Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 18/11/2011 @ 09:19:32, in casa, visitato 2156 volte)
INSIDE HOUSING
Dale Farm ha monopolizzato i titoli dei giornali negli ultimi mesi. Ma
come prova Alex Turner, ci sono innumerevoli esempi di Traveller che lavorano
con successo assieme ai proprietari terrieri
I titoli nei giornali degli ultimi mesi hanno reso una triste immagine per le
comunità zingare e viaggianti in GB.
I 10 anni di lotta contro lo sgombero tra i residenti a Dale Farm ed il
consiglio di Basildon, giunto ad un violento epilogo il mese scorso, ha portato
l'attenzione pubblica sul conflitto tra i Traveller ed i consigli locali, col
diritto ad una sistemazione decente al centro dell'argomentare. Si aggiunga a
ciò la proposta dell'inizio dell'anno di Eric
Pickles, segretario alle comunità, per dare ai consigli maggiori poteri nello
sgomberare gli zingari dai siti illegali, e potrete immaginare i Traveller di
fronte ad una costante battaglia contro le autorità.
La situazione reale è spesso più armoniosa di quanto la recente copertura
mediatica potrebbe farci credere. Presso il sito per zingari e viaggianti di Cemetery Road,
a Silverdale non lontano da Newcastle-under-Lyme - 19 piazzole, Housing Aspire
ha portato notevoli miglioramenti dopo la consultazione con i residenti.
Secondo Chris Whitwell, direttore dell'associazione caritativa "Friends, Families and
Travellers", questo tipo di approccio positivo verso la gestione del sito, può
alla lunga impedire frizioni occasionali tra comunità viaggiante e stanziale.
Dice: "Girando in lungo e in largo per il paese, l'esperienza mostra che siti
zingari e viaggianti ben gestiti non causeranno problemi con la comunità
locale."
Il lavoro, finanziato da 200.000 sterline dalla Homes and Communities Agency and Aspire,
ha incluso nuovi bagni e cucine, ed anche il rinnovamento dell'impianto luce e
riscaldamento. Nel sito è stato anche rinnovato e allargato il centro
comunitario, che ospita un'aula scolastica per i figli di alcuni residenti.
Come qualsiasi altro
Il direttore del distretto Aspire, Kevin Davies, che ha responsabilità operative
per il sito di Cemetery Road, conferma le impressioni di Whitwell. "I
bambini frequentano le scuole locali, e non ci sono grandi questioni tra la
popolazione zingara e viaggiante ed i residenti nell'area circostante," dice.
"Trattiamo i nostri residenti a Cemetery Road, come tutti gli altri delle nostre
8.500 proprietà."
Il sito è gestito dal consiglio di
Newcastle-under-Lyme, che l'ha aperto nel 1993, fino a trasferirvi le sue azioni
nel 2000. Quando è subentrata Aspire, il lavoro da svolgere a Cemetery Road
equivaleva a zero.
"C'era da migliorare alcuni servizi," ricorda Davies. "Come parte del lavoro,
abbiamo anche aumentato il numero delle piazzole da 17 a 19."
Le due nuove piazzole beneficiano di accesso per disabili - un vantaggio in
una comunità delle età più diverse - ed il programma di investimento, ritagliato
sulle necessità individuali, si è dimostrato sorprendentemente popolare tra i
residenti.
"Questo sito è incantevole ed ora ha tutto ciò che si vuole," dice Rose*,
che ha vissuto a Cemetery Road sin dalla sua apertura. "La mia roulotte ha una
propria zona giorno, cucina e doccia, e c'è sempre acqua calda e fredda. Sono
arrivata con la mia famiglia, e ora qui ho anche tre figlie."
Legami famigliari
Avere la famiglia in loco è uno dei criteri per essere rialloggiati a Cemetery
Road, in base al contratto di gestione tra Aspire ed il consiglio di Newcastle-under-Lyme.
Attualmente le condizioni di licenza stanno per essere rivedute, per portare i
diritti di successione in linea con gli altri contratti di locazione di Aspire -
a cui si ispirano sotto molti aspetti.
"I candidati ci approcciano direttamente - ovviamente devono essere
Traveller," dice Davies. "Li mettiamo in lista d'attesa e contemporaneamente
come priorità nel caso ci fossero esigenze particolari - mediche, connessioni
locali ecc. - secondo la politica che applichiamo con tutti i richiedenti.
