del parlamento. Vanhanen, d'altra parte, non fa promesse di cambiare la legge, dicendo che la definizione stessa di accattonaggio è difficile.

"In Finlandia, migliaia e migliaia di associazioni chiedono denaro; comitati di genitori chiedono denaro, e partiti politici chiedono denaro. L'intera società civile è basata sul chiedere denaro," ha affermato Vanhanen. "Dove passa la linea di demarcazione? Quando qualcuno che indossa un abito gessato chiede donazioni per una squadra di hockey, o quando qualcuno vestito da mendicante chiede denaro alla gente ordinaria?"

Vanhanen, che ha dichiarato che l'accattonaggio per strada potrebbe essere influenzato dal crimine, cosa che rende il reato ancora più ripugnante, ha detto che la soluzione migliore sarebbe migliorare le condizioni abitative dei Rom.

 
Di Fabrizio (del 18/06/2010 @ 09:48:08, in Europa, visitato 2103 volte)

Da Roma_Francais

Bastamag.net Salva la vita ad un Rom: 20 anni di prigione - Par Eric Simon (4 giugno 2010)

In Bulgaria, la giustizia ha condannato un giovane "d'origine straniera" per l'omicidio di uno studente modello sotto tutti gli aspetti. [...] 20 anni di prigione per il giovane in questione: l'australiano Jock Palfreeman. Ma dietro la versione ufficiale, si profila un'altra verità, meno favorevole alla giustizia bulgara. Dove si apprende che è meglio non aiutare dei Rom vittime di un'aggressione razzista in seno all'Unione Europea.

Jock Palfreeman è un giovane australiano di 23 anni, da qualche mese in Bulgaria. La sera del 28 dicembre 2007, è testimone dell'aggressione di due Rom da parte di una quindicina di giovani, nel centro di Sofia vicino alla stazione Serdika. Secondo gli osservatori, i giovani urlavano gli slogan razzisti dei sostenitori del club calcistico della capitale (il "Levski"), tristemente celebri per le loro azioni violente.

Senza riflettere troppo, Jock si interpone con un coltello in mano, tra i teppisti e uno dei due Rom che giace incosciente al suolo. I teppisti rinculano di qualche dozzina di metri, per poi contrattaccare con pietre e blocchi di cementi. Quando intervengono i poliziotti, Jock è per metà incosciente. Uno degli aggressori, Anton Zahariev, 19 anni, è ferito ed un corpo senza vita è steso sul marciapiede: quello di Andreï Monov, studente di 20 anni. Nel frattempo i Rom sono spariti, poco desiderosi di passare dalle mani degli hooligan a quelle della polizia il cui razzismo non ha niente da invidiare ai fan del "Levski". La maggior parte dei media bulgari si schiera immediatamente contro questo "straniero", assassino di un bambino bulgaro, di conosciuta e rispettabile famiglia. Il 7 dicembre 2009, Jock Palfreeman è condannato a 20 anni di prigione. La storia avrebbe potuto fermarsi qui.

Testimonianze rimosse

Il padre di Jock, arrivato personalmente dall'Australia per sostenere la difesa di suo figlio, ha condotto una propria inchiesta e indicato numerose anomalie. Il contesto della rissa - l'attacco di un gruppo contro due Rom prima dell'intervento del giovane australiano - è stato totalmente ignorato nel corso del processo. Diverse versioni contraddittorie di testimoni non sono state ascoltate. Del resto la maggior parte non è stata interrogata nel corso dell'istruttoria, particolarmente gli amici di Jock che si sono spontaneamente presentati ed hanno lasciato i loro indirizzi.

I testimoni convocati in udienza sono stati uno degli hooligan partecipanti all'assalto a Palfreeman, il portiere di un albergo lì vicino ed i poliziotti arrivati sul posto che avevano proceduto ai primi interrogatori. Le versioni sono radicalmente cambiate tra l'istruttoria ed il processo, donando alla fine testimonianze confuse, incomprensibili ed inutilizzabili per la difesa, negando persino la presenza dei Rom e quindi l'aggressione a questi ultimi. Lo stesso hooligan ferito è passato dall'essere testimone a parte offesa, anche se faceva parte degli aggressori.

Un video accidentalmente cancellato

Altra sfortunata coincidenza: una videocamera di sorveglianza aveva fortuitamente registrato tutta la scena, l'aggressione ai Rom, poi il contrattacco su Jock Palfreeman qualche dozzina dimetri più lontano. Ma quando un anonimo poliziotto l'indomani andò a visionare il nastro, un corto circuito "accidentale" distrugge la registrazione. "Non ha importanza", stima il procuratore, Parvoleta Nikova, che considera che, in ogni modo "non avrebbe visto il film"! Curiosa magistrato che, oltre a negare l'attacco ai Rom ed il rifiuto di ascoltare i testimoni della difesa, respinge le conclusioni del rapporto psichiatrico che dimostra che l'Australiano non aveva niente di un violento psicopatico e che era invece guidato da idee di giustizia sociale. Per tutto il processo, lo ha descritto come un pericoloso hooligan. Prodigioso ribaltamento dei fatti!

E' questa visione che la maggior parte dei media riprende ampiamente, insistendo sullo status di vittima del giovane Andreï Monov. Il clima nazionalista che regna nel paese non aiuta certo a rendere una giustizia veramente serena. Durante il processo di Jock, il fatto che la vittima, Andreï Monov sia stato riconosciuto come adepto allo slogan "la Bulgaria ai Bulgari" (aggiungete: senza i Rom e gli Ebrei) non ha avuto alcuna influenza sulla corte. Al contrario: Jock Palfreeman è stato percepito come un "antifascista esagitato" che ha deliberatamente attaccato giovani di cui non condivideva il punto di vista. Precisiamo che l'antifascismo è visto molto male in questo paese dove la lotta antifascista è stata per lungo tempo l'alibi del potere e dell'ideologia totalitaria. Quanto a difendere i Rom, una minoranza apertamente disprezzata dalla maggioranza della popolazione, questo non gioca a favore dell'accusato. Dal canto loro, i Rom si sono discretamente interessati del caso, come testimoniato da diversi interventi sui forum Internet della comunità.

