Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 18/10/2009 @ 09:02:30, in Europa, visitato 1568 volte)
Da
Romanian_Roma
COMUNICATO STAMPA - 13 ottobre 2009, Chisinau
Il Centro Nazionale Rom è preoccupato sul modo in cui le entità legali della
Moldavia amministrano i dati personali. A tale proposito alcune banche
raccolgono dati della vita privata dei cittadini e li rendono pubblici,
infrangendo seriamente il diritto alla riservatezza.
Il diritto al pari trattamento di fronte alla legge è universale e garantito
ad ogni cittadino, ma sfortunatamente non è sempre rispettato in Moldavia. In
alcune ricerche condotte dal Centro è stato provato che vengono raccolti
dati personali sull'etnia, spesso non usati correttamente e persino in maniera
discriminatoria. Un esempio è che alcune banche rifiutano prestiti ai Rom.
I Rom sono etichettati come una minoranza etnica che spesso è di fronte a
discriminazione in quasi tutte le sfere della vita sociale. Anche se statistiche
su ciò sono necessarie allo stato per i programmi di sviluppo ed integrazione
dei Rom, il modo di usarle e le analisi critiche causano timore che queste
politiche provochino pratiche discriminatorie.
A tal proposito alcune banche in Moldavia raccolgono dati personali, inclusi
l'etnia, delle persone che richiedano prestiti, che susseguentemente sono
piazzati pubblicamente nella cosiddetta "lista nera" e divulgati ad altre
istituzioni finanziarie, infrangendo perciò l'articolo 6 della Convenzione.
Uno di questi casi è dato dal fatto che la Banca Commerciale Agroindbank ha
reso pubblica una lista nera che includeva tra gli altri Artur Cerari,
etichettato come "Barone dei Rom di Moldavia", con allegata la seguente
raccomandazione: "Nelle circostanze create in relazione ai clienti della
lista allegata, BC "Moldova Agroindbank" raccomanda di procedere con la massima
precauzione in qualsiasi transazione commerciale o di astenersi da qualsiasi
relazione d'affari riguardo a loro" (http://forum.md/Discuss.aspx?id=696735&page=6).
Questa informazione è stata postata sul sito della BC "Moldova
Agroindbank" per oltre due anni, durante i quali la Repubblica di Moldavia ha
firmato la Convenzione per la Protezione degli Individui riguardo al Processo
Automatico dei Dati Personali, adottato la Legge sulla protezione dei dati
personali nel 2007 e creato un'autorità nazionale per controllare il processo
dei dati personali.
A questo scopo, il Centro Nazionale Rom ha chiesto al Centro Nazionale per la
Protezione dei Dati Personali di indicare con quale limite/volume possano essere
raccolti i dati personali e poi resi pubblici, nei casi summenzionati, ledendola
privacy dei 150.000 cittadini che si sono dichiarati Rom e volessero ricevere
supporto finanziario dalle banche.
Per ulteriori informazioni, potete contattare il presidente del Centro
Nazionale Rom:
Mr. Nicolae Radita, Tel. 227099 or 069553363 or by e-mail:
raditsa_nicolae@mail.md
PS: Invece in
Italia
Di Fabrizio (del 21/10/2009 @ 09:25:37, in Europa, visitato 1542 volte)
Da
Mundo_Gitano
ABC.es Madrid, 14 ottobre 2009
Ad un decennio dal conflitto armato nei Balcani, la Germania sta pianificando
il rimpatrio di migliaia di rifugiati provenienti dalla regione, la maggior
parte di origine rom, una decisione definita dai critici come "mostruosa",
mentre il Governo ha difeso questa misura affermando che la situazione nella
regione è già stabile, secondo i responsabili tedeschi.
Ci sono circa 14.000 rifugiati in Germania provenienti dal Kosovo, e 10.000
di loro sono di questo gruppo etnico. Non è mai stato regolato lo status legale
della maggior parte di questi rifugiati.
Così, il Ministero degli Interni progetta di trattare 2.500 casi di rimpatrio
due volte all'anno, per essere sicuro che il Kosovo non risulti
sovraccaricato da un influsso repentino dei ritorni. L'anno scorso, almeno 900
kosovari sono tornati nella regione, mentre già si sta provvedendo a programmi
simili per i rifugiati dalla Bosnia, secondo quanto riporta il giornale tedesco
"Süddeutsche Zeitung".
In aggiunta, la Germania pagherà 750 euro a chiunque farà ritorno e coprirà
le spese di viaggio, informa il giornale "Russia Today", che informa come le
autorità abbiano promesso di mantenere una "ragionevole composizione etnica" tra
loro.
Il Ministero degli Interni della Germania ha detto che l'accordo di rimpatrio
verrà firmato a settimane, ed un suo portavoce, Stefan Paris, ha dichiarato a
Berlino che l'accordo sarà in linea con la legislazione internazionale, perché
trattando la questione dei rifugiati siano considerati tutti gli aspetti
umanitari.
Una volta firmato, l'accordo sancirà che il Kosovo, di principio, accetterà
tutte le persone che abbiano documenti d'identità della regione o che
antecedentemente abbiano vissuto sul suo territorio.
Nel contempo, la deputata del partito di sinistra "Die Linke", Ulla Jelpke,
ha definito il progetto come "mostruoso", dato che i deportati avranno di fronte
a sé "la povertà assoluta" ed "un'alienazione giornaliera" dalla maggioranza
albanese nel Kosovo.
Inoltre, il gruppo per i diritti umani Chachipe, focalizzato su questa etnia,
ha condannato il processo di rimpatrio, affermando che il governo tedesco è
stato molto ottimista nel descrivere la situazione in Kosovo. "I Rom sono stati
espulsi dal Kosovo e, in dieci anni, la comunità internazionale non è stata
capace di creare le condizioni per un ritorno in forma sicura", ha indicato il
gruppo.
"I loro interessi sono stati sacrificati e abbandonati nel tentativo di
pacificare gli antagonismi tra albanesi e serbi del Kosovo e ora, si chiede il
loro ritorno perché la comunità internazionale possa dire che il Kosovo si è
convertito in un posto multietnico che merita essere un paese indipendente", ha
affermato il gruppo.
Nel frattempo, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(ACNUR), dopo aver visitato la regione all'inizio di quest'anno, ha detto che il
Kosovo è ancora suscettibile alle tensioni etniche e che le condizioni per
vivere nella zona sono molto povere. L'agenzia ha raccomandato che i rifugiati
tornino solamente in forma volontaria.
Di Fabrizio (del 23/10/2009 @ 09:04:02, in Europa, visitato 1436 volte)
Da
Romanian_Roma
21 ottobre 2009, BERLINO (JTA) - Circa 70.000 reclami dei sopravvissuti
all'Olocausto, rifiutati dalla Sicurezza Sociale Tedesca, stanno per essere
riaperti.
Un gruppo di controllo stabilito dalla Conferenza sui Reclami e dal Ministero
del Lavoro e degli Affari Sociali tedesco controllerà i reclami rigettati sin
dal 2002, con il reclamo più vecchio processato per primo, secondo quanto
dichiarato martedì dalla Conferenza sui Reclami.
La ri-valutazione segue ad anni di pressioni e tre decisioni del tribunale
quest'estate, che liberalizzavano i criteri di pagamento per la legge del 2002
sulle "pensioni del ghetto", che si applica ai sopravvissuti ai ghetti
occupati od incorporati dai nazisti per il "lavoro volontario e remunerato".
La Conferenza sui Reclami, che non processa o amministra i reclami, si è
unita ad altre organizzazioni dei sopravvissuti, per chiedere dei cambiamenti,
dato che "l'interpretazione inconsistente o eccessivamente letterale dei criteri
di eleggibilità da parte delle autorità tedesche, portava ad un esteso diniego
dei reclami."