La popolarità di Cemetery Road ha significato scarso turnover di residenti
negli ultimi anni. Come risultato: una lunga lista d'attesa per i richiedenti,
anche se la funzionaria Carol Yeardley tende a sottolineare i benefici di questa
stabilità.
"I problemi di gestione sono simili a quelli di molte altre tenute di Aspire,"
ci dice. "I nuovi incaricati devono impiegare tempo nel farsi conoscere, ma la
gente ha fiducia in noi. Siamo spesso nell'ufficio in loco ed i residenti sono
contenti di parlare con noi. Sotto un certo aspetto il sito è autogestito.
Storia del gestore del sito
Derek Mincher, 64 anni, è responsabile dei compiti giornalieri, come anche
delle piccole manutenzioni e della raccolta degli affitti, vive e lavora a Cemetery Road
sin dall'apertura nell'agosto 1993.
"La popolazione è aumentata con i figli ed i matrimoni e siamo cresciuti
assieme," dice. "Sei coinvolto nella loro vita sin dalla nascita."
"Si va ai battesimi, ai matrimoni e ai funerali, vedendo le cose buone e
quelle cattive."
Inoltre Mincher aiuta i residenti ad essere coinvolti nelle attività dentro e
fuori dal sito. Aggiunge: "Anche il consiglio ricreativo di Newcastle and North Staffs
è stato regolarmente coinvolto."
"Abbiamo castelli gonfiabili, tendoni e presto ci sarà un narratore zingaro.
Alcuni residenti hanno difficoltà nel leggere e scrivere, così se è necessario
raccolgo le loro lettere e gliele leggo."
Il personale neo assunto è invitato a visitare Cemetery Road, ed anche i
residenti della comunità stanziale, per incoraggiare una maggior integrazione
tra il sito ed il quartiere circostante.
"Ci sono ancora pregiudizi," dice Mincher. "Ci fu un caso in cui volevano
sposarsi ed avevano prenotato in un pub - ma quando lì hanno scoperto che si
trattava di un matrimonio zingaro, la prenotazione è stata annullata. Abbiamo
contattato Citizens Advice e la situazione si è risolta."
Mincher è orgoglioso della relazione di Aspire con i residenti di Cemetery Road.
Dice: "Sono qua a tempo pieno e se qualcuno ha bisogno, gli basta venie a
trovarmi."
Ho l'appoggio [dell'amministratore delegato] Sinead Butters - un visitatore
assiduo - di dirigenti, funzionari ed altri che mi sostengono nell'offrire
questo servizio."
* Non è il suo vero nome
Di Fabrizio (del 22/11/2011 @ 09:31:03, in casa, visitato 1786 volte)
A Palermo il problema è il traffico. A Lamezia sono gli zingari. Per quanti
sforzi possano fare la Procura di Salvatore Vitello e il Comune di Gianni
Speranza, i rom non li digerisce proprio nessuno. Si sentono ancora oggi tuonare
le parole dei consiglieri comunali: «Mai più un'altra Scordovillo City, bisogna
smantellare l'accampamento e spalmare le famiglie rom in ogni angolo della
città».
Il principio di sicurezza, nato chissà per quale motivazione, è quello di non
creare nuove aggregazioni forti di zingari, perché tutti insieme diventano un
pericolo, divisi fanno meno danni. Rubano meno, sporcano meno, incasinano meno.
Sulla base di questo principio di "polverizzazione" degli zingari si sta
muovendo il Comune che finora ha spostato 80 persone dal campo dove ce n'erano
fino all'estate scorsa circa 500. Col sistema che appena viene sfollato un
nucleo familiare, le ruspe demoliscono la sua vecchia baracca in modo che non
possa nuovamente riempirsi, come avveniva un tempo.
Ma appena arriva un nucleo familiare, uno solo (nella solitudine di un numero
primo), in un quartiere e in un palazzo, succede l'indescrivibile. Soprattutto
quando si tratta di una casa confiscata nella zona d'influenza di un boss che se
ne sta in galera da anni.
Tutti i vicini si organizzano, mettono in scena proteste, fanno sit-in,
attaccano striscioni. No agli zingari perché, spiegano, «le nostre case perdono
di valore». È accaduto a San Pietro Lametino, a Ginepri ed ora in Via della
Vittoria. Dovunque la musica (stonata) è la stessa.
