Il Parlamento europeo ha dato la sua approvazione ad una proposta della
Commissione europea che rende possibile utilizzare finanziamenti regionali
europei per migliorare le condizioni abitative delle comunità emarginate. Questa
misura, concordata previamente dagli Stati membri, sarà particolarmente
apprezzata dalla popolazione Rom che in Europa dovrebbe ammontare a circa 10-12
milioni di persone le quali spesso vivono in condizioni di estrema povertà e
segregazione.
Johannes Hahn, commissario responsabile per la Politica regionale, ha espresso
il suo plauso per questa decisione: “La comunità Rom è la più grande minoranza
etnica in Europa ed è spesso vittima di emarginazione, deprivazione ed
esclusione sociale. Plaudo alla decisione odierna che consentirà alla politica
regionale di contribuire a spezzare il circolo vizioso di cui queste comunità
appaiono prigioniere. Questa iniziativa dovrebbe rientrare in un approccio
globale comprendente anche interventi negli ambiti dell'istruzione, della
salute, degli affari sociali e dell'occupazione.”
La legislazione sui Fondi strutturali in precedenza era estremamente restrittiva
in materia di interventi abitativi e il loro criterio di fruibilità era limitato
ai dodici nuovi Stati membri dell'UE (con eccezioni introdotte di recente per
misure di efficienza energetica ed energie rinnovabili) e per il rinnovo di
condomini esistenti nelle aree urbane. Resta il fatto però che le popolazioni
Rom vivono per lo più segregate in zone rurali e in case unifamiliari.
Le misure di recente adozione estenderanno il campo d'intervento del Fondo
europeo di Sviluppo regionale (FESR) agli interventi abitativi a favore delle
comunità emarginate in tutti gli Stati membri. La modifica riguarda
esplicitamente, anche se non esclusivamente, la popolazione Rom. Essa concerne
la sostituzione delle case attuali nonché la costruzione di case nuove, sia in
ambito rurale che urbano. Il finanziamento del FESR non è applicabile ad alloggi
privati, bensì soltanto a progetti attuati dalle autorità pubbliche.
Il sostegno per gli alloggi integra azioni di più ampia portata
La soluzione del problema abitativo è considerata un fattore cruciale per
migliorare l'integrazione dei Rom. Essa però deve rientrare in un “approccio
integrato” concepito e attuato dalle autorità nazionali e regionali per
affrontare altre tematiche quali l'istruzione, lo sviluppo delle abilità,
l'occupazione e la salute.
I Fondi strutturali europei cofinanziano già diversi progetti rivolti alle
comunità Rom, ad esempio per quanto concerne l'istruzione nella prima infanzia,
l'occupazione, la microfinanza e le pari opportunità (soprattutto la parità tra
i sessi). Ad esempio, grazie a un investimento UE (1,11 milioni di euro) un
nuovo progetto di risanamento urbano verrà realizzato a Nyiregyhaza, che ospita
una delle maggiori comunità Rom d'Ungheria. La scuola segregata verrà abolita e
si rinnoveranno le strade, i campi giochi e i servizi per l'infanzia.
Oltre ai finanziamenti disponibili tramite i programmi di politica regionale, il
Parlamento europeo ha assegnato alla Commissione europea 5 milioni di euro per
un progetto pilota sull'inclusione dei Rom articolato in tre assi: istruzione
nella prima infanzia, microfinanziamento e sensibilizzazione. Il progetto è
realizzato nel corso del 2010 ed è per l'essenziale rivolto alle comunità Rom
nell'Europa centrale e orientale.
Nota per i redattori Nel luglio 2009 la Commissione ha presentato una proposta che è stata quindi
discussa dal Parlamento europeo e dagli Stati membri in sede di Consiglio.
Dalle ricerche condotte è emerso che nei paesi dell'Europa centrale e orientale
più del 50% della popolazione Rom vive in quartieri parzialmente o totalmente
segregati – una tendenza all'isolamento che si è intensificata negli ultimi
quindici anni.
Il 2010 è stato designato Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione
sociale.
Poco meno di due mesi fa, sono tornato da una visita in Kosovo.
Intendevo scrivere sulle mie esperienze ed impressioni nella provincia, ma
ogni volta che mettevo la penna sulla carta, non ne seguivano le parole.
Come in ogni zona di conflitto - soprattutto conflitti etnici del tipo visti
in Kosovo - i punti di vista che si sentono dai locali sono troppo polarizzati,
le emozioni espresse troppo forte ed i simboli molto umani delle distruzioni
illustrate dalle case bruciate; e cumuli di macerie che ancora delimitano le
strade nel nord del paese sono ancora troppo evidenti per trarre una conclusione
equa riguardo i "diritti" e "torti" di ogni situazione.
Non mi dilungherò sulle politiche in corso riguardo il futuro del Kosovo come
nazione, né discuterò sulle continue intimidazioni e le misere condizioni delle
minoranze della provincia. Invece, intendo sottolineare una significativa lacuna
della comunità internazionale: il trattamento e le condizioni di vita dei
rifugiati rom nel paese.
Questo problema risale al conflitto nel Kosovo tra il 1998 e il 1999, quando
l'Armata di Liberazione del Kosovo espulse dalle loro case 90.000 cittadini di
etnia rom sulle basi delle paure nazionaliste albanesi che la comunità fosse al
servizio di Slobodan Milosevic.
Tra questi c'era la comunità rom di Mitrovica, una città nel settentrione
della provincia etnicamente divisa tra la maggioranza serba a nord del fiume
Ibar e la più vasta città albanese a sud. In precedenza casa di una delle più
vaste comunità rom nei Balcani, 8.000 Rom, Ascali ed Egizi, la "Mahalla"
(comunità) sulle rive dell'Ibar fu rasa al suolo dalle forze ALK nel giugno
1999, a seguito della ritirata dell'esercito serbo.
Temendo per le proprie vite, i cittadini rom di Mitrovica sono stati numerosi
tra le centinaia di migliaia di rifugiati - Albanesi, Serbi, Gorani, Turchi e
Bosniaci - scappati dal Kosovo [...].
Dal 1999, la maggioranza dei 90.000 Rom espulsi sono tornati in Kosovo, anche
se oltre 30.000 non son mai tornati nelle loro case. La maggior parte di questa
diaspora, non vedendo alcun futuro sotto il ruolo dell'amministrazione quasi
monopolizzata dai nazionalisti albanesi, sceglie piuttosto di rimanere nella
Repubblica Serba o di restare vicino alle proprie ex case nei grotteschi campi
per rifugiati nella zona controllata dai Serbi a Mitrovica Nord.
Benvenuti nel complesso minerario di Trepça, dove 650 uomini, donne e bambini
vivono in condizioni che non accetterebbe neanche un maiale.
Ho visitato uno dei campi, Cesmin Lug, una nuvolosa domenica pomeriggio.
In un accatastarsi di cemento ricoperto di ruggine, macchinari abbandonati e
pozze di acqua stagnante grandi come piscine, a fatica si può credere che una
volta le miniere rappresentavano il 70% della produzione di minerali della
Jugoslavia ed occupavano circa 25.000 persone del posto in quattro differenti
pozzi. Sono passati oltre venti anni da quando Trepça era pienamente operativa,
ma rimane ancora nell'aria un leggero odore di zolfo. Graffiti coprono
ogni centimetro di edifici abbandonati e colonne di fumo si alzano contro
l'orizzonte. Arbusti occasionali a parte, le cui radici si attaccano tenacemente
al suolo, la vegetazione è sparsa stranamente.
Secondo la mia guida, una donna serba di mezza età chiamata Jasna, vengono
fatti sforzi occasionali per riattivare parti del complesso, sforzi che
invariabilmente si arenano al primo ostacolo. L'elettricità scarseggia (l'intera
provincia del Kosovo ottiene la sua energia da stazione appena fuori da
Pristina) ed oltre un decennio di abbandono significa che gran parte del
complesso minerario è ora irreversibilmente sott'acqua.
Mentre i macabri ricordi del passato industriale di Trepça si possono vedere
tutt'attorno, oggi l'unico segno di vita sono le case dei residenti rom.