Da ora in poi, il tipo di pagamento ricevuto per il lavoro nei ghetti -
denaro, cibo o vestiti - non sarà più un fattore decisivo, anche se la
remunerazione non è stata fornita direttamente al richiedente. Inoltre, verranno
coperti anche i ghetti in Transnistria.
Soltanto quanti già ricevono una pensione possono ricorrere in forma scritta
se ritengono di doverla aggiornare.
Ulteriori informazioni (in inglese ndr) disponibili su
Claims Conference Web site.
Di Fabrizio (del 28/10/2009 @ 17:29:18, in Europa, visitato 2084 volte)
Da
Czech_Roma
Praga, 23.10.2009, 18:06
La Corte Costituzionale ha rigettato il ricorso compilato da Helena
Ferenčíková, la donna rom che aveva accusato l'ospedale di Vítkov di averla
sterilizzata contro la sua volontà, vicenda che si era conclusa con le pubbliche
scuse ma senza alcun indennizzo finanziario. Un tribunale aveva giudicato il suo
diritto ad un indennizzo come soggetto ad uno statuto di limitazioni che era
scaduto. ČTK riporta che ora la Corte Costituzionale ha sostenuto questo
verdetto. Nel 2005 il primo caso era stato portato in tribunale da una donna rom
sterilizzata senza il suo assenso.
Sia il Tribunale Regionale di Ostrava che l'Alta Corte di Olomouc avevano
entrambe stabilito che i dottori avevano commesso un atto illegale con la
sterilizzazione senza consenso esplicito della signora Ferenčíková, cheall'epoca
aveva 19 anni. Le loro azioni violavano tanto la sua integrità fisica che la sua
privacy. Però i tribunali avevano aggiunto che il diritto ad un indennizzo
finanziario è soggetto ad uno statuto triennale di limitazioni, scaduto
nell'ottobre 2004. Il ricorso della Ferenčíková era stato presentato al
Tribunale Regionale solo nel 2005.
Nel reclamo costituzionale, l'avvocato di Ferenčíková ha sottolineato la
gravità della violazione dei diritti umani che ne consegue, reclamando che
"l'applicazione dello statuto generale delle limitazioni ha privato la
querelante della protezione dei suoi diritti fondamentali e della dignità". Il
reclamo dimostra che c'è stata violazione delle buone morali nel negare un
indennizzo con la scusa che lo statuto delle limitazioni era scaduto. L'avvocato
ha anche ricordato che col tempo, i verdetti riguardanti queste limitazioni si
erano volti ad una maggiore flessibilità.
Però i giudici hanno trovato senza sostanza le obiezioni di Ferenčíková. "La
Corte Costituzionale trova che i tribunali giudicanti hanno deciso sul caso
correttamente, spassionatamente ed in pieno accordo con la legge," riporta
Justice Vlasta Formánková nella motivazione della decisione. Justice
Formánková ha anche notato che nel 2008 le variazioni dei precedenti verdetti
riguardanti casi simili, sono state unificate dalla Camera Grande della Corte
Suprema, perché fossero rimesse in linea con la precedente decisione nel caso Ferenčíková.
I dottori sterilizzarono Ferenčíková alla nascita del suo secondogenito.
Obiettarono di aver agito nel suo interesse, dato che si trattava del suo
secondo parte cesareo. L'ospedale replica anche che lei concordò con
l'operazione, fu istruita sul suo significato e porta a testimonianza la sua
firma sulla documentazione. Ma Ferenčíková risponde che causa il parto in
corso, non capì esattamente cosa le stavano facendo firmare. Non voleva essere
sterilizzata, ma voleva avere altri bambini.
Gli attivisti dei diritti umani dicono che dozzine di donne rom sono state
sterilizzate in circostanze simili nella regione di Ostrava. Il problema iniziò
ad essere discusso nella Repubblica all'inizio dell'autunno 2004, quando l'European
Roma Rights Center pubblicò i propri sospetti sulle sterilizzazioni forzate. A
marzo di quest'anno la Corte Costituzionale aveva rigettato anche il ricorso
compilato da un'altra vittima rom di trattamenti simili, Iveta
Červeňáková, [...]
Secondo gli attivisti dei diritti umani, il caso più recente di una donna rom
sterilizzata contro la sua volontà nella Repubblica Ceca è successo nel 2007.
Quest'anno, Michael Kocáb, Ministro per i Diritti Umani e per le Minoranze, ha
portato la questione all'attenzione del gabinetto Fischer, dicendo che doveva
essere riaperto il fascicolo delle sterilizzazioni non volute delle donne rom.
ROMEA, ČTK, translated by Gwendolyn Albert
Di Fabrizio (del 30/10/2009 @ 09:11:58, in Europa, visitato 1986 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
Il Centro Arte Rom riunisce artisti per promuovere la cultura e l'arte rom.
Tutti gli interessati possono spedire il loro CV, segnalare le loro pagine web o
mandare cataloghi con le loro opere.
E' un invito a tutti i pittori rom di tutto il mondo e specialmente ai Rom di
Europa. Unitevi al nostro progetto e mostrate il lato positivo dei Rom.
Grazie,
Roma Art Center
Mr. Kasum Cana
10000 Zagreb, Avenija.Marina Drzica 4.
Republic of Croatia
Tel/Fax: 00385 1 6008 612
Mob: 00385 91 253 71 54
E-mail: romacana@yahoo.com
Di Fabrizio (del 01/11/2009 @ 09:35:34, in Europa, visitato 1746 volte)
Da
Slovak_Roma (Continuo la traduzione della "saga" di Kristína Magdolenová.
Puntata precedente
QUI)
The Slovak Spectator 12 ottobre 2009 - by Kristína Magdalenová e Jarmila
Vaňová
DENISA Gáborová, assistente comunitaria per l'educazione medica, ha 35
anni e quattro bambini. Si è sposata a 17 [...]; ma dopo la nascita
dell'ultimo figlio è tornata a scuola, dove ha studiato e si è poi impiegata
come assistente medico.
Come ti sei sposata? Quando hai incontrato tuo marito?
Tra i Rom accade così: una famiglia arriva; chiedono se loro figlio può
uscire con me. I miei genitori erano d'accordo e io pure. Per un po' siamo
usciti assieme e poi ci siamo sposati.
L'avevi mai visto prima o era la prima volta che vi incontravate?
No, non l'avevo mai visto prima in vita mia. Ma con lui sono felice. Mi
ascolta e con lui ho tutto ciò che ho bisogno. E' istruito, lavora ed i nostri
bambini sono cresciuti bene.
E dov'era l'amore?
Al principio non c'era, mi piaceva soltanto. Più tardi ho iniziato ad amarlo.
Siete usciti assieme per molto tempo?
Sei mesi. Ero incinta di un mese e lui mi faceva ancora frequentare la
scuola. Così sono riuscita a terminarla, perché anche lui era istruito. Non mi
ha proibito di terminare gli studi. Lo ammiro per questo. Perché, sai, nella
nostra comunità se una Romnì lavora, tra gli altri Rom ci sono dei dubbi. E non
solo mio marito non mi ha fermato, ma mi ha supportato. E lo fa tuttora.
Ti sei sposata finendo in una famiglia che aveva valori differenti di
quelli di casa vostra. Per te, qual è stata la cosa più difficile?
Per me la parte più difficile era familiarizzare con i Rom dell'insediamento.
Non intendo la famiglia di mio marito, perché sono allo stesso livello; hanno
completato gli studi. Comunque, erano cresciuti tra i Rom, mentre io sin da
piccola sono cresciuta tra i non-Rom. Ho frequentato una scuola non-Rom, e mi ci
sono voluti dieci anni per prendere confidenza con la vita nell'insediamento.
Questo significa che tu venivi da un mondo differente e che tu, come donna
rom, dovevi prendere confidenza con i Rom?
