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\\ Mahalla : VAI : Europa (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 13/11/2007 @ 00:57:47, in Europa, visitato 1766 volte)

Da Osservatorio sui Balcani

06.11.2007 scrive Mihaela Iordache

La Romania in mezzo

Romeni e italiani. I legami che da sempre avvicinano questi due popoli rischiano di essere messi in discussione da episodi di cronaca simili a quello di Tor di Quinto e dalle reazioni delle istituzioni italiane. Uno sguardo dalla Romania

“Questi barbari che ci staccano dall’Europa”, ma anche “Fermati gli attacchi contro i rumeni”, “Italiani ci cacciano –noi rispondiamo con Mircea Eliade e Emil Cioran”. Così titolano i giornali in Romania dopo che la tragedia di Tor di Quinto ha aperto il vaso di pandora delle polemiche sull’immigrazione da questo paese verso l’Italia.

Giovanna Reggiani, 47 anni, era stata brutalmente aggredita e uccisa da Romulus Nicolae Mailat, 24 anni, rom di cittadinanza rumena.

In Romania non si parla d’altro che dell’Italia. I legami che da sempre avvicinano questi due popoli, legami storici, culturali e linguistici rischiano di essere messi in discussione da episodi di cronaca simili a quello di Tor di Quinto. La reazione dei romeni alla vicenda è stata di sdegno e pronta condanna nei confronti del gesto compiuto dal connazionale.

A pochi giorni dall’omicidio di Giovanna Reggiani, venerdì scorso, quattro rumeni sono stati aggrediti selvaggiamente in un parcheggio della periferia di Roma. Bucarest si è vista costretta ad intervenire in difesa dei propri cittadini: il ministero degli Esteri rumeno ha chiesto a Roma di schierarsi apertamente contro la xenofobia. Oltre a condannare con fermezza l’aggressione ai danni dei cittadini romeni, dalla Romania è arrivato un appello alle istituzioni dello stato italiano perché prendano le misure necessarie affinché atti xenofobi di questo genere non si ripetano più, indagando "urgentemente", identificando e punendo i colpevoli dell’aggressione.

Dopo aver espresso la condanna per la tragedia di Giovanna Reggiani e aver mandato tre investigatori a Roma, il primo ministro Calin Popescu Tariceanu ha annunciato nuove misure perché “i delitti commessi da una sola persona non compromettono l’immagine della Romania e dei rumeni che lavorano onestamente in Italia”.

Sono quasi 600.000 i rumeni che vivono regolarmente in Italia, la comunità straniera più numerosa del paese. “Ora si sentono minacciati e temono ritorsioni solo perché hanno lo stesso passaporto dell’assassino di Tor di Quinto” lamenta l’Associazione dei Rumeni in Italia. Sono cittadini onesti che lavorano nelle case degli italiani, prendendosi cura degli anziani, nei cantieri, costruiscono palazzi o strade. Ora subiscono accuse generalizzate per i delitti commessi da alcuni dei loro connazionali. Le associazioni dei rumeni in Italia garantiscono inoltre la loro disponibilità a collaborare con le autorità italiane per individuare i cittadini che delinquono. Perché non è giusto,dicono,che si faccia di tutta l’erba un fascio.

Se è vero che esiste una fascia di emigranti che si sposta avendo già l’intenzione di commettere reati, molti sono spinti a farlo dalle difficili situazioni con cui si scontrano. In entrambi i casi, l’emigrazione parte spesso dai villaggi poveri o dalle periferie delle grandi città, dove la mancanza di lavoro preclude l’integrazione sociale.

E’ il caso di Nicolae Romulus Mailat, 25 anni, cittadino rumeno di etnia rom, accusato dell'aggressione a Giovanna Reggiani. Nel 1997, quando aveva 14 anni, le autorità rumene lo avevano destinato ad un centro di rieducazione per minorenni, in seguito alle accuse di aver commesso diversi reati. Nel 2006 un tribunale di Sibiu lo aveva condannato a tre anni di reclusione per furto, ma fu graziato nello stesso anno. Subito dopo, la partenza per l'Italia.

Nel quadro della lotta alla criminalità, da un anno è in corso un progetto – ITARO - di collaborazione tra la polizia italiana e quella romena. Alla luce di quello che sta accadendo in Italia, dove è in vigore il decreto sulle espulsioni dei cittadini comunitari, il governo di Bucarest ha deciso mandare in penisola altri 30 ufficiali della polizia romena. Bucarest chiede che le espulsioni siano motivate e vuole che i rappresentanti diplomatici rumeni in Italia siano informati con 24 ore di anticipo in merito ad eventuali provvedimenti di espulsione presi nei confronti dei propri cittadini. Inoltre Bucarest incoraggerà il rimpatrio volontario garantendo un posto di lavoro ai rumeni che rientrano in patria. Questi inoltre potranno ricevere assistenza giuridica da parte di studi legali specializzati in ambito di libera circolazione delle persone nell’Unione Europea.