È la sindrome "nimby", l'abbreviazione di "not in my back yard", cioè "non
dietro casa mia". Nessuno vuole i rom. Ma la stessa sindrome in città non esiste
quando si tratta di mafiosi. Forse perché gli zingari arrivano sotto casa con
l'Ape carico di vecchi mobili da macero, e i mafiosi si presentano col Tir, un
bel Porsche ed i mobili superlucidi. Forse perché gli zingari parlano nel loro
modo rozzo e si lavano poco perché non hanno acqua calda, ed i mafiosi hanno
l'idromassaggio e si vestono con le griffe.
Non conta se gli affiliati ai clan i soldi li fanno strozzando imprenditori,
vendendo droga ai ragazzini, e sparando per uno sgarro. Loro sono persone
rassicuranti, creano un'alea di falso rispetto intorno a loro. Agli inquilini
non importa se il figlio di un altro vicino ha avuto una crisi d'astinenza
d'eroina, o il negoziante di scarpe sotto casa ha ricevuto l'ennesimo
avvertimento per pagare il pizzo. L'effetto "nimby" contro i mafiosi non scatta.
Vinicio Leonetti
Di Fabrizio (del 23/11/2011 @ 09:40:51, in casa, visitato 1662 volte)
Segnalazione di Roberta Sasso
TuttoGreen di ELLE il 26 SETTEMBRE 2011
Si può costruire una casa con 300 dollari (meno di 212 euro)? Questa è l'idea
lanciata un anno fa sul blog della Harvard Business Review da Vijay Govindarajan,
docente di Economia, e Christian Sarkar, esperto di marketing.
Alla sfida "$ 300 House Design Challenge" a cui è abbinato un sito,
300house.com, hanno preso parte più di 300 partecipanti tra architetti,
designer, studenti e professionisti che hanno inviato sul web i propri progetti.
Questo concorso di idee prevedeva regole precise da rispettare: erano richiesti,
infatti, progetti di abitazioni fabbricabili con materiali prodotti in serie,
facili da reperire e abbastanza resistenti agli agenti atmosferici. Inoltre nei
progetti si richiedeva anche la presenza di servizi di base da adattare alle
esigenze di qualsiasi tipo di abitante, singolo o famiglia.
Tra tutti i progetti candidati per ora ne sono stati selezionati solo 6, i
migliori secondo la giuria composta dalla web community sorta nell'ambito
dell'iniziativa grazie anche al sito creato per lanciare l'iniziativa e
all'interesse riscosso su internet, oltre che da un gruppo di professionisti
esperti nel settore dell'edilizia sociale.
Il finanziamento di 15.000 dollari complessivi consentirà ai progettisti
vincitori di dare vita ai primi prototipi. L'idea di una casa a basso costo è
valsa a Govindarajan e Sarkar un posto tra i Thinkers 50, una top list riservata
ai 50 migliori pensatori d'affari del mondo.
E noi di TuttoGreen pensiamo che sia la migliore idea low-cost per ridurre
l'impatto delle costruzioni sull'ambiente!
Pensate infatti quante case si potrebbero fare con un impegno economico così
basso senza andare ad incidere sul trasporto e sulla produzione di materiali
costosi destinati alla costruzione con metodi tradizionali.
Per non parlare dell'aspetto sociale della faccenda. Finalmente tutti o quasi
potrebbero aspirare ad un'abitazione "decente" così come le condizioni di vita
negli slums delle gigantesche metropoli del terzo mondo.
Di Fabrizio (del 02/12/2011 @ 09:51:53, in casa, visitato 1830 volte)
Da
Sinti Italiani in viaggio per il diritto e la cultura
Una microarea
*
Rom e sinti, tra falsi allarmi e integrazione: il docufilm "Mandiamoli a
casa"
Davide Casadio, Sinti Italia Mez-Italia - Verso la Strategia Nazionale, Roma,
6 dicembre
Circa la metà di coloro che risiedono nel nostro Paese sono italiani. Lo dice il
rapporto della Commissione Diritti Umani del Senato, che ha redatto il primo
rapporto sulla situazione di Rom e Sinti in Italia, di cui fa parte integrante
il docufilm "Mandiamoli a casa" (vedi il servizio su Rai News, ndr). In studio
con Luce Tommasi e Josephine Alessio, il senatore Roberto Di Giovan Paolo del
Pd, componente della commissione Diritti Umani e Francesco Mele, uno degli
autori del filmato.
