Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
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\\ Mahalla : VAI : Europa (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Franco Bonalumi (del 27/04/2009 @ 09:09:41, in Europa, visitato 1944 volte)

Da Roma_Francais

Dal 2006, nel dipartimento Seine-Saint-Denis esiste qualcosa chiamato "villaggi d’inserimento per i Rom". Dietro a questa felice espressione si nascondono in realtà dei quasi campi di internamento. Nel nome del principio della libertà e della dignità umana, l’associazione "La voix des Rroms" (La voce dei Rom) denuncia questo tipo d’iniziative ed invita tutte le altre associazioni, soprattutto quelle che si occupano di Rom, a fare altrettanto. Per informare il pubblico sull’argomento, l’associazione ha creato un blog, http://villagedinsertion.blogspot.com, sul quale è disponibile, tra le altre cose, un breve rapporto sull’argomento inviato alle istituzioni europee che si occupano di Diritti Umani.

Nell’autunno 2006 è stato avviato nella città di Auberville un progetto privato di opera urbana e sociale (MOUS), a beneficio di alcune famiglie rom originarie della Romania. Consiste nell’installazione di alcuni bungalow nei quali collocare tali famiglie, che saranno seguite dal punto di vista sociale da alcune associazioni autorizzate dalla prefettura di Seine-Saint-Denis. Un progetto analogo viene attuato l’anno successivo a Saint-Denis, ed un terzo nel 2008 a Saint-Ouen.

Il tutto si svolge ogni volta secondo lo stesso copione: un’inchiesta sociale condotta da Pact Arim, una selezione secondo criteri annunciati dalla sotto-prefettura di Saint-Denis e mai realmente rispettati, e soprattutto il 90% circa degli intervistati che si vede recapitare l’ordine di abbandonare il territorio francese. Il 10% selezionato viene posto sotto sorveglianza in aree chiuse, controllare 24 ore su 24 ed alle quali non è consentito accedere a chiunque provenga dall’esterno, che si tratti di familiari, amici o persino i media.

C’è voluto qualche mese ai gestori di questi luoghi per trovare un nome alle loro "creature". Si è optato per "villaggio d’inserimento". Ma si può chiamare "villaggio" un luogo chiuso, dove un nonno non può ospitare il nipotino di un anno? Si può parlare di "inserimento" allorché la prefettura, che partecipa a questi progetti della durata prevista di tre anni, non consegna i permessi di soggiorno o le autorizzazioni al lavoro alle persone che pretende di "inserire"? Si può parlare di "inserimento" quando queste persone non hanno contatti con l’esterno?

"La voix des Rrom" ed altre associazioni rom di Francia hanno allertato il Commissario per i Diritti dell’Uomo presso il Consiglio d’Europa, l’Agenzia dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e la Commissione Europea, a cui queste associazioni hanno indirizzato una nota a proposito del trattamento riservato ai Rom in Francia attraverso le "aree d’accoglienza per le persone nomadi" ed i "villaggi d’inserimento per i Rom". Tali note, così come altri documenti scritti ed audiovisivi, sono disponibili sul sito http://villagedinsertion.blogspot.com .

"La voix des Rrom" lancia un appello alla società civile, ed in particolare alle associazioni che si occupano di Rom migranti, affinché si oppongano a quella che sembra essere proprio una bomba ad orologeria. In questi tempi di crisi, la pubblicità ingannevole di sedicenti "progetti d’integrazione dei Rom" rischia in effetti di dare vita a un’onda razzista come quella che da due anni a questa parte è possibile osservare in Italia. L’adagio "chi tace acconsente" esprime in questo caso il suo pieno significato.

 
Di Fabrizio (del 29/04/2009 @ 09:40:08, in Europa, visitato 1999 volte)

Da Roma_Francais

DRANCY 1944 E DRANCY 2009 (nota: Drancy è una cittadina alla periferia di Parigi. Durante la II guerra mondiale, gli Ebrei venivano deportati dalla stazione ferroviaria della città verso i campi di sterminio)

Chi non conosce da dove viene, non sa dove va.

Ma, conoscere da dove vieni, ricordare la storia, è abbastanza per migliorare il presente e il futuro?

Quattro giorni fa, il 22 aprile 2009, circa 200 Rrom della Romania sono stati espulsi manu militari dal posto dove vivevano, nelle immediate vicinanze di quella stazione, diventata giustamente un luogo di memoria collettiva.

Nessuna considerazione per la signora E.C., incinta, spintonata dalla polizia e dagli incaricati, venuti a sequestrare la sua roulotte. Dopo aver fatto presente la sua situazione, le è stato risposto "Non m'importa, non sei incinta di me". Nessuna ulteriore considerazione per la signora E.B., sotto dialisi, anche la sua roulotte è stata rimossa. Tutto questo per "ripulire" [l'area] per questa commemorazione.

Abbiamo dimenticato il significato della parola "pulizia"? Se sì, non è bene per il dovere della memoria che stiamo esercitando oggi.

Ci siamo dimenticati che ad Auschwitz, gli Ebrei deportati da questa stazione ferroviaria perché nati Ebrei, si incontrarono con Rrom perché nati Rrom? Se è così, questo esercizio di memoria perde molto del suo scopo.

NON DIMENTICHIAMO MAI! La deumanizzazione degli esseri umani porta dritto al muro!

La voix des Rroms - Centre Aver contre le racisme - Centre culturel gitan - Rromani Baxt - Ternikano Berno - Réseau solidarités roms

Association "La voix des Rroms"
50, rue des Tournelles
75003 PARIS
tél. & fax: 01.80.60.06. 58
http://www.lavoixdesrroms.org

Sosteneteci utilizzando un motore di ricerca solidale:
http://www.hooseek.com/?recommande_ong=279999

 
Di Fabrizio (del 30/04/2009 @ 09:47:38, in Europa, visitato 2237 volte)

Da Roma_Francais

Marsiglia
Chkamebo?
Una testimonianza che fa vergognare...
Chkamebo?