"La Bulgaria ai Bulgari"

Jock Palfreeman vittima sacrificale delle disfunzioni del sistema giudiziario bulgaro? Non c'è stato alcun slittamento della giustizia. Tutto è stato gestito perché non ci fosse nessuna giustizia possibile. Perché Andreï Monov era il figlio del celebre psicologo Hristo Monov, attualmente vice ministro della sanità. Riconosciuto come esperto dalla polizia, resta un personaggio influente negli ambienti politici. La famosa videocamera dal contenuto scomparso d'altra parte si trovava su di un edificio... del ministero della sanità!

In foto: I tifosi del club Levski

Ancor prima dell'inizio del processo, il padre di Jock ha dichiarato in un servizio del canale australiano ABC di non avere grande fiducia nella giustizia bulgara. E' da capire: la Bulgaria, che dal 1 gennaio 2007 fa parte dell'Unione Europea, è conosciuta per il livello molto alto di corruzione del suo sistema giudiziario, comparabile, secondo il Barometro mondiale della corruzione 2009 dell'organizzazione Transparency International, a quello di paesi come la Cambogia, la Georgia e la Mongolia.

Messo in isolamento per aver ricorso in appello

Ad aggravare le cose, dal 19 febbraio Jock Palfreeman dal 19 febbraio scorso è stato messo in isolamento totale. Questo significa che non ha più alcun contatto con gli altri prigionieri, né accesso a libri, radio, televisione, ancor meno la possibilità di seguire degli studi. Ha solamente diritto ad un'ora e mezzo di aria quotidiana, da solo nel cortile. Questa situazione è la conseguenza di una legge entrata in vigore nel giugno 2009, che si direbbe diretta quasi espressamente contro di lui: tutti i prigionieri stranieri condannati ad una pena detentiva superiore ai 15 anni devono restare in isolamento sino alla fine del loro ricorso. Tuttavia, Jock Palfreeman si è appellato alla decisione della corte. Il processo può durare ancora almeno due anni. Quale mezzo migliore per dissuaderlo dal far valere i suoi diritti? Al momento è l'unico prigioniero in Bulgaria in questa situazione, cosa che evidentemente è contraria ai termini ed alle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.



Forse c'è un'opportunità per sostenere il giovane australiano. Se è vero che la giustizia non può rendersi in un quadro nazionale, è possibile appellarsi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo senza attendere la fine del ricorso a livello nazionale. Sarebbe anche l'occasione di rendere visibile una storia che non è uscita dalla Bulgaria se non per essere pubblicizzata in Australia, paese che non ha grandi mezzi d'azione diplomatica a migliaia di chilometri dalle sue frontiere.

L'Unione Europea non ha mosso un dito per un caso che non riguarda uno dei suoi concittadini. Lo stesso padre di Jock ha preferito mantenere un profilo discreto per non infiammare, oltre il necessario, gli spiriti pronti allo sciovinismo. Una strategia che ormai chiaramente non è più necessaria. Già la Conferenza UNITED contro il razzismo, riunione delle OnG antirazziste, dei gruppi antifascisti e delle associazioni dei migranti, dei Rom e per la difesa dei diritti umani in 33 paesi europei, svoltasi a metà maggio a Budapest, ha contribuito alla conoscenza del caso Palfreeman. Un primo colpo contro l'iniquità a cui dovranno seguirne altri.

Il sito di supporto Jock Palfreeman (in inglese)

Per scrivere:
Jock Palfreeman
Sofia Central Prison - 21 Gen. N. Stoletov Bul.
Sofia 1309 - Bulgaria

 
Di Fabrizio (del 22/06/2010 @ 09:55:52, in Europa, visitato 4517 volte)

Dei campi profughi in Kosovo avvelenati dal piombo, qui se n'è parlato parecchio, praticamente da quando esiste questo blog. Il mese scorso, mi è stato regalato un libretto in inglese (non disponibile in Italia), con i nomi di tutti quanti hanno colpevolmente contribuito a creare questa situazione. Lo tradurrò in italiano a puntate. Questa è la prima:

Premessa

Nel gennaio 2009, il giornalista della BBC Nick Thorpe [leggi QUI gli altri suoi articoli tradotti in italiano su Mahalla, ndr] visitò con la sua squadra gli ex campi Rom/Askali dell'UNHCR a Mitrovica nord (Kosovo), per riportare sui bambini che là soffrivano di avvelenamento da piombo. L'Organizzazione Mondiale della Sanità gli aveva già detto che questo era il peggiore avvelenamento da piombo mai verificatosi in Europa e forse nel mondo.

Dopo aver visitato diverse famiglie e filmato i bambini che guardavano la telecamera coi loro occhi bruni senza speranza, si voltò verso di me chiedendomi con disgusto: "Chi è responsabile di questa tragedia? Voglio saperlo!"

Questo libro ti dice, Nick, chi è stato responsabile di questa negligenza mortale e senza senso.

Paul Polansky

(foto tratta da Le nouveau NH) - Fabricka, il quartiere Rom ed Askali a Mitrovica sud, un anno dopo la loro cacciata da parte dei loro vicini albanesi, mentre le truffe francesi osservavano senza agire. Nessuna casa è stata bruciata. Gli Albanesi semplicemente hanno sventrato le case per sottrarne mattoni, infissi, porte e finestre

Una storia personale dei campi di Kouchner

Anche se l'Armata di Liberazione del Kosovo (ALK) e gli estremisti di etnia albanese iniziarono questa tragedia senza senso durante l'estate 1999, poterono farlo semplicemente perché le truppe NATO francesi permisero che questa pulizia etnica avesse luogo. Non successe in una sola notte. Ci vollero tre mesi perché tutte le famiglie rom e Askali (circa 8.000 persone; la più grande comunità zingara in Kosovo) abbandonassero le loro case.

Un mese dopo l'inizio, sentii della diaspora dei Rom di Mitrovica che cercavano rifugio nel campo UNHCR dove lavoravo come consulente ONU per i loro problemi "zingari". Presi una macchina in prestito e guidai verso la scena. Fu uno strappo al cuore vedere genitori terrorizzati che portavano bambini in pianto,  trascinare valigie e tutto ciò che potevano portarsi dietro: una pentola, un materasso, una radio. Quando arrivai, molti Zingari stavano supplicando i soldati francesi armati di tutto punto di salvarli. Li raggiunsi, chiedendo ai soldati francesi di intervenire. Un ufficiale francese mi disse rudemente che le truppe NATO non erano una forza di polizia. Poi venni trattenuto e portato al quartiere generale dell'esercito francese in un albergo del centro città. Mi sequestrarono le foto e mi dissero che non avevo il permesso di ritornare nel settore francese del Kosovo.