Entrando a Cesmin Lug, sono stato immediatamente colpito dal numero di case
rom attaccate l'una all'altra, i loro vibranti muri colorati quasi interamente
camuffati da una misto di fango e pile d'immondizia.
Prima della mia visita avevo sentito dei gravi problemi di salute sofferti da
molti dei residenti, ma sono rimasto scioccato nel vedere bambini di non più di
quattro o cinque anni, sguazzare in pozze di acqua scura ed arrampicarsi su
attrezzature minerarie abbandonate come fossero un parco giochi locale.
Non oltre qualche centinaio di metri da Cesmin Lug c'è un piccolo pozzo
che sembra una specie di imbocco per una miniera. Qui si dice che questi
ingressi servivano a smaltire i gas tossici delle miniere da anni considerate
insalubri per l'esplorazione umana.
Non ho parlato con nessuno nel campo ed ho lasciato Cesmin Lug in fretta come
ero arrivato, scomodo alla mia macabra osservazione della reale sofferenza
umana.
Tornando a Pristina, anche la più rapida delle conversazioni coi locali
rivelava una conoscenza diffusa dei problemi di salute patiti dai Rom. Le
più comunemente citate sono state le relazioni e le voci di avvelenamento da
piombo, insufficienza renale e deformazioni tra quanti vivono nei campi. Mentre
lo scandalo delle miniere di Trepça può essere praticamente sconosciuto fuori
dal Kosovo, tristemente è linguaggio comune nella provincia.
Il gruppo ambientale Miniere e Comunità, che ha fatto campagne mondiali per far
crescere la consapevolezza del danno ambientale costituito dal settore
minerario, ha offerto le seguenti osservazioni sul tipo di rischi alla salute
posti a quanti vivono nelle immediate vicinanze di miniere come Trepça:
"Il piombo può entrare nel corpo attraverso: inalazione,
ingestione del suolo stesso o di cibo contaminato dal suolo, ed attraverso
la placenta per il feto nel grembo materno. Nutrizione, igiene, rapporto di
grasso corporeo, l'assunzione di fibre, età e in generale la condizione
fisiologica, tutto può influire sulla velocità con la quale il corpo assorbe
il piombo. I bambini sino a sei anni sono i più vulnerabili, in quanto sono
nei primi stadi della crescita e dello sviluppo. L'avvelenamento da piombo
colpisce tutto il corpo con conseguenze sulla salute gravi e permanenti.
Potenziali sintomi dell'esposizione al piombo, anche a bassi livelli,
includono la perdita dell'appetito, letargia, alta pressione sanguigna,
problemi di fertilità per uomini e donne, parti prematuri, difficoltà nella
crescita, danni all'udito e neurologici, convulsioni, dolori e/o paralisi
alle gambe, perdita di coscienza, anemia, aggressività, crampi allo stomaco,
vomito. Gli effetti più significativi ed irreversibili sono al livello di QI.
Un aumento dei livelli del piombo nel sangue da 10 a 20 microgrammi per
decilitro, è stato associato con la decrescita di 2,6 punti di QI, ma
qualsiasi aumento oltre i 20 riduce i livelli di QI"
In misura diversa, ognuno se non tutti questi sintomi sono stati osservati
nei campi dei rifugiati rom nel Kosovo settentrionale.
Nessuno potrebbe ritenere che un posto simile sia desiderabile o appropriato
per ospitare gente a lungo termine. A dire il vero, l'Ufficio dell'Alto
Commissario ONU per i Rifugiati (UNHCR) ha giudicato che questi campi per
rifugiati dovevano essere semplicemente una misura temporanea per garantire a
breve termine la sicurezza dei residenti rom a Mitrovica sud.
Nonostante i pochi sforzi della comunità internazionale per rialloggiare i
rifugiati rom, i campi sono rimasti operativi per oltre un decennio. I
Rom, che hanno ancora terrore dopo la loro esperienza nel conflitto del 1999,
hanno ripetutamente declinato l'opportunità di tornare a Mitrovica sud
controllata dagli Albanesi.
Dovrebbe essere una ragione di vergogna per l'Unione Europea e la più ampia
comunità internazionale che i campi rom di Trepça rimanga operativo ad appena
300 miglia da Budapest e a 75 da Skopje - la capitale di un aspirante stato
membro UE.
I campi per i rifugiati rom adiacenti al complesso minerario di Trepça devono
essere chiuse alla prima opportunità possibile, dopo aver identificato un sito
appropriato dove alloggiare la comunità rom. Purtroppo la lodevole volontà della
comunità internazionale di realizzare comunità etnicamente miste nel settore
albanese a sud del fiume Ibar rimarrà impraticabile per decenni. Le
emozioni sono troppo forti e la memoria troppo viva.
Tale sito dovrebbe essere trovato nelle aree sotto il controllo della Serbia
nella provincia settentrionale della Kosovska Mitrovica. Mentre diversi governi
- incluso quello del Regno Unito - riconoscono solo la sovranità della
Repubblica del Kosovo, anche sulle aree controllate dai Serbi, l'acquisizione di
questo sito richiederebbe la costruttiva cooperazione della Repubblica di Serbia
e e dell'Assemblea della Comunità Serba di Kosovo e Metohija. In pratica,
richiederà l'offerta di un importante incentivo finanziario alle autorità serbe.
La comunità internazionale deve anche riconoscere che, a causa della sua
mancanza di un'azione affermativa, centinaia di persone stanno ora soffrendo
seri problemi di salute che potranno avere conseguenze mortali nei prossimi
anni. Devono essere fornite cure mediche immediate a quanto hanno vissuto nei
campi di Trepça. Attualmente trattamenti specialisti simili non sono disponibili
né in Serbia o in Kosovo e dovranno quindi avvenire in un appropriato paese
terzo, i candidati più prossimi potrebbero essere Romania o Bulgaria.
La storia è piena di esempi tragici sui maltrattamenti della comunità rom;
dall'abbattimento del 25% del loro popolo nelle camere a gas naziste durante la
II guerra mondiale all'onda crescente di attacchi razzisti in Europa centrale.
Non contribuiamo ulteriormente ad un altro tragico capitolo della loro storia
ed agiamo oggi per risolvere questa crisi umanitaria.
06/06/2010 - Il Primo Ministro finlandese Matti Vanhanen ha chiesto alla
gente di partecipare ad uno sciopero bianco nel dare soldi per strada ai
mendicanti rom.
Vanhanen ha detto che questo sarebbe la maniera più semplice ed efficace per
affrontare la questione della recente ondata di mendicanti arrivati in
Finlandia, soprattutto da Bulgaria e Romania.
"Non ci vorrebbero molte settimane, e questo fenomeno finirebbe.
Richiederebbe una decisione da parte di tutti nel non dare denaro," ha detto il
Primo Ministro, che parlava con i giornalisti politici durante un pranzo
dedicato a quel tema. L'accattonaggio molesto iniziò ad apparire in Finlandia
circa due anni fa, riporta l'Helsingin Sanomat.
Juha Hakola del Partito Coalizione Nazionale ha già proposto una legge
parlamentare per vietare le elemosine. Sinora il documento è stato firmato da 51
dei 200 membri del parlamento. Vanhanen, d'altra parte, non fa promesse di
cambiare la legge, dicendo che la definizione stessa di accattonaggio è
difficile.
"In Finlandia, migliaia e migliaia di associazioni chiedono denaro; comitati
di genitori chiedono denaro, e partiti politici chiedono denaro. L'intera
società civile è basata sul chiedere denaro," ha affermato Vanhanen. "Dove passa
la linea di demarcazione? Quando qualcuno che indossa un abito gessato chiede
donazioni per una squadra di hockey, o quando qualcuno vestito da mendicante
chiede denaro alla gente ordinaria?"
Vanhanen, che ha dichiarato che l'accattonaggio per strada potrebbe essere
influenzato dal crimine, cosa che rende il reato ancora più ripugnante, ha detto
che la soluzione migliore sarebbe migliorare le condizioni abitative dei Rom.
Bastamag.netSalva la vita ad un Rom: 20 anni di prigione - Par Eric
Simon (4 giugno 2010)
In Bulgaria, la giustizia ha condannato un giovane "d'origine straniera"
per l'omicidio di uno studente modello sotto tutti gli aspetti. [...] 20 anni di
prigione per il giovane in questione: l'australiano Jock Palfreeman. Ma dietro
la versione ufficiale, si profila un'altra verità, meno favorevole alla
giustizia bulgara. Dove si apprende che è meglio non aiutare dei Rom vittime di
un'aggressione razzista in seno all'Unione Europea.