Sì, nessun non-Rom aveva mai vissuto lì. Chiesi a mia madre: dove sono i
non-Rom? Dov'è il negozio? Dov'è la scuola? E lei rispose: non importa, ti
abituerai. Camminavi per un kilometro e trovavi il negozio e quando hai bambini,
andranno a scuola. Qui c'è una scuola rom, così i miei bambini vanno lì. Così
vivo la mia vita e sto crescendo i miei figli come i miei genitori mi hanno
cresciuta.
I Rom locali ti hanno ricevuto come una Romnì di tipo differente?
Mi ridevano dietro perché quando nacquero i miei figli gli insegnavo a
parlare come i non-Rom, e mi chiedevano cosa credevo di fare agendo come una
non-Rom. Ma col tempo si sono abituati a me. Il peggio è stato quando al termine
della maternità sono tornata a lavoro. Se la son presa con i miei bambini, li
hanno rimproverati che non mi prendevo cura di loro. E mio figlio mi ha detto:
"Mamma, sai cosa mi hanno detto? Che non ti prendi cura di me, che vai da
qualche altra parte." E' durato per circa due anni, finche i bambini non ci
hanno fatto il callo.
Nella comunità rom, la gente pensa che una moglie debba restare a casa,
cucinare, badare ai figli e al marito. Ed in una famiglia non-Rom, è l'opposto.
Se una donna non-Rom non lavora, è inferiore. Tra i Rom, la donna non può
lavorare, solo il marito.
Cosa dicevano di tutto ciò i tuoi suoceri?
Mio suocero era contento che lavorassi, ma mia suocera aveva dei dubbi.
Pensava dovessi stare a casa. Non ne era molta felice. Ma ora lo è.
Oggi vivete in una casa vostra e avete quattro bambini. Dove lavori?
Lavoro nell'ufficio regionale per la sanità pubblica, come assistente medica
comunitaria.
Come hai trovato questo lavoro?
Nel 2005 c'erano le assunzioni a Kecerovce. Sono andata lì e mi hanno
selezionato. Per un anno ho lavorato ad Europlus. Poi per quattro anni non
lavorai. Alla fine all'ufficio regionale hanno saputo di noi, che lavoravamo lì.
Ci siamo andati e ci hanno preso.
Hai preso parte a qualche tipo di corso, o anche se non avevi la
formazione adatta eri in grado di ottenere questo lavoro?
Avevo lavorato ad Europlus. Ho tre attestati da lì ed un corso di formazione
di tre mesi in servizi sanitari.
Come ti sei trovata durante il corso? Quando tu - Rom dell'insediamento -
eri tra tanta gente non-Rom ed istruita?
Quando ho sentito delle assunzioni, ho pensato:come dovrò vestirmi? Come
dovrò parlare? Ed ho detto: mi vestirò semplicemente. Quando mi chiederanno
qualcosa, risponderò loro. Questo mi diede forza: il fatto di essere passata e
che c'erano cinque di noi da un villaggio. Ed hanno scelto me.
Tu lavori come assistente sanitaria e vai negli insediamenti rom. Quello
che affronti è difficile da trattare?
E' abbastanza difficile. Recentemente siamo stati a Jasov a vaccinare i
bambini. Un sacco di bambini non erano vaccinati contro la tubercolosi.
Quando arrivi in un insediamento, parli con i Rom nella loro lingua?
Sì, in romanés. Non mi vergogno della mia lingua nativa.
I Rom ti danno fiducia?
Credono in me, ed è un bene che lì ci sia anche una non-Rom.
Perché?
Quando una donna non-Rom viene con me, il livello di rispetto è più alto. Ed
una non-Rom direbbe lo stesso: che è meglio quando una donna rom è con lei.
Tu studi nella stessa scuola di tua figlia...
Frequentiamo l'Accademia Privata Pedagogica e Sociale di Košice. Mia figlia
vuole fare la maestra d'asilo. Io sono al secondo anno e lei è al primo. Prima
studiava design, ma non le piaceva. E' coordinatrice nel progetto Stop.
Frequenta anche dei corsi di formazione e sono contenta che le piacciano.
Le altre ragazze rom cosa dicono di lei?
Dicono che non diventerà una brava ragazza, perché diventerà vecchia e non si
sposerà mai. Che non la prenderà nessuno, che va dietro agli uomini... In questo
insediamento ha sofferto abbastanza, ma io le dico sempre che basta ignorarle.
Una volta che inizierai a lavorare, allora vedranno. Così la appoggio.
A te come sta andando la scuola?
Sto cercando di fare quel che posso. Devo far convivere la casa, la scuola e
il lavoro.
Come ti va la vita? Ti sei sposata presto e hai avuto figli. Hai dovuto
arrangiare nuovi obblighi e vicini. Così, oggi a che punto sei? Sinora hai
ottenuto quel che volevi?
Sono successe alcune cose ed altre no. E' vero che mi sono sposata presto e
che sono andata a vivere con mia suocera. Erano cinque ragazzi in casa e lei era
l'unica donna. Nell'insediamento c'è un problema con l'acqua. E l'acqua è
importante. Noi eravamo quel tipo di Rom capaci di andare a prendere l'acqua,
così da potere pulire e lavarci. Mia suocera è severa, ma l'ammiro. Io per età
ero la seconda donna. Ci ha insegnato parecchio. Soprattutto: che dovevamo
prenderci cura dei nostri mariti.
Pensi che una donna non-Rom abbia una vita più facile di una donna rom?
No, è più dura. Perché deve studiare, lavorare e prendersi cura di tutto.
Ogni donna intervistata sinora ha detto che la vita di una donna rom è più
difficile di quella di una non-Rom. Perché tu pensi l'opposto?
Ho detto questo perché quando una donna non-Rom non lavora, è deficiente. Con
le donne rom, è all'opposto. Particolarmente negli insediamenti.
Qual è la situazione più bella in cui ti sei trovata che ricordi?
La prima volta che andai a Bidovce non avevo idea di come la gente vivesse
là. Parlammo col sindaco perché lì non avevano un pozzo. La prima visita, la
gente viveva tra mucchi di rifiuti, ma quando ritornammo la terza volta, ci fu
un grande cambiamento. Le case erano pulite, non c'erano più rifiuti.
Poi non ritornammo lì, per forse un sei mesi, ed ancora c'era una discarica a
cielo aperto. La gente ha bisogno di qualcuno che la controlli e la educhi.
Lo fanno soltanto se provano vergogna di fronte ad altri Rom?
Sì, anche questo. Solo che devono sentirsela dentro. Non per noi, ma per
loro. Continuando finché non capiscono.
Si è mai trovata in una situazione dove i tuoi parenti hanno tenuto in
molta considerazione quello che facevi? Erano orgogliosi di te?
Sì. Mio suocero ebbe un incidente. Cadde da alcuni gradini e si ruppe i
nervi. Andammo assieme al pronto soccorso. C'era una mia conoscente che lavorava
anche all'ufficio di sanità pubblica regionale. Mi disse ciao e mio marito e mio
suocero erano orgogliosi che quella gente mi conoscesse, mi salutasse e mi
stimasse.
Se tu ora potessi, cosa vorresti cambiare nella tua vita? Cosa avresti
fatto in modo differente?
Completare la scuola e andare all'università. Il mio sogno. Sto pensando di
scrivere un libro sulla mia vita. Vorrei aiutare i Rom se potessi. Se ne avessi
l'opportunità. Così non vorrei ci fossero scuole per soli-Rom. Perché questo
crea differenze tra i bambini sin da piccoli.
Ma qui ci sono molte donne come te, che sanno cosa vogliono dalla vita?
Sì. Tre su una comunità di 700 membri.
Pensi che se le donne rom fossero più attive, cambierebbe qualcosa
nella comunità rom?
Sì. E questo è qualcosa che vorrei cambiare.