Il premier Tariceanu, che in settimana dovrà incontrare a Roma il primo ministro Romano Prodi, si appella agli investitori italiani perché contribuiscano a distendere i rapporti italo-rumeni. L’Italia è infatti il principale partner commerciale della Romania e qui risiedono ormai da anni migliaia di cittadini italiani.

A Bucarest c’è una sorta di unità di crisi che riguarda i rumeni che vivono in Italia. Le dichiarazioni si susseguono di continuo. Il presidente rumeno Traian Basescu condanna "ogni violazione della legge commessa da un cittadino rumeno in Romania, così come all'estero. Ma anche ogni atto di violenza contro cittadini rumeni così come ogni discorso che inciti la gente a non rispettare i diritti civili dei romeni, senza riguardo a dove si trovino nell'Unione europea". Basescu critica inoltre il modo in cui l’Italia sta mettendo in pratica il decreto sulle espulsioni, chiedendo che il ministro per gli affari esteri consulti la Commissione Europea in merito. “Le espulsioni di cittadini europei, che vivono in altri paesi Ue, devono essere motivate su situazioni individuali e non di gruppo”, così il portavoce della Commissione Ue Johannes Laitenberger ha commentato il decreto sulla sicurezza presentato dal governo italiano. Il vicepresidente della Commissione Franco Frattini ha spiegato che "chi non ha mezzi di sussistenza adeguati per vivere nel nostro paese deve poter essere espulso" e le espulsioni devono essere effettive.

La Romania chiede invece che sia rispettato il termine di 30 giorni entro quale i rumeni espulsi possono fare ricorso.

D’altra parte, Basescu sostiene che la questione rom non riguarda la sola Romania ma dev’essere discussa a Bruxelles, perché c’è bisogno di un progetto europeo per l’inclusione di questa minoranza (quasi 2,5 milioni di persone si avvicina al 10% della popolazione rumena).

Agli occhi dei rumeni, i rom sono gli unici colpevoli di tutte le accuse e le polemiche divampate in questi giorni, e questa percezione genera un effetto boomerang che rischia di acuire l’intolleranza nei confronti della minoranza rom.

“I rumeni commettono i loro errori, gli zingari hanno le loro debolezze, ma dobbiamo trovare insieme una soluzione per uscire da questa difficile situazione” sostiene Madalin Voicu, noto opinionista rom. “Per portare un fiore o accendere una candela basta essere uomo”, dicono invece i cittadini rumeni, per lo più di religione ortodossa. Sono stati in molti a riunirsi nel centro di Bucarest per partecipare alla messa in memoria di Giovanna Reggiani, officiata mentre a Roma si svolgeva la cerimonia funebre. Altri hanno lasciato e continuano a lasciare messaggi di cordoglio e sdegno nella piazza dell’Università, simbolo della Rivoluzione dell’89 e quindi della libertà. Una tv privata vi ha installato un cartellone sul quale si stanno raccogliendo migliaia di messaggi sotto il titolo: “Tu fai la Romania. Una preghiera per Giovanna”. I rumeni sentono il bisogno di ribadire la loro condanna e il senso di vergogna nei confronti del connazionale.

Gli italiani sanno quanto sia difficile per un emigrante sopportare una reputazione negativa di cui sono responsabili solo alcuni dei connazionali, e dovrebbero essere coscienti dell’errore insito nelle generalizzazioni. E’ un grave errore pensare che esistano popoli buoni o cattivi.

 
Di Fabrizio (del 02/12/2007 @ 09:30:58, in Europa, visitato 1981 volte)

Da Osservatorio sui Balcani

26.11.2007 scrive Rando Devole

Un fatto di cronaca che fa partire una dura campagna antirom(ena): indignazione popolare, articoli, trasmissioni televisive, analisi sociologiche e dichiarazioni dei politici. Paradigmi di paure, diversità, integrazione in questo commento scritto per Osservatorio dal sociologo Rando Devole

Alla fine di ottobre un crimine efferato ha scosso l’Italia. Una donna è stata seviziata e uccisa alla periferia di Roma. Il presunto omicida è stato catturato dalle forze dell’ordine. Era romeno, e rom, abitante nelle baracche adiacenti il luogo del delitto. I media hanno dato un enorme risalto alla notizia. È seguita l’indignazione popolare, accompagnata da testimonianze, dichiarazioni, denunce, accuse, articoli, commenti, servizi, sondaggi, trasmissioni televisive ed analisi sociologiche. La politica ha risposto con un acceso dibattito senza esclusione di colpi, per finire con un decreto urgente in materia di espulsione di cittadini comunitari. Il quadro non sarebbe completo se non si ricordassero alcuni atti di xenofobia a danno di cittadini romeni, ovviamente seguiti da condanne unanimi e appelli alla calma; tutto corredato da contatti febbrili bilaterali con la Romania e da battute a distanza con l’Unione Europea.

