Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 24/03/2007 @ 09:49:11, in lavoro, visitato 2153 volte)

Studia all'università di Montreux, vuole diventare broker. E lotta contro pregiudizi e mancanza di soldi
Serena Spada ha un sogno: la City. Ce l'ha da quando era piccola e c'era chi da grande voleva fare il macchinista e chi la parrucchiera, il calciatore o la ballerina. Lei no, lei scriveva già nei temi in seconda elementare: da grande voglio fare l'agente di borsa. Non sa neanche lei come le venne questa fissa. Sa solo che per lei era come sognare la luna. Non solo perché la sua non è una famiglia di banchieri, e ha sempre fatto fatica ad arrivare a fine mese. Ma perché appartiene al popolo Rom. E questo è un marchio che brucia a fuoco sulla pelle.

Sono duri a morire, i pregiudizi. E Serena già le conosce, le battute: un zingara che punta alla Borsa? Sarà per svuotarla del portafogli. È una vita che ci fa i conti, con gli stereotipi, la diffidenza, l'ostilità. Al punto che, anche adesso che studia alla European University di Montreux, nel cantone svizzero di Vaud, vicino a Ginevra, per diventare quello che ha sempre voluto fare, non perde mai di vista l'altra metà della sua vita.
Certo, qualcosa è cambiato negli ultimi anni. In Italia ci sono Rom che fanno gli infermieri, Rom che fanno i vigili urbani, Rom che hanno delle concessionarie d'auto nella scia di un mestiere tradizionale quale il commercio di cavalli. Rom che fanno perfino i professori universitari, come Santino Spinelli, che dopo aver preso due lauree a Bologna (Lingua e letteratura straniere moderne e Musicologia) abbina oggi la docenza di Lingua e cultura Romanì all'università di Trieste a una frenetica attività musicale che, col nome di Alexian, l'ha visto comporre colonne sonore per il cinema, incidere vari dischi e tenere un'infinità di concerti.
Dalle ultime elezioni, per la prima volta, c'è una Rom anche al parlamento europeo. Si chiama Livia Járóka, è ungherese, ha 32 anni, è laureata in antropologia e, figlia di un musicista gitano e di una sarta ebrea, porta nella carne le ferite di due popoli finiti nei lager. Dove, nella scia di secoli di pregiudizi riassunti dallo sventurato Cesare Lombroso («hanno tutti i vizi e le passioni: l'oziosità, l'ignavia, l'amore per l'orgia, l'ira impetuosa, la ferocia e la vanità…»), Joseph Mengele faceva sugli «zingari» esperimenti di ogni genere. In particolare, avrebbe raccontato Helmut Clemens, che allora era un giovanissimo fattorino del blocco malati di Auschwitz- Birkenau, «cercava gemelli per gli esperimenti. (…) Una volta per caso ero là con lui e ho visto che iniettava un liquido nei loro occhi, che diventavano enormi».

Mezzo secolo dopo quella tragedia e certi racconti dolenti come quello di Primo Levi su una famiglia di scampati che si muoveva su un carro enorme «trainato da quattro cavalloni pelosi» («in quei giorni li sentivamo singolarmente vicini a noi, come noi trascinati dal vento, come noi affidati alla mutabilità di un arbitrio lontano e sconosciuto…»), Livia Járóka ha patito ancora il razzismo. Era in corsa per diventare «parlamentare dell'anno» quale appassionata combattente dei diritti umani per la rivista Parliament Magazine quando le caselle di posta degli euro-colleghi sono state invase da una lettera di un deputato bulgaro, Dimitar Stoyanov, che spiegava dove si potesse «comprare» per cinquemila euro «una bella ragazza Rom da trasformare in una moglie devota» e starnazzava: «Non votatela, ci sono delle zingare molto più belle di lei». E se è dura per un'euro-deputata, immaginatevi per le altre.