*
Rui commenta il docufilm su rom e sinti "Mandiamoli a casa"
Riceviamo da Irene Rui e pubblichiamo un suo commento a
Rom e sinti, tra falsi
allarmi e integrazione: il docufilm "Mandiamoli a casa"
La copertina così come il video è interessante e permette di lanciare un
sassolino nell'informazione riguardante i rom e i sinti, ciò che da qualche anno
cerco di fare in seno locale. Devo però fare una critica ai due interlocutori
Francesco Mele e al Senatore Roberto Di Giovan Paolo, poiché ancora una volta
dimostrano di ragionare da gagé e di non comprendere le culture rom e sinti.
Affermare che visto che ci sono rom che vivono nelle case, anche coloro che ora
risiedono nei campi devono integrarsi e andare ad abitare nelle case ci mostra
una miopia culturale e un poco rispetto di queste minoranze. Culturalmente i
sinti e non i "camminanti" (mezzi gagi e mezzi sinti o rom), sono abituati a
vivere all'aperto, costringerli a vivere all'interno di mura domestiche o
capannoni, significa fare a molti una violenza psicologica e culturale. Altra
cosa per i rom italiani, che sono da sempre almeno negli ultimi secoli, abituati
a vivere in casa. Non si possono accumunare la cultura sinti con quella rom,
perché pur per alcuni aspetti simili, sono diverse. Integrazione non significa
che altri soggetti si devono omologare alla maggioranza dei residenti di un
Paese, bensì significa scambio culturale ed interazione fra i popoli. Spero che
il 6 dicembre al Workshop si tenga conto di questo e che la soluzione per uscire
dai ghetti e dall'emarginazione sono per i sinti le microaree e una politica di
inserimento occupazionale per coloro che non esercitano più la professione dello
spettacolo viaggiante o di raccolta del materiale ferroso.
Nota: Rom e Sinti: Verso la Strategia Nazionale
clicca sull'immagine per scaricare l'invito. L'evento su
Facebook
La Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del
Senato della Repubblica e Open Society Foundation in collaborazione con FIERI,
organizzano un workshop dal titolo "Rom e Sinti, verso la strategia nazionale",
presso il Senato della Repubblica, Aula della Commissione Difesa, Martedì 6
dicembre, alle ore 9,00 in Via degli Staderari, 2. Per gli uomini, obbligo di
giacca e cravatta.
Intervengono:
- Andrea Riccardi (Ministro per la Cooperazione Internazionale e
l'Integrazione)
- Massimo Serpieri (Vicedirettore dell'unità Justice D4 della
Commissione Europea)
- Isidro Rodriguez (Direttore della Fundacion Segretariado Gitano)
- Zeljko Jovanovic (Direttore del Roma Initiatives Office dell'Open
Society Foundations)
- Jeroen Schokkenbroek (Special Representative of the Secretary
General for Roma Issues for the Council of Europe)
Modera:
- Henry Scicluna (Advisor for Roma Issues, Council of Europe)
Conclusioni:
- Pietro Marcenaro (Presidente della Commissione diritti umani)
Di Fabrizio (del 16/12/2011 @ 09:07:00, in casa, visitato 2131 volte)
di Maria Teresa Lattarulo.
Nel clima di deprecabile, crescente razzismo verso le popolazioni Rom,
testimoniato anche dai recenti accadimenti nella città di Torino, un baluardo
contro le violazioni dei diritti è costituito, per fortuna, dall'operato degli
organismi internazionali. In questi giorni, infatti, è stata resa nota la
decisione adottata il 28 giugno 2011 dal Comitato europeo dei diritti sociali,
preposto al controllo dell'osservanza della Carta sociale europea, nel caso
COHRE contro Francia con la quale quest'ultimo Paese è stato condannato per la
politica di espulsioni forzate dei Rom adottata dal Presidente Sarkozy nella
primavera del 2010. A quell'epoca, centinaia di campi nomadi furono sgomberati
dalla polizia e migliaia di rom furono espulsi o accettarono il ritorno
"volontario" verso la Romania, dietro pagamento di compensi pari a trecento euro
per adulto e cento euro per ogni bambino.