Se qualcuno ti chiedesse di entrare in politica... cosa diresti?
Lo farei.
A livello regionale o più grande?
Nella grande politica. Non vorrei essere un sindaco, [...] Qui c'è moltissima
invidia.
Se le donne rom si avvicinassero alla politica, cosa avrebbero da dire ai
nostri rappresentanti politici o membri del Parlamento Europeo?
Negli insediamenti bisogna fare qualcosa riguardo la disoccupazione.
Pensi che dipenda da loro o dai Rom? Cosa di dovrebbe fare?
Beh, come si faceva sotto il totalitarismo. Allora le cose erano migliori per
i Rom. Un Rom che non lavorava era punito. Ed ora quando un Rom va a cercare
lavoro, non lo prendono. Conosco anche dei Rom che vogliono lavorare e che hanno
studiato, e quando la gente li vede, non vogliono impiegarli. Questo dovrebbe
cambiare.
Come va, ad esempio, con la modernità della comunità? A casa vivete una vita
moderna?
Sì.
Come ti vesti a casa?
Mi piacevano un paio di pantaloni, per esempio, e mia mamma mi comprò il
materiale per cucirli. I vestiti li faccio da me. O mia mamma va ad Ostrava a
comperarli.
E a casa di tua suocera?
Non potevo indossare niente di corto o di elasticizzato.
E' ancora così?
Sì.
Significa che qui una donna non può esporsi?
No, non può. Nemmeno un costume da bagno è considerato appropriato qui.
E invece le ragazze? Almeno d'estate si scoprono?
Mia figlia lo fa. E' giovane. Esce vestita leggera. Le donne anziane buttano
sempre un occhio a come sono vestite le giovani, ma loro non ci badano.
Quindi si mantiene il vestirsi come fatto culturale?
Sì.
Quali tradizioni culturali o tradizioni rom si mantengono nella tua famiglia?
Che una ragazza deve essere onorata se non è sposata.
E la lingua rom?
Parliamo sia lo slovacco che il romanés.
Avete qualche tradizione per Natale?
Io resto a casa, ma altri membri della famiglia vengono in visita. Dico a mio
marito: andrà come voglio io. Tutti saranno a casa per la cena della vigilia e
nessuno uscirà da casa. Questa è la mia tradizione.
Tuo marito ha mai fatto storie?
All'inizio l'ha fatto. Andava dai suoi genitori e mi lasciava sola a casa. Non
mi arrabbiavo mai con lui. Poi ha capito che non era giusto.
Così le donne hanno ottenuto dei diritti nella vostra famiglia?
Siamo donne terribilmente orgogliose. E siamo grandi martiri; possiamo sostenere
qualsiasi cosa. Tutti hanno sofferto di qualcosa nella vita. Ma noi siamo anche
capaci di dimenticare.
Questo significa che le donne nella tua famiglia soffrono perché corrono
dietro agli obiettivi della loro vita?
Sì. Sanno cosa vogliono dalla vita.
Le interviste con le donne rom sono parte di un progetto della Roma Press Agency
e saranno pubblicate in un prossimo libro.
Di Fabrizio (del 03/11/2009 @ 09:41:55, in Europa, visitato 1976 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
IPSNews.net By Vesna Peric Zimonjic
BELGRADO, 28 ottobre (IPS) - I Balcani hanno il primo museo sui Rom, per
raccontare la storia di uno dei gruppi etnici meno privilegiati nella regione
"Questo è praticamente il primo museo sulla cultura rom in questa parte
d'Europa, volto a cancellare il pregiudizio profondamente radicato che i Rom
siano illetterati o non lascino tracce della loro esistenza" ha detto Dragoljub
Ackovic, direttore del museo, all'inaugurazione del 21 ottobre.
"L'idea di raccogliere scritti sui Rom e la loro vita risale a 50 anni fa, ma
è stata costantemente negata anche se il gruppo arrivò nei Balcani secoli
fa."
Non ci sono statistiche precise su quanti Rom vivano nella regione, ed i dati
delle nazioni dell'ex Jugoslavia: Bosnia,Croazia o Serbia sono soprattutto
stime. Per la Serbia, il numero può variare dai 105.000 del censimento 2002 alle
stime di 600.000 delle OnG Rom.
Prima della guerra 1992-95, si riteneva ci fossero in Bosnia oltre 50.000
Rom, ma dato che non vi è stato più alcun censimento dal 1991, il loro numero
rimane sconosciuto. Si stima anche che tra i 30.000 e i 40.000 Rom vivano in
Croazia, anche se il censimento 2001 indicava soltanto 9.463 membri di questa
comunità.
"Quando c'è il censimento i Rom sono esitanti a dichiarare la loro etnia," ha
detto Ackovic a IPS. Preferiscono citare la loro provenienza locale, sperando
così di mischiarsi con più successo. A parte ciò, molti di loro sono comunque
analfabeti e non hanno documenti personali adatti ad essere conteggiati in un
censimento."
La Serbia ha iniziato un anno fa a fornire ai Rom documenti personali
adeguati e assistenza sociale di base [...]
Annunci sui media elettronici pubblicizzano la registrazione gratuita negli
uffici municipali, cosicché i Rom di tutte le età, possano ottenere certificati
di nascita e documenti personali, obbligatori per i maggiori di 16 anni. I
certificati ed i documenti personali sono la base per entrare nel sistema
socio-sanitario.
"Sta procedendo lentamente," ha detto Rajko Djuric a IPS. E' un importante
attivista rom ed è l'unico membro di quest'etnia ad esser diventato membro della
prestigiosa Accademia Serbia delle Scienze e delle Arti. "Tanti Rom sono
analfabeti. Aprendo questo museo vogliamo mostrare che le cose sono differenti e
possono cambiare, può essere d'aiuto a cancellare il pregiudizio."
Il piccolo museo di Belgrado si trova al piano terra in un salone di 75 mq
che si affaccia su una strada trafficata. Ha aperto con un'esibizione intitolata
"Álava e Romengo" (Mondo dei Rom), che presentava oltre 100 documenti, inclusa
una copia del più antico testo scritto in lingua rom, pubblicato nel 1537 in
Inghilterra, ed una copia del primo libro sui Rom pubblicato in Serbia nel 1803.
Il libro intitolato "Zingari" contiene fiabe e racconti tradizionali rom.
Altri 300 libri in lingua rom possono essere letti in forma elettronica, su
dieci computer in una delle sale del museo. La lingua rom, ufficialmente "romani
chib", consiste in diversi dialetti, come il vlax romanì parlato da si stima 1,5
milioni di persone, seguito dai dialetti balcanici, carpatici e sinti, ognuno
parlato da diverse centinaia di migliaia di persone.
Analisi della romani chib hanno mostrato che è strettamente imparentata con
le lingue parlate nell'India centrale e settentrionale. Le relazioni
linguistiche indicano le origini del popolo rom.
Tra questi c'è un libro di una scrittrice rom scarsamente conosciuta, Gina
Ranicic, vissuta a metà del XIX secolo, e copie del giornale "Romano Lil" (Voce
dei Rom), stampato a Belgrado dal 1935 sino all'occupazione tedesca nel 1941.
Ci sono anche diverse copie di un singolare dizionario tedesco-serbo-rom
compilato dai Rom imprigionati nei campi attorno a Belgrado durante la II guerra
mondiale, otto copie della Bibbia tradotta in romanì decenni fa, e diversi libri
sulla grammatica della lingua rom.
Un tabellone sul muro illustra le rotte storiche dei Rom arrivati nei
Balcani. Il primo fu un gruppo da circo che arrivò in Serbia nel 1322, dalla
Grecia. Molti Rom arrivarono con l'occupazione turca dei Balcani alla fine del
XIV e nel XV secolo. Vecchie registrazioni turche in Serbia mostrano che nel XVI
secolo la maggior parte delle grandi città avevano "mahalas" (quartieri) rom, i
cui abitanti erano "fabbri, cantanti e ballerini".