Anche Serena è figlia di una coppia mista. Il papà, Antonio Spada, è un Rom la cui famiglia vive in Italia dal 1559, così come è italiana dal Cinquecento o addirittura da prima la larga maggioranza dei 45mila Rom che da molto tempo si sono stabilizzati, hanno smesso di girovagare e si sono inseriti (a volte con grande fatica) nella vita quotidiana degli altri italiani che spesso, spiega Spinelli, «non si accorgono neppure d'aver a che fare con quelli che i razzisti chiamano sprezzanti "zingari"». La mamma, Anna Iannattone, è una «cagè» e cioè, per dirla in lingua Romanì, una «civile». Originari di Gaeta, hanno in gestione il parcheggio dell'Asl di Venafro e dopo Serena hanno avuto altri tre figli. Il più giovane dei quali, deciso a dare lui pure un colpetto di piccone al muro degli stereotipi, studia Virgilio e Senofonte al liceo classico.
Insieme con il razzismo, però, Serena ha un altro problema: i soldi. Lasciato il liceo scientifico al terzo anno per andarsi a diplomare all'Harrow College di Londra, dove si è mantenuta da sola lavorando nelle ore libere prima di essere costretta a rientrare in Italia perché la famiglia non era in grado di aiutarla a proseguire gli studi, qualche mese fa ha superato gli esami di ammissione alla European University di Montreux. Per scoprire subito dopo che non c'erano borse di studio alle quali poter ricorrere per superare uno scoglio altrimenti, per lei, insormontabile: una retta di 900 euro al mese. Cui aggiungere altri soldi per dormire, mangiare, comprare libri… Per un po' le ha dato una mano, di tasca sua, la senatrice Tiziana Valpiana: «L'avevo conosciuta così, casualmente, e mi aveva colpito per la sua determinazione. È raro trovare una ragazza così decisa a realizzare i suoi sogni. Così convinta. Ho visto i voti. Bravissima. È un peccato che non ci sia una struttura pubblica disposta a investire su di lei. Su quello che può rappresentare nella battaglia di ogni giorno contro gli stereotipi da cui siamo infettati».

Ed è lì che la parlamentare di Rifondazione comunista è andata a scontrarsi con una realtà amara: «Mi sono detta, illusa: vuoi che i "miei amici ministri" non riescano ad aiutarla? Vuoi che non capiscano quanto possa essere importante lanciare un segnale su un tema come questo? Un governo di sinistra!». Macché, niente da fare. Non esistono gli «strumenti tecnici» per un intervento mirato. E così, lassù a Montreux, Serena Spada è rimasta appesa a una sola speranza. Che qualcuno abbia un'idea per aiutarla a uscire da queste strettoie. O sia così generoso da scommettere sul suo sogno. Che potrebbe aprire una piccola crepa nel muro del razzismo. E dell'indifferenza.
 
Gian Antonio Stella
22 marzo 2007
 
Di Fabrizio (del 25/03/2007 @ 10:19:21, in lavoro, visitato 2257 volte)

Da Hungarian_Roma

By: All Hungary News 2007-03-21 11:47:00 -Il sindaco József Molnárha annunciato mercoledì che il governo locale di Gyöngyöspata ha offerto tre ettari di terreno coltivabile a 32 famiglie locali di  Rom. Il programma è partito dal governo per le minoranze locali di Heves, che ha una popolazione di circa 2.800 persone. Ogni famiglia disporrà di circa 1.000 metri quadri di terreno, che permetterà loro di coltivare verdura per uso proprio o per venderli, ha aggiunto il sindaco.

Per assicurare il successo del programma, il governo impiegherò un giardiniere professionista ed un imprenditore della vicina Gyöngyös si è offerto di preparare la terra alla coltivazione e fornire le famiglie delle sementi.

Secondo mno.hu, il 14% della popolazione di Gyöngyöspata è di origine Rom, ed il tasso di disoccupazione tra di loro è dell'80%.

 
Di Fabrizio (del 18/04/2007 @ 10:04:20, in lavoro, visitato 2656 volte)

Ricevo da romlavoro

ROMA MULTIETNICA
guida alla città multiculturale

L'opera Nomadi e il V° Dipartimento del Comune di Roma presentano, giovedì 19 aprile alle ore 12 in Campidoglio – Sala degli Arazzi, la Conferenza Stampa di Raffaela Milano Assessore alle Politiche Sociali Comune di Roma Franco Alvaro Direttore V° Dipartimento Comune di Roma per la presentazione del primo contratto di lavoro per le donne Rom/Sinte di Roma nel laboratorio di stireria e piccole riparazioni sartoriali.