Per le persone attente si tratta di un episodio già visto. Un déjà vu collettivo. Il caso degli albanesi è ancora fresco, per non dire attuale. Qualche cittadino albanese commetteva un omicidio o altra violenza, seguivano indignazioni e rabbie diffuse, interpretazioni strumentalizzanti, giustificanti e/o asettiche, appelli accorati, dichiarazioni di circostanza, provvedimenti immediati. Non mancavano i via vai di delegazioni ufficiali, le accuse rincorrenti, le chiamate alle ronde, gli inviti al buonsenso; si scomodavano perfino i personaggi dello spettacolo. Per concludere si interpellava, come sempre, l’Europa. Quindi, niente di nuovo sotto il sole.

Per gli amanti dei retroscena e gli appassionati di dietrologie, si tratta di un episodio da manuale. Si aspetta il momento propizio per trovare un caso eclatante: tra tanti delitti c’è sempre uno che si distingue per emblematicità. Dopo averlo scelto, lo si butta nel ciclone mediatico; ciò gli darà forza, facendolo diventare il suo occhio ciclopico per parecchi giorni. Poi si gioca al rialzo con proposte di misure emergenziali, mettendo sulla bilancia la rabbia popolare. L’attenzione dell’opinione pubblica verrà monopolizzata, mentre altre cose finiranno nel dimenticatoio, oppure passeranno in secondo piano. La formula è suggestiva, ma piuttosto inverosimile.

Qualche volta i déjà vu sono pure e semplici illusioni, mentre le interpretazioni cospirative facili fantasie. C’è una certezza sola. Il pregiudizio regna sovrano. Per giunta, aiutato da ovvietà disarmanti, ai confini delle banalità, le quali, spacciate per controargomentazioni efficaci, non riescono a scalfirlo neanche in superficie: ad. es. “non sono tutti cattivi”, “non facciamo di tutta l’erba un fascio”, “sono utili all’economia”, “i rom non sono romeni”, “i romeni non sono tutti rom”, “i romeni sono comunitari”, e così via. I rom passano sotto la radiografia dei media, che enciclopedicamente forniscono dati tra tabelle e grafici colorati: quanti sono, dove sono, ceppi etnici, quali origini, quale delinquenza. Alcuni dati fanno paura, altri meno. Dipende da come li presentano.

I Balcani ed i paesi dell’Est c’entrano sempre; quando si parla di sicurezza e immigrazione non mancano mai dalle pagine dei giornali. Non si comprende se influisce la delinquenza comune dall’immancabile “accento slavo” (ceppo a cui i romeni casualmente non appartengono), la provenienza di molti rom, oppure il lato oscuro di quelle parti, dove regna l’ignoto, dalla cui oscurità emergono vampiri per tormentarci l’immaginario. Se molti riconoscono nei Balcani la polveriera d’Europa, oppure la regione più divisa del continente, pochi sanno che i Paesi balcanici sono legati tra di loro con tanti fili, tra cui spicca quello dei rom, che con l’arte della sopravvivenza, la libertà professata e, soprattutto, la loro musica folcloristica, hanno sempre fatto da sfondo alle storie della regione e alle sue memorabili narrazioni.

Seppur uguale ad altre nella sostanza, la recente campagna antirom(ena) ha presentato elementi nuovi. Innanzi tutto la confusione totale tra rom, romeni e rom romeni. Sarebbe offensivo per il lettore spiegare nuovamente le differenze evidenti. Tuttavia, le assonanze hanno influito poco sul caos cognitivo, unico complice è stata l’ignoranza. D’altronde senza l’humus dell’ignoranza, i pregiudizi stentano a rimanere in vita. Infatti, parte dell’opinione pubblica considera i romeni come extracomunitari, non come membri a pieno titolo dell’UE. Non è un bel segnale per l’Europa allargata, specialmente per gli altri paesi balcanici che sono in sala d’attesa da tempo. Dall’altro lato, per fortuna, la religione non era in discussione questa volta. Del resto la diversità viene ricostruita con i materiali a disposizione, che non sono mai scarsi.