In Kosovo, come in tutti i paesi abbonati alle grandi tragedie, c'è sempre una parola per significare l'assurdo. In albanese, si può dire Chkamebo?, che significa "Che si può fare?" La prima volta che ho sentito questa parola, era nel 2003 in un Kosovo che iniziava a sollevarsi dalla guerra. Abnora, una piccola bambina di otto anni il cui padre era sparito dopo un'incursione effettuata dalle truppe paramilitari serbe, il fratello ucciso da un colpo in testa ed il cugino trovato in fondo ad un pozzo, aveva terminato questo elenco con la parola: Chkamebo?

La seconda volta, è stato ieri a Marsiglia, dalla bocca di questo padre di famiglia rom d'origine kosovara, venuto in Francia per chiedere asilo e gettato col resto della sua famiglia, come un pacchetto di biancheria sporca dinanzi alla porta del Centro di Cure di Médecins du Monde (MDM), dai camion del servizio sociale (Service d'aide médicale d'urgence SAMU). Ennesimo episodio di una serie che ci riguarda da dieci giorni.

Da qualche mese, la famiglia di origine rom, composta da 22 persone di cui 15 bambini, è fuggita dal Kosovo e dalle persecuzioni per venire in Francia, attraverso una parte dell'Europa, stipata su un camion barcollante ed è arrivata in Ungheria dove hanno chiesto loro, conformemente alle convenzioni di Dublino, che depositassero una domanda d'asilo, domanda che fu in seguito rigettata.

Sono allora ripartiti su un vecchio camion traballante in direzione della Francia, questa terra ancora ingiustamente conosciuta per il suo rispetto dei "diritti dell'Uomo".

Presso Aix en Provence, sono stati fermati dalla polizia che sequestra l'autocarro, piazza i suoi uomini di guardia prima di rilasciarli muniti di un decreto di ricondotta alla frontiera, senza spiegare loro che potevano fare ricorso entro 48 ore. I figli di età tra i 16 mesi e i 15 anni furono nel frattempo rinchiusi in un pensionato separatamente e senza la loro madre. Pensionato da cui fuggirono per ripartire in famiglia in direzione di Marsiglia.

Venerdì 10 aprile, sono quindi 22 persone di cui 15 minori per la maggior parte molto giovani e due adolescenti che, dopo una notte passata sul cemento, aspettavano davanti al centro di Médecins du Monde a Marsiglia per "chiedere asilo". Non hanno capito che il rifiuto dell'Ungheria voleva dire l'ennesimo rifiuto in tutti gli altri stati europei. Ma nessuno si era preso la pena di spiegarglielo.

Neanche sapevano che MDM non gestisce le domande d'asilo. MDM è un'organizzazione medicale che realizza cure. Cure per i "sans papier", cure per i "senza diritti", per chi non ha nessun'altra possibilità di riceverne se non lo facciamo noi. Cure per quelli che hanno la sfortuna di nascere altrove e la cattiva idea di pensare che possono trovare una protezione in Europa.

Cominciamo quindi con quello che sappiamo fare e che è la nostra missione: curarli, in particolare i bambini, di 11 mesi, 2, 4, 6. e 8 anni, che dopo settimane di notti all'aperto soffrono di esaurimento, rinofaringiti acute, bronchiti e otiti.

Alle 16.00, un alloggio d'urgenza è finalmente proposto per il fine settimana di Pasqua, fine settimana in cui due dei bambini più piccoli saranno ospedalizzati d'urgenza. E' l'inizio di una lunga settimana di negoziati per trovare una soluzione d'alloggio fino a quando il loro ritorno sia organizzato perché è la sola alternativa che si offre loro.

Allora, venerdì 18 aprile apertura del CASO. I camion di SAMU senza una parola ci lasciano 15 minori e 7 adulti davanti alla porta, obbligandoci una volta di più ad assumerci una missione che non è la nostra, ma la loro, oltre a quelle accumulate delle autorità responsabili, cioè la prefettura, il Consiglio Generale, la DASS (DIRECTION DES AFFAIRES SANITAIRES ET SOCIALES).

Tutti mostrano una bella unanimità nel loro rifiuto di garantire un tetto a queste famiglie. Gli uni hanno come pretesto che i bambini "non sono maltrattati dai genitori", gli altri che sono "senza documenti" o "accompagnati dai loro genitori". Quanto alla DASS, le casse sono vuote, In breve, nessuno è responsabile, né debitore di trovare loro un tetto.

Alle 16.00, una soluzione provvisoria viene trovata per sei di loro a partire dall'indomani. Sotto condizione, ben inteso. Devono quindi firmare una lettera nella quale si impegnano ad accettare di ritornare da dove provengono. Ma anche lì, è complicato. La prefettura chiede che la lettera indichi "o di ritornare in qualche altro paese in cui avremmo la nazionalità". E poi, la firma non ha l'aria autentica. E comunque, la lettera è in francese, lingua che non comprendono. In ogni caso (ripetiamo "in ogni caso"), per gli altri 16 e soprattutto gli 11 bambini, non c'è una soluzione.

Alle 18.00, i capi famiglia decidono quindi di reinstallarsi in un hangar abbandonato di fronte al Centro di Médecins du Monde. Una notte in più sul marciapiede per sei di loro. E probabilmente molte altre ce ne saranno per gli altri 18.