Una settimana dopo ritornai, usando un permesso stampa con un nome differente. Trovai circa 800 Zingari di Mitrovica rifugiati in una scuola serba sul lato opposto del fiume Ibar. Non avevano cibo, né sapone. I bagni erano straripati. Ancora nessuna agenzia di aiuto li aveva scoperti; o, secondo qualcuno, li ignoravano. Tramite Oxfam di Pristina portammo acqua da bere e prodotti igienici, e poi riferii della loro situazione all'UNMIK. Qualche giorno dopo l'UNHCR portò agli Zingari dei pacchi alimentari.

A metà settembre i Serbi rivolevano l'edificio per l'anno scolastico. Così le truppe francesi e la polizia ONU spostarono gli Zingari in tende su di un'area tossica abbandonata vicino al villaggio di Zitkovac.

Stavolta protestai direttamente col Rappresentante Speciale del Segretario Generale (RSSG), dr. Bernard Kouchner. David Reily, capo dell'UNHCR, venne con me. Depositi di scorie tossiche circondavano il campo zingaro. Potevi odorare gli elementi tossici. Quando soffiava il vento, la polvere di piombo copriva tutto e rendeva difficile respirare. Il dr. Kouchner, un famoso attivista umanitario francese, mi assicurò che gli Zingari sarebbero rimasto su quel sito solo per 45 giorni. Poi sarebbero stati riportati alle loro case e protetti dalle truppe francesi o portati come rifugiati in un altro paese. Disse di essere un dottore. Comprendeva il pericolo di minaccia alle vite nel vivere su o accanto a depositi di scorie tossiche. Disse: "Come dottore, e come amministratore capo del Kosovo, sarei miserabile se questa minaccia alla salute dei bambini e di donne incinte continuasse per un solo giorno ancora." Dichiarò anche che la situazione era un crimine.

A novembre tornai negli Stati Uniti per scrivere delle mie esperienze in Kosovo. Quando tornai la primavera successiva per visitare gli insediamenti delle minoranze in Kosovo e riportare delle loro condizioni alla Società per i Popoli Minacciati (GFBV), visitai questi Zingari di Mitrovica. Non erano tornati alle loro case o in un paese terzo. Ora erano alloggiati in baracche temporanee, tutte su terreno contaminato.

Ero anche scioccato di scoprire che il mio amico David Reily, 50 anni, era morto a gennaio nel suo appartamento a Pristina per un attacco di cuore. Il suo sostituto, un Neozelandese di nome Mac Namara, si rifiutò di ricevermi e di discutere la difficile situazione di questi 800 Rom/Askali nei campi UNHCR contaminati dal piombo. Tuttavia, fui incoraggiato perché il dr. Kouchner aveva ordinato alla propria squadra medica ONU di prendere campioni sanguigni dai bambini zingari che vivevano sui depositi tossici, per vedere se le loro vite fossero in pericolo.

Ritornai negli USA prima che i risultati fossero resi noti. Ma quando ritornai in Kosovo la primavera seguente (2001) e trovai che gli Zingari vivevano ancora in questi tre campi, amministrati dall'Agenzia svizzera di Soccorso ACT e dal loro partner di sviluppo: Norwegian Church Aid, immaginai che la squadra medica di Kouchner avesse trovato il sito sicuro.

Anche se io e Kouchner nel 2000 ci scambiammo della corrispondenza sulla situazione degli altri Rom e Askali, della loro mancanza di libertà di movimento in altre parti del Kosovo e sulla mancanza di aiuti umanitari, non vidi più Kouchner.

Ora, vivendo a tempo pieno in Kosovo, mi tenevo in contatto regolare con gli Zingari dei campi posti su terreni tossici. Quando nel 2002 ACT e NCA smisero di consegnare cibo e prodotti igienici, iniziai a fornire agli Zingari quel poco aiuto che riuscivo a trovare. Assunsi anche due sorelle romanì (Tina e Dija) per insegnare migliori misure igieniche alle donne del campo e ai bambini, anche se era difficile mantenere puliti i bambini dalla polvere che si alzava dai cumuli di scorie, visto che passavano all'aperto la maggior parte del tempo.

Non compresi che c'era qualcosa di tragicamente sbagliato nel campo, finché le due sorelle romanì non mi dissero che le donne del campo lamentavano un alto numero di aborti e che molti dei bambini stavano sempre male (vomitavano e cadevano in coma). Poi alcuni dei bambini morirono.

La morte che mi chiarì le idee su cosa stava succedendo nei campi fu quella di Jenita Mehmeti, di quattro anni. Frequentava l'asilo del campo, quando la sua maestra si accorse che Jenita stava perdendo la memoria e aveva difficoltà a camminare. Fu portate nell'ospedale locale a Mitrovica e da lì trasferita d'urgenza in ambulanza in un ospedale meglio equipaggiato a Kraguevac (Serbia). Jenita rimase lì per tre mesi prima di morire. La causa della morte fu diagnosticata in "herpes", un'infezione non fatale a meno di malfunzionamenti del sistema immunitario. Come per l'Aids, l'avvelenamento da piombo distrugge il sistema immunitario specialmente nei bambini di età inferiore ai sei anni.

Subito dopo la morte di Jenita nel 2004,  una squadra medica ONU guidata dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) fece l'esame del sangue a molti bambini in tutti tre i campi, per vedere se avevano avvelenamento da piombo, dato che i loro sintomi lo indicavano. I risultati scioccarono tutti. I livelli di piombo in molti bambini erano più alti di quanto le apparecchiature mediche potessero misurare. A novembre un rapporto OMS indicò che alcuni dei livelli di piombo nei bambini di quei campi erano i più alti mai registrati nella letteratura medica.

