Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 12/04/2009 @ 09:26:15, in Italia, visitato 2651 volte)
Ricevo da Tommaso Vitale
Care e cari,
il giorno 30 aprile 2009, presso l'università di Bergamo si terrà una giornata
di studio dal titolo "Il paradosso rom. La questione di una cittadinanza
imperfetta", che si concluderà con una cena e uno spettacolo presso lo Spazio
Polaresco di Bergamo. Siete tutti invitati.
Alla pagina web (attiva per quanto ancora in allestimento)
www.unibg.it/cittadinanzarom troverete ulteriori informazioni.
Cari saluti
Gli organizzatori: Giuseppe Aricò; Paolo Barcella; Davide Biffi; Francesca
Forno; Nausicaa Guerinoni; Greta Persico.
Il 30 aprile, in concomitanza con la giornata di studio "Il paradosso
rom. La questione di una cittadinanza imperfetta" e l’inaugurazione della
mostra "Impronte. Volti e parole dal mondo rom", le cooperative "IL SEME E
RUAH" hanno organizzato una cena presso lo Spazio Agorà del Polaresco.
La cena sarà a base di cous cous, antipasti e dolci vari.
Il cous cous sarà preparato dalla cooperativa Agorà del Polaresco che
fornirà anche il vino, mentre gli antipasti e i dolci saranno preparati
insieme alle donne immigrate della cooperativa Ruah con prodotti dell’equo
solidale.
La cooperativa Ruah metterà inoltre a disposizione piatti in mater bi e
bicchieri e posate, per evitare ogni spreco di plastica.
Il costo della cena sarà di 13 euro. Chi vuole aderire deve comunicarlo
entro il 17 aprile mandando un e-mail a Daniela Pedrali
danielapedrali@virgilio.it
Di Fabrizio (del 13/04/2009 @ 09:44:02, in Italia, visitato 1360 volte)
Da
Nebrodi e Dintorni
Messina, 9 aprile 2009 - Nei giorni di venerdì 17 e sabato 18 aprile, a
Messina si terranno tre incontri dal titolo "ZINGARI E CITTÀ: diritti,
solidarietà, accoglienza", organizzati dalla Caritas e dall’Ufficio Migrantes,
organismi pastorali dell’Arcidiocesi di Messina Lipari Santa Lucia del Mela, in
collaborazione con la Comunità delle Suore Francescane dei Poveri di Messina:
• Venerdì 17 aprile, dalle ore 10.00 alle ore 13.00, presso l’Aula Magna della
Presidenza della
Facoltà di Scienze Politiche (Piazza XX Settembre): incontro con l’Università di
Messina;
• Venerdì 17 aprile, dalle ore 17.00 alle ore 20.00, presso il Salone delle
Bandiere di Palazzo
Zanca: incontro con la città;
• Sabato 18 aprile, dalle ore 9.00 alle ore 13.00, presso il salone delle
Bandiere di Palazzo
Zanca: incontro con le scuole.
Interverranno mons. Piero GABELLA, Presidente del C.C.I.T. - Comitè Catholique
Internazional
Tzigane, la dott.ssa Carlotta SALETTI SALZA, dell’Università di Torino e la
dott.ssa Sabrina TOSI
CAMBINI, dell’Università di Firenze, autrici della ricerca su Rom e Sinti,
commissionata dalla
Fondazione Migrantes.
Mons. GABELLA, che da anni vive in un campo nomadi, approfondirà il tema degli
incontri "ZINGARI E CITTÀ: diritti, solidarietà, accoglienza", offrendo l’opportunità ai
partecipanti di
ascoltare la voce di una Chiesa che vive "dentro" il popolo degli zingari, un
punto di vista, dunque, privilegiato, perché derivante da un’esperienza vissuta.
A seguire, la dott.ssa SALETTI SALZA e la dott.ssa TOSI CAMBINI illustreranno i
risultati della
ricerca, commissionata al Dipartimento di Psicologia e Antropologia culturale
dell’Università di
Verona ed articolata in due diversi studi: il primo, volto a verificare quanti
bambini figli di rom o
sinti siano stati dati in affidamento e/o adozione a famiglie gagé (così i
romanì chiamano i non
romanì); il secondo, già edito con il titolo "La zingara rapitrice. Racconti,
denunce, sentenze (1986-2007)", incentrato sui presunti casi di tentata
sottrazione di minori gagé da parte di rom.
I risultati illustrati sorprenderanno molti e dimostreranno come purtroppo
spesso una società crea dei miti che rappresentano il contrario di quanto
avviene nella realtà.
Per informazioni:
sr. Gabriella D’AGOSTINO cell. 347.1217590; fax 090.6684224; e-mail:
sfpmessina@tin.it
diac. Santino TORNESI cell. 338.2017995; fax 090.6684318; e-mail:
migrantes.me@tiscali.it
Di Fabrizio (del 14/04/2009 @ 09:21:42, in Italia, visitato 1639 volte)
Segnalazione di
Eugenio Viceconte: La cooperativa ROM Artezan, di Japigia,
Bari, partecipa alla colonna di soccorsi dalla Puglia.
dal nostro inviato GIANLUIGI DE VITO
CAMARDA (L’AQUILA) - Michele, 35 anni, è barese di Putignano. Prima del lunedì
della grande scossa erano in servizio come ogni giorno nella stazione di Tivoli.
Dopo la tragedia hanno preso la licenza e sono tra i guardiani tuttofare del
campo di Paganica. Massimo è al cellulare e direziona lo sguardo verso di noi:
"Ragazzi, quel furgone va scaricato da un’altra parte, c’è gente che non ha
ancora le tende e la roba, ma bisogna andare nei paesi qui attorno". Certo, la
disperazione è altrove. Paganica è la somma di tre tendopoli bene allestite
ormai. Tre campi che hanno come cinta una lunga fila di container pieni. Ma
non di tutto quel che serve. Alle 10 di sera nelle due tensostrutture finiscono
di cenare i soccorritori. Sono cotti più delle patate e del tacchino servito nel
piatto. Fuori c’è il cartello che la dice lunga sul bisogno urgente di ritorno
alla normalità: "Partita di calcio Scapoli-Paganica".