Simili in questo a migliaia di altre famiglie con bambini che sono fuggite dalla guerra e si ritrovano a dormire sui marciapiedi delle nostre città, vittime del gioco di ping-pong delle autorità e di una politica che si incaponisce a fare della solidarietà un delitto.

Alle 18.00, quando la famiglia s'installa in mezzo a rifiuti e rovine, MDM decide di fare quello che abbiamo l'abitudine di fare... a Kabul o Baghdad, in stati destrutturati e deprivati. Cioè: assicurare la copertura dei bisogni fondamentali di fornitura di acqua alla distribuzione di pannolini per i più piccoli senza dimenticare prodotti alimentari e sacchi a pelo.

Il 19 aprile, i reclami dei vicini hanno suscitato l'intervento della polizia che si manifesta a tre riprese nello spazio di 24 ore. I poliziotti chiamati per un "furto con scasso" sono venuti con un cane. Ma non entrano nell'hangar non volendo spaventare i bambini. Alla fine della conversazione, sono loro che, mostrando in ciò più tolleranza dei vicini, reagiscono come "padri di famiglia" e si dichiarano costernati da ciò che vedono.

E' finalmente la Protezione Civile che si che infine si muove dopo mezzogiorno e dichiara il luogo "insalubre", ne mura l'ingresso e propone al gruppo una notte presso un albergo, notti che diventano due dopo una negoziazione.

Due notti in albergo... Quello che lo stato di salute dei bambini non aveva permesso, è stato reso possibile dai reclami dei vicini. E' vero che loro, i piccoli kosovari, non votano.

Alle 21.00 li accompagniamo. Là, gli cedono i nervi, ci dicono che non ne possono più di questi rimpalli successivi ed insensati che li hanno condotti una notte sul marciapiede, cinque in un centro d'alloggio d'urgenza in mezzo a carcerati e senza fissa dimora, poi, ancora una notte sul cemento sotto la pioggia. Ora, due notti in albergo, e dopo? Cosa stanno diventando?

Non è mancato il coraggio per arrivare sino a qui. In questa Europa che non li vuole, che rifiuta loro la possibilità di immaginarsi un avvenire.

Un servizio d'alloggio per le urgenze che getta chi ha in carico sul marciapiede, nello stesso modo che si sbarazza dei suoi rifiuti.

Istituzioni che richiedono ad un bambino ammalato di essere maltrattato (ma il marciapiede non basta) a conformità di legge, o orfano prima di vedersi eventualmente offrire un'accoglienza rispettabile.

Bambini che si sballottano dal marciapiede all'albergo e dall'albergo al marciapiede.

Un'assistente d'urgenza motivata da criteri elettoralistici ma non dallo stato di salute che undici bambini malati ed esauriti non hanno potuto ottenere.

Il maltrattamento istituzionale non potrebbe dunque essere alla stregua del maltrattamento parentale, un motivo legittimo di assistenza?

Quella sera, all'albergo dove solo i reclami del vicinato avevano permesso che fossero portati, non volevano che una cosa: lasciare la Francia ed andarsene in Italia, dove hanno dei parenti, sempre in cerca di un sogno improbabile, quello di un avvenire su una terra dove la loro vita non sia minacciata.

Un sogno promesso dall'annientamento sulle frontiere di un'Europa sorda, muta e cieca.

Noi, Médecins du Monde, siamo colpevoli del delitto di solidarietà, rivendichiamo il dovere dell'assistenza alle persone in pericolo ed abbiamo lasciato a posto la nostra coscienza.

Cendrine LABAUME Coordinatrice MDM Marsiglia

[...]

 
Di Fabrizio (del 01/05/2009 @ 09:39:15, in Europa, visitato 1766 volte)

Da Polska_Roma

La minoranza invisibile

I Rom sono in una quantità poco nota in Polonia. Gli stereotipi abbondano, ma la comunità rom - stimata in 40.000 unità - si è in qualche modo integrata nella società polacca. Quindi dove finiscono gli stereotipi ed inizia la verità?

Un rapporto pubblicato dall'Agenzia dell'Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) valuta il modo in cui i membri della comunità rom sono trattati nella regione CEE. Il rapporto fa luce sullo stato della discriminazione contro la minoranza nella regione - una questione che pochi vogliono affrontare attivamente.

La ricerca per il rapporto è stata condotta a maggio-luglio 2008. Circa il 60% dei Rom in Polonia ha risposto "sì" alla domanda "Hai subito discriminazioni nei 12 mesi passati?" Le aree della vita quotidiana in cui si sentono discriminati includono il posto di lavoro, "al caffè, al ristorante o al bar," e "dal personale sanitario".

Uno dei principali problemi è che i membri della comunità rom sono stereotipati come ladri o mendicanti. "Stereotipare è molto comune in tutte le società. La verità è che non c'è stata nessuna adeguata compagnia governativa per combattere questo modo di pensare in Polonia", ha raccontato Aleksandra Amal El-Maaytah, di Amnesty International Polonia, a WBJ.pl

Circolo vizioso

Il fatto che Rom e non-Rom vivano in quartieri separati e frequentino differenti istituzioni dell'istruzione, rende le cose più ingarbugliate. "La segregazione avviene -naturalmente-, per così dire, ma porta ad ulteriori problemi con la [mancanza di] integrazione con la comunità non-Rom. Molti conoscono i Rom soltanto dalla musica e dai festival di danza o dalla strada," commenta Amal El-Maaytah.

Questo, dice l'esperta, porta alla discriminazione, specialmente verso le generazioni più giovani. "Essendo discriminati nella scuola, molti Rom non ricevono l'istruzione che meritano. Più avanti avranno [meno] possibilità di ottenere un impiego. Essere senza impiego significa non avere accesso alla sanità e alla casa, ecc. E' un circolo vizioso."