Fine prima puntata

 
Di Franco Bonalumi (del 25/06/2010 @ 09:09:46, in Europa, visitato 1618 volte)

Da Roma_und_Sinti

Distretto rurale di Rotenburg
A causa delle sue "scandalose espulsioni", il Consiglio per i Rifugiati della Bassa Sassonia ha aspramente criticato il distretto di Rotenburg e la Bassa Sassonia. Il caso di due famiglie, rimpatriate Mercoledì 17 Marzo in maniera forzosa da Rotenburg in Kosovo, mostrerebbe che quando si tratta di rifugiati provenienti dal Kosovo le autorità non hanno nessuna pietà, nemmeno per le persone anziane o gravemente malate.

"La famiglia S. (i genitori e tre bambini) è stata rimpatriata nonostante due dei suoi membri fossero gravemente malati", spiega Bastian Wrede del Consiglio per i Rifugiati. "La signora S. soffre di una psicosi cronica e necessita regolarmente di medicinali e di continui trattamenti medici specialistici. Il figlio di sedici anni soffre di diabete di tipo 1 e necessita di dosi di insulina più volte al giorno. A causa di un ritardo nell'apprendimento, non è in grado di provvedere da solo al dosaggio delle sue medicine; e poiché nemmeno sua madre si trova in condizione di farlo, il ragazzo dipende dall'aiuto del padre. Un dosaggio sbagliato o la mancata somministrazione dell'insulina possono avere pericolose conseguenze nel lungo periodo, persino mortali. Come verranno assicurate, in Kosovo, l'assistenza medica ed i medicinali per la signora S. e per suo figlio, non risulta sin'ora chiaro.

A quanto riporta il Consiglio per i Rifugiati, anche i nonni della famiglia S. sarebbero stati prelevati da Rotenburg e portati all'aeroporto di Düsseldorf. Nonostante entrambi siano malati di diabete e dipendano da trattamenti farmacologici e cure specialistiche, li si voleva spedire anch'essi in Kosovo. Il loro rimpatrio è stato solo sospeso, poiché la nonna, che a causa del diabete è quasi cieca, è collassata in aeroporto e si è dovuto procedere col suo trasferimento in ospedale.

"La famiglia S appartiene alla minoranza rom degli Ashkali, che in Kosovo è sottoposta a massiccia discriminazione. Molti appartenenti a tale minoranza vivono segregati in insediamenti dove regna la povertà, e non ricevono alcuna assistenza sociale o medica", ha dichiarato Bastian Wrede.
Il secondo caso è quello della famiglia R. di Zeven. Il padre, psichicamente malato e a rischio suicidio, ha dovuto essere trasportato in ambulanza a Dusseldorf, dall'aeroporto in un ospedale. La famiglia è stata così separata, con la signora R. ed i tre bambini che da soli sono stati espulsi verso il Kosovo.

"I rimpatri spietati di Rom ed Ashkali, nei quali le autorità includono senza alcun riguardo i malati e gli anziani e non si fermano neppure di fronte alla prospettiva di separare una famiglia, portano distintamente la firma del Ministero degli Interni della Bassa Sassonia", è la constatazione del Consiglio per i rifugiati. L'organizzazione ha esortato il governo dello stato federato e le autorità competenti in materia d'immigrazione a cessare i rimpatri in Kosovo di persone gravemente malate o appartenenti ad una minoranza etnica, e di curarsi della salvaguardia delle famiglie.

Anche Hans-Peter Daub, sovrintendente della diocesi di Rotenburg della Chiesa Evangelico - luterana, appare colpito dalla "enorme durezza" con la quale l'autorità civile esegue i rimpatri. Il consigliere per i rifugiati, Eckhard Lang dell'opera diaconale, ad esempio conosce ed offre sostegno da molto tempo alla famiglia S., la quale vive a Rotenburg da più di venti anni ed i cui figli sono nati in Germania. Già l'anno passato la diocesi si era interessata al loro destino ed aveva partecipato ad una raccolta firme indetta dal Consiglio per i rifugiati. L'iniziativa aveva lo scopo di assicurare la permanenza dei rifugiati Rom kosovari in Germania, al fine di dare loro prospettiva di vita (vedi www.rotenburger-rundschau.de). "Il fatto che l'amministrazione non mostri quasi alcun riguardo per le condizioni di salute delle persone coinvolte, ci sembra un punto particolarmente problematico" lamenta Daub, secondo il quale la situazione in Kosovo per i rifugiati rimpatriati sarebbe tanto disastrosa ora quanto lo era prima.

Bastian Wrede ha annunciato che il Consiglio per i Rifugiati effettuerà un'indagine sulle modalità di svolgimento dei rimpatri e sui successivi sviluppi delle situazioni riguardanti le due famiglie coinvolte. Una verifica della legalità dei procedimenti sarà svolta in collaborazione con gli avvocati delle famiglie stesse.

Con un'espulsione collettiva, il 17 Marzo sono state rimpatriate in Kosovo 53 persone: tra queste, anche 30 appartenenti alle minoranze etniche Rom e Ashkali.

© Rotenburger Rundschau GmbH & Co. KG

 
Di Fabrizio (del 29/06/2010 @ 09:27:17, in Europa, visitato 3905 volte)

by Paul Polansky

[continua] Quando vennero resi noti i risultati degli esami, l'OMS chiese l'immediata evacuazione dei tre campi. Poche settimane dopo ICRC si aggiunse a molte altre OnG nel richiedere un urgente sgombero per ragioni mediche.

Il 25 novembre, durante un incontro delle OnG nel quartiere generale UNMIK a Mitrovica sud, venne rivelato dal rappresentante di Norwegian Church Aid che il gruppo medico del dr. Kouchner aveva trovato alti livelli di piombo nel sangue dei bambini pure nell'estate del 2000. Un rapporto preparato allora dal gruppo medico ONU raccomandava che i tre campi fossero evacuati. Chiesi immediatamente all'UNMIK una copia di quel rapporto del 2000. Mi dissero che non era disponibile al pubblico.

Conoscendo diversi Albanesi che lavoravano con l'UNMIK, tentai di avere tramite loro una copia del rapporto. Mi venne detto che era sotto chiave e considerato "top secret".