"La storia è una cosa, ma la vita attuale è un'altra," ha detto Dragan Djilas,
sindaco di Belgrado, all'apertura del museo. La città di Belgrado, la più grande
OnG Rom chiamata "8 aprile" (dal giorno internazionale dei Rom, ed
organizzazioni rom internazionali hanno finanziato il museo.
"Non c'è dubbio che il contributo dei Rom alla storia e alla cultura di
Belgrado è stato grande," ha detto Djilas (42) a IPS."Ma nei decenni passati le
cose sono cambiate, ed oggi si sente spesso qualcuno dire: nessun bambino rom
con mio figlio a scuola, cosa inimmaginabile quando sono cresciuto io."
Negli ultimi due decenni, da quando sono iniziate le guerre di
disintegrazione dell'ex Jugoslavia, i nazionalismi e gli odi interetnici hanno
cambiato anche il punto di vista della gente verso i Rom.
In tutta la ex Jugoslavia, i bambini rom sono mandati in scuole per bambini
con ritardi mentali, anche se sono perfettamente sani. La ragione riportata
dalle autorità dell'istruzione di solito è che i bambini non parlano abbastanza
bene la lingua locale, ed hanno bisogno di tempo per imparare ed adattarsi ai
programmi normali.
Uno sguardo della recente ricerca sui Rom al museo fornisce un'immagine cupa,
anche se questa decade è stata internazionalmente proclamata come quella dei Rom
e del miglioramento delle loro vite.
In Bosnia, uno studio dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione
Europea (OSCE) ha trovato che il 70% della popolazione rom di 50.000, è andato
disperso durante il conflitto 1992-95, il 60% dei Rom nella Bosnia attuale è
illetterato, il 90% non ha assicurazione sanitaria, il 70% non è capace di
vivere senza l'assegno sociale (20 dollari al mese) e l'80% non è scolarizzato.
In Serbia, uno studio simile di "8 aprile" ha trovato che la maggioranza dei
Rom vive in 600 "città di cartone" attorno alle grandi città. L'aspettativa di
vita per le donne è di 45 anni, 56 per gli uomini. Oltre il 70% sono analfabeti,
e soltanto lo 0,4% ha studiato all'università.
"C'è una sola cosa peggiore di essere una donna in Serbia, ed è essere una
donna rom," ha detto a IPS Jasna Ilic, del centro donne rom Bibija. "Quasi tutte
le donne rom, che si sposano molto presto, vivono per prendersi cura del
gran numero di bambini che hanno. I genitori non vogliono investire nella
loro educazione e così andranno maritate ad un'altra famiglia, e quello che le
attende è in molti casi, violenza familiare e cura senza fine degli altri."
Una ricerca dell'Istituto per gli Studi Antropologici in Croazia mostra che
un quinto degli uomini rom e il 40% delle donne rom non è mai andata a scuola, e
quanti l'hanno fatto, ci sono rimasti soltanto cinque anni invece di otto. Le
ragazze in media si sposano a 16-17 anni ed hanno quattro figli. Soltanto un
quarto degli uomini ha un impiego - soprattutto lavori temporanei. (END/2009)
Di Fabrizio (del 06/11/2009 @ 09:29:08, in Europa, visitato 2026 volte)
Ho seguito la storia della piccola
Natálka e della sua famiglia da questa primavera. Ora che hanno di nuovo una
casa, ci sono altre buone notizie. Da
Czech_Roma
E' terminata l'operazione conclusiva di Natálka, ora si siede e gioca
Lo scorso aprile nella città di Vítkov, alcuni razzisti causarono bruciature
sull'80% del corpo della piccola Natálka, durante un attacco incendiario. Ieri
ha finalmente passato l'ultima operazione di inserimento della pelle. Michal Kadlčík,
a nome dell'equipe dell'ospedale, ha detto alla Televisione Ceca che
l'operazione rimpiazzava il finale 7% della pelle della bambina. Durante gli
scorsi sei mesi, i chirurghi hanno sostituito la pelle ustionata di Natálka,
prima con pelle artificiale e poi gradualmente con innesti di pelle vera presi
dalle parti del corpo che erano state risparmiate dalle ferite.
Per il momento, Natálka rimarrà nell'unità di cura intensiva. Sua madre,
Anna Siváková, gioisce per il miglioramento del suo stato di salute. "Sta già
seduta e gioca. Sta anche iniziando a mangiare normalmente, ha appena pranzato,"
ha detto Siváková a Romea.cz. Natálka probabilmente subirà in futuro altre
operazioni a membra e giunture.
Dopo lo shock iniziale e la paura seguiti all'attacco, Anna Siváková ha
iniziato a credere che
Natálka sarebbe sopravvissuta. "Ho creduto che avrebbe recuperato - l'ho
cresciuta e so com'è, è veramente forte," ha detto Siváková a Romea.cz in una
recente intervista.
Siváková spera anche che grazie al successo delle operazioni, la famiglia
gradualmente possa cambiare il modo in cui sono stati obbligati a vivere da
quell'attacco con le molotov. "Ora per me tutto è completamente sottosopra. Non
ho tempo per me e per le altre bambine. Mi sveglio la mattina, preparo la
colazione, mi vesto, prendo il treno, visito Natálka,e torno a sera tardi.
Questo è ciò che faccio, giorno dopo giorno, quasi ogni giorno," dice Siváková.
"So che con Natálka questa situazione sarà differente, perché lei era
eccezionale prima dell'attacco... E' sempre stata avanti agli altri bambini
della sua età...ad un anno già camminava. Prima dell'attacco, parlava
splendidamente, pulito, senza imperfezioni, sapeva nominare tutto correttamente
e pronunciare tutto, andava sul vasino da sola, mangiava da sola, beveva il te
ed il succo - era molto indipendente."
Ieri, le altre tre figlie di Siváková guardavano una trasmissione della TV
Ceca sulla loro sorella. "Era la prima volta che la vedevano da quell'attacco,
sullo schermo, e le ha coinvolte profondamente. Ora va un po' meglio," dice
Siváková.
I genitori di Natálka stanno cercando di portarla nella nuova casa che
attualmente stanno sistemando. Siváková ha detto a Romea.cz che i lavori
stanno facendo rapidi progressi. Resta da terminare l'intonaco esterno, il
bagno, i vani portaoggetti e le scaffalature, prima dell'imbiancatura. "Abbiamo
dovuto re-intonacare tutti i muri interni e cambiare i sistemi elettrico e di
scarico. Cavi e tubature ora sono a posto, Pavel oggi passerà il cemento," dice Siváková.
František Kostlán, translated by Gwendolyn Albert
Sempre da
Czech_Roma, un'intervista ai genitori
di qualche giorno prima. E' lunghetta, leggetela a puntate o nel fine settimana
Anna Siváková: Sperare non basta, devi credere
Questa è un'intervista con Anna Siváková e Pavel Kudrik, i genitori di
Natálka, la piccola quasi bruciata viva in un attacco incendiario all'inizio di
quest'anno. Abbiamo discusso con loro su cosa hanno provato dopo l'attacco, come
tutta la storia li ha cambiati ed ha cambiato la vita della loro famiglia, e su
tutte le conseguenze che si sono sviluppate dal caso. L'intervista è stata
dolorosa, non solo per loro, ma anche per noi. Però, abbiamo concordato che fa
bene condividere queste esperienze col resto del mondo, così da rivelare la
piena estensione dell'orrore e della mancanza di senso della violenza commessa
dai fanatici razzisti. Abbiamo discusso di sentimenti e relazioni con la signora Siváková
e di questioni pratiche col signor Kudrik.