Nonostante tutto ciò, Roman Chojnacki, presidente dell'Associazione dei Rom Polacchi a Szczecinek, ritiene che la comunità romanì in Polonia, che è stimata in 40.000 membri, sia più apprezzata delle comunità di altri paesi, ma che "ciò non significa che tutto sia OK".

In un rapporto dell'anno scorso per il Forum Europeo dei Rom e Viaggianti, un'organizzazione internazionale rom, Chojnacki scrisse che infuria un accalorato dibattito sulla chiusura delle cosiddette "classi romani" nel sistema educativo polacco.

"Gli esperti e una gran parte della società romanì sono convinti che non c'è utilità nell'impiego di classi separate," dice Chojnacki. Se queste classi fossero rimosse, sia Rom che non-Rom sarebbero in grado di integrarsi meglio, e si spera così che si ridurrebbe la discriminazione.

Soltanto criminali?

I membri della comunità rom lottano spesso con lo stereotipo di essere coinvolti in attività criminali. "Nonostante i nostri sforzi, i mass media, quando [riportano dei] crimini commessi, rivelano ancora la nazionalità degli esecutori, cosa proibita dalla legge", dice Chojnacki. Aggiunge che questo approccio costruisce un ulteriore pregiudizio verso il popolo rom.

Inoltre, quando sono loro vittime di un crimine, I Rom difficilmente cercano aiuto dalla polizia. Secondo il rapporto FRA, circa il 33% degli intervistati ha lamentato di essere stato vittima di crimini nei precedenti 12 mesi. La maggior parte dei Rom - circa i tre quarti - che sono stati vittima di crimini come minacce, assalti o "serie molestie" non li hanno denunciati alle autorità.

"Molti Rom ritengono che non c'è motivo di riportare atti di violenza alla polizia," dice Amal El-Maaytah, "perché non affronterebbero il caso in maniera adeguata. D'altra parte, senza portare a consocenza delle autorità i casi di discriminazione, [le autorità] ... non possono fare molto."

From Warsaw Business Journal by Roberto Galea

 
Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 09:31:02, in Europa, visitato 2290 volte)

Da Bulgarian_Roma

30 aprile 2009 FOCUS News Agency

Sofia - La Bulgaria è tra i paesi dove la minoranza rom si sente meno discriminata, lo rivela un'indagine UE sui diritti delle minoranze. Secondo quanto riportato, soltanto il 26% dei Rom in Bulgaria si sente vittima di discriminazione. La Bulgaria viene seconda nella lista dei paesi più tolleranti, subito dopo la Romania, dove il 25% dei Rom dice di essere discriminato.

La ricerca coinvolge sette stati membri UE - Bulgaria, Grecia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Ungheria. La Repubblica Ceca è riportata come la meno tollerante verso la propria popolazione rom, dato che il 64% dice che i propri diritti non sono osservati.

 
Di Fabrizio (del 05/05/2009 @ 09:25:44, in Europa, visitato 1622 volte)

Da Roma_Francais [Di Yenisch (o Jenisch) se ne è già scritto, soprattutto riguardo alle persecuzioni che hanno patito. Qua invece si parla dei loro problemi pratici nella vita di tutti i giorni. Mi interessa anche l'attenzione data ai rapporti non facili con i "nomadi" stranieri, il doversi differenziare da loro per sopravvivere all'ondata di stigmatizzazione che riguarda tutti.  Se alcune affermazioni possono sembrare non condivisibili, teniamo conto che queste difficoltà ci sono anche da noi, ad esempio tra Sinti/Rom italiani e stranieri.]

Da AgriHebdo par Pierre-André Cordonier

Le famiglie Yenisch della Svizzera cercano disperatamente dei posti dove stazionare. Fanno appello agli agricoltori che disporrebbero di terreni.

Gli Yenisch svizzeri, circa 3.500 famiglie o più, che in occasione del ritorno del bel tempo si preparano a levare i campi per esercitare i loro mestieri tradizionali in tutta la Svizzera. Dei nomadi, o piuttosto dei semi-sedentari, svizzeri da secoli, e che soffrono della cattiva reputazione che ha la gente di viaggio presso la popolazione.

Confusione ed amalgami

Succede che Zigani, Rom o Manouche provenienti dalla Francia sbarcano tutti gli anni in Romandia nello stesso periodo. Una concorrenza per gli Yenisch, ma soprattutto molta confusione ed amalgami. I piccoli furtarelli, danni, inciviltà delitti commessi da questi nomadi venuti da fuori aizzano la popolazione che non fa differenze. Risultato, gli Yenisch svizzeri hanno sempre più difficoltà a trovare posti dove accamparsi per proseguire lo stile di vita a cui tengono caramente.

"La situazione ha cominciato a deteriorarsi da una ventina d'anni ed è andata peggiorando. Noi prima eravamo conosciuti e spesso ben accetti, ma oggi abbiamo perso il nostro status svizzero", spiega Francis Kalbermatter. "Da qui la creazione di un'associazione, che ha già un anno, allo scopo di sostenere la ricerca dei luoghi di stazionamento e di offrire una garanzia a terzi, agricoltori, comuni o altri. I membri che contravvengono alle regole in vigore o si rendono colpevoli di delitti sono esclusi dall'associazione, dove le regole sono molto severe.