Jock Palfreeman è un giovane australiano di 23 anni, da qualche mese in
Bulgaria. La sera del 28 dicembre 2007, è testimone dell'aggressione di due Rom
da parte di una quindicina di giovani, nel centro di Sofia vicino alla stazione
Serdika. Secondo gli osservatori, i giovani urlavano gli slogan razzisti dei
sostenitori del club calcistico della capitale (il "Levski"), tristemente
celebri per le loro azioni violente.
Senza riflettere troppo, Jock si interpone con un coltello in mano, tra i
teppisti e uno dei due Rom che giace incosciente al suolo. I teppisti rinculano
di qualche dozzina di metri, per poi contrattaccare con pietre e blocchi di
cementi. Quando intervengono i poliziotti, Jock è per metà incosciente. Uno
degli aggressori, Anton Zahariev, 19 anni, è ferito ed un corpo senza vita è
steso sul marciapiede: quello di Andreï Monov, studente di 20 anni. Nel
frattempo i Rom sono spariti, poco desiderosi di passare dalle mani degli
hooligan a quelle della polizia il cui razzismo non ha niente da invidiare ai
fan del "Levski". La maggior parte dei media bulgari si schiera immediatamente
contro questo "straniero", assassino di un bambino bulgaro, di conosciuta e
rispettabile famiglia. Il 7 dicembre 2009, Jock Palfreeman è condannato a 20
anni di prigione. La storia avrebbe potuto fermarsi qui.
Testimonianze rimosse
Il padre di Jock, arrivato personalmente dall'Australia per sostenere la
difesa di suo figlio, ha condotto una propria inchiesta e indicato numerose
anomalie. Il contesto della rissa - l'attacco di un gruppo contro due Rom prima
dell'intervento del giovane australiano - è stato totalmente ignorato nel corso
del processo. Diverse versioni contraddittorie di testimoni non sono state
ascoltate. Del resto la maggior parte non è stata interrogata nel corso
dell'istruttoria, particolarmente gli amici di Jock che si sono spontaneamente
presentati ed hanno lasciato i loro indirizzi.
I testimoni convocati in udienza sono stati uno degli hooligan partecipanti
all'assalto a Palfreeman, il portiere di un albergo lì vicino ed i poliziotti
arrivati sul posto che avevano proceduto ai primi interrogatori. Le versioni
sono radicalmente cambiate tra l'istruttoria ed il processo, donando alla fine
testimonianze confuse, incomprensibili ed inutilizzabili per la difesa, negando
persino la presenza dei Rom e quindi l'aggressione a questi ultimi. Lo stesso
hooligan ferito è passato dall'essere testimone a parte offesa, anche se faceva
parte degli aggressori.
Un video accidentalmente cancellato
Altra sfortunata coincidenza: una videocamera di sorveglianza aveva
fortuitamente registrato tutta la scena, l'aggressione ai Rom, poi il
contrattacco su Jock Palfreeman qualche dozzina dimetri più lontano. Ma quando
un anonimo poliziotto l'indomani andò a visionare il nastro, un corto circuito
"accidentale" distrugge la registrazione. "Non ha importanza", stima il
procuratore, Parvoleta Nikova, che considera che, in ogni modo "non avrebbe
visto il film"! Curiosa magistrato che, oltre a negare l'attacco ai Rom ed
il rifiuto di ascoltare i testimoni della difesa, respinge le conclusioni del
rapporto psichiatrico che dimostra che l'Australiano non aveva niente di un
violento psicopatico e che era invece guidato da idee di giustizia sociale. Per
tutto il processo, lo ha descritto come un pericoloso hooligan. Prodigioso
ribaltamento dei fatti!
E' questa visione che la maggior parte dei media riprende ampiamente,
insistendo sullo status di vittima del giovane Andreï Monov. Il clima
nazionalista che regna nel paese non aiuta certo a rendere una giustizia
veramente serena. Durante il processo di Jock, il fatto che la vittima, Andreï Monov
sia stato riconosciuto come adepto allo slogan "la Bulgaria ai Bulgari"
(aggiungete: senza i Rom e gli Ebrei) non ha avuto alcuna influenza sulla corte.
Al contrario: Jock Palfreeman è stato percepito come un "antifascista
esagitato" che ha deliberatamente attaccato giovani di cui non condivideva
il punto di vista. Precisiamo che l'antifascismo è visto molto male in questo
paese dove la lotta antifascista è stata per lungo tempo l'alibi del potere e
dell'ideologia totalitaria. Quanto a difendere i Rom, una minoranza apertamente
disprezzata dalla maggioranza della popolazione, questo non gioca a favore
dell'accusato. Dal canto loro, i Rom si sono discretamente interessati del caso,
come testimoniato da diversi interventi sui forum Internet della comunità.
"La Bulgaria ai Bulgari"
Jock Palfreeman vittima sacrificale delle disfunzioni del sistema giudiziario
bulgaro? Non c'è stato alcun slittamento della giustizia. Tutto è stato gestito
perché non ci fosse nessuna giustizia possibile. Perché Andreï Monov era il
figlio del celebre psicologo Hristo Monov, attualmente vice ministro della
sanità. Riconosciuto come esperto dalla polizia, resta un personaggio influente
negli ambienti politici. La famosa videocamera dal contenuto scomparso d'altra
parte si trovava su di un edificio... del ministero della sanità!
In foto: I tifosi del club Levski
Ancor prima dell'inizio del processo, il padre di Jock ha dichiarato in un
servizio del canale australiano ABC di non avere grande fiducia nella giustizia
bulgara. E' da capire: la Bulgaria, che dal 1 gennaio 2007 fa parte dell'Unione
Europea, è conosciuta per il livello molto alto di corruzione del suo sistema
giudiziario, comparabile, secondo il Barometro mondiale della corruzione 2009
dell'organizzazione
Transparency International, a quello di paesi come la
Cambogia, la Georgia e la Mongolia.
Messo in isolamento per aver ricorso in appello
Ad aggravare le cose, dal 19 febbraio Jock Palfreeman dal 19 febbraio scorso
è stato messo in isolamento totale. Questo significa che non ha più alcun
contatto con gli altri prigionieri, né accesso a libri, radio, televisione,
ancor meno la possibilità di seguire degli studi. Ha solamente diritto ad un'ora
e mezzo di aria quotidiana, da solo nel cortile. Questa situazione è la
conseguenza di una legge entrata in vigore nel giugno 2009, che si direbbe
diretta quasi espressamente contro di lui: tutti i prigionieri stranieri
condannati ad una pena detentiva superiore ai 15 anni devono restare in
isolamento sino alla fine del loro ricorso. Tuttavia, Jock Palfreeman si è
appellato alla decisione della corte. Il processo può durare ancora almeno due
anni. Quale mezzo migliore per dissuaderlo dal far valere i suoi diritti? Al
momento è l'unico prigioniero in Bulgaria in questa situazione, cosa che
evidentemente è contraria ai termini ed alle disposizioni della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo.
Forse c'è un'opportunità per
sostenere il giovane australiano. Se è vero che la giustizia non può
rendersi in un quadro nazionale, è possibile appellarsi alla Corte Europea dei
Diritti dell'Uomo senza attendere la fine del ricorso a livello nazionale.
Sarebbe anche l'occasione di rendere visibile una storia che non è uscita dalla
Bulgaria se non per essere pubblicizzata in Australia, paese che non ha grandi
mezzi d'azione diplomatica a migliaia di chilometri dalle sue frontiere.
L'Unione Europea non ha mosso un dito per un caso che non riguarda uno dei
suoi concittadini. Lo stesso padre di Jock ha preferito mantenere un profilo
discreto per non infiammare, oltre il necessario, gli spiriti pronti allo
sciovinismo. Una strategia che ormai chiaramente non è più necessaria. Già la
Conferenza UNITED
contro il razzismo, riunione delle OnG antirazziste, dei gruppi antifascisti
e delle associazioni dei migranti, dei Rom e per la difesa dei diritti umani in
33 paesi europei, svoltasi a metà maggio a Budapest, ha contribuito alla
conoscenza del caso Palfreeman. Un primo colpo contro l'iniquità a cui dovranno
seguirne altri.