Se le reazioni collettive sono generate da angosce ataviche, se le certezze traballano di fronte alla diversità, se le paure aumentano nell’incontro con l’Altro, se il pregiudizio coalizza e demonizza contemporaneamente, se la propria aggressività non è più riconosciuta, se la sindrome del nemico interno ci perseguita senza sosta, se la violenza viene proiettata sui diversi, se gli stranieri sono percepiti come una minaccia, allora c’è una sola cosa da capire: noi stessi. Perché l’immigrazione è uno specchio che riflette tutto: la paura e il coraggio, la sfiducia e l’ottimismo, i difetti e i pregi. E non possiamo colpevolizzare lo specchio se ciò che riflette non ci piace. Possiamo anche romperlo volendo, ma non abbiamo risolto nulla.

Non solo il delitto di Roma, ma anche quello di Perugia e di Garlasco, con le loro vittime femminili indicano che viviamo in una società culturalmente febbricitante, in prenda alla paura, dove la violenza trova la sua ragion d’essere, perché prevale il concetto della sopraffazione sui deboli. Poco importa il passaporto del carnefice. Invece, risulta importante la cultura della legalità, i doveri che vanno di pari passo con i diritti, la giustizia giusta, il rispetto della persona. In un quadro di regole chiare, dove vige la certezza della pena, ma anche quella del merito, è più facile misurarci sui valori fondamentali inalienabili e non sulle divisioni artificiose tra noi e loro. Che siamo tutti fragili e indifesi lo dimostrano perfino le divisioni acclamate dalle stesse vittime della discriminazione, che vogliono distanziarsi dai soliti rom, come se additare l’altro fosse un atto di purificazione.

Le baraccopoli costituiscono una grande metafora dell’emarginazione. Persone che vivono ai margini della società, nell’isolamento, nella diffidenza verso gli altri, senza integrarsi, nel degrado urbano. In una situazione di paura reciproca, non cambierebbe molto se al posto delle lamiere ci fossero le mura. Neanche un bagno con idromassaggio allontanerebbe lo spettro dell’esclusione sociale. Tante isole non necessariamente fanno un arcipelago.

Lo straniero assoluto non esiste, ha scritto Tahar Ben Jelloun, perché siamo sempre stranieri rispetto agli altri. La storia dei romani, romeni e rom, con la loro somiglianza fonetica, ci insegna proprio questo: siamo uguali nella nostra diversità. Ovviamente, le potenzialità non mancano neanche ai moderni, il cui Dna culturale è fatto principalmente di diversità, forse il loro vero punto di forza. Lo dimostra inoltre il vissuto di ogni giorno, con tanti begli esempi di integrazione, di rispetto reciproco, che, purtroppo, non fanno mai notizia. Certo è che stigmatizzare i diversi, criminalizzare intere comunità, generalizzare il male, significa proiettare verso gli altri il proprio lato oscuro, trasformare le vittime in carnefici e viceversa, ed infine, accumulare macerie valoriali nella nostra anima. Ma ad un certo punto, non ci serviranno né ruspe, né zingare chiromanti, per salvarci dal nostro futuro.

 
Di Fabrizio (del 07/12/2007 @ 11:15:20, in Europa, visitato 1759 volte)

Da Roma_Italia

Al Primo Ministro Mr. Romano Prodi

Spettabile Signore!

L'ultima volta abbiamo ricevuto diverse informazioni sui Rom e le loro difficoltà. I Rom Bielorussi esprimono la loro profonda preoccupazione sulle recenti violenze contro i Rom Rumeni in Italia. Siamo anche preoccupati sulla mancanza di azioni effettive delle autorità Italiane per prevenire le aggressioni ai Rom Rumeni.

Vogliamo protestare contro la campagna di minaccia razziale in Italia contro i Rom.

Il governo Italiano ha emesso un decreto che facilita le espulsioni dei Rumeni ed i Rom in particolare. Questo decreto viola leggi fondamentali, come la libertà di movimento ed altri diritti umani basici. Inoltre il governo italiano deve considerare che la Romania è un membro dell'UE. Come membro della UE tutti i cittadini Rumeni, senza distinzione di etnia e nazionalità, hanno libero accesso a tutti glli stati membri UE. Così i Rom Rumeni possono restare in Italia quanto lo desiderano. Non hanno bisogno di alcun tipo di permesso, precetto, visto o altro. Sono Europei. Inoltre voglio sottolineare che le espulsioni non sono una soluzione universale a tutti i problemi. Il Popolo Rom è la parte più vulnerabile della società in tutti i paesi.

L'espulsione dei Rom dall'Italia è una violazione dei Diritti Umani, degli accordi di base tra gli stati e una violazione della Costituzione Italiana.