Domiciliati e viaggianti in Svizzera

Non è che gli Yenisch della Svizzera vogliano stigmatizzare i loro confratelli stranieri. "Abbiamo sovente relazioni di vicinato serene", aggiunge Sylvie Gerzner. Ma gli Yenisch tengono a smarcarsi da questa cattiva reputazione, ereditata malgrado loro. "Noi siamo dei veri Svizzeri, abbiamo comportamenti tipicamente elvetici, come l'igiene e la proprietà. Rispettiamo le regole. E soprattutto, siamo domiciliati in Svizzera. Siamo quindi rintracciabili facilmente e veniamo perseguiti legalmente se commettiamo delle infrazioni. Cosa che sarebbe suicida, dato che siamo soliti tornare ogni anno", intonano in coro i due responsabili. Gli Yenisch svizzeri d'altronde hanno come tradizione di viaggiare solo in Svizzera.

Nessun problema oltre la Sarine (vedi ndr)

Le autorità sono sensibili a questo problema e anche loro cercano delle soluzioni. In tutti i cantoni. Vaud ha sistemato due posti di transito per la gente di viaggio ed i comuni possono proporre luoghi di stazionamento secondo il proprio bisogno, informa Pierrette Roulet-Grin, prefetto del distretto Jura-Nord Vaudois, dal 2000 presidentessa del Gruppo di lavoro Gitans-Vaud (GT-Gitans-VD). Ma questi ultimi non si presentano.

"Noi abbiamo dei comportamenti tipicamente svizzeri"

Ultima speranza: i contadini o proprietari di terreni sono pronti ad affittare puntualmente un lotto. Nella Svizzera tedesca, è così da tempo, senza alcun problema. Christian Stähli, agricoltore di Orges, è uno dei pochi a farlo nella Svizzera romanda e conta circa 4.000 pernottamenti di gente di viaggio all'anno, ha scritto il 16 aprile il 24 Heures Nord vaudois-Broye. La famiglia Mast a Denens accoglie ugualmente degli Yenisch durante sei mesi su 15 aree.

Ritorno per il contadino

"E' un ritorno per i contadini", precisa Francis Kalbermatter, "e stimiamo che noi facciamo la nostra parte: le famiglie yenisch comperano i loro prodotti all'azienda agricola se esiste l'offerta." Lo stesso per la legna, per il mitico e tradizionale fuoco del campo al cadere della notte.

Riferimenti

Per tutte le proposte di messa a disposizione di terreni, contattare Francis Kalbermatter, 1950 Sion 4, CP 4175, tél. 079 347 50 89, francis-kalbermatter@hotmail.com o Sylvie Gerzner, 1462 Yvonand, CP 158, tél. 076 222 2 66, sylvie70g@yahoo.fr

Quanti sono sensibili al mantenimento della cultura degli Yensich svizzeri possono diventare membri-amici di Association Yenisch Suisse con una domanda scritta e firmata al comitato dell'associazione yenisch.suisse@gmail.com Sito ufficiale: www.yenisch-suisse.ch

Per una ricerca su Internet, sono utilizzati diversi termini: Yenisch, Yenische, Yenich, Jenisch, Jenische, ecc.

Blog: http://yeniche1969.skyrock.com/

 
Di Fabrizio (del 06/05/2009 @ 09:20:58, in Europa, visitato 3961 volte)

Di Alberto Maria Melis, tratto da "La terza metà del cielo"

(foto tratta da "Romà anni 80 e 90 Selargius Cagliari")

Roger Bastide, nel volume "Ethnologie Général, EncycIopedie de la Pléiade", dice che ogni rito "... è un ricominciare ciò che è accaduto nei tempi primordiali, ma non è una semplice commemorazione, abolisce il tempo profano per fare penetrare l'uomo nell'eternità. Il mito rivive, il tempo mistico viene restaurato, ridi viene presente, con tutta la sua forza attiva. Cosicché tutte le feste, tutte le cerimonie, non sono altro che il ricominciare di ciò che è accaduto... La natura e la storia vengono rigenerate mentre sono reintegrate in questo "illo tempore ", che in effetti ha fondato all'inizio del mondo sia la natura che la storia".

Il rivivere di questo mito, la restaurazione di questo tempo mistico, esplode con incommensurabile vitalità quando i Roma cagliaritani festeggiano alcune ricorrenze di carattere religioso, delle quali la più importante e la più sentita è certamente la Festa di Primavera, che si svolge il 6 Maggio e che viene anche chiamata Gurgevdan, cioé Festa di San Giorgio.

È parere di alcuni ziganologi che gli Zingari festeggino le ricorrenze in qualche modo assimilate dalle popolazioni cristiane e islamiche che hanno incontrato lungo la strada dall'India.

Di questa assimilazione sarebbero un esempio i festeggiamenti più noti tra gli Zingari di fede cristiana, quelli cioè relativi al pellegrinaggio che ogni anno essi fanno sino al Santuario di Saintes-Maries-de-la-Mer, in Camargue, dove la leggenda vuole che nel 40 d.c. fossero approdate tre donne, insieme a San Lazzaro resuscitato, a Massimino e a Sidone, su una barca abbandonata in alto mare dagli Ebrei.

Delle tre donne, le cui reliquie sarebbero state riportate alla luce da Re Renato di Provenza nel 1448, gli Zingari ne venerano in particolare una, Santa Sara l'Egiziana, la santa di pelle nera che essi hanno adottato come loro patrona e che dicono fosse della loro stessa razza.

Secondo il De Foletier è probabile che questo culto abbia avuto inizio solo in tempi non troppo remoti e grazie all'identificazione in una santa che come loro era "Kalé", cioè di pelle scura.

Nel caso del Gurgevdan invece le origini sono probabilmente assai più lontane nel tempo e se assimilazioni vi sono state è altrettanto probabile che esse si siano innestate alla perfezione su ricorrenze ancora più antiche.