Saranno ospiti d’onore come amici del popolo Rom/Sinti della Capitale:
Adriana Spera (Presidente Commissione Elette Comune di Roma),
Salvatore Geraci (Area Sanitaria Caritas Diocesana),
Susanna Placidi (Comunità S.Egidio).
Sarà presente il Sottosegretario alle Pari Opportunità Donatella Linguiti ed Il Segretario Regionale della FILTEA-CGIL Sergio Leoni.

Presentazione abiti della Sartoria Romanì, lavori della sarta Rumrì Concetta Casamonica di Porta Furba e delle Romnià Rumunke della Comunità di Magliana Vecchia.

La prima cooperativa di sole donne rom e sinte in italia.
Cooperativa Baxtalo Drom
via Alessandro della Seta 20 00178 Roma
tel. 06-72671701
mailto:baxtalo_drom@yahoo.it

 
Di Fabrizio (del 19/05/2007 @ 10:10:43, in lavoro, visitato 2649 volte)

Da ChiAmaMilano

Monica è una Rom Romena che ce l’ha fatta perché ha avuto un’occasione, ma ha ancora paura a dichiarare davvero chi è

Ascolta l'intervista audio

Monica ha gli occhi grandi e non li abbassa mai, nemmeno quando gli si velano di lacrime ricordando il 1998, il suo primo anno in Italia, a Milano, passato a chiedere l’elemosina e a vivere con il marito in un furgone nel campo di via Barzaghi.
Quell’attimo in cui gli si affaccia alla memoria quel ricordo doloroso è solo una parentesi in una conversazione in cui Monica, che ha imparato l’italiano più leggendo i romanzi che guardando la televisione, pacata e ironica rivendica dignità per sé e tutti i Rom come lei.
Perché Monica è una zingara, giunta clandestinamente dalla Romania quasi dieci anni fa. Oggi è regolare, vive in affitto in un appartamento, fa la collaboratrice domestica, suo marito lavora in una cooperativa e i suoi figli vanno a scuola.
Il suo datore di lavoro, un noto professionista milanese, ha piena fiducia in lei. Ha un ottimo rapporto con i suoi vicini di casa che spesso vanno a prendere il caffè da lei.
Ma il suo datore di lavoro e i suoi vicini non sanno che Monica, suo marito e i suoi figli sono Rom.
Romena regolare, Rom “clandestina”, Monica  non vuole che si sappia la verità sulla sua storia: troppi i pregiudizi, troppa la paura di perdere la fiducia, il lavoro, gli amici, di vedere andare in frantumi tutto quello che si è conquistata in dieci anni “senza rubare mai, cercando di vivere dignitosamente anche quando eravamo in via Barzaghi, anche quando andavo a chiedere l’elemosina provando una vergogna immensa, ma non avevo di che dare da mangiare ai miei figli e nessuno mi dava un lavoro perché ero una zingara.”
Quel periodo è lontano, un brutto ricordo ma Monica –che sta studiando da mediatrice culturale e tra un paio di mesi darà l’esame– ha rinunciato, almeno pubblicamente, ad una parte di sé, della propria identità. Perché, anche se la sua storia è la dimostrazione che qualora siano offerte delle opportunità per riconquistare dignità e cittadinanza esse vengono colte, il pregiudizio è l’altra faccia della paura di perdere tutto, di essere ricacciati al di fuori dei margini di una società che sembra non possa fare a meno degli stereotipi e delle angosce securitarie.

Beniamino Piantieri

 
Di Fabrizio (del 27/06/2007 @ 09:46:19, in lavoro, visitato 3443 volte)

In queste settimane stiamo assistendo ad un deterioramento dei rapporti tra la società civile, la politica e le "comunità rom" senza precedenti. In gioco non ci sono soltanto delle diverse sensibilità o opinioni su cui impostare le proprie idee di governo delle città, magari con l'appoggio bipartisan di una parte dell'opposizione, ma un vero e proprio oltrepassare i limiti della comune e rispettosa convivenza. Quello che ferisce non è solo un modo diverso di concepire e trattare con pesi e misure differenti i rapporti tra soggetti sociali che non godono delle stesse opportunità, ma la cattiva coscienza di chi indica oggi dall'alto delle proprie responsabilità di potere "l'altro", il "rom", come mera espressione di un disagio generalizzato che la società vorrebbe in una qualche misura scrollarsi dalle spalle.