La seconda squadra è corretta dal prefisso "ex". Già ex Paganica. I bambini
continuano a prendere a calci a un pallone sotto i riflettori alimentati dal
gruppo elettrogeno. Gli anziani sono ancora fuori anche se il freddo non ha
allentato la morsa. Si tira fino a tardi fuori dalla tenda. Perché dentro c’è
poco, c’è l’indispensabile; fuori c’è un un via-vai da ipermercato all’aperto,
che almeno spegne la paura e fa sentire tutti meno soli. Una donna
sull’ottantina s’avvicina e bisbiglia: "Avete qualche paio di mutande?". Certo
che sì. Un altro anziano, più giovane d’età ma costretto al bastone per le
ferite durante la fuga dopo una scossa ammicca di continuo le palpebre umide di
lacrime e parla a voce alta: "Adesso state qui, ma tra un mese? Non potete
lasciarci soli. Come staremo tra un mese?". Massimo sale su uno dei furgoni dei
volontari baresi arrivati per la quinta volta da Bari. Direzione Camarda. Più
su, si snodano serpentoni di curve che ti fanno perdere la conta dei chilometri.
Ma non sono tanti. Sulla strada principale è parcheggiato un autobus di linea,
vecchiotto. Ci dormono in una ventina: sono quelli che hanno la casa in piedi,
ma la stessa paura di morte del lunedì nefasto. E nel campo, poco più sotto, non
ci sono ancora tende per tutti. Lo psicologo milanese Salvatore Cascone parla
con Massimo e gli svela che ha chiamato rinforzi da un comune lombardo:
"Arrivano nelle prossime ore squadre di volontari che sono in grado di fare una
disinfestazione, essenziale per allargare il campo lì ai bordi del fiume". Bordi
ancora al buio perché non c’è luce per tutto. Anche Roberta Tondo giunta da
Trevi (Lazio) dopo aver lasciato il figlio 15enne alla madre, si sfoga col
carabiniere leccese: "Ho un anziano disabile che non può più dormire in auto, ho
dovuto litigare per avere una tenda".
Una dozzina di chilometri più avanti, passando da una Onna ridotta a briciole ma
che è illuminata a giorno almeno lì dove i carrozzoni dei media hanno stanziato
i camper e le parabole, s’arriva a Filetto. Non sembra la frazione di Aquila.
Eliana Spagnola, delle Misericordie, dormiva nell’auto. È lei che ha le chiavi
del magazzino. La richiesta è la stessa. "Intimo uomo donna e coperte". Non
bastano mai. "Siamo 300 in tutto, 180 sono nelle tende, altri 180 sono fuori",
motiva la richiesta Eliana. Il ritorno a Paganica serve per fare il punto con i
soccorritori della Croce Rossa: medici e militari esperti nella logistica.
Arrivano richieste da Picenze di Barisciano, Poggio Picenze, Fontecchio e Ocre.
Servono, aceto, intimo, bacinelle, scarpe, stoviglie di plastica, pettini,
spazzolini, saponette. Difficile capire.
La Protezione Civile e la Prefettura dell’Aquila continuano a invitare tutti a
evitare il "turismo solidale", perché "è tutto sotto controllo". Ma dai contatti
e dai faccia faccia si capisce che ci sono tendopoli di "serie A" e di "serie
B". E, soprattutto si capisce che la macchina degli aiuti sarà pure perfetta, ma
solo mediaticamente. Le fessure lasciate vuote, a sei giorni dal sisma, ci sono
eccome. Epperò la babele dei soccorsi è altrettanto dannosa. E allora la colonna
di aiuti partita da Bari stamani ha una destinazione diversa: Bazzano. Due
furgoni e un pick-up della Polizia Provinciale. E un furgone è guidato dai rom
della cooperativa di Japigia, "Artezian" che ha raccolto in giro per la
provincia assieme all’associazione "Osservatorio Sud", il carico di aiuti
organizzato da più enti e associazioni. Da Cassano la quota più consistente
grazie ai volontari della "Fratres" che hanno messo in moto un vorticoso
passaparola che ha fruttato più di mille euro utilizzati per l’acquisto dei
materiali richiesti.
13 aprile 2009
Di Fabrizio (del 16/04/2009 @ 09:51:58, in Italia, visitato 1620 volte)
Segnalazione di Tom
Welschen
Tor Sapienza, "No allo sgombero etnico"
Un gruppo di cittadini di Tor Sapienza sta protestando contro lo sgombero di
un piccolo insediamento di rom rumeni in via Massimo Campigli nel VII municipio.
I cittadini, in tutto una decina, per la maggior parte donne e operai del
quartiere, sono fermi davanti al piccolo insediamento con cartelli che dicono
"No allo sgombero etnico".
"Queste persone, in tutto 13-14 persone con bambini piccoli, non ci hanno mai
dato fastidio - dice Irma Vari una delle cittadine scese in piazza contro lo
sgombero - non è possibile che vengano sgomberati senza una soluzione
alternativa".
Il piccolo campo doveva essere sgomberato il 7 aprile scorso ma, spiegano i
manifestanti, sono state raccolte una ventina di firme nel quartiere ("comprese
quelle della farmacia e del tabaccaio", specifica la signora Vari) e una lettera
è stata inviata al sindaco Alemanno contro il provvedimento.
"Sabato scorso sono venute le forze dell'ordine e i militari con i cani per lo
sgombero - continua la donna - ci siamo opposti perché non è giusto. Gli
abitanti del campo sono brave persone, mai un furto subito dal quartiere, né
fuochi anzi, loro mandano i loro bambini a scuola e qui nessuno subisce fastidi
da loro".