Di Fabrizio (del 22/06/2010 @ 09:55:52, in Europa, visitato 4517 volte)
Dei campi profughi in Kosovo avvelenati dal piombo, qui se
n'è parlato parecchio, praticamente da quando esiste questo blog. Il mese
scorso, mi è stato regalato un libretto in inglese (non disponibile in Italia), con i nomi di tutti quanti
hanno colpevolmente contribuito a creare questa situazione. Lo tradurrò in
italiano a puntate. Questa è la prima:
Premessa
Nel gennaio 2009, il giornalista della BBC Nick Thorpe [leggi
QUI gli altri suoi articoli tradotti in italiano su Mahalla, ndr] visitò
con la sua squadra gli ex campi Rom/Askali dell'UNHCR a Mitrovica nord (Kosovo),
per riportare sui bambini che là soffrivano di avvelenamento da piombo.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità gli aveva già detto che questo era il
peggiore avvelenamento da piombo mai verificatosi in Europa e forse nel
mondo.
Dopo aver visitato diverse famiglie e filmato i bambini che guardavano la
telecamera coi loro occhi bruni senza speranza, si voltò verso di me chiedendomi
con disgusto: "Chi è responsabile di questa tragedia? Voglio saperlo!"
Questo libro ti dice, Nick, chi è stato responsabile di questa negligenza
mortale e senza senso.
Paul Polansky
(foto tratta da
Le
nouveau NH) - Fabricka, il quartiere Rom ed Askali a Mitrovica sud, un
anno dopo la loro cacciata da parte dei loro vicini albanesi, mentre le truffe
francesi osservavano senza agire. Nessuna casa è stata bruciata. Gli Albanesi
semplicemente hanno sventrato le case per sottrarne mattoni, infissi, porte e
finestre
Una storia personale dei campi di Kouchner
Anche se l'Armata di Liberazione del Kosovo (ALK) e gli estremisti di etnia
albanese iniziarono questa tragedia senza senso durante l'estate 1999, poterono
farlo semplicemente perché le truppe NATO francesi permisero che questa pulizia
etnica avesse luogo. Non successe in una sola notte. Ci vollero tre mesi perché
tutte le famiglie rom e Askali (circa 8.000 persone; la più grande comunità
zingara in Kosovo) abbandonassero le loro case.
Un mese dopo l'inizio, sentii della diaspora dei Rom di Mitrovica che
cercavano rifugio nel campo UNHCR dove lavoravo come consulente ONU per i loro
problemi "zingari". Presi una macchina in prestito e guidai verso la scena. Fu
uno strappo al cuore vedere genitori terrorizzati che portavano bambini in
pianto, trascinare valigie e tutto ciò che potevano portarsi dietro: una
pentola, un materasso, una radio. Quando arrivai, molti Zingari stavano
supplicando i soldati francesi armati di tutto punto di salvarli. Li raggiunsi,
chiedendo ai soldati francesi di intervenire. Un ufficiale francese mi disse
rudemente che le truppe NATO non erano una forza di polizia. Poi venni
trattenuto e portato al quartiere generale dell'esercito francese in un albergo
del centro città. Mi sequestrarono le foto e mi dissero che non avevo il
permesso di ritornare nel settore francese del Kosovo.
Una settimana dopo ritornai, usando un permesso stampa con un nome
differente. Trovai circa 800 Zingari di Mitrovica rifugiati in una scuola serba
sul lato opposto del fiume Ibar. Non avevano cibo, né sapone. I bagni erano
straripati. Ancora nessuna agenzia di aiuto li aveva scoperti; o, secondo
qualcuno, li ignoravano. Tramite Oxfam di Pristina portammo acqua da bere e
prodotti igienici, e poi riferii della loro situazione all'UNMIK. Qualche giorno
dopo l'UNHCR portò agli Zingari dei pacchi alimentari.
A metà settembre i Serbi rivolevano l'edificio per l'anno scolastico. Così le
truppe francesi e la polizia ONU spostarono gli Zingari in tende su di un'area
tossica abbandonata vicino al villaggio di Zitkovac.
Stavolta protestai direttamente col Rappresentante Speciale del Segretario
Generale (RSSG), dr. Bernard Kouchner. David Reily, capo dell'UNHCR, venne con
me. Depositi di scorie tossiche circondavano il campo zingaro. Potevi odorare
gli elementi tossici. Quando soffiava il vento, la polvere di piombo copriva
tutto e rendeva difficile respirare. Il dr. Kouchner, un famoso attivista
umanitario francese, mi assicurò che gli Zingari sarebbero rimasto su quel sito
solo per 45 giorni. Poi sarebbero stati riportati alle loro case e protetti
dalle truppe francesi o portati come rifugiati in un altro paese. Disse di
essere un dottore. Comprendeva il pericolo di minaccia alle vite nel vivere su o
accanto a depositi di scorie tossiche. Disse: "Come dottore, e come
amministratore capo del Kosovo, sarei miserabile se questa minaccia alla salute
dei bambini e di donne incinte continuasse per un solo giorno ancora." Dichiarò
anche che la situazione era un crimine.
A novembre tornai negli Stati Uniti per scrivere delle mie esperienze in
Kosovo. Quando tornai la primavera successiva per visitare gli insediamenti
delle minoranze in Kosovo e riportare delle loro condizioni alla Società per i
Popoli Minacciati (GFBV), visitai questi Zingari di Mitrovica. Non erano tornati
alle loro case o in un paese terzo. Ora erano alloggiati in baracche temporanee,
tutte su terreno contaminato.
Ero anche scioccato di scoprire che il mio amico David Reily, 50 anni, era
morto a gennaio nel suo appartamento a Pristina per un attacco di cuore. Il suo
sostituto, un Neozelandese di nome Mac Namara, si rifiutò di ricevermi e di
discutere la difficile situazione di questi 800 Rom/Askali nei campi UNHCR
contaminati dal piombo. Tuttavia, fui incoraggiato perché il dr. Kouchner aveva
ordinato alla propria squadra medica ONU di prendere campioni sanguigni dai
bambini zingari che vivevano sui depositi tossici, per vedere se le loro vite
fossero in pericolo.
Ritornai negli USA prima che i risultati fossero resi noti. Ma quando
ritornai in Kosovo la primavera seguente (2001) e trovai che gli Zingari
vivevano ancora in questi tre campi, amministrati dall'Agenzia svizzera di
Soccorso ACT e dal loro partner di sviluppo: Norwegian Church Aid, immaginai che
la squadra medica di Kouchner avesse trovato il sito sicuro.
Anche se io e Kouchner nel 2000 ci scambiammo della corrispondenza sulla
situazione degli altri Rom e Askali, della loro mancanza di libertà di movimento
in altre parti del Kosovo e sulla mancanza di aiuti umanitari, non vidi più
Kouchner.
Ora, vivendo a tempo pieno in Kosovo, mi tenevo in contatto regolare con gli
Zingari dei campi posti su terreni tossici. Quando nel 2002 ACT e NCA smisero di
consegnare cibo e prodotti igienici, iniziai a fornire agli Zingari quel poco
aiuto che riuscivo a trovare. Assunsi anche due sorelle romanì (Tina e Dija) per
insegnare migliori misure igieniche alle donne del campo e ai bambini, anche se
era difficile mantenere puliti i bambini dalla polvere che si alzava dai cumuli
di scorie, visto che passavano all'aperto la maggior parte del tempo.
Non compresi che c'era qualcosa di tragicamente sbagliato nel campo, finché
le due sorelle romanì non mi dissero che le donne del campo lamentavano un alto
numero di aborti e che molti dei bambini stavano sempre male (vomitavano e
cadevano in coma). Poi alcuni dei bambini morirono.
La morte che mi chiarì le idee su cosa stava succedendo nei campi fu quella
di Jenita Mehmeti, di quattro anni. Frequentava l'asilo del campo, quando la sua
maestra si accorse che Jenita stava perdendo la memoria e aveva difficoltà a
camminare. Fu portate nell'ospedale locale a Mitrovica e da lì trasferita
d'urgenza in ambulanza in un ospedale meglio equipaggiato a Kraguevac (Serbia).