Intervista con Anna Siváková
Come ti ha coinvolto questo tentativo di uccidere la tua famiglia? Che
tipo di cambiamenti ha causato nella vita ordinaria di ogni giorno?
Ci resterà addosso per il resto della vita. E' passato ora metà anno, e da
quel giorno continuiamo a riviverlo. Prima dell'attacco vivevamo una vita
tranquilla, tutta la famiglia assieme. Non sospettavamo neanche che cose simili
fossero possibili in questo mondo. Questo starà con noi sempre, sempre. Ogni
volta che vediamo Natálka, avremo questo attacco di fronte a noi.
Ora per me tutto è completamente sottosopra. Non ho tempo per me e per le
altre bambine. Mi sveglio la mattina, preparo la colazione, mi vesto, prendo il
treno, visito Natálka,e torno a sera tardi. Questo è ciò che faccio, giorno dopo
giorno, quasi ogni giorno.
Quali furono i tuoi primi pensieri dopo l'attacco, quando eravate feriti
nell'ospedale e Natálka non era con voi?
Erano sensazioni terribili, non potevo dormire, non potevo mangiare, pensavo
a lei tutto il tempo, a cosa le stava succedendo, dov'era, alla sua figura...
Chiedevo alle infermiere e a dottori, ma nessuno mi diceva cosa le succedeva e
com'era la sua situazione. Aggiravano sempre l'argomento, perché io pure ero in
cattive condizioni per le mie ustioni. Così chiesi il numero di telefono
dell'ospedale dove era curata Natálka, per parlare con i dottori che la
assistevano. Il suo dottore mi disse che la inducevano al sonno artificiale, a
causa delle sue terribili bruciature, e mi prepararono al peggio. Mi dissero che
sarebbe stato difficile per una bambina che non aveva ancora due anni di
sopravvivere a bruciature così estese.
In quel momento, avevo orribilmente paura. Paura di perdere Natálka – a ciò
non sarei sopravvissuta.
Dopo le paure iniziali, quando hai iniziato a sperare che si sarebbe
salvata?
Non speravo: io credevo. Sperare non è abbastanza, io ho creduto che avrebbe
recuperato - l'ho cresciuta e so com'è, è veramente forte. Quello che voleva
"doveva essere".
Com'era Natálka prima dell'assalto?
So che con Natálka questa situazione sarà differente, perché lei era
eccezionale prima dell'attacco. Ho quattro figlie, e Natálka per la sua età è la
più sveglia. E' completamente speciale. E' sempre stata avanti agli altri
bambini della sua età. Mi prendevano in giro e mi chiedevano dove l'avessi
trovata, perché era completamente differente dagli altri bambini. Natálka ad un
anno già camminava. Prima dell'attacco, parlava splendidamente, pulito, senza
imperfezioni, sapeva nominare tutto correttamente e pronunciare tutto, andava
sul vasino da sola, mangiava da sola, beveva il te ed il succo - era molto
indipendente.
Pensi che questa eccezionalità l'abbia aiutata a sopravvivere?
Sì.
In qualche maniera a ricominciato ad essere se stessa?
Ancora non parla, perché ha un tubo nella gola, ma è già intelligente.
Persino testarda. E' ancora "il generale", sa cosa vuole e l'ottiene, le
infermiere ed io dobbiamo darle ciò che vuole.
Come fa a farvi capire cosa vuole?
Con gli occhi, o indicando. Se non capisco, glielo chiedo e le mostro tutto
finché lei non annuisce.
Le altre tue figlie hanno sei, nove e dieci anni. Come stanno reagendo?
Male. Vogliono andare a trovare la sorellina, perché non l'hanno vista per
metà di un anno, dall'assalto, ma il capo dei medici dice che al momento non è
possibile.
Hanno avuto esperienze negative a scuola o nell'ambiente attorno, a causa
di ciò che è accaduto?
Non gli piace quando qualcuno da fuori le chiama, o quando lo fa un estraneo.
Sono sempre arrabbiate, sempre. Chiunque sia, imprecano contro di me, dicendo
che non possono parlare di lei e che ladevono lasciare sola, restarsene fuori -
ma le compagne di scuola delle mie figlie le trattano bene.
Tutto ciò come ha influenzato la loro psiche?
Hanno degli incubi e non dormono bene. Il fatto che non sopportino che
degli estranei dicano il loro nome, mostra quanto sono state profondamente
colpite. La più grande, che già capisce cosa sta succedendo, è quella che
patisce di più. Non solo non dorme più, ma incolpa se se stessa, dice che
avrebbe dovuto succedere a lei e non a Natálka. Abbiamo provato a discutere con
lei, a dirle che non può pensare così, che non è per niente colpa sua. Ha
iniziato ad andare dallo psicoterapeuta.
Le vostre figlie sanno chi ha fatto questo e perché?
Beh... col tempo ne hanno sentito alla televisione o letto sui giornali, così
sanno chi è stato e perché l'hanno fatto. All'inizio hanno cercato di ottenere
più informazioni possibili da noi, non capivano. Chiedevano: Perché l'hanno
fatto a noi, che non abbiamo fatto male a nessuno?
Cosa le dicevate?
Non sapevo cosa dire. Pavel neanche. Ho detto loro che avrei voluto sapere
anch'io la risposta.
Come vi ha cambiati tutto ciò?
Sono più sensibile agli altri di quanto lo fossi prima, come quelli che hanno
bambini seriamente malati, o che vivono le conseguenze di un alluvione. Mi
commuove terribilmente ascoltare storie simili - mi interrompo e piango, mi
chiedo perché debbano accadere queste cose. Per me è stato un grande
cambiamento. Una persona che è stata ferita ha compassione per tutti e si
coinvolge nell'altrui sfortuna.
Pensi che almeno qualcuno di quelli che vi sono attorno sia cambiato in
modo simile?
Lo penso, qui in questo posto dove abbiamo la nostra nuova residenza. ma non
a Vítkov. Oggi quello è il posto peggiore per miglia e miglia, in termini di
relazioni con i Rom.
Com'era Vítkov prima di quell'attacco?
Prima dell'assalto in generale i locali non parlavano bene dei Rom, ma non
l'hanno mai fatto verso di noi direttamente.
Hai passato un'esperienza molto seria. Quando ne parli apertamente, pensi
che potrebbe aiutare perché cose simili non succedano più, o che violenze di
questo tipo possano almeno diventare meno accettate dalla società rispetto ad
adesso?
Non lo so, ognuno è differente, giusto? Difficile da dire. Prima noi non
avevamo il minimo sospetto che potesse succedere una cosa simile. Non sapevamo
del razzismo, del neo-nazismo, o di questo tipo di attacchi. La responsabilità
non dovrebbe essere dei soli governo e polizia, la gente in generale dovrebbe
fare ogni cosa possibile per essere sicura che cose simili non accadano più,
perché è orribile. Devono capire, una volta per tutte, che anche noi siamo
persone, di carne e ossa, proprio come loro. E' lo stesso se siamo bianchi o
neri, il punto non è il colore. Questi razzisti vivono tra noi, mi chiedo se non
si può fare nulla, ma la gente non dovrebbe giudicare sulla base del colore
della pelle.
Cosa pensi degli assalitori?
Penso che non possono essere normali. Una persona normale non farebbe mai una
cosa simile. Non è stata spontanea, hanno dovuto prepararla, e sapevano in
anticipo che stavano per nuocere a qualcuno. Non so come chiamarli.
Cosa vi sarebbe successo se così tante persone non avessero contribuito
alla raccolta dei fondi? Ci pensi talvolta, o è per te un argomento difficile?
E' molto difficile chiedere aiuto agli altri. E' un segno della loro buona
volontà che potessero aiutarci. E' un grande avvenimento il loro aiuto. Non mi
aspettavo che fosse raccolto così tanto denaro, che avremmo trovato un posto
dove stabilirci in una nuova casa.