Questa mattina doveva avvenire lo sgombero ma ancora non si è visto nessuno,
dicono i manifestanti. Tra gli abitanti dell'insediamento c'è anche un anziano
italiano che riceve la "minima" di pensione
(15 aprile 2009)
Di Fabrizio (del 20/04/2009 @ 09:08:30, in Italia, visitato 1498 volte)
(ASCA) - Roma, 18 apr - ''La politica deve dare una risposta alle esigenze di
tanti immigrati colpiti dal terremoto, con un permesso di soggiorno in scadenza
o la pratica per un ricongiungimento familiare aperta''. A lanciare l'appello e'
il responsabile dell'ufficio immigrati della Caritas aquilana, Gioacchino
Masciovecchio, che affronta il problema dello ''status'' degli stranieri che, a
causa delle scosse, hanno perso casa e lavoro, condizioni imprescindibili -
secondo la legislazione vigente - per restare in Italia.
E' la prima volta che nel nostro Paese si verifica una catastrofe da quanto la
presenza degli immigrati e' diventata cosi' consistente. Il rischio, denuncia
Masciovecchio, e' che ''un gran numero di persone che vivono qui da anni in
maniera regolare si trovi all'improvviso nella clandestinita'''. Per questo,
l'invito che lancia alle istituzioni e' una moratoria nelle scadenze dei
permessi di soggiorno, cosi' come sta avvenendo per utenze e mutui, ''dando modo
alle persone di riprendersi''. Mentre, per quanto riguarda i ricongiungimenti,
andrebbe permesso agli immigrati di riallacciare i contatti con la rete
parentale, ''magari consentendo loro di tornare nei Paesi d'origine, pero' con
la garanzia che cosi' facendo non perdono il diritto a stare in Italia''.
Un'altra 'tragedia' dimenticata, nell'emergenza terremoto, e' quella delle molte
famiglie migranti e Rom disperse o che hanno perso anche gli alloggi di fortuna
in cui vivevano.
Alcune famiglie romene e kossovare, fuggite dai centri colpiti dalle scosse, si
sono rifugiate in edifici pericolanti. Altre, invece, - secondo la denuncia del
Gruppo EveryOne, dell'associazione Them Romano e della Federazione Rom e Sinti -
sono state allontanate dai ricoveri allestiti presso case di accoglienza e hotel
perche' ritenute ''sciacalli che cercano di approfittarsi della tragedia per
passare qualche notte gratis in albergo''.
asp/mar/ss
Di Fabrizio (del 21/04/2009 @ 09:36:59, in Italia, visitato 1777 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Momenti drammatici nella mattina del 25 febbraio.
Pesaro, 19 aprile 2009. Maria L. di Pesaro scrive al Gruppo EveryOne: "Come
prima cosa, complimenti per il vostro impegno contro l'intolleranza, che è un
grande problema qui nelle Marche, come in molte altre regioni d'Italia. Ho letto
le notizie riguardanti le famiglie romene di etnia Rom che si erano rifugiate in
città e la terribile mattina del 25 febbraio, quando le forze dell'ordine hanno
compiuto un'azione che mi fa orrore. Dove serviva accoglienza, è stata usata
discriminazione. Dove serviva tutelare l'unione delle famiglie, si è cercato di
dividere. Dove occorreva un supporto sociale e sanitario, è stata usata
intolleranza. Confesso che ho pianto, quando ho saputo che due bambini sono
morti, prima ancora di vedere la luce, proprio qui a Pesaro, dove invece io,
italiana, ho avuto la fortuna di mettere al mondo tre bambini. Com'è ingiusto e
crudele il razzismo. Mi consola sapere che almeno la Scavolini Spar, che è la
gloria sportiva della mia città, si è recata a trovare le famiglie Rom con i
suoi meravigliosi atleti e i suoi sensibili dirigenti. Non credevo che, dopo la
visita della squadra ai bambini, alle donne e agli uomini rifugiatisi in città,
le autorità avrebbero avuto il coraggio di mandarli via. Vorrei avere notizie
sulle famiglie costrette a fuggire da Pesaro: dove vivono, adesso? Stanno bene?
Possibile che non si possa chiedere al comune almeno un risarcimento per le cose
orribili che sono accadute?".
Risponde EveryOne. Grazie delle tue parole. Il Gruppo EveryOne ha cercato con
tutte le proprie forze di evitare la tragedia che si è verificata a Pesaro.