Il Comitato ha ravvisato la violazione del diritto all'abitazione garantito
dall'art. 32 della Carta sociale perché, se è vero che uno Stato può smantellare
insediamenti abusivi e illegali, deve però farlo nel rispetto della dignità
delle persone coinvolte e offrendo loro sostegno finanziario o opportunità di un
nuovo alloggio, condizioni queste non rispettate dalla politica della Francia in
quell'occasione. Inoltre, il Comitato ha rilevato che le misure che uno Stato
adotta devono essere rispettose del principio di non discriminazione, mentre,
nel caso di specie, le decisioni del governo Sarkozy apparivano non casuali, ma
determinate dal clima di razzismo verso i Rom diffuso nel Paese.
Il Comitato ha ritenuto che la Francia abbia violato anche il divieto di
espulsioni collettive di gruppi etnici contenuto nella Carta sociale e nella
Convenzione europea dei diritti dell'uomo. E' molto importante considerare che
in molti casi la partenza era stata "volontaria", ma il Comitato non ha guardato
alle apparenze ritenendo che non può considerarsi veramente volontaria una
decisione determinata dall'esistenza di un clima diffuso di odio e
discriminazione razziale, nonché dall'adozione di misure coercitive che non
lasciano scelta, quali l'eliminazione forzosa della propria abitazione.
La decisione deve far riflettere tutti i governi, incluso quello italiano che
anch'esso ha spesso fatto ricorso a politiche di sgomberi forzosi e di
espulsioni non del tutto immuni da sospetti di illegittimità (l'Italia è stata
condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso Sulejmanovi c.
Italia).
Per fortuna, l'Europa non è solo Euro e finanza…
Di Fabrizio (del 27/12/2011 @ 09:36:28, in casa, visitato 1704 volte)
Segnalazione di Stojanovic Vojislav
Lameziaterme.net Venerdì 23 Dicembre 2011 10:22
L'Aterp ha annunciato che le case popolari di Carrà per i Rom saranno presto
completate.
IO NON CI CREDO, ed è difficile trovare opinioni diverse.
Gli ultimi 25 anni di politiche pubbliche sull'edilizia popolare promosse dall'Aterp,
autentico carrozzone, si sono risolte in un plateale ed insopportabile
fallimento per la ns Città.
Basta guardare le strutture a torre, esteticamente orribili, per oltre un
centinaio di alloggi che stanno marcendo a Savutano; un cantiere aperto (solo la
palizzata) circa dieci anni or sono in via dei Bizantini, immediatamente
bloccato, mai più ripreso; l'opera incompleta sui terreni confiscati alla mafia
in contrada Carrà; la manutenzione precaria ed inefficiente dei fabbricati e
degli alloggi.
Sono la plastica rappresentazione di un ente improduttivo, antieconomico ed
indifferente alle necessità sociali, che, se avesse svolto con diligenza appena
infantile la propria missione, avrebbe contribuito a risolvere, gradualmente,
l'emergenza abitativa non solo dei Rom, ma di altri cittadini bisognosi.
E' molto più utile, visti i precedenti, che i soldi destinati al completamento
dei 20 alloggi Rom siano affidati direttamente all'Amministrazione Comunale che,
proprio in questi giorni, si accinge a consegnare 12 alloggi popolari in via
Cianflone, realizzati da essa in meno di tre anni. Non sono tempi del tutto
brevi, ma rispetto a quelli dell'Aterp appaiono fulminei.
Per il completamento delle altre strutture, vista la cronica inerzia dell'Aterp
che incide negativamente su servizi essenziali connessi a diritti fondamentali
come quello alla casa, occorre pensare, una volta per tutte, ai liberi
"interventi sostitutivi" del Comune previsti dall'art 14 legge regionale
n.15/2006, del tutto ignorata dalla politica, ma che rappresenta uno dei
rarissimi casi in cui il legislatore regionale ha assunto il ruolo di
riformatore al servizio della collettività.
consigliere avv. Antonello Sdanganelli
Di Fabrizio (del 31/12/2011 @ 09:15:54, in casa, visitato 2156 volte)
SARdies.org 29 dicembre 2011 22:30
Sassari - La differenza balza subito all'occhio: tanto è
"anarchico" uno, quanto è ordinato l'altro, con alcuni moduli abitativi che a
tratti ricordano le casette di Paperopoli. Sono in tutto 114 i nomadi ospitati
nel campo di Piandanna. Anzi, i campi. Perché, di fatto, sono due, con ingressi
separati. Due mondi insomma, che comunicano con difficoltà. Diverse le
religioni, diverso anche il concetto di insediamento abitativo. Unico invece il
paese d'origine, la vecchia Jugoslavia. Così, i musulmani (detti "Khorakhanè")
sono in prevalenza originari della Bosnia; gli ortodossi ("Gagikane") vengono
dalla Serbia e soprattutto dalla Croazia (dalle Krajine, le ex regioni ortodosse
"ripulite" a suo tempo, con modi piuttosto "spicci", da Tudjman).