Jenita rimase lì per tre mesi prima di morire. La causa della morte fu
diagnosticata in "herpes", un'infezione non fatale a meno di malfunzionamenti
del sistema immunitario. Come per l'Aids, l'avvelenamento da piombo distrugge il
sistema immunitario specialmente nei bambini di età inferiore ai sei anni.
Subito dopo la morte di Jenita nel 2004, una squadra medica ONU guidata
dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) fece l'esame del sangue a molti
bambini in tutti tre i campi, per vedere se avevano avvelenamento da piombo,
dato che i loro sintomi lo indicavano. I risultati scioccarono tutti. I livelli
di piombo in molti bambini erano più alti di quanto le apparecchiature mediche
potessero misurare. A novembre un rapporto OMS indicò che alcuni dei livelli di
piombo nei bambini di quei campi erano i più alti mai registrati nella
letteratura medica.
Distretto rurale di Rotenburg
A causa delle sue "scandalose espulsioni", il Consiglio per i Rifugiati della
Bassa Sassonia ha aspramente criticato il distretto di Rotenburg e la Bassa
Sassonia. Il caso di due famiglie, rimpatriate Mercoledì 17 Marzo in maniera
forzosa da Rotenburg in Kosovo, mostrerebbe che quando si tratta di rifugiati
provenienti dal Kosovo le autorità non hanno nessuna pietà, nemmeno per le
persone anziane o gravemente malate.
"La famiglia S. (i genitori e tre bambini) è stata rimpatriata nonostante due
dei suoi membri fossero gravemente malati", spiega Bastian Wrede del Consiglio
per i Rifugiati. "La signora S. soffre di una psicosi cronica e necessita
regolarmente di medicinali e di continui trattamenti medici specialistici. Il
figlio di sedici anni soffre di diabete di tipo 1 e necessita di dosi di
insulina più volte al giorno. A causa di un ritardo nell'apprendimento, non è in
grado di provvedere da solo al dosaggio delle sue medicine; e poiché nemmeno sua
madre si trova in condizione di farlo, il ragazzo dipende dall'aiuto del padre.
Un dosaggio sbagliato o la mancata somministrazione dell'insulina possono avere
pericolose conseguenze nel lungo periodo, persino mortali. Come verranno
assicurate, in Kosovo, l'assistenza medica ed i medicinali per la signora S. e
per suo figlio, non risulta sin'ora chiaro.
A quanto riporta il Consiglio per i Rifugiati, anche i nonni della famiglia S.
sarebbero stati prelevati da Rotenburg e portati all'aeroporto di Düsseldorf.
Nonostante entrambi siano malati di diabete e dipendano da trattamenti
farmacologici e cure specialistiche, li si voleva spedire anch'essi in Kosovo.
Il loro rimpatrio è stato solo sospeso, poiché la nonna, che a causa del diabete
è quasi cieca, è collassata in aeroporto e si è dovuto procedere col suo
trasferimento in ospedale.
"La famiglia S appartiene alla minoranza rom degli Ashkali, che in Kosovo è
sottoposta a massiccia discriminazione. Molti appartenenti a tale minoranza
vivono segregati in insediamenti dove regna la povertà, e non ricevono alcuna
assistenza sociale o medica", ha dichiarato Bastian Wrede.
Il secondo caso è quello della famiglia R. di Zeven. Il padre, psichicamente
malato e a rischio suicidio, ha dovuto essere trasportato in ambulanza a
Dusseldorf, dall'aeroporto in un ospedale. La famiglia è stata così separata,
con la signora R. ed i tre bambini che da soli sono stati espulsi verso il
Kosovo.
"I rimpatri spietati di Rom ed Ashkali, nei quali le autorità includono senza
alcun riguardo i malati e gli anziani e non si fermano neppure di fronte alla
prospettiva di separare una famiglia, portano distintamente la firma del
Ministero degli Interni della Bassa Sassonia", è la constatazione del Consiglio
per i rifugiati. L'organizzazione ha esortato il governo dello stato federato e
le autorità competenti in materia d'immigrazione a cessare i rimpatri in Kosovo
di persone gravemente malate o appartenenti ad una minoranza etnica, e di
curarsi della salvaguardia delle famiglie.
Anche Hans-Peter Daub, sovrintendente della diocesi di Rotenburg della Chiesa
Evangelico - luterana, appare colpito dalla "enorme durezza" con la quale
l'autorità civile esegue i rimpatri. Il consigliere per i rifugiati, Eckhard
Lang dell'opera diaconale, ad esempio conosce ed offre sostegno da molto tempo
alla famiglia S., la quale vive a Rotenburg da più di venti anni ed i cui figli
sono nati in Germania. Già l'anno passato la diocesi si era interessata al loro
destino ed aveva partecipato ad una raccolta firme indetta dal Consiglio per i
rifugiati. L'iniziativa aveva lo scopo di assicurare la permanenza dei rifugiati
Rom kosovari in Germania, al fine di dare loro prospettiva di vita (vedi
www.rotenburger-rundschau.de). "Il fatto che l'amministrazione non mostri
quasi alcun riguardo per le condizioni di salute delle persone coinvolte, ci
sembra un punto particolarmente problematico" lamenta Daub, secondo il quale la
situazione in Kosovo per i rifugiati rimpatriati sarebbe tanto disastrosa ora
quanto lo era prima.
Bastian Wrede ha annunciato che il Consiglio per i Rifugiati effettuerà
un'indagine sulle modalità di svolgimento dei rimpatri e sui successivi sviluppi
delle situazioni riguardanti le due famiglie coinvolte. Una verifica della
legalità dei procedimenti sarà svolta in collaborazione con gli avvocati delle
famiglie stesse.
Con un'espulsione collettiva, il 17 Marzo sono state rimpatriate in Kosovo 53
persone: tra queste, anche 30 appartenenti alle minoranze etniche Rom e Ashkali.
Di Fabrizio (del 29/06/2010 @ 09:27:17, in Europa, visitato 3905 volte)
by Paul Polansky
[continua] Quando vennero resi noti i risultati degli esami, l'OMS chiese
l'immediata evacuazione dei tre campi. Poche settimane dopo ICRC si aggiunse a
molte altre OnG nel richiedere un urgente sgombero per ragioni mediche.
Il 25 novembre, durante un incontro delle OnG nel quartiere generale UNMIK a
Mitrovica sud, venne rivelato dal rappresentante di Norwegian Church Aid che il
gruppo medico del dr. Kouchner aveva trovato alti livelli di piombo nel sangue
dei bambini pure nell'estate del 2000. Un rapporto preparato allora dal gruppo
medico ONU raccomandava che i tre campi fossero evacuati. Chiesi
immediatamente all'UNMIK una copia di quel rapporto del 2000. Mi dissero che non
era disponibile al pubblico.
Conoscendo diversi Albanesi che lavoravano con l'UNMIK, tentai di avere
tramite loro una copia del rapporto. Mi venne detto che era sotto chiave e
considerato "top secret".
Un anno più tardi trovai quel rapporto del gruppo medico ONU datato novembre
2000 sul web (non etichettato come documento UNMIK, ma sotto il nome del dottore
che l'aveva cofirmato). Rintracciai il dottore, Andrej Andrejew. Ora lavorava
per una ditta farmaceutica a Berlino. Dopo pranzo, mi confermò che i livelli di
piombo nel 2000 erano così alti tra i bambini dei campi zingari, che il
laboratorio in Belgio che analizzava i loro campioni di sangue pensava ad un
errore, perché non aveva mai visto livelli tanto alti. L'ex dottore dell'ONU di
Kouchner rimase scioccato nel sentire che i campi non erano stati evacuati ed il
terreno era stato cintato perché la gente estranea non potesse accidentalmente
addentrarvisi, come raccomandava nel suo rapporto. Poco dopo aver compilato il
suo rapporto, Andrej aveva lasciato il Kosovo, ritenendo che Kouchner avrebbe
seguito le raccomandazioni della sua squadra medica ONU.