I Rom Bielorussi chiedono al governo Italiano di cancellare urgentemente il decreto d'emergenza sull'espulsione dei Rom.

Speriamo che soltanto cooperando possiamo raggiungere il successo e la prosperità.

Spero che questi incidenti non possano influenzare su tutte le relazioni interetniche  in Italia. Spero che l'Italia, come paese democratico, possa trovare il coraggio e la saggezza di sedersi ad un tavolo e trovare la soluzione.

Con i migliori saluti

Kalinin Nicolas

Delegato Bielorusso al Forum dei Rom e Viaggianti Europei (ERTF)

3.12.2007

Minsk

 
Di Fabrizio (del 13/12/2007 @ 11:41:15, in Europa, visitato 2323 volte)

Da Ticinonews

Furono 590 i bambini della strada "sequestrati" da Pro Juventute
EDIT
11.12.07 16:25

Furono 590 i bambini jenisch tolti ai loro genitori fra il 1926 e il 1973 da Pro Juventute nell'ambito del programma "Bambini della strada". La metà di questi sequestri avvennero nel canton Grigioni, dove viveva la più importante comunità nomade. Le cifre sono pubblicate in uno studio del Fondo nazionale che si è chinato sulla storia delle popolazioni nomadi in Svizzera nel XIX. e XX secolo.

Per 47 anni i figli degli jenish, dei sinti e dei rom della Svizzera furono sistematicamente sottratti ai loro genitori e collocati presso genitori affidatari, istituti, cliniche psichiatriche e orfanotrofi. La formazione scolastica ricevuta dalla maggior parte di questi bambini fu rudimentale o addirittura inesistente, scrivono oggi in una nota i responsabili dello studio "Integrazione ed esclusione" (PNR51).

Più dell'80% di questi bambini non ebbero alcuna possibilità di scegliere un mestiere e più di un bambino su quattro fu dichiarato criminale e piazzato in un istituto chiuso. Le cifre esatte di questo oscuro capitolo della politica sociale svizzera hanno potuto essere ricostruite analizzando i dossier di Pro Juventute che sono conservati all'Archivio federale. Finora si parlava di circa 600 bambini sottratti ai loro genitori.

I ricercatori hanno analizzato l'impatto dei dossier realizzati nell'ambito del programma "Bambini della strada", arrivando alla conclusione che la stigmatizzazione e la discriminazione dei cosiddetti "vagabondi" era strettamente legata alla burocratizzazione dello Stato. I dossier non circolarono soltanto all'interno di Pro Juventute, ma furono utilizzati, con tutte le valutazione che contenevano, anche dalle autorità, dagli istituti e dalle cliniche a scopi di propaganda.


ATS

 
Di Fabrizio (del 15/12/2007 @ 09:24:28, in Europa, visitato 2356 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

11 Dicembre 2007 - Secondo informazioni fornite dal Centro Rom ed Ashkali di Pristina, i Rom hanno iniziato a lasciare il Kosovo per timore di nuove violenze. Durante le loro visite sul campo nell'enclave serba di Gracanica nei pressi di Pristina, l'OnG ha trovato che sette famiglie su 38 sono già partite.

Preoccupazioni sulla sicurezza sono le principali ragioni che guidano i Rom via dal Kosovo. Secondo l'OnG i Rom hanno paura di diventare bersaglio di attacchi a seguito di una dichiarazione unilaterale di indipendenza. Sono anche preoccupati perché né le forze internazionali né le truppe locali offrirebbero loro protezione.

La comunità Rom di Gracanica è una delle più grandi comunità Rom rimanenti in Kosovo. Si stima vivano lì 4.000 Rom, molti dei quali ex residenti della distrutta Mahala Rom di Pristina.

Source: http://kosovoroma. wordpress. com/category/ news/

For further information please refer to the Roma and Ashkali Documentation Centre in Pristina: http://www.rad- center.org


Da Roma_ex_Yugoslavia

Berlino, 10 Dicembre 2007 - I Verdi tedeschi e l'organizzazione dei rifugiati Pro Asyl hanno chiesto una moratoria temporanea dei rimpatri forzati verso il Kosovo. La moratoria dovrebbe essere almeno di sei mesi.

La leader del partito Claudia Roth ha dichiarato che gli appartenenti alle minoranze etniche sono particolarmente toccate dalla mancanza di stabilità. Per questa ragione il direttore di Pro Asyl, Günther Burkardt, ha chiesto alle autorità tedesche  di garantire uno status stabile ai rifugiati in Kosovo.

Secondo la sua organizzazione, ci sono attualmente circa 23.000 Rom kosovari in Germania.