Abbiamo incontrato le principali autorità, abbiamo consegnato loro dossier
riguardanti la condizione delle famiglie Rom rifugiatesi in città e i testi
delle leggi internazionali che prevedono assistenza e procedure di inclusione,
in casi come quello presentatosi a Pesaro. Nonostante il muro di intolleranza
che il sindaco e i suoi assessori ci hanno posto davanti, siamo riusciti
addirittura a metterli allo stesso tavolo con due rappresentanti della comunità
Rom. Abbiamo inviato a tutte le personalità politiche di Pesaro e provincia
lettere chiuse (protocollate dall'apposito ufficio) e lettere aperte. Abbiamo
contattato ripetutamente prefettura, questura, comando della polizia locale e
dei carabinieri, difensore civico, procura della repubblica. Ci siamo scontrati
con le strutture sanitarie locali, affinché i pazienti Rom ricevessero lo stesso
trattamento degli altri cittadini, intraprendendo vie giudiziali e giungendo a
una condivisione di ideali umanitari con l'ospedale San Salvatore. L'odio
razziale, così forte e presente presso le Istituzioni locali, ha reso
impossibile, però, l'attuazione di un programma di integrazione, nonostante vi
fossero malati gravi e portatori di handicap, donne incinte e minori, nella
comunità Rom romena di Pesaro. Si è giunti così, dopo innumerevoli episodi di
razzismo, brutalità e indifferenza, al drammatico mattino del 25 febbraio, al
tentativo a parte di 20 agenti di sottrarre i bambini ai genitori, alla fuga
disperata delle mamme, ai decessi dei due nascituri e alla diaspora della
comunità. La foto di una giovane donna incinta caduta al suolo, senza che
nessuno dei 20 agenti si premurasse di assisterla, minacciando - al contrario -
gli attivisti di essere denunciati per "oltraggio", sintetizza in un'immagine
terribile quelle ore di persecuzione e orrore, dolore e morte, crudeltà e
ingiustizia. Noi c'eravamo e non dimenticheremo. Le famiglie che hanno vissuto
quella violazione totale dei propri diritti fondamentali hanno denunciato alle
Istituzioni internazionali la tragedia in cui sono passate e noi abbiamo
testimoniato quanto visto e ascoltato. Ci auguriamo che sia fatta giustizia,
perché gli eventi che si sono verificati a Pesaro sono un segno chiaro e
incontrovertibile di una disumanità che sembra provenire dagli anni
dell'Olocausto e non dalla nostra epoca, in cui l'Unione europea e le Nazioni
Unite tentano di risalire la china dei Diritti Umani e di preparare per le
generazioni venture una società multietnica, tollerante e accogliente. Riguardo
alla Scavolini Spar, purtroppo la società sportiva, dopo aver invitato alcuni
rappresentanti della comunità Rom locale sugli spalti, non ha tenuto fede
successivamente alle promesse, nonostante avessimo tentato in diverse occasioni
di far leva sulla sensibilità mostrata in occasione della cosiddetta "partita
dell'antirazzismo" e nonostante il Parlamento europeo avesse proposto la società
per un encomio ufficiale. La verità è che nessun dirigente, nessun atleta si è
mai recato presso i due edifici dismessi in cui vivevano fra mille privazioni le
famiglie Rom provenienti dalla Romania. E' triste e doloroso per noi scrivere
queste parole, perché mantenere in vita un "mito" come quello della Scavolini
amica del popolo Rom potrebbe servire da esempio per altre realtà, per altre
società. Ma quando abbiamo deciso di dedicare le nostre vite ai Diritti Umani,
abbiamo scelto, contemporaneamente, di servire la verità. L'impegno della
società di pallacanestro si è limitato a quella partita, in cui lo speaker
annunciò al pubblico la presenza della comunità Rom di Pesaro e a un pugno di
biglietti per una partita successiva. E' evidente, cara amica, che se gli atleti
della Scavolini fossero andati a trovare le famiglie Rom e se le foto della loro
visita fossero apparse sui giornali locali e nazionali, come era nei progetti
del nostro gruppo, nessuno avrebbe avuto il coraggio di vessare ancora una volta
quell'umanità già straziata da intolleranza e violenza. Il fatto è che i Rom di
Pesaro sono stati abbandonati da tutti, a Pesaro, salvo pochi meravigliosi
esseri umani che li hanno aiutati con impegno, coraggio e compiendo immensi
sacrifici personali: Mariateresa e Lia su tutti. E' a loro che va l'encomio ed è
grazie a loro che un terribile dramma umanitario non ha avuto conseguenze ancora
più funeste. Rispondendo alle tue ultime domande, alcune delle famiglie fuggite
da Pesaro si trovano ora in Romania. Fra di loro vi sono pazienti oncologici e
cardiopatici dell'ospedale San Salvatore: hanno perso tutto, anche la
possibilità di curarsi. Però sono uniti ai loro cari e ai loro bambini. Altre
famiglie si sono rifugiate in Grecia, dove soffrono emarginazione e povertà, ma
non la persecuzione patita in Italia. Un'altra coppia con due bambini si trova
nel nord Italia. Dopo la fuga da Pesaro, la madre ha trascorso alcune notti
dormendo all'aperto ed essendo una donna molto malata, ha rischiato di perdere
la vita. Con grande fatica e agendo in condizioni di grave pericolo, abbiamo
procurato un riparo alla famiglia, che per ora è fuori pericolo. Una famiglia è
ancora a Pesaro. E' la famiglia in condizioni di salute più gravi. Le autorità
hanno fermato più volte i suoi componenti, dopo il 25 febbraio. La madre, che
soffre di un tumore al seno in metastasi, è in cura presso il San Salvatore, ma
la pressione insopportabile delle autorità ha già indotto la famiglia a lasciare
la città, verso un futuro che lascia poche speranze. La gran parte delle
famiglie ha rilasciato testimonianza di quanto patito a Pesaro, chiedendo
giustizia alle autorità preposte in àmbito internazionale.
info@everyonegroup.com
www.everyonegroup.com
Di Fabrizio (del 23/04/2009 @ 01:28:24, in Italia, visitato 2908 volte)
Da
RomSinti@Politica
La "Federazione rom e sinti insieme" promuove oggi, ad un anno dalla sua
giuridica costituzione, il suo 1° congresso nazionale con il titolo "Rom e
Sinti, protagonisti del nostro futuro. Sentire, percepire, pensare."
E’ doveroso ringraziare la presidente del Centro Servizi per il Volontariato del
Lazio, Francesca Danese, per la comunicazione tra le reti, la preziosa
collaborazione e la disponibilità per la promozione di questa iniziativa,
l’UNICEF Italia per l’ospitalità, il presidente l’associazione Romà onlus,
Graziano Halilovic e Paola Marotti per la gestione dell’accoglienza e segreteria
organizzativa di questo congresso, gli amici di Radio radicale, le associazioni
aderenti alla federazione, i graditi ospiti e tutti i partecipanti che saranno
presenti oggi e domani.
Quello appena trascorso è stato un anno terribile per la popolazione Rom e Sinta,
ma non è questa la sede per denunciare nei dettagli le diverse forme di
illegalità, di violenze e di discriminazioni contro la nostra gente.