Il San Giorgio, la Festa di Primavera, come cadenza temporale, si collega ad un periodo che per gli Zingari ha un'importanza fondamentale: viene a morire l'inverno e la Primavera dà inizio ad un nuovo ciclo vitale, le tenebre vengono sostituite dalla Luce, cessa il sonno della natura che si risveglia nella sua nuova esistenza.

Può essere un fatto casuale, o da ricollegarsi ad altre usanze rituali, ma appare opportuno ricordare che anche nel Peloponneso, e parliamo di più di seicento anni fa, gli Zingari del Feudo degli Acingani, nel mese di Maggio, si recavano in festante corteo sino alla residenza del feudatario e qui, tra balli e canti, rizzavano l'Albero di Maggio.

E sono proprio l'albero e l'acqua, come vedremo più avanti, i simboli primordiali della vita, che ritornano con puntualità nelle celebrazioni della Festa di Primavera e in quella, per gli Zingari cristiani, del San Giorgio Verde (altra ricorrenza che si svolge in primavera).

Nel San Giorgio Verde un ragazzo viene "vestito" con rami e foglie di salice, quasi a diventare un albero vivente il cui compito sarà quello di esorcizzare, tra le altre cose, i corsi d'acqua.

Nel Gurgevdan invece i corsi d'acqua e gli alberi trovano una diversa collocazione. Prima di descrivere nei particolari lo svolgersi della festa occorre dire due parole sulla figura di San Giorgio, che nella mistica cristiana è il simbolo della lotta del bene contro il male e di cui si sa, ma con poca certezza, che potrebbe essere stato un guerriero martire a Lydda, in Palestina, sotto l'impero di Diocleziano.

Ma San Giorgio è un santo particolare anche per un altro motivo: egli è l'unico riconosciuto tale sia dai cattolici, sia dagli ortodossi e sia dai musulmani. Viene festeggiato anche nella ex-Jugoslavia e più in generale in tutti i Balcani. Nel Kosovo, il 6 Maggio di ogni anno, i pellegrini si recano alla Roccia di Drahovco, luogo in cui, secondo le leggende locali, San Giorgio arrestò il proprio cavallo sul finire di una dura battaglia. Perito ed assetato venne salvato dall' animale, il quale, battendo gli zoccoli su una grande roccia nera, ne fece sgorgare l'acqua che lo dissetò.

Nei Campi di Cagliari i preparativi per la ricorrenza cominciano solitamente alcuni giorni prima. Tutte le famiglie, anche quelle più povere nelle quali di norma i pasti non sono certo abbondanti, si sono costrette al risparmio perché per il giorno della festa niente venga a mancare.

Gli uomini hanno provveduto per tempo ad ordinare una o più pecore, il piatto più importante dei banchetti, presso i pastori che pascolano le greggi nelle campagne circostanti la città.

La mattina presto, appena sorge il sole, le donne, gli uomini e i bambini più grandi, preparano i fuochi. Mentre il Campo prende vita e il fumo dei fuochi si confonde con la bruma, tutti si scambiano i saluti augurali: un abbraccio e un bacio sulle labbra ripetuto alcune volte.

Poi, mentre le auto sono state agghindate con fiori e pezze di tessuto colorato, ci si prepara ad un breve viaggio: la sua meta è un corso d'acqua, un fiumiciattolo, sito ad una ventina di chilometri dalla città. Quando la carovana di auto giunge sul posto è ancora molto presto e le acque del piccolo fiume sono molto fredde.

Nonostante questo tutti fanno in modo di bagnarsi almeno le gambe; per alcuni minuti, tra grida di gioia e grandi risate, si cammina o si corre nell'acqua, poi ci si avvicina agli alberi che cingono le rive del fiume e ognuno prende alcuni ramoscelli.

Anche i ramoscelli vengono immersi nell'acqua.

Prima di andar via si effettua un brindisi e si scambiano altri saluti augurali. Rientrati al Campo i ramoscelli vengono offerti a quelli che non hanno potuto recarsi al fiume (gli anziani, i malati, le donne rimaste a custodire i bambini più piccoli) e altri vengono posti sulla porta di ogni baracca. L'intera mattinata verrà poi trascorsa nei preparativi per la festa vera e propria, che comincerà nelle prime ore del pomeriggio.

Le pecore vengono uccise, appese sui pali o sui rami degli alberi e accuratamente scuoiate. Poi, ripulite, vengono infilzate su lunghi pali e lasciate un paio d'ore ad asciugare al sole.

Sulla tarda mattinata gli uomini, che hanno già preparato i tappeti di brace, sistemano le pecore sui fuochi e ne curano la cottura, girando ogni tanto i pali per far sì che essa sia ben uniforme. Nel pomeriggio, quando anche gli ospiti gagé sono ormai arrivati al Campo, si dà inizio alla festa.

Non si tratta, in questo caso, di un unico grande banchetto: ogni famiglia prepara nella sua baracca il proprio personale pranzo, che viene sistemato o su lunghi tavoli o su grandi piatti circolari chiamati Tevsie e direttamente poggiati sui tappeti: la pecora arrosto, E Bakri, riveste un significato particolare. Il suo sacrificio, secondo i Roma più anziani, ricorda l'episodio di Abramo e Isacco presente nel Vecchio Testamento ed in qualche modo funge da ringraziamento per le grazie ricevute. Se queste vengono ritenute particolarmente importanti allora il Kurbano (il sacrificio), assume un significato più solenne e con la carne della pecora viene cucinata la Shastimace, il cibo della guarigione.

Esso viene poi offerto a tutte le famiglie del Campo perché ognuno possa partecipare alla gioia del ringraziamento.