Fui il primo giornalista a rendere pubblica la storia dei campi. In un
articolo che venne pubblicato dall'International Herald Tribune il 25 aprile
2005, descrissi l'orrore e scrissi che sino a quel momento erano morti nei campi
25 Zingari, la maggior parte in seguito a complicazioni dovute ad avvelenamento
da piombo. Nonostante le ricadute internazionali alla notizia, l'UNMIK rifiutò
ancora di evacuare i campi.
Da allora, con la mia squadra GFVB visitai i campi diverse volte a settimana
per controllare la salute dei bambini. Un giorno la madre di Jenita mi disse che
sua figlia Nikolina di due anni mostrava gli stessi sintomi di Jenita prima che
morisse. Venne avvisata l'equipe medica NATO di Mitrovica nord. Venne richiesto
loro il permesso di un immediato trasporto di Nikolina a Belgrado, l'unico
ospedale nei Balcani che trattava l'avvelenamento da piombo. Il capo dell'equipe
medica NATO di Mitrovica, il dr. Sergey Shevchenko, rifiutò.
Il giorno dopo chiamai personalmente il dr. Shevchenko e lo implorai di
trasportare Nikolina a Belgrado. Rifiutò nuovamente. Invece di discutere con lui
(un optometrista di Vladivostok, Russia, che parlava inglese), io e la mia
squadra caricammo Nikolina e sua madre sul mio caravan per andare a Belgrado.
Dato che non avevano passaporti, e nemmeno documenti personali, dovetti farle
passare di contrabbando attraverso il confine serbo-kosovaro nascoste nel bagno
del mio caravan.
A Belgrado, i livelli di piombo riscontrati a Nikolina mettevano a rischio la
sua vita. Dopo tre settimane di trattamento i suoi livelli si erano ridotti, ma
fui avvertito che probabilmente avrebbe avuto danni irreversibili al cervello e
che se l'avessimo riportata alla fonte dell'avvelenamento, probabilmente sarebbe
morta. Con l'aiuto di un olandese che lavorava per un'OnG internazionale (da cui
travasava soldi per le piccole spese), affittammo un appartamento nel villaggio
di Priluzje dove la famiglia di Jenita aveva dei parenti. Usando il mio caravan,
li traslocai personalmente con le loro poche cose dalle baracche ONU. Col tempo
trovai un donatore americano che comprò loro un pezzo di terra. Dopo un anno,
un'OnG internazionale costruì loro una casa.
Dato che non riuscivo a convincere l'ONU ad evacuare i tre campi e salvare
questi bambini rom ed askali, pubblicai in proprio un libriccino (UN - Leaded
Blood) sulla loro situazione e produssi un documentario (Gipsy Blood). Anche se
tutti e due produssero uno scandalo in Kosovo, l'ONU si rifiutò ancora di
sgomberare i campi e curare questi bambini.
Mentre giravo il mio documentario, scoprimmo un'altra famiglia che aveva dei
bambini con gli stessi livelli di piombo di Jenita e Nikolina. Ma prima che
potessi fare qualcosa, morirono la madre e un fratellino. Un dottore a cui avevo
chiesto di investigare sulle loro morti, era convinto che entrambe fossero morti
per complicazioni dovute ad avvelenamento da piombo. Era dell'opinione che i
sette bambini superstiti non sarebbero sopravissuti se non fossero stati rimossi
dalla fonte di avvelenamento e ricevuto trattamento medico urgente.
Ancora una volta, la dura e compiacente amministrazione UNMIK rifiutò di
agire. Così la mia OnG tedesca, GFBV, contattò il giornale di più grande
tiratura in Germania, chiedendogli di visitare il campo e scrivere una storia su
questa tragedia. Non solo il giornale, la Bild Zeitung, venne in Kosovo, ma
tramite la loro fondazione per l'infanzia (Ein Hertz für Kinder) portarono tutta
la famiglia in Germania per le cure. Per aiutare la famiglia durante e
dopo il trasporto, il giornale chiese a me ed al mio gruppo romanì di
accompagnarla.
In Germania, scoprirono che non solo la famiglia romanì necessitava di cure
mediche, ma anche io ed il mio gruppo romanì. I nostri livelli di piombo, anche
solo con visite periodiche nei campi, erano del livello doppio di quello che
poteva causare danni irreversibili al cervello. Quindi assieme ai sette bambini
e al loro padre, anche noi fummo curati.
Prime del trattamento, tutti noi facemmo una TAC. Quando toccò a Denis, sette
anni, il dottore incaricato mi indicò il fegato del bambino e mi disse: "E' il
fegato di un sessantenne alcolizzato che beve una bottiglia di whiskey al
giorno. Questo bambino non arriverà a 20 o 30 anni. E' quello che gli ha fatto
l'avvelenamento da piombo!"
Nel 2006 finalmente l'ONU decise di fare qualcosa per acquietare le accuse
che col mio team e l'avvocata americana Dianne Post, che ora rappresentava le
oltre 150 persone dei campi rom/askali, continuavamo a generare sulla
tragedia dell'avvelenamento da piombo. Nel 2005 le truppe francesi avevano deciso
di lasciare la sua base a Mitrovica nord. L'ONU traslocò due dei tre campi
zingari nell'ex base francese.
Una volta di più rimasi scioccato dall'atteggiamento insensibile dell'UNMIK
in questa situazione. La base francese, chiamata Osterode, era a solo 50 metri
da due dei campi zingari contaminati. Anche il campo francese era ricoperto
dalla polvere tossica generata dalle 100 milioni di tonnellate di scorie
nell'area. I soldati francesi, che tanto io quanto i reporter del NY Times
avevamo intervistato in separate occasioni, lamentavano che i dottori militari
avevano avvisato ogni soldato in servizio nella base, di non generare bambini
per nove mesi dopo aver lasciato il Kosovo, a causa dell'alto livello del piombo
nel loro sangue.
Comunque, dopo aver speso 500.000 euro donati dal governo tedesco per
ristrutturare il campo di Osterode, una squadra di valutazione ambientale della
CDC di Atlanta, Georgia, dichiarò Osterode come "libero dal piombo". Poi
l'ufficio USA a Pristina dichiarò di essere pronto a donare 900.000 $ per cure e
per una dieta migliore per i bambini evacuati ad Osterode. Inoltre l'UNMIK
promise che gli Zingari sarebbero rimasti ad Osterode per non più di un anno.
Poi sarebbero stati trasferiti in nuovi appartamenti costruiti per loro nel
vecchio quartiere.
Dato che diverse OnG e anche i leader del campo non ritenevano che Osterode
fosse "libero dal piombo", si fecero subito degli esami sanguigni ai bambini
dopo che arrivarono ad Osterode. Un anno dopo vennero nuovamente controllati i
loro livelli di piombo. Non fu sorprendente per me e la mia squadra, ma lo fu
per l'UNMIK: molti livelli erano aumentati nonostante una dieta migliore ed
alcuni trattamenti medici di base. Quando vennero conosciuti questi risultati, i
dottori smisero le loro cure, dicendo che facevano più male che bene. Nuovamente
si disse che era necessario allontanare la gente dalla fonte di avvelenamento,
prima di essere curati per intossicazione da piombo.
Quando pubblicai il primo articolo sui campi nel 2005 sull'International
Herald Tribune, riportavo che 27 Zingari (inclusi molti bambini) erano già morti
nei campi. Alla fine del 2006, il numero era più che raddoppiato, e per la fine
del 2009 il conto era a 84. E gli Zingari vivono tuttora ad Osterode e nel
vicino campo di Cesmin Lug.
Tra il 2007 e il 2008 diverse OnG costruirono o finanziarono la costruzione
di appartamenti nel vecchio quartiere zingaro di Mitrovica sud. Ma questi
appartamenti non vennero dati, come promesso, a quanti soffrivano dei più alti
livelli di avvelenamento da piombo. Per mostrare che funzionava la loro politica
di far tornare gli Zingari rifugiati in altri paesi, l'UNHCR diede la maggior
parte di quegli appartamenti a quanti tornavano dal Montenegro e dalla Serbia.