Ad un anno ormai dalla presentazione di un "piano strategico" da parte del Comune per risolvere questa “questione” i risultati raggiunti sono francamente sconfortanti.

Per la prima volta a Milano, abbiamo assistito alla realizzazione di un mega campo destinato ad accogliere c.ca 700 persone, mentre in tutto il Paese e in Europa da anni si chiede a gran forza di dare avvio ad una seria politica dell'abitazione per le comunità rom e sinte che superi l'idea del "campo nomadi" o "villaggio solidale", anche o soprattutto assegnando a chi di loro ne ha diritto delle case o aiutandoli ad averne una.

Viceversa, alle famiglie Rom che hanno avuto accesso in via Triboniano è stato chiesto di sottoscrivere un "Patto di legalità e socialità" che sottolinea di fronte all'opinione pubblica solo l’esistenza di un radicato pregiudizio che a volte sfocia in aperta discriminazione da parte delle autorità, senza alcuna reale utilità pratica. A chi altro, Le chiedo, viene richiesta una cosa analoga? O forse esiste di fronte alla legge la possibilità di un trattamento differenziale degli individui in base all'origine culturale, religiosa o quant'altro?

Le politiche sociali che per molti anni anche le giunte di centro destra hanno portato avanti in questa città, oggi si perdono nel "buco nero di via Triboniano" che tutto attrae e tutto si porta via.

Eppure i Rom e i Sinti sono "molti", circa 5 mila, per la metà italiani di nascita o di prossima cittadinanza.

Queste piccole comunità vivono da alcuni decenni nelle periferie della città, conquistandosi giorno dopo giorno il diritto di rimanerci e il rispetto dei vicini, come nel caso di via Idro dove, proprio dalle pagine del Corriere della Sera leggiamo oggi, con grande preoccupazione e sconcerto, dell’eventualità dell’arrivo degli ultimi sfollati di via Triboniano.

“Comunità” dai tanti nomi, come i Rom Harvati e i Rom Abruzzesi che hanno espresso il "meglio" della loro cultura e stile di vita moderno aprendosi al confronto con la società, consentendo l’avvio ben 14 anni fa dell’esperienza delle mediatrici culturali rom nelle scuole e nella sanità, o ancora di 3 cooperative sociali che hanno impiegato in pochi anni 50 giovani in stabili attività lavorative.

Sì, perché anche i Rom lavorano e oggi sono fortemente preoccupati di perdere il loro posto solo perché queste straordinarie esperienze rischiano di essere ignorate e messe da parte dal Comune, già dal prossimo inizio del mese di Luglio.

A cosa ci può condurre tutto ciò? Forse a far nascere delle vere e proprie banlieu nostrane impermeabili ad ogni contatto con la società? O forse davvero ci illudiamo che proclamando in modo demagogico l'applicazione di un "numero chiuso" ai Rom si possano correggere quelle profonde distorsioni che sono entrate nel modo di agire delle Istituzioni e che non facilitano anzi aggravano il contrasto alle forme di devianza e di violenza presenti anche in queste comunità?

Maurizio Pagani

Vicepresidente Opera Nomadi Milano
 
Di Fabrizio (del 24/07/2007 @ 09:35:42, in lavoro, visitato 2543 volte)

Da La voix des Rroms

Saint-Ouen lotte n° 67 - luglio 2007

" Osserva la mia città, si chiama bidone, bidone, bidonville, vivere lì è cotone (... ]Dammi la tua mano compagno, ho cinque dita io anche, ci si può credere uguali (...)"

Claude Nougaro - Maurane

A Saint-Ouen, al termine della via Ardoin, vicino alla Senna, una bidonville dispiega la semplicità della miseria generata dall'implosione delle società dell'Europa dell'Est, la caduta delle pareti e barriere doganali, la vittoria del "libero" mercato e della "libera" concorrenza nell'Unione europea degli azionisti. Lasciati per conto, Rroms ad esempio, sono trattati da anni come paria. Prima della caduta, avevano lavoro, ma sono ora colpiti dalla disoccupazione. Allora fanno ciò che hanno fatto i nostri antenati Bretoni, Auvergni, ciò che hanno fatto gli Spagnoli, i Portoghesi, gli Algerini, i Marocchini ed altri Africani negli anni 60 ed ancora ora: partono verso le città dove c'è lavoro, nell'Europa dell'Ovest.