Source: Kosovo Roma Website


Da Roma_Daily_News

Nel contesto dell'attesa dichiarazione di indipendenza del Kosovo, Knut Vollebaek, Commissario OCSE per le Minoranze, ammonisce sulla possibilità di un nuovo esodo dei Rom dalla provincia meridionale Serba.

Ha detto ad Helsinki che la sua preoccupazione è che i rimanenti membri della minoranza Rom possano partire per le vicine Macedonia e Montenegro, se la loro sicurezza, in particolare nelle parti meridionali, non fosse garantita.

[...]

Il Commissario, in carica da sei mesi, dice di aver incontrato rappresentanti di tutte le comunità durante al sua visita in Kosovo a settembre.

Nel suo rapporto conclusivo ha chiesto tanto a Pristina che a Belgrado di non dimenticare l'integrazione "della probabilmente minoranza più vulnerabile" sullo sfondo del conflitto serbo-albanese.

"I Rom vivono in comunità molto piccole. Sono stati completamente dimenticati: non hanno partecipato ai negoziati. E' come se non esistessero."

http://kosovoroma.wordpress.com/

e-mail: kosovoroma@gmail.com

 
Di Fabrizio (del 23/12/2007 @ 09:50:56, in Europa, visitato 2436 volte)

Da Bulgarian_Roma

Sociologi dell'agenzia Skala hanno condotto una ricerca pubblicata il 20 dicembre in un seminario a Borovets, secondo la quale monta un'allarmante intolleranza verso le diverse etnie e quanti hanno orientamenti sessuali non-tradizionali

[...] Secondo la ricerca [...], il 68% degli intervistati non solo sono a conoscenza della discriminazione etnica, ma l'accettano come qualcosa di normale, [...] anche da chi la subisce.

I ricercatori trovano che l'avversione etnica tra Turchi e Rom è più profonda, di quella tra i due gruppi e l'etnia Bulgara.

Il 39% dell'etnia Turca dice di aver subito discriminazioni, il 12,5% fisicamente ed il 17,3% psicologicamente.

D'altro canto, il 37,7% dell'etnia Turca non accetterebbe che i propri figli si sposassero con un Bulgaro/a, e fino al 70% non accetterebbe un matrimonio con un/a Rom. Il 36% dell'etnia Turca non vorrebbe lavorare nella stessa stanza di un Rom, il 34% dicono di non volere amici Rom, ed il 54,6% non vogliono mandare i loro figli a scuola con i Rom.

I Rom sono più negativi nella loro attitudine verso i Turchi che verso i Bulgari. Circa il 5% dei Rom non manderebbe i propri figli a scuola con i Bulgari, comparato al 27,6% che non li manderebbe a scuola con i Turchi. Oltre un quarto dei Rom non accetterebbero che i loro figli/e si sposassero con i Bulgari o i Turchi.

Oltre metà dei Rom dice di essere stato vittima di discriminazione motivata etnicamente, sino al 62% dice di incontrare regolarmente situazioni che violano i loro diritti.

Mentre l'83% degli intervistati pensa che i proprietari di edifici senza accesso facilitato per le disabilità dovrebbero essere sanzionati ed il 92% dice di non avere niente in contrario a lavorare nella stessa stanza di un disabile, solo l'11% accetterebbe che i suoi figli ne sposassero uno. Il 29% dice di non sapere come comunicare con persone con disabilità.

I sociologi dicono che la società bulgara mostra una forte omofobia. Circa l'80% dei Bulgari hanno un'attitudine negativa verso gli omosessuali, nel 53% estremamente negativa. Solo il 17% dice che potrebbero parlare tranquillamente con qualcuno che sanno essere omosessuale. Circa metà degli intervistati dicono di non volere lavorare nella stessa stanza di in omosessuale e tre quarti non vorrebbero averlo come amico. Il 70% non manderebbero i loro figli a scuola, se sapessero che l'insegnante è omosessuale. Metà dei Bulgari non accetterebbero un figlio omosessuale.

I ricercatori non hanno trovato discriminazione sul campo religioso, con l'eccezione dell'attitudine verso la chiesa evangelica, che, dicono, ha più carattere politico che religioso.

 
Di Fabrizio (del 26/12/2007 @ 15:36:15, in Europa, visitato 2124 volte)

Da Roma_Francais

I Rom di Romania avevano atteso da anni l'integrazione del loro paese nell'Unione Europea. Oggi, ad un anno dall'adesione del 1 gennaio 2007, è l'ora del disincanto. Rappresentano pertanto un vero test per la democrazia rumena.