Questa relazione vuole formulare delle proposte politiche per Rom e Sinti e per
meglio presentarle non posso evitare di mettere in evidenza scelte e
comportamenti sbagliati del passato e che ancora oggi determinano un clima di
odio e di rifiuto contro la popolazione rom e sinta.
Cosa sta accadendo alla politica ed alla società Italiana?
Motivare le reazioni della politica italiana agli atti di violenza degli ultimi
tempi è il segnale di un profondo vuoto morale di una società che sta perdendo
le coordinate culturali per convivere con "l’altro".
Il fenomeno dell’immigrazione ha trasformato l’Italia in un paese
multiculturale, in una democrazia multiculturale, rideterminando il volto
culturale dell’Italia e la politica è sollecitata a potenziare la sua
responsabilità di garantire i diritti di tutti, dei cittadini "piccoli e
grandi", "vecchi e nuovi", diritti essenziali per convivere in una società
multietnica.
Va riconosciuto alla politica Italiana grandi meriti quando ha operato in
osmosi con il contesto sociale e culturale, oggi deve seguire lo stesso metodo
ed uscire dalla condizione di autorefenzialità in cui da anni si è rifugiata.
La politica deve prendere coscienza della necessità di un rapporto vivo con la
società e non di plasmare i cittadini all’interno di contenitori, deve
produrre cultura per far emergere un orientamento verso l'auto realizzazione, la
partecipazione attiva, la consapevole applicazione dei diritti.
Penso che la crisi, di cui tanto si parla negli ultimi mesi, non sia solo una
crisi economica, ma una crisi culturale che trova le sue radici nella perdita di
valori fondamentali.
La crisi in atto troverà soluzione se la politica Italiana sarà capace di
gestire il cambiamento culturale in atto trasformando una "statica"
democrazia multiculturale in una "dinamica" democrazia interculturale,
e per realizzare questo passaggio necessario un lavoro culturale che non
deve interessare solo la ricerca di soluzioni, ma innescare percorsi di reazione
positivi, che non siano la chiusura e il conflitto.
All’interno di questo contesto politico, sociale e culturale c’è la questione
Rom e Sinta, con la sua specificità.
La realizzazione di questo evento è l’ennesima dimostrazione che la "Federazione
Rom e Sinti insieme" non è una nuova associazione che si occupa di Rom e Sinti,
ma un organismo politico che si propone con chiarezza, onestà e trasparenza di
definire per Rom e Sinti un ruolo attivo e propositivo, per un dialogo
diretto con il Governo, le Istituzioni e la società civile, collaborando alla
programmazione di politiche di interazione con Rom e Sinti, per
l’affermazione della cultura della legalità, il contrasto agli abusi di potere
ed a ogni forma di discriminazione, la promozione di una società aperta e
multiculturale.
Questo 1° congresso nazionale la federazione è stato promosso per coinvolgere
Rom e Sinti e tutti coloro che direttamente o indirettamente in Italia sono
impegnati nella questione Rom/Sinta per una riflessione, analisi e confronto sul
processo di riconoscimento dei diritti di cittadinanza e di minoranza
linguistica, per superare le divisioni e le frustrazioni del passato, per
stimolare processi di formazione alla partecipazione (capacity building).
Questo non significa che la Federazione rom e sinti insieme non abbia la
necessità di un ampio confronto interno per arricchire la proposta, la
condivisione e la realizzazione del programma politico e della strategia
organizzativa, discussione che realizzeremo dopo questo congresso, ma credo sia
prioritario costruire un radicale cambiamento rispetto al passato, e se vogliamo
migliorare le condizioni di vita della popolazione Rom e Sinta è necessario
avviare un confronto ampio ed aperto con la politica, le istituzioni e la
società civile.
Quello appena trascorso è stato un anno molto difficile per la popolazione rom e
sinta per scelte e comportamenti sbagliati contraddistinte dalla fierezza
dell’ignoranza e dall’arroganza.
Scelte sbagliate che hanno riversato i conflitti sulla quotidianità dei
cittadini e legittimato la sospensione dei diritti di cittadinanza a rom e sinti
e folclorizzato la cultura Rom/Sinta con pregiudizi e stereotipi.
In questo anno difficile, numerose sono state le manifestazioni di denuncia per
la violazione di diritti fondamentali a Rom e Sinti, iniziative importanti, ma
sono state più uno specchio che una finestra.
Malgrado l’impiego di energie e di risorse la condizione di Rom e Sinti diventa
sempre più grave, questo è un dato indiscutibile e attribuire la responsabilità
alla politica per il modo strutturale e recidivo con cui da troppo tempo
realizza scelte tassativamente sbagliate per Rom e Sinti, oggi è diventato
LIMITATO E NON RISOLUTIVO.
La denuncia, sacrosanta, non ha prodotto cambiamenti migliorativi alla
popolazione rom e sinta.
Non possiamo continuare a piangerci addosso e rifugiarci nel "fatalismo
persecutorio", oppure continuare ad ignorare, quasi sempre per un interesse
personale, chi da troppo tempo soffia sul fuoco della nostra divisione per
evitare a Rom e Sinti di essere protagonisti del nostro futuro, oppure ancora
accettare passivamente le disastrose politiche "differenziate", assistenziali e
segreganti, quasi che la normalità fosse estranea per Rom e Sinti, ed attribuire
responsabilità ad "altri", perché la responsabilità è anche nostra, di Rom e
Sinti.
Occorre analizzare ed elaborare i diversi livelli di responsabilità e adottare
strategie in grado di migliorare le nostre condizioni culturali, sociali ed
economiche, nella consapevolezza che oggi più ieri noi Rom e Sinti SIAMO
"OSTAGGI" di alcuni OPPORTUNISTI e MASCALZONI senza scrupoli, presenti anche
nella nostra popolazione.