Sapere che ci fosse così tanta gente solidale con voi ti ha cambiato?
Sì, certamente. Mi ha cambiato. Senza il loro aiuto non avremmo potuto
vivere. La nostra vita si sarebbe fermata. Non saremmo stati capaci di
ricominciare nell'ambiente dove viviamo ora... Mi fa sentire meglio che ci sia
gente simile tutto attorno a noi, che ci sia così tanta brava gente.
Stai gestendo ogni cosa in maniera ammirevole. Dove trovi la forza? Da
dove la ricavi?
Natálka mi da la forza. Non so cosa avrei fatto se non fosse per lei.
All'inizio, non potevo alzarmi, non potevo stare in piedi. Mi ha aiutato vedere
come Natálka cambiava nel tempo, come migliorava giorno per giorno. D'improvviso
mi dissi che non potevo buttare via la mia vita, che dovevo fare qualcosa e
prendermi cura di lei. Se non io, chi l'avrebbe fatto? Mi sono rialzata, proprio
letteralmente. So che nessuno può prendersi cura delle mie figlie meglio di me.
Mi ha rimesso in piedi.
Gente crudele
Intervista con Pavel Kudrik
Il sindaco di Vítkov nella rivista Respekt ha detto che la vostra vecchia
casa andò in fiamme così rapidamente perché colpevolmente lì era immagazzinata
della benzina.
Questo davvero mi ha fatto arrabbiare. Non avevamo nessuna benzina nella
casa. Mio suocero non me l'avrebbe permesso, perché lì stipava la legna perla
stufa. Non mi era neanche permesso di parcheggiare la macchina di fronte
all'ingresso o nel granaio - dovevo parcheggiare distante. La polizia di Vítkov
lo sa molto bene, perché una volta mi diedero una multa perché avevo
parcheggiato in una zona dove era vietato, visto che non c'era un altro posto
dove lasciare la macchina.
Stai lavorando per restaurare la nuova casa. Hai potuto conoscere meglio
i tuoi nuovi vicini?
Sì, sono molto gentili e servizievoli.
Stai avendo problemi con le riparazioni?
Non posso dedicarmi ad un lavoro regolare fino a ce non ho finito le
riparazioni, perché mi prendono tanto tempo e vogliamo finire il prima
possibile, così Natálka potrà tornare a casa. Dal primo novembre dovremo anche
iniziare a pagare l'ostello dove temporaneamente stiamo vivendo, perché da quel
giorno saremo registrati all'ufficio catastale come proprietari della casa che
stiamo sistemando.
Come pensi che l'attacco abbia cambiato i vostri bambini?
Penso che il cambiamento più grande è che hanno smesso di aver fiducia nella
gente. Non sono sicuri se chi si avvicina abbia buone intenzioni o meno.
Qual è il tuo sentimento più forte in tutta questa vicenda?
Preoccupazione e paura per la mia famiglia. Probabilmente non mi libererò
mai di questa paura. E' nella mia testa tutto il tempo, in maniera inconscia,
anche se vorrei dimenticare non posso.
Cosa dici del fatto che la polizia ha arrestato i quattro uomini, li ha
accusati di tentato omicidio e li tiene in custodia?
Una liberazione. Anche la mozione per bandire il Partito dei Lavoratori mi
da buone sensazioni. Sembra che recentemente la polizia e l'attuale governo
stiano facendo del loro meglio per agire su tutto ciò.
Cosa ne pensi di chi vi ha assalito?
Sono completamente senza cuore.
Markus Pape, František Kostlán, translated by Gwendolyn Albert
Di Fabrizio (del 08/11/2009 @ 09:51:09, in Europa, visitato 1581 volte)
Da
Roma_Francais
Nessuna tregua invernale per i Rom
La tregua invernale delle espulsioni locative comincia oggi (2 novembre ndr)
e finirà il 15 marzo. Ma le popolazioni che vivono nelle roulottes non sono
interessate a questa misura. I Rom per esempio sono contrari a cambiare
accampamento, cosa che peggiora la loro situazione sanitaria.
Senza libretti sanitari, ancora meno medici curanti ed per finire poco di
cure. La situazione dei Rom, espulsi regolarmente dei loro accampamenti,
preoccupa Médecins du monde. I volontari dell'OnG si recano nei campi e
constatano in particolare che bambini non sono vaccinati contro malattie come il
tetano, cosa che pone un problema di sanità pubblica.
[...]
Tra i 200 e i 400 Rom sono per esempio stati espulsi martedì dalla CRS
(Compagnies Républicaines de Sécurité ndr) dai loro accampamenti di Villetaneuse
a Seine-Saint- Denis che occupavano da luglio. Il 14settembre la giustizia ha
dato ragione ad un società proprietaria del terreno di cui aveva chiesto
l'evacuazione. 88 Rom avevano accettato una proposta di sistemazione volontaria
ad agosto. Carine Juste, sindaca comunista di Villetaneuse, aveva sottolineato
la partecipazione dei comuni al finanziamento dei campi d'inserimento di Seine-Saint-
Denis. Ma aveva giudicato l'impegno dello Stato "non all'altezza" in un
settore che impegna "la responsabilità nazionale ed europea".
L'arrivo della tregua invernale, che sospende le espulsioni tra il 1 novembre
e il 16 marzo, non riguarda i Rom. Associazioni di sostegno ai gitani, gens du
voyage e Rom hanno chiesto quest'ultime settimane che la tregua invernale si
applichi all'habitat mobile. Vedono nella situazione attuale una
discriminazione supplementare per queste popolazioni.
In Francia, 400.000 persone sono ufficialmente registrate come "gens du
voyage e Rom". Un terzo è ancora nomade ed il 95% di loro sono Francesi. Il
termine di Rom designa in Francia soprattutto Zigani d'origine rumena, bulgara o
iugoslava. I Rom sono la più grande minoranza dell'Europa con quasi 10 milioni
di persone. Sono all'origine un popolo nomade i cui antenati hanno lasciato il
Nord-ovest dell'India all'inizio dell'XI secolo. Sono stati allora catturati e
messi in schiavitù prima di disperdersi attraverso l'Europa.
Jean-Louis Dell'Oro
Di Fabrizio (del 09/11/2009 @ 09:32:38, in Europa, visitato 1826 volte)
segnalazione di Nadia Marino
di Carla OSELLA in "Pabay, nel mondo degli zingari" (ed. INTERFACE-AIZO)
Un giorno Pabaj mi telefonò dal bar emozionata: "Attilia, devi venire subito,
perché è arrivata mascia (nonna) Draga dalla Germania, la devi conoscere anche
tu, è una delle poche zingare che sono uscite dai lager, te ne avevo parlato
tempo fa, ricordi? Vieni in fretta, ti aspetto". Che bella sorpresa poterla
vedere, parlarle, ascoltare dalla viva voce un pezzo di storia, anche se tragica
di un periodo che non avevo mai vissuto. Sarei corsa immediatamente al campo
volando le scale, ma il giorno dopo avevo il compito in classe di matematica e
quindi non potevo andare impreparata; ci pensai un attimo, poi decisi che avrei
potuto rubare un po’ di tempo al sonno il giorno dopo, anche se al mattino ero
sempre stanca e facevo fatica ad alzarmi.
Mascia Draga valeva bene un po’ di sonno! Quando arrivai, c’erano molti Rom
accanto a lei, uomini, donne, ma, nonostante facessi degli sforzi per vederla,
non ci riuscivo perché era coperta da una piccola folla. In un angolo trovai una
sedia vuota e vi salii sopra per vederla. Era una donna minuta, molto anziana,
con un diclò (fazzoletto) verde intenso che le copriva i capelli, aveva una
maglia rossa da cui spuntava una camicetta con la gonna lunghissima, come
portavano le donne del campo.