Campo nomadi di Piandanna, un progetto per i bambini
(archivio SARdies 12
dicembre 2011)
La Commissione Cultura e Servizi Sociali, guidata da Sergio Scavio (Ora sì - Sel),
presente anche l'assessore Vinicio Tedde (che oltre alla delega al Patrimonio ha
preso, in via temporanea, anche quella alle Politiche Sociali, in attesa
dell'imminente reintegro nelle sue funzioni dell'assessore Michele Poddighe,
nelle ultime settimane assente per malattia) è tornata al Campo Nomadi dopo la
visita dello scorso aprile. Da quel sopralluogo qualcosa è già cambiato. Per
esempio la stradina di accesso, finalmente asfaltata. Adesso però si interverrà
su altri aspetti. La prima proposta è del consigliere Antonio Piu (Pd),
componente dell'apposita Commissione sui Rom istituita presso il Settore Servizi
ed iniziative sociali dell'Amministrazione comunale. "Stiamo pensando di
proporre l'installazione di una torre-faro, come quella delle rotatorie", spiega
Piu. "I bambini così potranno muoversi anche di sera, quando cala la luce". Ma
c'è anche il problema delle fognature: nella parte musulmana mancano del tutto.
E qui si dice che siano già spariti (pare più di una volta) i rubinetti dai
servizi igienici installati dal Comune.
Il campo di Piandanna rimane in ogni caso costantemente monitorato e controllato
dall'Amministrazione comunale. I problemi sono altri. Quanti sono per esempio i
rumeni, cittadini dell'Unione Europea, che dormono nell'area dell'ex gazometro
di via XXV aprile? Sembra siano un centinaio, sicuramente alcune decine. Quando
inizieranno i lavori per il Centro Intermodale dove finiranno?
Di Fabrizio (del 13/01/2012 @ 09:59:33, in casa, visitato 1260 volte)
Repubblica.it Dove da quattro anni vivono famiglie di ex nomadi
strappate alla miseria dei campi abusivi. Nessuna roulotte o alloggi di fortuna,
stufe a gas e letti improvvisati. Qui tutti hanno il loro appartamento. E una
serie di regole da rispettare: i figli a scuola, un lavoro, essere alla larga
della criminalità. Un patto di cittadinanza con i volontari dell'Associazione
Terra del Fuoco
di LORENZA CASTAGNERI
TORINO - Un condominio dalla facciata gialla alla periferia di Settimo
Torinese. Un'altalena, uno scivolo e qualche altra giostrina per bambini nel
piazzale davanti all'ingresso. Qui, da quattro anni, vivono famiglie Rom
strappate alla miseria dei campi abusivi. Niente più roulotte o alloggi di
fortuna, stufe a gas e letti improvvisati. Qui tutti hanno il loro appartamento.
E una serie di regole da rispettare: mandare i figli a scuola, trovare un
lavoro, tenersi lontani dalla criminalità, pulire gli spazi comuni. Diritti e
doveri. E' questo il patto di cittadinanza con i volontari dell'Associazione
Terra del Fuoco.
L'inizio della storia. Tutto comincia poco più di cinque anni fa a Borgaro,
altro centro della cintura torinese a pochi chilometri da Settimo. In una fredda
giornata di metà novembre, va a fuoco un campo nomadi. Centinaia di persone si
ritrovano senza un posto in cui andare. Di loro si prende cura Terra del Fuoco.
E' allora che nasce l'idea del Dado. I volontari bussano alle porte dei Comuni
della zona: serve uno stabile non utilizzato che i rom possano ristrutturare per
poi andarci a vivere. Si chiama autorecupero. E' una soluzione abitativa
sostenibile molto diffusa all'estero ma poco in Italia. Dopo tanti no, arriva la
prima risposta affermativa: è quella del sindaco di Settimo Aldo Corgiat.