Un radicale cambiamento di metodo rispetto al passato non è più rinviabile,
iniziando dalla caduta delle falsificazioni sulla realtà Rom e Sinta che hanno
avuto la finalità di far emergere SOLO l’aspetto sociale, l’emergenza e la
negatività, limitando o folclorizzando gli aspetti culturali, ignorando la
cultura Rom/Sinta ancora totalmente sconosciuta.
Infatti l’opinione pubblica, la politica, la società civile e i media leggono la
realtà rom e sinta come limitata al campo nomadi, al disagio, alla devianza,
alla illegalità, allo sfruttamento ed alla violenza, ecc. aspetti marginali e
minoritari della popolazione rom e sinti, oltretutto estranei ai codici morali e
culturali di questa minoranza, ma che attraverso un meccanismo
politico/mediatico vergognoso schiaccia la positività e l’aspetto culturale
della nostra popolazione.
Aspetti culturali e positività che non trovano spazi per emergere, per essere
visibili a causa della negazione di prerequisiti essenziali: il
riconoscimento alla popolazione rom e sinta quale entità culturale del
territorio, la definizione di un ruolo attivo, propositivo e qualificato a Rom e
Sinti.
Quanti sono cittadini Italiani appartenenti alla minoranza Rom e Sinta in
Italia?
Perché la politica italiana nega il riconoscimento di minoranza linguistica a
decina migliaia di Rom e Sinti Italiani, mentre riconosce minoranza linguistica
poche centinaia di persone appartenenti ad altra minoranza?
Quanti Rom e Sinti, Italiani ed immigrati, vivono nelle case?
Quanti Rom e Sinti, Italiani e immigrati, svolgono un regolare lavoro dipendente
o autonomo?
Tanti … tantissimi.
Perché queste persone Rom e Sinte sono ignorate?
Perché non rivendicano la loro identità Rom o Sinta?
Il problema è la discriminazione razziale generalizzata contro Rom e Sinti.
Queste persone rom e sinte per svolgere il loro lavoro generalmente sono
obbligate a rinnegare la propria storia personale e familiare, la propria
identità culturale, per evitare di essere pregiudizialmente discriminati per
l’appartenenza etnica ed espulsi dal lavoro.
Per fortuna non è sempre così, ma nella grande maggioranza dei casi è proprio
così.
Negli ultimi anni le richieste del cambio del cognome di persone Rom inoltrate
alle Prefetture sono in aumento.
Che dire! …
Questo 1° congresso della Federazione è un’opportunità per elaborare un radicale
cambiamento di metodo a tutti i livelli con il contributo di tutti per dare
risposte adeguate alla realtà ed i bisogni sociali e culturali dei Rom e Sinti.
Spero che da questo congresso emerga un contributo ampio sulla questione Rom e
Sinta e che vada oltre le seguenti proposte:
- E’ urgente il riconoscimento di minoranza linguistica a Rom Sinti
- Diffondere e valorizzare la cultura Rom e Sinta
- Intervenire sulla normativa esistente in materia di discriminazione:
ratificare integralmente la direttiva Europea 2000/43, rivedere, migliorare e
rendere applicabile e celere la normativa vigente, indipendenza dal governo e
poteri sanzionatori.
- Abbandonare la fallimentare politica dei campi nomadi SUBITO, rifiutando ogni
forma di gestione, proponendo il superamento con l’autogestione di Rom e Sinti,
utilizzare le risorse già disponibili per campi nomadi, ed altre nazionali e
comunitarie, per avviare una politica abitativa pubblica per TUTTI I CITTADINI,
Rom e Sinti compresi.
- Abbandonare ogni forma di politica differenziata per Rom e Sinti per
abbandonare le politiche dell’assistenzialismo culturale.
- Definizione di un ruolo attivo e propositivo a Rom e Sinti.
In sintesi posso dire che si tratta di passare dalla mediazione alla
partecipazione attiva per abbandonare le politiche dell’assistenzialismo
e dell’esclusione e passare all’auto rappresentatività per il riconoscimento dei
diritti di cittadinanza e di minoranza linguistica, per fare questo è necessario
Questo passaggio è possibile farlo subito perché molto dipende dalla nostra
volontà, consapevole che si tratta di un passaggio delicato per il rischio di
strumentalizzare la partecipazione attiva di Rom e Sinti e per evitare questo
pericolo è necessario definire la partecipazione attiva di Rom e Sinti.
Una partecipazione attiva di Rom e Sinti "come un fine" che investe processi di
trasformazione culturale e sociale di portata collettiva, "un processo
sociale di azioni attraverso le quali gli individui, le comunità e le
organizzazioni guadagnano padronanza sulle loro vite nel contesto di cambiare il
loro ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita."
Si tratta di definirne le strategie per realizzare la partecipazione attiva di
Rom e Sinti.
Nazzareno Guarnieri – presidente Federazione rom e sinti insieme
Di Fabrizio (del 24/04/2009 @ 09:12:07, in Italia, visitato 1954 volte)
Da
Kelebek
Chiedo scusa della mia assenza, che spero sia provvisoria... in questi giorni
ci si sveglia più verso le tre che verso le quattro per lavorare. Comunque
voglio dare più risalto a un commento fatto ieri sera da Maria su questo blog.
Trattandosi di un commento, si tratta di un testo scritto di getto, senza
riferimenti. Ma credo che sia importante pubblicarlo comunque. Tra parentesi, è
interessante la differenza tra la pratica tradizionale dei Rom - altroché Family
Day - in cui è normale che i membri meno sfortunati della grande familja
allargata si prendano cura dei bambini dei più disastrati, e la visione di certi
magistrati e operatori sociali. Ovviamente, chi ha tolto i bambini al padre/zio
potrebbe avere ragione in termini strettamente legali: la persecuzione, più che
nella loro azione, sta nella mancanza di reazione o di interesse di altri per la
vicenda. Ti segnalo l'ennesima ignobile persecuzione contro una persona rom. Si
tratta del bosniaco Zafir Hamidovic fermato con i suoi due figli perchè la
bambina somigliava a Denise Pipitone, la piccola scomparsa alcuni anni fa.