Il fatto che ogni famiglia abbia preparato il suo tavolo imbandito non significa affatto che la festa venga celebrata in forma privata.

Infatti, mentre tra le baracche cominciano a risuonare le musiche slave emesse ad altissimo volume dagli altoparlanti, l'intero gruppo si muove compatto e dà inizio ad un'interminabile teoria di visite che lo porterà, di baracca in baracca, a rendere reciproco omaggio a tutte le famiglie del Campo.

Sulla porta di ogni baracca tutti vengono accolti dal capo-famiglia, al quale entrando si rivolge il saluto "Bahatalò givé" (felice giornata) e dal quale si riceve l'augurio "The avé sasto taj bahatalò" (vieni salvo e fortunato).

Il capofamiglia porge poi ad ognuno dei nuovi arrivati un bicchierino di liquore, che viene bevuto tutto d'un fiato prima di accomodarsi sui tappeti. Poi, incrociando le gambe, ci si siede e si fa veramente festa.

Rispetto alla povertà dei pasti di ogni giorno la quantità di cibo messa in mostra appare addirittura spropositata. Oltre alla pecora arrosto, che a volte viene presentata ripiena con patate e riso, vengono offerti altri piatti tipici, come la Pita, un torti no a base di farina, uova e formaggio, o la Sarma, un involtino di foglie di cavolo verde con un ripieno di riso, cipolle, salsa di pomodoro e altre spezie. Altri piatti che veramente vale la pena di assaggiare sono il Suguko, una salsiccia di carne bovina, i Peré Paprike, peperoni scottati al fuoco e poi infarciti con carne macinata, spezie e riso, e la Baklava, un dolce a sfoglia i cui ingredienti sono farina, zucchero, strutto, noci e uva passa. Nel corso di ogni visita tutti badano bene a non esagerare: si assaggia qualcosa per rendere omaggio alla famiglia ma non si dimentica che si è attesi da altre visite e da altri banchetti: tanti quante sono le baracche del Campo.
Più di un vero e proprio pasto si tratta insomma di una forma di convivialità che si esprime nei canti, nelle chiacchiere, nelle risate, nella gioia di un'intensità rara a trovarsi e che traspare con forza dai visi segnati da rughe precoci.

È in questo momento che l'ospite gagé, frastornato e reso partecipe della stessa gioia, capisce con quanta forza gli Zingari vivono la propria vita oltre tutte le difficoltà alle quali sono sottoposti nella quotidianità.

Tra una visita ad una famiglia e ad un' altra, ma a volte anche durante i banchetti, si svolgono i Celipé: uomini e donne, gli uni vestiti spesso di bianco e le altre coi loro migliori e più sgargianti abiti, danzano il Kolo (molto simile al Su Ballu Tundu sardo) o l'Ingra Indja. A volte, ma solo per pochi intimi, viene ballato un ballo che ricorda la danza del ventre turca e che appare di rara bellezza e plasticità di movimenti.

Così la festa va avanti per ore e ore sino al tramonto del sole.

 
Di Fabrizio (del 14/05/2009 @ 09:43:38, in Europa, visitato 1475 volte)

Da Roma_Daily_News

7 maggio 2009, Economist.com Incomprensi e bloccati nel fango

POCHI argomenti destano più controversie dei Rom nell'ex regione comunista. E' facile caricaturare le posizioni più esplicite. Da una parte, attivisti prezzolati che non vedono altro che razzismo di un'arrogante maggioranza bianca. Dall'altro, retti cittadini, soddisfatti di sé stessi che ritengono i Rom (messa gentilmente) autori delle loro sfortune, o (meno gentilmente) un assieme di ladri parassiti buoni a nulla.

La realtà è molto più complicata. Chiaramente il non-intervento, l'approccio punitivo dei Rom - delinquenti non è una risposta. Rinchiudere i Rom (per esempio, come l'America imprigiona il suo sottoproletariato nero) non è solo futile, ma sbagliato. La sofferenza di così tanti milioni di Europei dovrebbe scuotere la coscienza del continente. La schiavitù rom terminò soltanto circa 150 anni fa. Sono stati l'unico gruppo razziale, con gli Ebrei, che Hitler tentò di sterminare. I regimi comunisti resero illegale il loro modo di vita. Le riforme economiche hanno tagliato la loro rete di sicurezza.

Reuters

Inoltre, gli argomenti dei Rom - delinquenti sono fragili. Asseriscono simultaneamente che la discriminazione non è il problema mentre contemporaneamente rilasciano ampie dichiarazioni sulla criminalità rom, la loro avversione all'istruzione, ed inaffidabilità. La disgustosa esperienza dei bambini rom adottati alla nascita da genitori non-rom mostra che il razzismo è almeno una parte del problema.

In verità, le generalizzazioni sulle questioni rom sono inaccurate dal punto di vista dell'inutilità. Chiaramente non tutti i Rom sono poveri (o senza istruzione, o abusano dell'assistenza pubblica, o inclini alla criminalità). Difatti, le caratteristiche comuni sono rare: l'uso della lingua romanì, per esempio, varia ampliamente. Certamente i Rom non sono del tutto innocenti per le critiche stereotipate su di loro. In effetti, pochi attivisti rom vorrebbero dimostrare il contrario.

Ma ragionare sull'accuratezza di queste generalizzazioni è futile, specialmente perché la definizione stessa di "Rom" è contestata. Per fortuna, i paesi civilizzati non usano i test del DNA per stabilire l'etnia e scrivere il risultato sui documenti d'identità. Indipendentemente da ciò, "Rom" è una questione di auto-descrizione. Alcune parti del problema si vedono meglio come questioni etniche. Piuttosto, si può capire di più come il risultato di una povertà profondamente radicata in un sottoproletariato. Come puntualizza Petra Gelbart, un'attivista rom ceca ora in America, molti dei problemi ascritti ai Rom, come le frodi nell'assistenza pubblica, sono presenti anche nelle comunità povere non-Rom.