Un anno più tardi trovai quel rapporto del gruppo medico ONU datato novembre 2000 sul web (non etichettato come documento UNMIK, ma sotto il nome del dottore che l'aveva cofirmato). Rintracciai il dottore, Andrej Andrejew. Ora lavorava per una ditta farmaceutica a Berlino. Dopo pranzo, mi confermò che i livelli di piombo nel 2000 erano così alti tra i bambini dei campi zingari, che il laboratorio in Belgio che analizzava i loro campioni di sangue pensava ad un errore, perché non aveva mai visto livelli tanto alti. L'ex dottore dell'ONU di Kouchner rimase scioccato nel sentire che i campi non erano stati evacuati ed il terreno era stato cintato perché la gente estranea non potesse accidentalmente addentrarvisi, come raccomandava nel suo rapporto. Poco dopo aver compilato il suo rapporto, Andrej aveva lasciato il Kosovo, ritenendo che Kouchner avrebbe seguito le raccomandazioni della sua squadra medica ONU.

Fui il primo giornalista a rendere pubblica la storia dei campi. In un articolo che venne pubblicato dall'International Herald Tribune il 25 aprile 2005, descrissi l'orrore e scrissi che sino a quel momento erano morti nei campi 25 Zingari, la maggior parte in seguito a complicazioni dovute ad avvelenamento da piombo. Nonostante le ricadute internazionali alla notizia, l'UNMIK rifiutò ancora di evacuare i campi.

Da allora, con la mia squadra GFVB visitai i campi diverse volte a settimana per controllare la salute dei bambini. Un giorno la madre di Jenita mi disse che sua figlia Nikolina di due anni mostrava gli stessi sintomi di Jenita prima che morisse. Venne avvisata l'equipe medica NATO di Mitrovica nord. Venne richiesto loro il permesso di un immediato trasporto di Nikolina a Belgrado, l'unico ospedale nei Balcani che trattava l'avvelenamento da piombo. Il capo dell'equipe medica NATO di Mitrovica, il dr. Sergey Shevchenko, rifiutò.

Il giorno dopo chiamai personalmente il dr. Shevchenko e lo implorai di trasportare Nikolina a Belgrado. Rifiutò nuovamente. Invece di discutere con lui (un optometrista di Vladivostok, Russia, che parlava inglese), io e la mia squadra caricammo Nikolina e sua madre sul mio caravan per andare a Belgrado. Dato che non avevano passaporti, e nemmeno documenti personali, dovetti farle passare di contrabbando attraverso il confine serbo-kosovaro nascoste nel bagno del mio caravan.

A Belgrado, i livelli di piombo riscontrati a Nikolina mettevano a rischio la sua vita. Dopo tre settimane di trattamento i suoi livelli si erano ridotti, ma fui avvertito che probabilmente avrebbe avuto danni irreversibili al cervello e che se l'avessimo riportata alla fonte dell'avvelenamento, probabilmente sarebbe morta. Con l'aiuto di un olandese che lavorava per un'OnG internazionale (da cui travasava soldi per le piccole spese), affittammo un appartamento nel villaggio di Priluzje dove la famiglia di Jenita aveva dei parenti. Usando il mio caravan, li traslocai personalmente con le loro poche cose dalle baracche ONU. Col tempo trovai un donatore americano che comprò loro un pezzo di terra. Dopo un anno, un'OnG internazionale costruì loro una casa.

Dato che non riuscivo a convincere l'ONU ad evacuare i tre campi e salvare questi bambini rom ed askali, pubblicai in proprio un libriccino (UN - Leaded Blood) sulla loro situazione e produssi un documentario (Gipsy Blood). Anche se tutti e due produssero uno scandalo in Kosovo, l'ONU si rifiutò ancora di sgomberare i campi e curare questi bambini.

Mentre giravo il mio documentario, scoprimmo un'altra famiglia che aveva dei bambini con gli stessi livelli di piombo di Jenita e Nikolina. Ma prima che potessi fare qualcosa, morirono la madre e un fratellino. Un dottore a cui avevo chiesto di investigare sulle loro morti, era convinto che entrambe fossero morti per complicazioni dovute ad avvelenamento da piombo. Era dell'opinione che i sette bambini superstiti non sarebbero sopravissuti se non fossero stati rimossi dalla fonte di avvelenamento e ricevuto trattamento medico urgente.

Ancora una volta, la dura e compiacente amministrazione UNMIK rifiutò di agire. Così la mia OnG tedesca, GFBV, contattò il giornale di più grande tiratura in Germania, chiedendogli di visitare il campo e scrivere una storia su questa tragedia. Non solo il giornale, la Bild Zeitung, venne in Kosovo, ma tramite la loro fondazione per l'infanzia (Ein Hertz für Kinder) portarono tutta la famiglia  in Germania per le cure. Per aiutare la famiglia durante e dopo il trasporto, il giornale chiese a me ed al mio gruppo romanì di accompagnarla.

In Germania, scoprirono che non solo la famiglia romanì necessitava di cure mediche, ma anche io ed il mio gruppo romanì. I nostri livelli di piombo, anche solo con visite periodiche nei campi, erano del livello doppio di quello che poteva causare danni irreversibili al cervello. Quindi assieme ai sette bambini e al loro padre, anche noi fummo curati.

Prime del trattamento, tutti noi facemmo una TAC. Quando toccò a Denis, sette anni, il dottore incaricato mi indicò il fegato del bambino e mi disse: "E' il fegato di un sessantenne alcolizzato che beve una bottiglia di whiskey al giorno. Questo bambino non arriverà a 20 o 30 anni. E' quello che gli ha fatto l'avvelenamento da piombo!"

Nel 2006 finalmente l'ONU decise di fare qualcosa per acquietare le accuse che col mio team e l'avvocata americana Dianne Post, che ora rappresentava le oltre 150 persone dei campi rom/askali,  continuavamo a generare sulla tragedia dell'avvelenamento da piombo. Nel 2005 le truppe francesi avevano deciso di lasciare la sua base a Mitrovica nord. L'ONU traslocò due dei tre campi zingari nell'ex base francese.

Una volta di più rimasi scioccato dall'atteggiamento insensibile dell'UNMIK in questa situazione. La base francese, chiamata Osterode, era a solo 50 metri da due dei campi zingari contaminati. Anche il campo francese era ricoperto dalla polvere tossica generata dalle 100 milioni di tonnellate di scorie nell'area. I soldati francesi, che tanto io quanto i reporter del NY Times avevamo intervistato in separate occasioni, lamentavano che i dottori militari avevano avvisato ogni soldato in servizio nella base, di non generare bambini per nove mesi dopo aver lasciato il Kosovo, a causa dell'alto livello del piombo nel loro sangue.