Quale lavoro? Un lavoro al nero nel bastimento, nel settore alberghiero, nella ristorazione. "Continua, ti pago il mese prossimo." "A volte sono pagati alla fine del secondo mese, a volte no." "Spostati tu, non avrai nulla di tutto". Queste sezioni di due mesi di lavoro clandestino non pagato sono frequenti. Grazie proprietari. Quale ricorso hanno? Ricominciare altrove sperando di avere più possibilità. Mendicare. Di ricorso legale non ce n'è. Anche in queste condizioni, la concorrenza è dura. In estate i bordi dell'unità periferica si coprono di tende occupate da lavoratori e studenti dei paesi dell'Est che, loro, non sono paria nel loro paese, ma che sono anche disoccupati. Che cercano di rientrare al paese con un po'di denaro. Gli sfortunati, a volte non hanno neppure che rientrare. Ma quando la possibilità è là, un giorno di salario qui, è il salario di un mese là. Studenti bulgari guadagnano in due mesi di che vivere durante un anno di studi. La situazione dei Rroms è diversa. Rari sono coloro che riescono a guadagnare abbastanza denaro per inviarne un po'in Romania, in Bulgaria, in Ungheria per migliorare la vita nel ghetto in cui vive la loro famiglia. La maggior parte è inchiodata qui dove la miseria è meno dura che là ed il dispetto della gente "brava" meno pesante.

A questa semplicità estrema della disgrazia ci sono soluzioni estremamente semplici: "Oh, bidonvilles nel 2007!" Quale vergogna! Toglietela della mia vista immediatamente! "D'espulsione in espulsione, la miseria e la precarietà dei Rroms aumentano ogni volta." Ma il problema non è risolto.

8 Milioni di Rroms sono cittadini europei, collegati da una cultura ed una lingua, il rromani, una lingua indo-europea. Un popolo senza territorio che non richiede territori. Ma il diritto di vivere normalmente nei vari paesi dell'Europa, il diritto ai "diritti dell'uomo e" ai diritti del bambino "e" alla parità delle opportunità ", come tutti."

Un inizio di soluzione, ad esempio a Aubervilliers, un terreno del comune dove devono essere sistemate case prefabbricate, a Bagnolet, la costruzione di chalets, dopo molti anni d'alloggio caotico in una costruzione comunale abbandonata. Un inizio di soluzione è l'accompagnamento sociale che permette di trovare un lavoro meno precario, scolarizzare i bambini, integrarsi a termine in un alloggio classico, è il bilancio di "riassorbimento delle bidonvilles" individuato dal consiglio generale ed è efficace soltanto se i municipi lo utilizzano.

Un inizio di soluzione, sono che i municipi abbiano meno timore di mettersi sul problema perché avranno meno timore delle reazioni dei diretti più semplicistici. Un inizio di buona soluzione, è la tua solidarietà, abitante di Saint-Ouen.

Dammi la tua mano, compagno, hai cinque dita tu anche, puoi renderti utile!

Mathilde

 
Di Fabrizio (del 29/07/2007 @ 09:28:44, in lavoro, visitato 2647 volte)

dalla Reuters

Le famiglie rom nel Montenegro settentrionale stanno beneficiando con successo di un programma di sviluppo economico. Attraverso un programma di microcredito AgroInvest, le loro condizioni di vita sono drasticamente cambiate.

Le famiglie Hairushi e Djulshan, rispettivamente con tre e sette figli, sono parte della colonia rom di 1.000 persone a Nikšiæ. I capifamiglie, Isad e Redzo, per anni sono stati disoccupati, prima che il capitale straniero privato arrivasse nella piccola città montenegrina.

La madre di Isad è una tra i migliaia dei Rom dispersi interni dal Kosovo nel 1999, senza documenti personali. Isad è tra quanti beneficiano del programma AgroInvest, un'istituzione World Vision in Serbia e Montenegro. World Vision d'altra parte, guarda oltre il solo sviluppo economico.