Lei parlava piano e c’era attorno silenzio, davvero strano in un ambiente sempre
chiassoso e pieno di bambini, ma loro non c’erano. Infatti, quando succede
qualcosa d’importante, i bambini vengono allontanati. Vidi solo Sanella
seminascosta dietro la gonna di sua nonna.
A poco a poco molti Rom se ne andarono e nella baracca rimasero solo poche
donne, allora Pabaj mi disse: "Vieni, che ti faccio conoscere la Mascia!".
Mi avvicinai a quella zingara un po’ intimorita, aveva qualcosa di misterioso,
che non sapevo definire. Appena si accorse della mia presenza mi disse: "Vieni
piccola gagì, fammi vedere il viso" e, mentre mi diceva questo, cominciò a
fissarmi negli occhi. "Hai il viso buono - mi disse - perciò puoi essere amica
dei Rom".
Sentii che arrossivo fino alle orecchie per quel complimento e mi sembrò di
essere ancora più piccola. Nonna Draga mi fece un vero e proprio interrogatorio
chiedendomi qual era il motivo per cui venivo al campo e se mi piacevano gli
zingari.
Le spiegai il mio desiderio di conoscere meglio chi viveva nelle roulottes. "Tu
sei la figlia dei signori delle case di pietra, cosa ci fai in mezzo a questa
brutta gentaglia zingara?".
Mi colpì l’ironia con cui diceva quella frase; allora intervenne Pabaj a
spiegarle che ero sua amica da molto tempo.
Avrei voluto chiederle tante cose del suo passato, della sua deportazione nel
più grande campo di concentramento nazista, ma non osavo. Pabaj però leggeva le
mie domande negli occhi e fece lei la domanda che mi interessava. "Le abbiamo
parlato molto di te, voleva sapere qualcosa della tua giovinezza".
Un’ombra di tristezza passò sul suo viso, si strinse le mani con forza, quasi a
voler scacciare il passato, e mi rispose: "Non mi piace parlare del passato,
perché è stato una cosa troppo angosciante, ma forse è importante che la gente
sappia che anche il popolo zingaro, come il popolo ebreo, ha pagato con oltre
cinquecentomila morti la follia del nazismo. Anche per noi c’è stato
l’olocausto".
Mi sedetti accanto a lei in silenzio per ascoltare una storia sconosciuta ai
più. Raccontò che abitava in una piccola città della Francia, quando una notte
arrivò la GESTAPO (la polizia nazista) nel campo.
"Era un piccolo campo come questo con le baracche, faceva freddo, era tardi ed
eravamo tutti a letto. Sono entrati con i mitra spianati e ci hanno fatto
scendere, dicendoci che ci portavano in un posto dove raccoglievano tutti gli
zingari; il mio papà cercò di spiegare all’ufficiale che eravamo nomadi capitati
lì per caso, che non eravamo neppure francesi, ma loro non vollero sentire
nulla".
Sua madre coprì bene il fratellino più piccolo e lo mise in braccio al padre,
mentre aiutava gli altri a vestirsi in fretta per evitare qualsiasi questione
con i poliziotti. Poi li portarono ad una stazione, di cui lei non ricordava
neppure il nome, e vennero caricati su un carro merci.
"Avevamo molta paura e anche tanta fame. Il viaggio fu molto lungo, durò
parecchi giorni, finché arrivammo ad una piccola stazione polacca, in uno strano
posto davanti ad un cancello di ferro dove c’era scritto in tedesco "Arbeit
Macht Frei", cioè "Il lavoro rende liberi".
Guardandoci attorno, vedevamo che dagli altri vagoni scendevano dei gagé, donne
con i bambini cariche di borse e valigie. Ad un certo punto si separarono: un
gruppo da una parte "per le docce"- dicevano - e noi dall’altra.
Ma quando la colonna incominciò la sua lenta marcia, vidi che era composta di
ammalati e di bambini. Mi sentii gelare il cuore con il presentimento che
qualcosa dovesse succedere; quel giorno fu l’ultima volta che vidi la mamma".
Il racconto diventava sempre più interessante, la baracca si era di nuovo
riempita di persone; chi era seduto ai piedi della mascia Draga, chi stava
diritto, tutti pendevano dalle sue labbra. "Solo quando i russi giunsero al
lager, seppi che mia madre era stata messa nei forni crematori, dopo essere
passata dalle docce".
Mentre parlava, si asciugò con il dorso della mano le lacrime che le scendevano
dal volto. "A noi hanno fatto un segno che ho ancora sul braccio". Si tirò su la
manica e potei leggere bene inciso "Z24161". La nonna disse: "Vi racconto tutto
ciò che ho visto e vissuto, ma non è da raccontare ai bambini; invece è
importante capire che l’odio porta al razzismo e il razzismo uccide in molti
modi, con la morte fisica e con quella morale". Mi spiegò come si poteva
uccidere il cuore degli uomini con l’emarginazione:
"Tu sei un gagì, cosa vuoi sapere di queste cose? Tu vivi bene nella tua casa,
nessuno viene a controllarti. Per noi invece non è così, quando vai a fare la
spesa, ti servono prima degli altri, perché hanno timore che rubi qualcosa, o se
sali sul tram, nessuno si siede vicino a te, perché sei zingaro. Si rifiutano
non solo di parlarti, ma di starti accanto, quasi avessimo la peste".
Sentivo che era dura, ma la capivo, perché anch’io a scuola avevo dovuto lottare
con i miei compagni per difendere gli zingari; ricordavo ancora l’episodio in
cui un bambino mi aveva detto con disprezzo: "Sei solo una zingara" e io l’avevo
ringraziato, perché, se avessi potuto scegliere, avrei proprio voluto essere
zingara.
"Ma - riprese mascia Draga, dopo un po’ di silenzio - bisogna imparare sin da
piccoli a capire che tutti hanno il diritto di vivere. Il sole sorge per tutti e
la pioggia cade per tutti, tutti abbiamo fame e tutti abbiamo sete, ci sono
tante cose simili per i gagé e simili per gli zingari ed anche per i neri
dell’Africa, bisogna scoprirle".
Dopo un momento aggiunse: "Hai una nonna? Vai da lei e chiedile cosa vuol dire
ciò che ti ho detto. Chi ha vissuto molto, ha acquistato saggezza e bisogna
imparare ad ascoltare il passato per non commettere gli stessi sbagli per
l’avvenire". Nonna Draga abbassò la voce quasi volesse parlare a se stessa e
disse: "Non potevo ritornare in quel posto, ma ci sono andata alcuni anni fa e
ho pianto di rabbia, vedendo Auschwitz diventata un museo e constatando che in
mezzo alle baracche, dove sono morte migliaia di persone, i ragazzini spesso
mangiano patatine fritte e bevono Coca-Cola".
Spiegò: "Ho voluto andare a vedere le baracche del settore zingaro, ma le
intemperie le hanno distrutte. C’è solo uno spiazzo vuoto, però ho sempre in
tasca un pezzo di pietra che ho raccolto".
Poi si alzò con maestà dalla sedia, come se fosse una regina e con voce più
forte soggiunse: "Quando sarai grande, ricordati di ciò che ti disse una vecchia
zingara: la pace tra i popoli nasce cercando i valori che uniscono e non le
divisioni. Facciamo attenzione che il nazismo non torni in Europa, già troppi
innocenti hanno pagato".
Ero rimasta senza fiato; quella piccola donna minuta, dalla voce giovane, aveva
raccontato cose mai sentite. Avrei voluto abbracciarla, ma non osavo davanti a
tutti i Rom, tuttavia quando l’avvicinai, lei mi strinse forte e mi fece una
carezza.
"Vai, piccola gagì, oggi ho parlato troppo per la mia età".
*di Carla OSELLA
in ''Pabay, nel mondo degli zingari'' (ed. INTERFACE-AIZO)
http://www.aizo.it/masciadraga.html
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