Comunque, dopo aver speso 500.000 euro donati dal governo tedesco per ristrutturare il campo di Osterode, una squadra di valutazione ambientale della CDC di Atlanta, Georgia, dichiarò Osterode come "libero dal piombo". Poi l'ufficio USA a Pristina dichiarò di essere pronto a donare 900.000 $ per cure e per una dieta migliore per i bambini evacuati ad Osterode. Inoltre l'UNMIK promise che gli Zingari sarebbero rimasti ad Osterode per non più di un anno. Poi sarebbero stati trasferiti in nuovi appartamenti costruiti per loro nel vecchio quartiere.

Dato che diverse OnG e anche i leader del campo non ritenevano che Osterode fosse "libero dal piombo", si fecero subito degli esami sanguigni ai bambini dopo che arrivarono ad Osterode. Un anno dopo vennero nuovamente controllati i loro livelli di piombo. Non fu sorprendente per me e la mia squadra, ma lo fu per l'UNMIK: molti livelli erano aumentati nonostante una dieta migliore ed alcuni trattamenti medici di base. Quando vennero conosciuti questi risultati, i dottori smisero le loro cure, dicendo che facevano più male che bene. Nuovamente si disse che era necessario allontanare la gente dalla fonte di avvelenamento, prima di essere curati per intossicazione da piombo.

Quando pubblicai il primo articolo sui campi nel 2005 sull'International Herald Tribune, riportavo che 27 Zingari (inclusi molti bambini) erano già morti nei campi. Alla fine del 2006, il numero era più che raddoppiato, e per la fine del 2009 il conto era a 84. E gli Zingari vivono tuttora ad Osterode e nel vicino campo di Cesmin Lug.

Tra il 2007 e il 2008 diverse OnG costruirono o finanziarono la costruzione di appartamenti nel vecchio quartiere zingaro di Mitrovica sud. Ma questi appartamenti non vennero dati, come promesso, a quanti soffrivano dei più alti livelli di avvelenamento da piombo. Per mostrare che funzionava la loro politica di far tornare gli Zingari rifugiati in altri paesi, l'UNHCR diede la maggior parte di quegli appartamenti a quanti tornavano dal Montenegro e dalla Serbia.

Dopo aver provato a far pressione sull'ufficio USA a Pristina per trasportare via aerea questi 650 Zingari a Fort Dix, NJ, come il governo americano aveva fatto per oltre 7.000 Albanesi nel 1999 per salvarli dai paramilitari di Milosevic, USAID propose invece il progetto di costruire 50 appartamenti per i Rom dei campi, ovunque loro volessero in Kosovo. Mercy Corps, un'OnG internazionale degli USA, venne incaricata del contratto, anche se non avevano mai avuto a che fare con i campi zingari ed allora non avevano Rom o Askali nel loro staff. Tuttavia, nell'ottobre 2008 Mercy Corps assunse una romnì della mia squadra ed aprì un ufficio a Mitrovica sud per onorare il contratto di 2.400.000 $ affidatogli da USAID.

Fine seconda puntata

 
Di Fabrizio (del 29/06/2010 @ 09:52:48, in Europa, visitato 2240 volte)

Da Czech_Roma: Sabato e domenica scorsi la CNN ha trasmesso una puntata sul caso della piccola Natálka e sulla situazione dei Rom nella Repubblica Ceca. Sul suo sito, oltre all'articolo che traduco, potete vedere anche foto e video in inglese - By Andrew Tkach, CNN

Natálka prima dell'attentato e durante il ricovero - foto tratta da Blesk.cz

Vitkov, Repubblica Ceca (CNN) - Natálka Kudrikova è una bambina di tre anni dagli occhi vivaci, ricoverata per gravi ustioni quando estremisti di destra lanciarono una molotov dentro casa sua.

La sua famiglia e le autorità dicono che venne presa a bersaglio perché rom, zingara. Natálka ha perso l'80% della pelle, due dita (una terza è stata amputata in seguito) e ha passato mesi giacendo in un coma indotto, dopo l'attacco dell'anno scorso a Vitkov [...]. Sta tuttora recuperando dopo 14 operazioni.

A maggio Natálka è tornata nell'ospedale di Ostrava per le sessioni riabilitatorie, così che un giorno sia capace di muoversi da sola. "Preferirei non riportarla in ospedale," dice sua madre, Anna Sivakova, "ma se deve tornare, il mio sogno è che impari a camminare senza nessun aiuto."

Proprio il giorno dopo, contro quattro giovani accusati dell'assalto, detenuti dal tribunale distrettuale di Ostrava venivano formalmente accusati di attentato a sfondo razziale e tentato omicidio.

Secondo il procuratore, l'attacco venne pianificato per il 120° anniversario della nascita di Adolf Hitler. Gli esperti del tribunale confermano di aver trovato svastiche ed altri cimeli nazisti nelle case degli accusati.

In tribunale, Ivo Muller e Vaclav Cojocaru hanno descritto il loro attacco coordinato con le molotov. Come unica scusa - dicono che pensavano si trattasse di un magazzino vuoto usato per merci rubate.

Negli interrogatori incrociati, Muller e Cojocaru hanno ammesso di aver preso parte a manifestazioni anti-Rom organizzate da estremisti di estrema destra.

Gli altri accusati, Jaromir Lukes e David Vaculik, non hanno testimoniato. Lukes è accusato di essere l'istigatore, accusa che il suo difensore nega decisamente, anche se concede che sia stato proprio Lukes a condurre l'automobile sul luogo. Il suo avvocato inoltre nega con veemenza qualsiasi motivazione razziale all'assalto.

Un sito antifascista ha pubblicato una foto di Lukes che cammina accanto al leader del Partito dei Lavoratori di estrema destra. Un'altra foto mostra Vaculik che indossa il bracciale del Partito dei Lavoratori, la faccia pubblica dell'estrema destra ceca.

Il leader dell'ora bandito Partito dei Lavoratori, Tomas Vandas, ha negato qualsiasi coinvolgimento.

"Sì, forse possiamo aver usato quella gente come organizzatori dei nostri incontri pubblici, ma come avremmo potuto sapere che volevano commettere un crimine?" ha detto Vandas. "Spero che Natálka migliori presto," ha aggiunto.

Miroslav Mares, dell'università Masaryk di Brno, è un esperto sui gruppi estremisti cechi.