L'hanno accusato di essere il rapitore di Denise; il dna lo ha scagionato da
questa accusa ma parzialmente in quanto soltanto il bambino è risultato essere
suo figlio; la bambina è figlia di un cugino e Zafir l'ha in affido fin da
piccola. Una cosa è accertata, la piccola NON è Denise Pipitone. Malgrado, però,
le cose si siano parzialmente chiarite, o chiarite per l'accusa più infamante, i
due bambini gli sono stati tolti e affidati a una casa famiglia. Sono passati 15
giorni, i piccoli sono traumatizzati sconvolti, la madre disperata come il padre
ha detto piangendo. Ecco io mi domando, se zafir non fosse stato un rom bosniaco
avrebbe dovuto subire questo terribile affronto, non ancora sanato, in quanto i
bambini non gli sono stati restituiti? Adesso è indagato per due reati di cui
uno riguarda l'aver mentito riguardo alla bambina, il non aver detto subito,
voglio dire, che era figlia "adottiva". E nemmeno il bambino comunque, suo con
certezza a prova di dna, non gli è stato ad oggi ridato. Se Zafir Hamidovic
fosse stato un'italiano, un inglese, un americano, un francese, avrebbe avuto
simile trattamento? Credo di no, quantomeno avrebbe subito gli inevitabili
accertamenti in modo ben meno pesante . Ma zafir è un rom bosniaco e quindi non
merita nessun rispetto o cautela, e i bambini nessuna misericordia. maria
Di Fabrizio (del 26/04/2009 @ 09:11:16, in Italia, visitato 1846 volte)
Ho organizzato una mostra fotografica sul mondo Rom
nella magnifica Genova.
Oltre ad immagini realizzate da professionisti, ci saranno anche più di 200
immagini scattate dai bambini khorakhanè e sinti di Genova. Abbaimo dato loro 12
macchinette fotografiche e li abbiamo lasciati liberi di fotografare tutto quel
che volevano. Le foto sono venute molte bene e la vedute d'insieme che
caratterizza l'installazione le abbellisce ulteriormente. Ci sono ritratti di
fratelli, sorelle, immagini dei campi, qualche genitore, e tanti sorrisi
(insieme a dita davanti all'obiettivo e ad incredibili immagini composte da
striature rose e blu, quasi un quadri di Rothko). Ben lontane dalle classiche
immagini che di solito tg e giornali pubblicano, bimbi abbandonati a loro stessi
mentre vagano tra la rumenta. Troppo facile dare l'immagine di un popolo
incivile, in questa maniera. Noi proviamo a rispondergli in questa maniera.
Rispondiamo a chi voleva le impronte digitali dei bambini Rom, mettendoci
addirittura le facce.
Ci saranno dei testi che accompagneranno le immagini, tentando di spiegare ai
gagè cosa contraddistingue la cultura Rom, qual è la loro storia, quanti ce n'è,
in Italia e nel mondo. Provando a fargli capire qualcosa in più sul vostro
mondo. A cui mi sono avvicinato assai di recente, grazie ad un libro, quello di
Pino Petruzzelli. Che qui a Genova ha anche aperto un corso di formazione
teatrale per Rom e Sinti.
Sono un po' dispiaciuto per non essere riuscito a coinvolgerli di più in questo
progetto, ma problemi logistici/temporali non mi hanno permesso di essere
quotidianamente in contatto con loro. Anche se Sergio mi ha dato una grossa
mano. Questo probabilmente l'aspetto negativo del progetto (e qui tralascio il
fatto che la Provincia di Genova - finanziatrice dell'iniziativa - abbia
preferito, diciamo così, "sorvolare" sulla denuncia delle discriminazioni che
quotidianamente i Rom subiscono, puntando principalmente sull'aspetto culturale.
Quello che volevo fare anche anche io, mettendoci un po' di palle in più. Ogni
tanto penso che questa sia un'occasione sprecata per far sentire realmnte la
vostra voce - anche se Ismet e Tito delle due comunità genovesi interverranno
alla conferenza per l'inaugurazione, lunedì 27. D'altro canto, questa mostra
vuole essere istruttiva, educativa, insegnare ai gagè qualche cosa in più sul
mondo Rom, scopriranno ad esempio, che una bassissima percentuale è ancora
nomade ed immagino la sorpresa sui loro volti. Non affrontare la questione
politica potrebbe essere anche giusto, quindi. Reste il fatto che, se non avessi
avuto vincoli monetari, sarebbe stata una mostra ancora più coraggiosa!)
Ma sono contento lo stesso, ogni giorno di più, quando sento dalla bocca della
gente fuoriuscire la parola Rom sorrido (per non piangere...) nel sentire quanto
ignoranza c'è in giro. E mi sorprendo per essere riuscito ad uscire dalla melma
ignobile che ricopre il nostro paese. Sto dalla parte dei Rom, questa mostra
l'ho fatta per loro e dopo farò ancora di più. Li coinvolgerò direttamente
(questa volta sul serio) nel realizzare un libro fotografico con le immagini dei
bambini che saranno esposte; un progetto a lungo termine, da realizzare con un
po' più di calma ma che, sono sicuro, riscuoterà grande successo anche tra di
loro. Giovedì li ho incontrati e tutti mi sono parsi entusiasti di questa
mostra, i ragazzi in particolare. Ne sono assai felice. Avendoli conosciuti
direttamente, mi incazzo ancora di più quando sento i beceri stereotipi che, per
una volta, uniscono politica, popolo e "informazione".