Secondo il censimento ufficiale, i Rom sarebbero 537.000 nel paese.  Ma le OnG stimano il loro numero a 1,8 milioni di persone. Contrariamente alla minoranza ungherese, che nel 2004 rappresentavano 1,4 milioni di persone e tramite il partito Unione Democratica dei Magiari di Romania, ha riportato 22 seggi nel Parlamento alle legislative (6,2% dei voti), i Rom rumeni non hanno rappresentanti politici.

Sognano una vita migliore in seno alla UE, ma le loro sorti sono lontane dall'essere migliorate. "Oggigiorno, le diatribe anti-Rom si moltiplicano. Non ci sono più le case bruciate come nel 1990, ma, per tutto il 2007, i politici si permettono eccessi di linguaggio senza precedenti, afferma Nicoleta Bitu, dell'associazione Romani Criss. Il razzismo si esprime tanto a livello locale che nazionale."

Dana Diminescu, sociologa alla Casa delle Scienze dell'Uomo di Parigi, non vuole tuttavia credere ad un ritorno del razzismo. Ricordando che "Il presidente Traian Basescu aveva trattato una giornalista come "sporca zigana" nel mese di maggio, e si era presto scusato. Inoltre era stato convocato dal Consiglio nazionale per la lotta alla discriminazione, che gli aveva chiesto spiegazioni." D'altra parte, "I Rom sono oggi vittime d'una campagna di discriminazione che viene dall'Italia" accusa.

AMALGAMA ROM-CRIMINALITA'

Cittadini europei e liberi di circolare in Europa senza visto dal 1 gennaio 2007, una parte di loro è partita verso i mercati italiani o spagnoli in ricerca di redditi migliori del salario medio di 300 euro in Romania. Ma, dopo l'aggressione mortale ad una Italiana a fine ottobre, sono stati mostrati a dito come i principali responsabili della crescita della criminalità in Italia. L'amalgama Rom-criminalità è una reazione in gran parte condivisa al di là dell'Italia. Secondo il Centro di Studio per la Democrazia a Sofia, "l'87% dei Bulgari giudicano i Rom inclini agli atti criminali". Un sondaggio nella Repubblica Ceca indica che "il 40% dei Cechi considera inaccettabile avere dei vicini Rom."

Questi pregiudizi attraversano le generazioni. Secondo uno studio d'opinione pubblicata il 17 dicembre dall'OnG Ceca Persone e Bisogni, "il 76% dei liceali hanno un'opinione negativa sui membri della minoranza rom" e "il 79% stimano che i problemi dei Rom discendano dalla loro incapacità ad adattarsi alla nostra società." "Tutti gli sforzi che abbiamo fatto da oltre una dozzina d'anni sono stati cancellati in un slo colpo, nello spazio di qualche giorno, afferma Ciprian Necula, un giovane Rom militante nell'ambiente associativo in Romania."Siamo nell'Unione europea, ma per noi, è il ritorno alla partenza."

Alla pressione dell'Unione e di OnG molto attive come Romani Criss, la Romania ha fatto progressi in materia di protezione della sua minoranza, ma il finanziamento dei programmi è sempre mediocre. "Dal 1990, solo 50 milioni di euro sono stati assegnati in Romania per l'integrazione dei Rom," spiega il sociologo Gelu Duminica, presidente dell'associazione Insieme."Se si divide questa cifra per 1,8 milioni, si ha l'importo approssimativo speso per ogni Rom."" "Si dice sempre più spesso che il problema rom è un problema europeo, ma non occorre dimenticare che è anzitutto responsabilità di ogni stato membro dell'UE", ricorda Magda Matache, presidente dell'associazione Romani Criss.

Mirel Bran (à Bucarest) et Anne Rodier

Article paru dans l'édition du 26.12.07

 
Di Fabrizio (del 28/12/2007 @ 20:56:57, in Europa, visitato 2129 volte)