Dice che è improbabile che il Partito dei Lavoratori sia direttamente coinvolto nell'attacco incendiario, ma che sono stati responsabili "per aver infiammato i sentimenti anti-Rom."

Dice: "Forse alcuni tra i più giovani nella scena neonazista si sono detti, -Se tutta la popolazione è contro i Rom, siamo giustificati a portare avanti simili attacchi.-"

E le indagini mostrano che il sentimento anti-Rom è diffuso. Il sito EURoma dell'Unione Europea dice che tra i Rom cechi resistono tassi di disoccupazione estremamente alti, bassi standard scolastici, isolamento ed i pregiudizi della popolazione maggioritaria.

Dice Marek: "Nelle regioni con alta disoccupazione e povere condizioni sociali, l'ascesa dell'estremismo è popolare tra i giovani disoccupati maschi, ma possiamo vedere sempre più donne nella scena neonazista."

Lucie Slegrova, 20 anni, è una convinta militante dell'ora rinominato Partito della Giustizia Sociale dei Lavoratori. Nega che il suo partito si sia ispirato all'ideologia nazista di Hitler.

Invece, dice, seguono le loro idee nazionaliste. Dice, "La Repubblica Ceca dovrebbe essere per gente che sa come comportarsi. Se gli zingari non vogliono seguire le regole, sono liberi di andarsene."

Solo l'1% dei votanti ha scelto il Partito della Giustizia Sociale dei Lavoratori alle ultime elezioni, ma il Primo Ministro, Jan Fischer, si preoccupa del fatto che il 7% degli studenti cechi ha votato per i partiti dell'estrema destra, secondo un ufficioso sondaggio nazionale.

"Molta gente è stufa dei politici, ed ha problemi per la crisi e la recessione," dice Fischer, "il mio messaggio a loro è: per favore riflettete e non credete a questi cattivi profeti."

Il movimento di estrema destra ha ottenuto i maggiori successi nella vicina Ungheria, dove il 17% dei votanti ha scelto il partito Jobbik alle ultime elezioni.

Anche la violenza è cresciuta. Negli ultimi due anni, secondo European Roma Rights Centre (ERRC), in Ungheria sono stai uccisi nove Rom durante attacchi notturni.

Gli assalti ai Rom sono diventati un tema anche nella campagna elettorale slovacca. Il locale Partito Nazionale ha commissionato dei manifesti che mostravano un uomo tatuato e dalla pelle scura con un messaggio provocatorio: "Votate SNS così non dovremo nutrire chi non vuole lavorare."

 
Di Fabrizio (del 01/07/2010 @ 09:19:44, in Europa, visitato 1313 volte)

Segnalazione di Veronica Mognoni

 Il link per chi legge da Facebook

C'e' davvero un'emergenza ROM in Europa? Un viaggio verso l'EST alla ricerca delle storie che nessuno racconta: dai bambini bruciati vivi agli esempi di integrazione.

 
Di Fabrizio (del 06/07/2010 @ 09:56:11, in Europa, visitato 4228 volte)

by Paul Polansky

[continua] Venne immediatamente indetta un'indagine su dove i Rom e gli Askali del campo volessero vivere. Oltre il 90% dichiarò che intendeva rimanere a Mitrovica nord con i Serbi. Gli Zingari del campo avevano paura di tornare a vivere accanto ai vicini albanesi che li avevano cacciati nel 1999. Inoltre, tutti i loro bambini ora erano andati alle scuole serbe a Mitrovica nord per otto anni e non volevano imparare una nuova lingua prima di frequentare le scuole albanesi a sud. Però, dato che l'ambasciata USA a Pristina era riluttante a cooperare con i Serbi, un membro albanese di Mercy Corps fu inviato a Mitrovica nord per discutere la possibilità di acquisire un terreno per il progetto. Naturalmente, i Serbi e questo Albanese non si videro mai di persona e non venne offerto nessun terreno.

Dopo aver sentito ciò, contattai Mercy Corps (MC) e li invitai ad accompagnarmi a Belgrado, dove si determinavano la maggior parte delle decisioni riguardanti Mitrovica nord. Mercy Corps rifiutò, dicendo che l'unica soluzione era di costruire gli appartamenti nel vecchio quartiere zingaro di Mitrovica sud. Ciononostante, andai da solo a Belgrado e dopo incontri con gli incaricati del governo, mi fu assicurato che se gli Zingari del campo volevano rimanere a nord, si sarebbe trovato un terreno per loro. Mercy Corps rifiutò ancora di riconsiderare cosa volevano realmente gli Zingari dei campi, nonostante il progetto USAID che dichiarava che le case sarebbero state costruite dove gli Zingari intendevano stare in Kosovo.

Nel progetto USAID da 2,4 milioni di $ era anche stipulato che sarebbe stato fornito ai Rom e agli Askali il trattamento medico, una volta che si fossero spostati dai campi tossici. Però, in diverse interviste che ebbi con Mercy Corps ai massimi livelli in Kosovo, MC rifiutò di rivelare cosa richiedeva quella soluzione medica. I Rom che avevano già fatto ritorno al loro vecchio quartiere non vennero curati, nonostante mostrassero alti livelli di piombo un anno dopo aver lasciato i campi.

Nel contempo, l'UNHCR convinse il governo del Kosovo ad assumere l'amministrazione dei campi, togliendo all'ONU la responsabilità degli Zingari dei campi che continuavano a morire di complicazioni legate all'avvelenamento da piombo.

Nel 2009, l'Unione Europea decise di aiutare l'ONU in Kosovo ed inviò una "squadra di giustizia" chiamata EULEX per sovrintendere al sistema giudiziario che era nel caos. Nel loro mandato, i giudici UE dovevano consigliare e sorvegliare il sistema giudiziario kosovaro ed intervenire solo nei casi di "accadimento di serio crimine" che il governo del Kosovo rifiutava di perseguire.

Anche se avevo coinvolto diversi avvocati nei casi contro l'ONU a favore degli Zingari dei campi, non era sin qui trapelato niente perché l'ONU tentava di nascondere le proprie responsabilità sotto lo scudo dell'immunità. Fidandomi dunque negli standard europei di giustizia, scrissi al capo della missione EULEX, chiedendo un appuntamento per discutere questo "grave crimine di negligenza infantile di massa", che dava come risultato oltre 80 morti e danni cerebrali irreversibili a tutti i bambini zingari nei campi. Con mia grande sorpresa, il generale francese in pensione a capo della missione EULEX, Yves de Kermabon, rifiutò di ricevermi. Mi contestò che non era stato commesso nessun grave crimine.