Dopo aver provato a far pressione sull'ufficio USA a Pristina per trasportare
via aerea questi 650 Zingari a Fort Dix, NJ, come il governo americano aveva
fatto per oltre 7.000 Albanesi nel 1999 per salvarli dai paramilitari di
Milosevic, USAID propose invece il progetto di costruire 50 appartamenti per i
Rom dei campi, ovunque loro volessero in Kosovo. Mercy Corps, un'OnG
internazionale degli USA, venne incaricata del contratto, anche se non avevano
mai avuto a che fare con i campi zingari ed allora non avevano Rom o Askali nel
loro staff. Tuttavia, nell'ottobre 2008 Mercy Corps assunse una romnì della mia
squadra ed aprì un ufficio a Mitrovica sud per onorare il contratto di 2.400.000
$ affidatogli da USAID.
Di Fabrizio (del 29/06/2010 @ 09:52:48, in Europa, visitato 2240 volte)
Da
Czech_Roma: Sabato e domenica scorsi la CNN ha trasmesso una puntata
sul caso della piccola
Natálka e sulla situazione dei Rom nella Repubblica Ceca.
Sul suo sito, oltre all'articolo che traduco, potete vedere anche foto e
video in inglese - By Andrew Tkach, CNN
Natálka prima dell'attentato e durante il ricovero - foto tratta da
Blesk.cz
Vitkov, Repubblica Ceca (CNN) - Natálka Kudrikova è una bambina di tre
anni dagli occhi vivaci, ricoverata per gravi ustioni quando estremisti di
destra lanciarono una molotov dentro casa sua.
La sua famiglia e le autorità dicono che venne presa a bersaglio perché rom,
zingara. Natálka ha perso l'80% della pelle, due dita (una terza è stata
amputata in seguito) e ha passato mesi giacendo in un coma indotto, dopo
l'attacco dell'anno scorso a Vitkov [...]. Sta tuttora recuperando dopo 14
operazioni.
A maggio Natálka è tornata nell'ospedale di Ostrava per le sessioni
riabilitatorie, così che un giorno sia capace di muoversi da sola. "Preferirei
non riportarla in ospedale," dice sua madre, Anna Sivakova, "ma se deve tornare,
il mio sogno è che impari a camminare senza nessun aiuto."
Proprio il giorno dopo, contro quattro giovani accusati dell'assalto,
detenuti dal tribunale distrettuale di Ostrava venivano formalmente accusati di
attentato a sfondo razziale e tentato omicidio.
Secondo il procuratore, l'attacco venne pianificato per il 120° anniversario
della nascita di Adolf Hitler. Gli esperti del tribunale confermano di aver
trovato svastiche ed altri cimeli nazisti nelle case degli accusati.
In tribunale, Ivo Muller e Vaclav Cojocaru hanno descritto il loro attacco
coordinato con le molotov. Come unica scusa - dicono che pensavano si trattasse
di un magazzino vuoto usato per merci rubate.
Negli interrogatori incrociati, Muller e Cojocaru hanno ammesso di aver preso
parte a manifestazioni anti-Rom organizzate da estremisti di estrema destra.
Gli altri accusati, Jaromir Lukes e David Vaculik, non hanno testimoniato.
Lukes è accusato di essere l'istigatore, accusa che il suo difensore nega
decisamente, anche se concede che sia stato proprio Lukes a condurre
l'automobile sul luogo. Il suo avvocato inoltre nega con veemenza qualsiasi
motivazione razziale all'assalto.
Un sito antifascista ha pubblicato una foto di Lukes che cammina accanto al
leader del Partito dei Lavoratori di estrema destra. Un'altra foto mostra
Vaculik che indossa il bracciale del Partito dei Lavoratori, la faccia pubblica
dell'estrema destra ceca.
Il leader dell'ora bandito Partito dei Lavoratori, Tomas Vandas, ha negato
qualsiasi coinvolgimento.
"Sì, forse possiamo aver usato quella gente come organizzatori dei nostri
incontri pubblici, ma come avremmo potuto sapere che volevano commettere un
crimine?" ha detto Vandas. "Spero che Natálka migliori presto," ha aggiunto.
Miroslav Mares, dell'università Masaryk di Brno, è un esperto sui gruppi
estremisti cechi.
Dice che è improbabile che il Partito dei Lavoratori sia direttamente
coinvolto nell'attacco incendiario, ma che sono stati responsabili "per aver
infiammato i sentimenti anti-Rom."
Dice: "Forse alcuni tra i più giovani nella scena neonazista si sono detti,
-Se tutta la popolazione è contro i Rom, siamo giustificati a portare avanti
simili attacchi.-"
E le indagini mostrano che il sentimento anti-Rom è diffuso. Il sito EURoma
dell'Unione Europea dice che tra i Rom cechi resistono tassi di disoccupazione
estremamente alti, bassi standard scolastici, isolamento ed i pregiudizi della
popolazione maggioritaria.
Dice Marek: "Nelle regioni con alta disoccupazione e povere condizioni
sociali, l'ascesa dell'estremismo è popolare tra i giovani disoccupati maschi,
ma possiamo vedere sempre più donne nella scena neonazista."
Lucie Slegrova, 20 anni, è una convinta militante dell'ora rinominato Partito
della Giustizia Sociale dei Lavoratori. Nega che il suo partito si sia ispirato
all'ideologia nazista di Hitler.
Invece, dice, seguono le loro idee nazionaliste. Dice, "La Repubblica Ceca
dovrebbe essere per gente che sa come comportarsi. Se gli zingari non vogliono
seguire le regole, sono liberi di andarsene."
Solo l'1% dei votanti ha scelto il Partito della Giustizia Sociale dei
Lavoratori alle ultime elezioni, ma il Primo Ministro, Jan Fischer, si preoccupa
del fatto che il 7% degli studenti cechi ha votato per i partiti dell'estrema
destra, secondo un ufficioso sondaggio nazionale.
"Molta gente è stufa dei politici, ed ha problemi per la crisi e la
recessione," dice Fischer, "il mio messaggio a loro è: per favore riflettete e
non credete a questi cattivi profeti."
Il movimento di estrema destra ha ottenuto i maggiori successi nella vicina
Ungheria, dove il 17% dei votanti ha scelto il partito Jobbik alle ultime
elezioni.
Anche la violenza è cresciuta. Negli ultimi due anni, secondo European
Roma Rights Centre (ERRC), in Ungheria sono stai uccisi nove Rom durante
attacchi notturni.
Gli assalti ai Rom sono diventati un tema anche nella campagna elettorale
slovacca. Il locale Partito Nazionale ha commissionato dei manifesti che
mostravano un uomo tatuato e dalla pelle scura con un messaggio provocatorio:
"Votate SNS così non dovremo nutrire chi non vuole lavorare."
C'e' davvero un'emergenza ROM in Europa? Un viaggio verso l'EST alla ricerca
delle storie che nessuno racconta: dai bambini bruciati vivi agli esempi di
integrazione.
Di Fabrizio (del 06/07/2010 @ 09:56:11, in Europa, visitato 4228 volte)
by Paul Polansky
[continua] Venne immediatamente indetta un'indagine su dove i Rom e
gli Askali del campo volessero vivere. Oltre il 90% dichiarò che intendeva
rimanere a Mitrovica nord con i Serbi. Gli Zingari del campo avevano paura di
tornare a vivere accanto ai vicini albanesi che li avevano cacciati nel 1999.
Inoltre, tutti i loro bambini ora erano andati alle scuole serbe a Mitrovica
nord per otto anni e non volevano imparare una nuova lingua prima di frequentare
le scuole albanesi a sud. Però, dato che l'ambasciata USA a Pristina era
riluttante a cooperare con i Serbi, un membro albanese di Mercy Corps fu inviato
a Mitrovica nord per discutere la possibilità di acquisire un terreno per il
progetto. Naturalmente, i Serbi e questo Albanese non si videro mai di persona e
non venne offerto nessun terreno.
Dopo aver sentito ciò, contattai Mercy Corps (MC) e li invitai ad
accompagnarmi a Belgrado, dove si determinavano la maggior parte delle decisioni
riguardanti Mitrovica nord. Mercy Corps rifiutò, dicendo che l'unica soluzione
era di costruire gli appartamenti nel vecchio quartiere zingaro di Mitrovica
sud. Ciononostante, andai da solo a Belgrado e dopo incontri con gli incaricati
del governo, mi fu assicurato che se gli Zingari del campo volevano rimanere a
nord, si sarebbe trovato un terreno per loro. Mercy Corps rifiutò ancora di
riconsiderare cosa volevano realmente gli Zingari dei campi, nonostante il
progetto USAID che dichiarava che le case sarebbero state costruite dove gli
Zingari intendevano stare in Kosovo.