Col supporto dello staff del Programma di Sviluppo World Vision a Niksic, i membri della comunità identificano le priorità chiave per lo sviluppo della loro comunità e le necessità specifiche delle famiglie. Tra queste, l'urgenza di esami medici specialistici per Sead, il figlio di Isad, nato prematuramente e con solo il 20% di visione oculare.

Il 3% dei ricavati delle attività di micro credito di World Vision è messo a disposizione per questi tipi di intervento e di progetti comunitari. Da questo fondo sono stati forniti 750 US$, perché Sead potesse andare a Novi Sad in Serbia, per una visita medica appropriata. Ora frequenta una scuola speciale a Podgorica. Dal 2005 World Vision è intervenuta in oltre 100 iniziative per l'infanzia, supportando la comunità nella scolarizzazione, sanità e attività ricreative. Oltre 5.000 bambini sono stati diretti beneficiari di questi progetti.

Altro esempio è quello della famiglia Djulshan con sette figli, di età compresa tra 8 mesi e 20 anni, ed un nipote. Il padre Redzo (45 anni), col micro credito di AgroInvest, si è procurato una sega circolare e offre i suoi servizi ai cittadini di Nikšiæ. Ora guadagna 1.000 € a stagione ed è in grado di fornire ai suoi figli una sistemazione migliore, vestiti e cibo più bilanciato.

"Non ho mai avuto un lavoro e mi sentivo colpevole per la mia famiglia. Sette mesi fa era più dura, quando non avevamo nessun stipendio. Non voglio che i miei figli vadano a mendicare. Voglio che abbiano una vita soddisfacente e che vadano a scuola. Due dei miei sette figli ora vanno a scuola".

Kyhl Amosson, direttore nazionale di World Vision, dice: "La popolazione Rom non è differente da altri clienti. Anche loro vogliono una vita migliore per i loro figli e famiglie, sono come qualsiasi altro - vogliono guadagnare abbastanza per avere case calde d'inverno, dar da mangiare ai loro figli, mandarli a scuola, e dare loro migliore assistenza medica quando c'è bisogno".

World Vision non si indirizza specificatamente alla popolazione Rom attraverso AgroInvest, in quanto si focalizza maggiormente sulla riduzione della povertà sociale ed economica nelle aree rurali. La popolazione Rom è concentrata nelle aree urbane. Ma quando è possibile, incoraggia l'integrazione sociale e supporta tutti attraverso la mobilitazione della comunità.

Circa 4 milioni di Rom, la più alta concentrazione mondiale, è nei Balcani. In Montenegro, la popolazione Rom non è così vasta come in Serbia o nel Montenegro meridionale, ma certamente rappresentano uno dei gruppi più vulnerabili ed escluse nella società.

[ Any views expressed in this article are those of the writer and not of Reuters. ]

 
Di Fabrizio (del 06/08/2007 @ 09:14:22, in lavoro, visitato 2100 volte)

Baki Hyuseinov, Ministro per le Politiche Sociali, ha detto che a settembre 2007 verrà organizzata una borsa del lavoro nella città di Stamboliiski, nella Bulgaria centrale.

Ha presentato il risultato di un'indagine del Ministero del Lavoro e le Politiche Sociali, chiamata Rom per i Rom.

Secondo l'agenzia BTA, Hyuseinov intende riunire intermediari dell'impiego che possano aiutare i Rom nella ricerca di un impiego. Intende così assicurare un impiego permanente alla comunità Rom.

Secondo l'indagine. leaders ed imprenditori Rom di successo potrebbero avere un importante ruolo di modelli, ed assistere i Rom nel trovare un lavoro migliore. C'è anche la speranza che questi leaders possano essere d'esempio per ragazzi e studenti di talento.

Il ministro intende anche promuovere la collaborazione d'impresa all'interno della comunità Rom.

L'educazione dei bambini è basilare per le famiglie Rom, ha detto Emilia Voinova, direttrice del Direttorio Ministeriale per le Politiche Demografiche e le Pari Opportunità. E' stata anche enfatizzata l'importanza di disporre nelle scuole di insegnanti Rom.

Elka Dimitrova, direttrice dl Direttorio per le Politiche del Mercato del Lavoro, ha detto che il programma di impiego sociale includerà circa 18.000 Rom.