Dal Corriere della Sera

Egr. dr. Severgnini,
A distanza di quasi due mesi dai tragici fatti di Tor di Quinto, quando lo zingaro romeno Romulus Mailat assassinò e rapinò la signora italiana, prendendo spunto da ciò che leggo in rete e dai miei frequenti viaggi in Romania per motivi di lavoro, volevo far conoscere a lei e a chi leggerà la situazione che si è venuta a creare in quel Paese proprio in conseguenza di quei fatti: la campagna di stampa e tv italiani che hanno generalizzato e accusato l'intera Romania, hanno provocato un profondissimo risentimento dei romeni, popolo fortemente nazionalista come tutti i popoli dell'est, nei confronti dell'etnia rom-zingara.
Molti parlano apertamente di massacri di massa e si evocano i genocidi etnici per «liberarsi» degli zingari che creano un'orribile immagine del Paese all'estero. Gli organi d'informazione italiani senza rendersene conto hanno creato una tensione altissima che aspetta solo una malaugurata scintilla per esplodere in tutta la sua violenza. Si sa che tra atmosfera di pogrom a pogrom vero e proprio il passo è breve. Gli zingari in Romania rappresentano il 10% della popolazione, sono sempre stati discriminati e visti come un corpo estraneo. Fino a metà Ottocento erano comprati e venduti come schiavi, caso unico in Europa. La Romania si è sentita umiliata e offesa da come in Italia è stato presentato il Paese e il popolo. I romeni non sono diversi dai polacchi o dagli slovacchi ad esempio, ma la presenza delle due più numerose minoranze etniche d'Europa al suo interno, cioè due milioni di ungheresi e altrettanti zingari, provoca una certa tensione in particolare nei confronti dei rom i quali emarginati si recano in massa all'estero esibendo il passaporto romeno e creando così l'«equivoco» insopportabile per i romeni tra romeni e zingari-rom che porta alcuni a semplificare romeni=rom. La campagna mediatica italiana di inizio novembre ha profondamente ferito il popolo romeno, ora sarebbe giusto che la stessa stampa facesse conoscere meglio la realtà della Romania al pubblico italiano, sperando che in questo modo si possa allentare la tensione e il desiderio di «vendetta» nei confronti dei rom-zingari.

Francesco A., franz.iskus@yahoo.com

 
Di Fabrizio (del 31/12/2007 @ 13:42:32, in Europa, visitato 2935 volte)

Da British_Roma

Rabbia alle osservazioni sui Rom "pigri"
By NIAMH HORAN

Domenica 30 dicembre 2007

Un importante gruppo antirazzista ha bocciato i programmi che vedono coinvolti alcuni Rumeni nella campagna informativa che li distanzia dal gruppo etnico dei Rom.

Phillip Watt, direttore del National Consultative Committee on Racism and Interculturalism (NCCRI), ha descritto l'idea come "superficiale ed offensiva".

La condanna arriva dopo che in membro della Comunità Rumena di Irlando (RCI) ha concesso un'intervista a Radio RTE, in cui afferma che i Rom stanno danneggiando l'immagine della più vasta popolazione rumena.

Ovidia Mathews dice che molti Irlandesi stiano stereotipando i Rumeni come pigri mendicanti che non vogliono lavorare perché un piccolo gruppo di immigrati Rom da loro una cattiva reputazione.

Come risultato ha richiesto una campagna sui media per educare gli Irlandesi sulle differenze tra la più grande popolazione rumena che vive in Irlanda e il più piccolo gruppo etnico dei Rom.

Mathews dice che la comunità Rom sta danneggiando l'immagine della più vasta popolazione Rumena "Di solito li vedi (i Rom) per strada, a volte mendicando, a volte che vendono Big Issue... sono accampati sulla M50... ora c'è uno stereotipo... (e) tutti i Rumeni sono visti come Rom

"Probabilmente la cosa peggiore per i Rumeni è che (i Rom) non hanno la volontà di lavorare come normali cittadini. Ora, io non posso dire che nessuno di loro lavori, ma posso dirlo della grande maggioranza.

Attualmente ci sono circa 3.000 Rom che vivono in Irlanda, il 90% dei quali è arrivato qui dalla Romania.

 
Di Fabrizio (del 04/01/2008 @ 09:09:49, in Europa, visitato 2431 volte)

Da crj-mailinglist

UNGHERIA: MACCHINETTE PER ELEMOSINA PER EVITARE I MENDICANTI
BUDAPEST - Il consiglio comunale di Pecs, Ungheria meridionale, intende installare delle macchinette per la raccolta di offerte per evitare la presenza di mendicanti, sempre più numerosi nel centro della città. Incassato l'obolo, la macchina ringrazierà e le offerte saranno poi distribuite fra i bisognosi tramite organizzazioni di carità. L'idea è del sindaco socialista, Peter Tasnadi, secondo il quale questa soluzione funziona in numerose città europee.
I mendicanti invece sono contrari, scrive il giornale locale Dunantuli Naplo, perché sono convinti che le macchinette potranno raccogliere molte meno offerte di quanto non riuscirebbero loro di persona.
A Pecs, capoluogo della provincia di Baranya, quest'anno la polizia ha multato più di 300 mendicanti che facevano l'elemosina importunando i passanti, ma le contravvenzioni non servono a nulla perché i mendicanti non sono comunque in grado di pagarle. L'idea delle macchinette ha dei precedenti anche in Ungheria: nel 2004 a Budapest, ne ha funzionato una per qualche tempo in Piazza Deak vicino alla stazione della metro, e in sei settimane ha raccolto 20.000 fiorini (80 euro).

 

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