L'edificio di via Milano viene dato in concessione ai volontari. Il sogno
diventa realtà e per tanti inizia una nuova vita. Oggi al Dado vivono 5 famiglie
rom e 9 rifugiati politici.
Le testimonianze. Violeta, 22 anni, è lì da quattro. Con lei ci sono il padre,
la madre, i due fratelli e la figlia più piccola. Prima stavano al campo di
Borgaro. "Io non c'ero il giorno dell'incendio - ricorda - mi telefonò mia
madre. Piangeva. Avevamo perso tutto". I suoi genitori ora sono commercianti
ambulanti, i fratelli adolescenti vanno a scuola. Anche lei studia: "Sto
cercando di prendere la licenza media". Nel frattempo si occupa della casa e
della sua piccola di un anno e mezzo. L'altra, tre anni, è rimasta in Romania.
"La lontananza è terribile ma qui mi trovo bene - continua - siamo perfettamente
integrati". E' tranquilla Violeta, anche se sa che non potrà rimanere al Dado
per sempre. Una volta raggiunta la stabilità economica il regolamento prevede
infatti che le famiglie trovino un'altra sistemazione per permettere a nuovi
inquilini di intraprendere il percorso di allontanamento dalle baraccopoli.
Si è riacceso il dibattito. Da qualche settimana a Torino si è riacceso il
dibattito sulla condizione dei nomadi in città. Una ragazzina inventa di essere
stata violentata da due Rom. E una fiaccolata di solidarietà si trasforma in un
raid punitivo contro gli abitanti del campo della Continassa. Roulotte, tende,
vestiti. Tutto viene dato alle fiamme. Un fatto di cronaca che ha riproposto il
Dado come un esempio di buona integrazione. "All'inizio non è stato facile.
Abbiamo dovuto affrontare le reticenze dei cittadini di Settimo. La gente non
riusciva ad accettare che una parte di città venisse regalata agli zingari",
spiega Oliviero Alotto, presidente di Terra del Fuoco. Ma loro, i volontari, non
si sono arresi. E per fare breccia nel muro di ostilità che si sono trovati di
fronte hanno chiesto aiuto alla vicina parrocchia di san Vincenzo Dè Paoli e
alle insegnanti delle scuole cittadine. I bambini del Dado sono stati seguiti
nell'apprendimento e per loro si sono aperte le porte dell'oratorio. "Poco a
poco siamo riusciti a dimostrare che i rom non sono un problema ma una risorsa.
Il clima è cambiato. Oggi c'è davvero integrazione".
Il Dado un modello replicabile? "Io credo di sì - risponde Alotto - E' l'unico
modo per superare il problema dei campi rom abusivi. A Torino se ne parla da
anni. Edifici non più utilizzati che si potrebbero ristrutturare usando l'autorecupero
ce ne sono. Quello che serve è una forte volontà politica". Ma anche il coraggio
di fare scelte criticabili dai cittadini può non bastare. "Perché progetti di
questo tipo abbiano successo e il rispetto della legalità si accompagni alla
pura integrazione servono grandi risorse economiche e una forte collaborazione
tra più soggetti istituzionali. Gli enti locali non possono agire da soli",
spiega Elide Tisi, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Torino.
Questioni complesse. Che, chi vive al Dado non conosce. Qui però miracolo di
un'integrazione possibile continua.
(09 gennaio 2012)
Di Fabrizio (del 26/01/2012 @ 09:26:46, in casa, visitato 1878 volte)
Da
British_Roma
this is SOUTH WALES Dove potremo andare se ci costringeranno ad
uscire dalle nostre case? - 18 gennaio 2012 Llanelli Star
Il sito di Sandy Bridge a Llanelli
UNA COMUNITA' di viaggianti di fronte alle possibili minacce di sgombero
dalle loro dimore a Llanelli ha chiesto il permesso di rimanere.
Le famiglie che vivono nel sito sotto Sandy Bridge dicono di aver messo
radici nella comunità e non vogliono essere cacciate.
Hanno richiesto una licenza edilizia retroattiva perché alcune roulotte
possano rimanere su terreni precedentemente adoperati per lo stoccaggio, ma
temono che possa partire uno sgombero dopo che l'Agenzia per l'Ambiente ha
sollevato timori di possibili inondazioni.
Il consiglio del
Carmarthenshire dovrebbe valutare la soluzione.
Uno dei viaggianti del sito, che ha chiesto di rimanere anonimo, dice di aver
vissuto per 22 anni in quella zona.