Guardando indietro, vedo un forte continuum francese in questa tragedia senza senso che dura da 11 anni: truppe francesi rifiutarono di fermare gli Albanesi che cacciavano questi Zingari dalle loro case nel 1999; il dr. Bernard Kouchner, ex Ministro della Sanità nel governo francese, che sistemò i profughi zingari su di un terreno contaminato e quando i loro bambini ebbero i più alti livelli di piombo nella storia medica, rifiutò di evacuarli e curarli; la KFOR francese che spiana con i bulldozer le strutture delle case zingare che avrebbero potuto essere riparate e ricostruite; un generale francese in pensione a capo della squadra di giustizia europea che rifiuta persino di ascoltare le accuse di gravi e mortali negligenze verso i  bambini durate 11 anni. Naturalmente, con ogni probabilità voleva coprire il fatto che i bulldozer dell'esercito francese nella KFOR avevano distrutto tutte le case francesi che ancora resistevano nel loro vecchio quartiere, così facendo cancellando ogni prova della loro precedente presenza. Dopo tutto, una volta era un incaricato della KFOR in Kosovo.

Ma perché questi Francesi erano così anti-zigani? Forse la ragione è nella loro storia o nella loro tradizione. Durante la II guerra mondiale nella repubblica di Vichy (chiamata anche Francia Libera) i Francesi avevano più campi di concentramento solo per zingari (9) che qualsiasi altro paese d'Europa, Germania compresa.

C'erano almeno 40 altri campi come Camp Gurs (Pirenei Atlantici) dove altri piccoli gruppi di Zingari erano detenuti per i lavori forzati. Viene stimato dagli storici dell'Olocausto che la Francia Libera internò oltre 30.000 Zingari nella II guerra mondiale.

Considerando questi terribili fatti, non è difficile capire perché le truppe francesi rifiutarono di fermare gli Albanesi kosovari dalla pulizia etnica di 8.000 Zingari di Mitrovica, o perché il dr. Bernard Kouchner non volesse perdere il suo tempo cercando di salvare 4.000 bimbi zingari dall'avvelenamento da piombo. Dopo tutto, tradition is tradition.

Naturalmente, non sono solo i Francesi ad avere responsabilità in questa tragedia senza senso. Nelle pagine seguenti leggerete di quanti avrebbero potuto aiutare e non l'hanno fatto. Compiacimento? Incompetenza? Insensibilità? Tu, lettore, devi decidere se si meritano questi anti-premi... per la loro negligenza mortale.

Paul Polansky
Pristina, Kosovo
Febbraio 2010


I governatori ONU del Kosovo

Dal giugno 1999, il Kosovo è stato amministrato dalle Nazioni Unite in base alla Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza. L'Amministrazione ONU del Kosovo (UNMIK) è guidata da un Rappresentante Speciale del Segretario Generale (SRSG). L'SRSG ha pieni poteri nello sviluppare qualsiasi azione ritenuta necessaria per il bene pubblico in Kosovo. Per esempio, nel 2004 durante un sollevamento albanese contro le enclavi serbe, l'SRSG Holkeri ordinò l'evacuazione di diverse comunità, mentre la polizia ONU rimosse fisicamente migliaia di Serbi che rifiutavano di lasciare le loro dimore. Nel 2006, l'SRSG Jessen-Petersen appoggiò la suo vice Patricia Waring nell'impiego della polizia ONU per traslocare fisicamente centinaia di Albanesi che si riteneva fossero in pericolo di vita, dato che le loro case potevano collassare perché il loro villaggio era costruito sopra le gallerie delle miniere. In entrambe i casi, la maggior parte della gente rifiutava di andarsene e dovette essere evacuata a forza.

Nonostante questi e molti altri precedenti, tutti gli SRSG hanno rifiutato di evacuare i Rom e gli Askali che dal 1999 vivono nei campi ONU costruiti su terreno contaminato. Anche se molti dei loro bambini hanno i più alti livelli di piombo nella letteratura medica, e molti sono nati con danni irreversibili al cervello a causa dell'avvelenamento da piombo, l'UNHCR (incaricata dei campi sino al dicembre 2008) ha rifiutato di ottemperare alla richiesta della sua agenzia sorella ONU, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, di evacuare immediatamente i campi e fornire cure urgenti.

Di seguito ci sono gli anti-premi per questi SRSG che attraverso ignoranza, compiacimento, incompetenza e/o insensibilità (decidi tu) hanno rifiutato di salvare questa gente, specialmente i bambini e le donne incinte, i più vulnerabili ai 36 elementi tossici trovati nell'aria, nel suolo e nell'acqua nei ed attorno ai campi.

L'unico SRSG non considerato per i nostri anti-premi è il primo tra tutti, Sérgio Vieira de Mello, che fu un SRSG "in azione" non "a tempo pieno", dato che servì in Kosovo dal 13 giugno al 15 luglio 1999... anche se fu quello il periodo esatto in cui gli estremisti albanesi nelle uniformi nere dell'ALK visitarono le case degli Zingari a Mitrovica sud e dissero ai Rom e agli Askali di lasciarle entro 24 ore, se non volevano che fossero uccisi i loro figli.

Lista degli SRSG in Kosovo:

  • Sérgio Vieira de Mello (13 giugno - 15 luglio 1999) Brasile
  • Bernard Kouchner (15 luglio 1999 - 12 gennaio 2001) Francia
  • Michael Steiner (14 febbraio 2002 - 8 luglio 2003) Germania
  • Harri Holkeri (25 agosto 2003 - 11 luglio 2004) Finlandia
  • Søren Jessen Petersen (16 agosto 2004 - 30 giugno 2006) Danimarca
  • Joachim Rücker (1 settembre 2006 - 20 giugno 2008) Germania
  • Lamberto Zannier ( 20 giugno 2008 - a tutt'oggi) Italia

Tratta da Wikimedia Commons - (clicca sull'immagine per vedere la mappa a grandezza naturale)

Fine terza puntata

 

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