 
Di Fabrizio (del 21/09/2007 @ 09:26:19, in lavoro, visitato 2083 volte)

Da Romanian_Roma

L'etnia Rom nella regione di Sibiu, al centro della Transilvania, ha esibito l'11 settembre i propri commerci e costumi nella Piazza Grande di Sibiu, durante la manifestazione organizzata in occasione dei "Giorni della Cultura Rom".

"Dovevamo avere una manifestazione simile" ha detto il sindaco Klaus Johannis, durante la conferenza stampa per la presentazione della manifestazione. "Sibiu doveva mostrare che siamo una città che si definisce attraverso le culture delle minoranze e non attraverso i loro problemi. Il motto del Programma per Sibiu Capitale Culturale è -città di cultura, città di culture-"

Florin Cioaba, presidente del Centro Cristiano dell'Etnia Rom, uno tra gli organizzatori dell'evento ha aggiunto: "L'etnia Rom si è identificata attraverso la propria cultura che per molto tempo è stata ignorata, attraverso la loro musica come pure nella lavorazione dei metalli. I Rom avevano il monopolio in questi campi."

Dopo l'apertura ufficiale, Florin Cioaba ha fatto da guida ai giornalisti presenti attraverso i diversi manufatti.

Il festival è continuato con uno spettacolo a Piata Mare. Il pubblico ha assistito all'esibizione di nomi famosi con musiche e danze tradizionali [...] La manifestazione è continuata il 12 settembre con seminari sui problemi dell'etnia Rom ed è terminata con nuove danze e balli e fuochi d'artificio.

DIVERS – www.divers.ro

 
Di Fabrizio (del 28/11/2007 @ 09:25:27, in lavoro, visitato 2309 volte)

Da Osservatorio sui Balcani

Espulsi dai Paesi Ue migliaia di rumeni si trovano ad affrontare condizioni difficili una volta rientrati in Romania. Una traduzione tratta dal periodico on-line dedicato al sud est Europa BIRN
Di Calin Cosmaciuc, 20 novembre 2007, BIRN (tit. orig. Deported Romanians to Get More Support at Home)


Traduzione a cura della redazione

Il governo rumeno ha annunciato un piano per affrontare la questione dell'ingente migrazione di forza lavoro rumena verso altri paesi Ue, verificatasi quest'anno. L'esecutivo avrebbe messo a disposizione risorse rilevanti e proverà ad affrontare con un approccio nuovo i problemi sociali di lunga durata del paese.

Gli osservatori però si chiedono se le autorità di Bucharest e nel resto del Paese siano all'altezza del compito.

Quando i migranti fanno ritorno a casa è spesso difficile per loro rintegrarsi nella società a causa della mancanza di programmi governativi, poche opportunità di lavoro e, in alcuni casi, perché oggetto di una vera e propria discriminazione.

Secondo la rete televisiva rumena Realitatea negli ultimi 18 mesi circa 23.000 cittadini romeni sono stati espulsi dai paesi dell'Ue. Alla maggior parte di questi, in particolare di origine rom, è stato vietato di far rientro nell'Ue nei prossimi 5 anni: hanno infatti subito condanne per piccoli crimini quali furti o irregolarità nel dichiarare la propria residenza in uno stato membro.

L'Italia è stato il paese dell'Ue che più di recente ha lanciato una campagna per espellere dal proprio territorio i rumeni asserendo che rappresentano una minaccia per la sicurezza pubblica. Queste misure sono seguite ad un'ondata di crimini violenti la cui responsabilità è stata attribuita a immigrati provenienti dalla Romania. Tra questi lo stupro e l'omicidio della quarantasettenne Giovanna Reggiani.

Solo nell'ultimo mese, a Roma, 177 rumeni hanno ricevuto un decreto di espulsione, anche se il numero di persone che se ne è poi realmente andato è più basso. “Quarantanove persone sono state espulse dall'Italia in novembre, per la maggior parte perché occupavano abusivamente proprietà private o perché non erano in possesso di tutta la loro documentazione”, affermano fonti interne al ministero degli Interni romeno.

Le persone espulse vengono prese sotto custodia dalla polizia all'aeroporto di Bucharest. “Controlliamo le loro impronte digitali a chiediamo di raccontarci la loro specifica situazione. Più tardi vengono accompagnate a casa scortate dalla polizia o, almeno, accompagnate dalla polizia ad un autobus che li riporti a casa”, racconta un poliziotto che lavora all'aeroporto Otopeni. Le informazioni raccolte dalla polizia vengono poi passate alle autorità locali, responsabili per la situazione degli espulsi.