"E' casa nostra - lotterò fino in fondo," dice.
"Sono arrivato qui quando ero piccolo, con mio padre e mia madre. E' un sito
residenziali ed in 50 anni non c'è mai stato un alluvione."
Il viaggiante aggiunge che anche suo fratelli ed i loro figli hanno sempre
vissuto lì.
"Non vogliamo mettere per strada i nostri bambini," dice.
"Quest'area abbandonata era in vendita e la comprammo, ampliando il parco
roulotte per i nostri figli."
"Veniamo da una comunità di viaggianti, ma i nostri figli vanno a scuola
qui."
"Non intendiamo andarcene. Se ci mandano via, dove possiamo andare? Dovremo
vendere i nostri prefabbricati e comprarci delle roulotte per muoverci tra i
laghi e Llanelli, causando problemi al consiglio. Non lasceremo Llanelli."
Pericoloso
Il motivo di queste preoccupazioni risiede in una dichiarazione
dell'autorità, che intende respingere la domanda sul parere dell'Agenzia per
l'Ambiente gallese (EAW).
Un portavoce della EAW ha detto: "Le inondazioni sono pericolose, devastanti
e dolorose per chi vi è coinvolto, e ci opporremo a qualsiasi azione che possa
aumentare per le case e le aziende il rischio di inondazioni. Questo è concorde
alle linee guida del governo gallese (note
tecniche TAN 15 ndr).
"In questo caso, quello degli sviluppi vulnerabili, la Valutazione sulle
Conseguenze dell'Inondazione non ha calcolato il rischio per quanti vivano in
loco o possano essere coinvolti."
"Se questa dichiarazione terrà conto di tutte le nostre preoccupazioni e si
affronterà il rischio di inondazioni, faremo cadere le nostre obiezioni."
L'assessore Sian Caiach ha detto che la situazione è complicata, dato che i
viaggianti hanno i permessi edilizi su parte del sito.
Ha aggiunto che in 10 anni come assessore ha ricevuto una sola lamentela sul
sito, perché dei cani abbaiavano.
Un portavoce del consiglio ha dichiarato: E' stata ricevuta un'obiezione
dall'Agenzia per l'Ambiente e quindi l'autorità rifiuterà la concessione di
premessi retroattivi. Il caso è in discussione e probabilmente non verrà
esaurito prima di febbraio o marzo, quando poi passerà ai poteri delegati."
Di Fabrizio (del 30/01/2012 @ 09:09:33, in casa, visitato 1631 volte)
Da
Roma_Francais
france3.fr Val-de Marne: una casa per i Rom -
Par Christian MEYZE/AFP
La città di Orly ed il dipartimento Val-de-Marne provano a sedentarizzare
i Rom
Integrare e sedentarizzare invece di espellere: il dipartimento Val-de-Marne
finanzia a Orly case prefabbricate per 17 famiglie rom, su un terreno
prestato dalla città.
65 Rom sono stati selezionati tra i 150 abitanti delle bidonville insalubri
di Orly e Villeneuve-le-Roi, secondo un criterio di anzianità. Nel contempo le
famiglie si sono impegnate a scolarizzare i loro bambini, 34 in tutto, e
dovranno mostrare la volontà d'inserirsi rapidamente. I Rom coinvolti
dovranno trovare un lavoro entro 3 anni ed ottenere la loro autonomia.
I padiglioni, cubi in legno di 50 mq, sono stati installati manualmente dalle
stesse famiglie rom, chi più e chi meno direttamente coinvolte.
A cantiere terminato, l'associazione che gestisce il progetto, Habitat et Soins,
può dedicarsi alla fase "integrazione": ottenimento del titolo di soggiorno e
del permesso di lavoro, corsi di francese, formazione professionale per adulti,
accompagnamento all'impiego, un'altra sfida!
Ma in una città che conta il 60% di alloggi sociali, c'è chi s'è irritato per
il cosiddetto "regalo" fatto ai Rom: 1,4 milioni di euro per la costruzione e
400.000 euro annuali per l'accompagnamento sociale.
La maggior parte dei costi sono a carico del Consiglio Generale, oltre ad una
sovvenzione della regione Ile-de-France (PS) ed una richiesta a livello europeo.
Un impegno pesante per il dipartimento, che ora si dice aperto alle iniziative
della collettività.
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