Quei Rom che conducono vite miserabili nell'Europa orientale (e migrano verso quella occidentale per trovarsi vilipesi anche lì), lo fanno principalmente perché sono poveri, non a causa di una loro (spesso apparente) connessione linguistica e culturale con una datata migrazione dall'India. Cercare di fermare la discriminazione e promuovere la lingua romanì può aiutare quanti già attaccano la mobilità. Ma cercare di terminare una cultura di povertà radicata per generazioni, probabilmente è più importante.

Questo non rende facile le risposte. Soprattutto nelle politiche sociali, un meccanismo statale determinato ma flessibile è il requisito centrale. Una scuola locale dinamica che offre pasti caldi gratuiti e sovvenzioni le divise scolastiche può cambiare le attitudini familiari sul mandare lì i propri figli. Combinato con un sistema di assistenza che renda i benefici dipendenti da bassi tassi d'interesse e tutto ciò diventa ancora più efficace.

Tutto questo richiede fondi e buon governo. Questo sembra nel breve termine. I paesi ex-comunisti hanno fatto fatica nella gestione anche quando i tempi erano buoni. Poiché la diminuzione economica comprime la spesa pubblica, prestare attenzione urgente ad una minoranza disprezzata non sembra una mossa vincente.

 
Di Fabrizio (del 16/05/2009 @ 09:08:23, in Europa, visitato 1689 volte)

Da British_Roma

Il Consiglio RCN deve far pressione per rivedere l'accesso ai servizi sanitari e sociali per gruppi socialmente esclusi, come le comunità viaggianti ed i senza casa, hanno detto le infermiere.

Le infermiere hanno votato quasi all'unanimità una mozione, proposta da Marcelle De Sousa, del forum adolescenti dell'RCN, che solleva preoccupazioni sulla qualità dell'assistenza per questi gruppi.

"Il gap tra ricchi e poveri è il più ampio dal 1960. I Viaggianti spesso trovano che i siti permanenti sono al lato di strade, fabbriche o impianti industriali, ed hanno alte incidenze di asma ed eczemi."

Tuttavia, ha aggiunto che l'assistenza che hanno ricevuto spesso è stata inadeguata. "Quando accedono al servizio sanitario, trovano che non si adattano al sistema," ha aggiunto.

"Molti lottano per l'accesso all'assistenza e quando lo fanno, a volte incontrano discriminazioni," ha detto Lorraine Tinker, del forum pediatrico oncologico.

"Le ambulanze non assisteranno nei siti fissi, o loro non sono in grado di accedere ai servizi primari. Ci sono tuttavia problemi di droga e alcool e violenza domestica. Appoggio la risoluzione per assicurare che cia sia una fine per questa ineguaglianza d'accesso per questi membri più vulnerabili della società."

Garet Phillips, membro del consiglio RCN per il Galles, ha avvisato i delegati di ignorare i volantini distribuiti fuori dalla sala del congresso dall'Alleanza dei Contribuenti.

I volantini criticavano il Consiglio di Ealing per aver assunto un "Incaricato al Collegamento per Zingari, Rom e Viaggianti"[sic].

"Questi volantini non hanno posto nel Congresso RCN," ha detto. La mozione è stata gradita dal 99% dei presenti.

 
Di Fabrizio (del 20/05/2009 @ 09:30:46, in Europa, visitato 1558 volte)

Da Roma_Francais (sui villaggi d'inserimento, era stato già pubblicato un parere critico. Diamo voce anche all'altra campana con una testimonianza che sembra positiva)

domenica 17.05.2009, 04:48 - La Voix du Nord

Discreti al punto di suscitare paradossalmente l'interesse dei vicini, le due famiglie rom installate a Halluin vivono una "esperienza positiva" secondo l'associazione di inserimento che assicura il loro seguimento...

"L'esperienza è per il momento positiva, il progetto va bene..." E' Karim Louzani ad affermarlo. Lui che dirige l'AFEJI, un'associazione d'inserimento, deve assicurare il seguimento di due famiglie rom installate a Halluin. Uno degli indicatori più positivi è la riuscita scolarizzazione dei cinque bambini. "Tutti nel pubblico e con una buona partecipazione dei genitori che vegliano sulla loro assiduità", rincara Louzani. Perché la volontà di queste due famiglie è di fondersi nel decoro di Halluin sembra reale. "I genitori sono iscritti nel dispositivo di insegnamento della lingua... E le relazioni col vicinato vanno bene grazie all'intervento degli assistenti sociali". Al punto che questi "ritorni positivi" permettono oggi di pensare che la malfidenza dei primi giorni ceda il passo ad un sentimento più sfumato.

Anche se, sul posto, paradossalmente nessuno si stupisce della loro relativa discrezione. "Ormai non sperano che una cosa, poter lavorare [...]", prosegue il direttore dell'AFEJI. E qui è evidente che le cose si complicano. "Tutto resta legato alle domande di regolarizzazione, all'avviso dalla prefettura. Dobbiamo rispondere a degli imperativi legali, ma abbiamo buone speranza. I documenti sono in corso di regolarizzazione..." Seguite dalle CCAS (Cassa Centrale delle Attività Sociali ndr), beneficiarie di Restos du coer, le due famiglie rom non prevedono che una cosa, secondo Karim Louzani: "Lavorare per pagare l'affitto".

PATRICK SEGHI

 

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