Lo scorso mese Bucharest ha annunciato nuove misure per contrastare i crimini commessi in Italia da immigrati rumeni, e tra queste anche iniziative a sostegno di chi viene rispedito in Romania.

La maggior parte del peso ricadrà sulle autorità locali, saranno infatti obbligate ad offrire pasti e una sistemazione temporanea a chi lo richieda, assieme a sostegno legale e psicologico. Ai rientranti verrà inoltre offerto l'inserimento in corsi di formazione lavoro. “Intendiamo trovare per loro dei posti di lavoro in Romania e contribuire in quel modo a combattere la criminalità. Dobbiamo inoltre prendere provvedimenti nei confronti di chi organizza reti illegali per reclutare lavoratori”, afferma il ministro per il Lavoro Paul Pacuraru.

Chi farà rientro volontariamente avrà la priorità nell'assegnazione di alloggi sociali. Il piano del governo prevede inoltre che le aziende che decidessero di assumerli, ricevano sovvenzioni statali. Il programma d'alloggio verrà finanziato da fondi Ue mentre le sovvenzioni alle aziende verranno dal budget statale.

Ciononostante non sarà facile trasformare questi piani in realtà. Anche se sul piano alloggi ad esempio si è trovato un accordo, il ministro Pacuraru sottolinea come sia “molto difficile per le autorità locali trovare edifici adatti”.

Le politiche governative non si rivolgono esclusivamente a chi viene espulso e non è riuscito a costruirsi una vita all'estero. Le autorità intendono spingere i lavoratori rumeni a rientrare in patria in modo da sopperire ad una crescente mancanza in loco di forza lavoro. In molti hanno lasciato infatti il Paese dopo che la Romania, ad inizio 2007, è entrata nell'Ue. In particolare a causa dei bassi salari. Più di due milioni di rumeni stanno lavorando all'estero, soprattutto in Italia e Spagna.

“Servono lavoratori nell'edilizia, nell'industria agro-alimentare, nelle fabbriche tessili. I salari non sono male ma in molti semplicemente si rifiutano di fare questo tipo di lavori”, afferma Pacuraru aggiungendo che questo è vero soprattutto per gli appartenenti alla comunità rom.

Vi sono tra il milione e mezzo e i due milioni di rom in Romania; le autorità spesso discutono dei problemi che riguardano questa comunità in termini di criminalità, ma raramente si affronta la questione della marginalizzazione di questi ultimi.

Il governo recentemente ha annunciato nuove misure a favore di una maggiore integrazione dei rom nella società rumena. Il ministro degli Interni Cristian David ha anche annunciato che preparerà un progetto da proporre alla Banca Mondiale per sostenere gli abitanti di Avrig, una cittadina della Romania centrale. Avrig ha acquisito notorietà per essere la città d'origine di Nicolae Mailat, il giovane rom che ha ucciso Antonella Reggiani. Mailat, 24 anni, viene da una famiglia povera e da ragazzino ha passato tre anni in un istituto correttivo dopo essere stato condannato per furto. Al suo rilascio, venne nuovamente arrestato per furto. La madre di Mailat, che afferma di essere stata forzata a rientrare in Romania dopo l'arresto del figlio, vive in un accampamento abusivo nella periferia della cittadina.

Afferma che non vi è nulla per lei e per la propria famiglia in Romania, dove non ha né lavoro né casa. Vuole ritornare in Italia, dove mendicava per strada con la figlia di tre anni. Anche gli attivisti delle organizzazioni rom ammettono che è molto difficile convincere chi è stato espulso a non provare a rientrare nei paesi Ue. “Queste persone hanno bisogno di più attenzione da parte delle autorità locali e di progetti validi a loro favore qui in Romania”, afferma Marian Mandache, avvocato che lavora per l'associzione Romani Criss. “Devono essere coinvolti in progetti di formazione lavoro. Certamente non è difficile trovare un lavoro, ma è difficile tenersi un buon posto di lavoro se non si è un lavoratore qualificato”.

 
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