Nel progetto USAID da 2,4 milioni di $ era anche stipulato che sarebbe stato
fornito ai Rom e agli Askali il trattamento medico, una volta che si fossero
spostati dai campi tossici. Però, in diverse interviste che ebbi con Mercy Corps
ai massimi livelli in Kosovo, MC rifiutò di rivelare cosa richiedeva quella
soluzione medica. I Rom che avevano già fatto ritorno al loro vecchio quartiere
non vennero curati, nonostante mostrassero alti livelli di piombo un anno dopo
aver lasciato i campi.
Nel contempo, l'UNHCR convinse il governo del Kosovo ad assumere
l'amministrazione dei campi, togliendo all'ONU la responsabilità degli Zingari
dei campi che continuavano a morire di complicazioni legate all'avvelenamento da
piombo.
Nel 2009, l'Unione Europea decise di aiutare l'ONU in Kosovo ed inviò una
"squadra di giustizia" chiamata EULEX per sovrintendere al sistema giudiziario
che era nel caos. Nel loro mandato, i giudici UE dovevano consigliare e
sorvegliare il sistema giudiziario kosovaro ed intervenire solo nei casi di
"accadimento di serio crimine" che il governo del Kosovo rifiutava di
perseguire.
Anche se avevo coinvolto diversi avvocati nei casi contro l'ONU a favore
degli Zingari dei campi, non era sin qui trapelato niente perché l'ONU tentava
di nascondere le proprie responsabilità sotto lo scudo dell'immunità. Fidandomi
dunque negli standard europei di giustizia, scrissi al capo della missione EULEX,
chiedendo un appuntamento per discutere questo "grave crimine di negligenza
infantile di massa", che dava come risultato oltre 80 morti e danni cerebrali
irreversibili a tutti i bambini zingari nei campi. Con mia grande sorpresa, il
generale francese in pensione a capo della missione EULEX, Yves de Kermabon,
rifiutò di ricevermi. Mi contestò che non era stato commesso nessun grave
crimine.
Guardando indietro, vedo un forte continuum francese in questa tragedia senza
senso che dura da 11 anni: truppe francesi rifiutarono di fermare gli Albanesi
che cacciavano questi Zingari dalle loro case nel 1999; il dr. Bernard Kouchner,
ex Ministro della Sanità nel governo francese, che sistemò i profughi zingari su
di un terreno contaminato e quando i loro bambini ebbero i più alti livelli di
piombo nella storia medica, rifiutò di evacuarli e curarli; la KFOR francese che
spiana con i bulldozer le strutture delle case zingare che avrebbero potuto
essere riparate e ricostruite; un generale francese in pensione a capo della
squadra di giustizia europea che rifiuta persino di ascoltare le accuse di gravi
e mortali negligenze verso i bambini durate 11 anni. Naturalmente, con
ogni probabilità voleva coprire il fatto che i bulldozer dell'esercito francese
nella KFOR avevano distrutto tutte le case francesi che ancora resistevano nel
loro vecchio quartiere, così facendo cancellando ogni prova della loro
precedente presenza. Dopo tutto, una volta era un incaricato della KFOR in
Kosovo.
Ma perché questi Francesi erano così anti-zigani? Forse la ragione è nella
loro storia o nella loro tradizione. Durante la II guerra mondiale nella
repubblica di Vichy (chiamata anche Francia Libera) i Francesi avevano più campi
di concentramento solo per zingari (9) che qualsiasi altro paese d'Europa,
Germania compresa.
C'erano almeno 40 altri campi come Camp Gurs (Pirenei Atlantici) dove altri
piccoli gruppi di Zingari erano detenuti per i lavori forzati. Viene stimato
dagli storici dell'Olocausto che la Francia Libera internò oltre 30.000 Zingari
nella II guerra mondiale.
Considerando questi terribili fatti, non è difficile capire perché le truppe
francesi rifiutarono di fermare gli Albanesi kosovari dalla pulizia etnica di
8.000 Zingari di Mitrovica, o perché il dr. Bernard Kouchner non volesse perdere
il suo tempo cercando di salvare 4.000 bimbi zingari dall'avvelenamento da
piombo. Dopo tutto, tradition is tradition.
Naturalmente, non sono solo i Francesi ad avere responsabilità in questa
tragedia senza senso. Nelle pagine seguenti leggerete di quanti avrebbero potuto
aiutare e non l'hanno fatto. Compiacimento? Incompetenza? Insensibilità? Tu,
lettore, devi decidere se si meritano questi anti-premi... per la loro
negligenza mortale.
Paul Polansky
Pristina, Kosovo
Febbraio 2010
I governatori ONU del Kosovo
Dal giugno 1999, il Kosovo è stato amministrato dalle Nazioni Unite in base
alla Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza. L'Amministrazione ONU del
Kosovo (UNMIK) è guidata da un Rappresentante Speciale del Segretario Generale (SRSG).
L'SRSG ha pieni poteri nello sviluppare qualsiasi azione ritenuta necessaria per
il bene pubblico in Kosovo. Per esempio, nel 2004 durante un sollevamento
albanese contro le enclavi serbe, l'SRSG Holkeri ordinò l'evacuazione di diverse
comunità, mentre la polizia ONU rimosse fisicamente migliaia di Serbi che
rifiutavano di lasciare le loro dimore. Nel 2006, l'SRSG Jessen-Petersen
appoggiò la suo vice Patricia Waring nell'impiego della polizia ONU per
traslocare fisicamente centinaia di Albanesi che si riteneva fossero in pericolo
di vita, dato che le loro case potevano collassare perché il loro villaggio era
costruito sopra le gallerie delle miniere. In entrambe i casi, la maggior parte
della gente rifiutava di andarsene e dovette essere evacuata a forza.
Nonostante questi e molti altri precedenti, tutti gli SRSG hanno rifiutato di
evacuare i Rom e gli Askali che dal 1999 vivono nei campi ONU costruiti su
terreno contaminato. Anche se molti dei loro bambini hanno i più alti livelli di
piombo nella letteratura medica, e molti sono nati con danni irreversibili al
cervello a causa dell'avvelenamento da piombo, l'UNHCR (incaricata dei campi
sino al dicembre 2008) ha rifiutato di ottemperare alla richiesta della sua
agenzia sorella ONU, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, di evacuare
immediatamente i campi e fornire cure urgenti.
Di seguito ci sono gli anti-premi per questi SRSG che attraverso ignoranza,
compiacimento, incompetenza e/o insensibilità (decidi tu) hanno rifiutato di
salvare questa gente, specialmente i bambini e le donne incinte, i più
vulnerabili ai 36 elementi tossici trovati nell'aria, nel suolo e nell'acqua nei
ed attorno ai campi.
L'unico SRSG non considerato per i nostri anti-premi è il primo tra tutti,
Sérgio Vieira de Mello, che fu un SRSG "in azione" non "a tempo pieno", dato che
servì in Kosovo dal 13 giugno al 15 luglio 1999... anche se fu quello il periodo
esatto in cui gli estremisti albanesi nelle uniformi nere dell'ALK visitarono le
case degli Zingari a Mitrovica sud e dissero ai Rom e agli Askali di lasciarle
entro 24 ore, se non volevano che fossero uccisi i loro figli.
Lista degli SRSG in Kosovo:
Sérgio Vieira de Mello (13 giugno - 15 luglio 1999) Brasile
Bernard Kouchner (15 luglio 1999 - 12 gennaio 2001) Francia
Michael Steiner (14 febbraio 2002 - 8 luglio 2003) Germania
Harri Holkeri (25 agosto 2003 - 11 luglio 2004) Finlandia
Søren Jessen Petersen (16 agosto 2004 - 30 giugno 2006) Danimarca
Joachim Rücker (1 settembre 2006 - 20 giugno 2008) Germania
Lamberto Zannier ( 20 giugno 2008 - a tutt'oggi) Italia
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