Mi sono dilungato troppo, credo.
Spero possa piacervi l'iniziativa che ho realizzato ma soprattutto, spero
possiate venire a Genova ad ammirarla (le foto sono tutte magnifiche, da Roma,
Milano, Siviglia, Balcani e Genova, naturalmente.
Buone giornate,
luca
ROM? ROM!
VIAGGIO NEI MONDI ROM
Quando si affronta il tema dei Rom, anche le persone piu' sensibili tendono
inevitabilmente a ripiegarsi su loro stesse e ad accettare acriticamente i
luoghi comuni, quasi sempre negativi, che da sempre accompagnano questo popolo.
La mostra fotografica che in questa sede proponiamo, con immagini scattate a
Milano, Roma, Siviglia e Genova vuole essere quindi anche un tentativo di
esplorare sia pur minimamente (vista l'ampiezza dell'argomento) un mondo -
appunto quello dei Rom - così complesso e sfaccettato. Per l'occasione sono
state distribuite a molti bambini dei campi genovesi delle macchine fotografiche
usa e getta, con le quali essi hanno potuto scattare liberamente fotografie di
momenti e/o situazioni, dal loro punto di vista, particolarmente importanti e
significativi.
Una prospettiva di analisi quindi tutta interna alla loro sensibilita' e un
ulteriore modo per tentare di alzare un velo su una realta' misconosciuta e
molto spesso fraintesa per gli stereotipi che da sempre la circonda.
MOSTRA FOTOGRAFICA dal 27 aprile al 18 maggio
2009
Fotografie di:
Giorgio de Finis
Max Intrisano
Luana Monte
Alessandro Pangallo
Michele Palazzi
L'altro punto di vista - Visioni dal mondo Rom.
200 fotografie realizzate dai bambini delle comunità khorakhanè e sinti di
Genova
Installazione dell'opera
"Margini di realta'"
a cura di Stefania Gessi, Lara Grillo,
Silvia Cappuccio e Annalisa Rossi.
Sala polivalente - cinema Sivori,
Salita Santa Caterina, 12 Genova.
Aperta tutti i giorni dalle 15.30 alle 20
ingresso libero.
INAUGURAZIONE
Lunedì 27 aprile 2009, ore 10.00
Introduzione di Giorgio Devoto (Assessore alla Cultura della Provincia di
Genova)
Interverranno gli autori delle fotografie
ed i portavoce delle comunita' khorakhane' e sinti di Genova
A seguire:
proiezione del cortometraggio Savorengo Ker di Fabrizio Boni
e del documentario Porrajmos, di Paolo Poce e Francesco Scarpelli.
Sala polivalente - cinema Sivori,
Salita Santa Caterina, 12 Genova.
Per maggiori informazioni:
010 5499357 (Assessorato alla Cultura della Provincia di Genova) -
romrom09@libero.it
Di Fabrizio (del 26/04/2009 @ 09:26:41, in Italia, visitato 2012 volte)
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aprile 2009| Bruno Viani
Nell’album dei ricordi conservano ancora gelosamente le immagini della visita
del cardinale Dionigi Tettamanzi, nel 1995. "Piccolo di statura, ma un grande
uomo - raccontano - che ha saputo ascoltare i nostri problemi. Sì, quando è
morto Giovanni Paolo II abbiamo pianto tutti, ma poi abbiamo fatto il tifo
davanti alla televisione perché fosse Tettamanzi il nuovo pontefice. Sarebbe
stato, davvero, il nostro Papa".
Eccolo, il conclave visto con gli occhi dei rom korakané di via Adamoli, che
si apprestano ad accogliere l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, in visita
pastorale al vicariato dell’alta Valbisagno.
L’appuntamento è fissato per il primo pomeriggio di domani, intorno alle ore 15.
E gli zingari musulmani si sono organizzati, con l’aiuto dei volontari di
Sant’Egidio, per accogliere a braccia aperte l’arcivescovo che rappresenta la
Chiesa cattolica.
"Non esiste un solo popolo degli zingari - racconta Ismet Cizmic, 41 anni,
rom di Sarajevo - ci sono gli ortodossi cresciuti nella ex Jugoslavia, i sinti
cattolici italiani, e ci siamo noi korakané, vuol dire “lettori del Corano”.
Eppure, è come se fossero le dita di una mano: sono distinte, però formano un
unico arto. E tutti crediamo in un unico Dio".
Cosa si aspettano i rom della Valbisagno dalla visita dell’arcivescovo?
Soprattutto, sperano di trovare un uomo che li ascolti. E si sforzi di capire
anche le diversità. "Quando io ero bambino, a Roma - riprende Ismet -
l’accampamento si trasferiva quasi ogni notte, da un quartiere all’altro. I
carabinieri ci sgomberavano e noi ci spostavamo un po’ più in là, ma il
risultato era che nessuno dei nostri poteva frequentare le scuole. Vivevamo
accampati senza riscaldamento e senza servizi igienici, senza acqua".
Altri ritmi, altre tradizioni. Un’altra vita. Ismet è nato nel 1967, per i
nostri parametri è un uomo nel pieno dell’età. "Ho nove figli - racconta - e
sono già nonno di una bambina di sei mesi".
Il decimo figlio è in arrivo, dice indicando con un sorriso il pancione della
moglie Jasminka. Quando nascerà, l’ultimogenito di casa Cizmic sarà più giovane
dei suoi nipoti.
E anche Jasminka racconta. Parla dei dolci bosniaci fatti con miele e noci,
preparati tanti anni fa per il cardinale Tettamanzi ("Li rifarò uguali per il
cardinale Bagnasco, ma non voglio rovinare la sorpresa"). E parla con semplicità
dei dolori di un’esistenza difficile. "Qui i vecchi non esistono, è anziano chi
ha cinquant’anni - dice - tanti inverni al gelo, senza igiene, lasciano il
segno"
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