06/06/2010 - Circa 400 miglia a est di Praga, nella confinante Slovacchia,
che
si separò pacificamente dalla Repubblica Ceca non molto tempo fa, si trovano
le due comunità profilate nel documentario "In a Cage" della Roma Press Agency.
Secondo l'agenzia stampa ceca Mlada Fronta, la Slovacchia ha oltre
800 insediamenti romanì, isolati dalla comunità maggioritaria. Secondo il
giornale slovacco Sme.sk, il conto sarebbe di
circa 700.
Questi insediamenti di solito hanno tassi molto alti di disoccupazione (in
alcuni casi vicino al 100%) e mancano di servizi basici come acqua corrente,
fognature, elettricità, gas o raccolta dei rifiuti.
Gli insediamenti presentati nel documentario del 2006 "In a Cage", sono il
villaggio di Rankovce, vicino alla città di Kosice, e la comunità di Podskalka.
Ci che mi ha impressionato è che nonostante l'isolamento, la mancanza di
opportunità e la povertà profonda dei residenti, hanno trovato modi per
preservare la loro dignità, di stabilire l'auto-governo e la routine quotidiana,
e focalizzarsi nella speranza per il futuro, specialmente riguardo l'istruzione
per le giovani generazioni.
Direttrice-produttrice del documentario è Kristína Magdolenová, giornalista
per i diritti umani ed editrice capo di Roma Press Agency. Il suo scopo è di
aprire porte ed abbattere le barriere di pregiudizio tra la popolazione
maggioritaria ed i Rom, ma anche suonare un allarme sulla grave situazione dei
Rom che vivono segregati.
Ha detto Magdolenová:
"Il nostro scopo era di aprire la porta al mondo dei Rom. Per mostrare
loro che la maggioranza non li conosce, attraverso i loro problemi
giornalieri, gioie e preoccupazioni. Per mostrare la loro faccia reale senza
pregiudizi, senza paura della loro alterità, senza fraintesi. Per mostrare
che la società slovacca gioca con la comunità rom, li spinge sempre più al
margine di questo gioco troppo pericoloso. Un gioco con potenziale umano,
che può anche essere rivolto contro di loro. Il film vuole puntualizzare che
siamo vicini alla mezzanotte e che dobbiamo smetterla di giocare questo
gioco pericoloso."
Anche la Repubblica Ceca, dove andrò per la mia borsa di studio, ha seri
problemi riguardo la segregazione abitativa. I Rom sono discriminati nel mercato
del lavoro ed in quello della casa. Ma di questo parlerò in un altro post.
L'eccellente documentario "In a Cage" sulle comunità rom isolate isolate, si
può vedere
QUI.
Di Fabrizio (del 23/06/2010 @ 09:40:35, in media, visitato 2076 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir: Ciao ti invio questa mia
riflessione, un pò lunghetta a dire il vero sui recenti fatti avvenuti al campo
di Coltano e su come il Tirreno (cronaca di Pisa) ne da notizia. Ciao,
Ago
Certe notizie sono una mazzata all'integrazione che tanti predicano a piè
sospinto e vantano di esserne i promotori, ma in realtà gli interessa ben poco,
visto che poi la smontano a loro piacimento quando c'è il coinvolgimento di
qualche Rom in furti, sgomberi, scippi..con l'intento preciso di screditare o di
puntare il dito contro la comunità Rom, rea di non volersi integrare, di non
abbassare a sufficienza la testa agli ordini del "benefattore" di turno.
Il come vengono date le notizie sui Rom coinvolti in qualcosa di illegale, a
volte è più rivoltante della notizia stessa, spesso la regola è quella di
"drogare la notizia" con lo scopo di salvare ciò che resta del Progetto, o di
nascondere alcuni pezzi, di mascherare le scelte fatte (tanto chi si ricorda
degli impegni assunti due, cinque, otto anni fa?). Ora ciò che conta è
convincere la cittadinanza che avere un sindaco che sa fare anche lo sceriffo è
una sicurezza in più per la città, insomma è più rassicurante e soprattutto più
sbrigativo!
Non entro in merito al furto-rapina commesso dai due Rom, o alla dinamica del
fatto: è un fatto condannabile nella forma e nella sostanza, ma spetta alla sola
Giustizia sentenziare e decidere in merito. Chiunque commetta un reato, prima o
poi dovrà rispondere delle sue azioni davanti la Legge. Ma penso che valga la
pena ricordare a tutti, e in primis al nostro sindaco che la responsabilità di
un atto criminoso commesso da una persona, chiunque egli sia, di qualsiasi
nazionalità, spetta solo alla Giustizia decidere la pena, e che questa è sempre
individuale e non comunitaria o famigliare.
Aspetto non certo secondario, anzi sembra diventato di moda soprattutto a Pisa,
solo quando sono coinvolti dei Rom in una lite, descriverla come faida, con il
chiaro intento di condizionare l'opinione pubblica e il verdetto finale del
Giudice per poi, cosa tipicamente Pisana estendere subito la pena, ma solo
quando si tratta di Rom, all'intero nucleo famigliare; inutile aspettare la
sentenza di un Giudice, è tempo perso.. i Rom che avevano avuto una casa,
buttati fuori compresi i loro figli, colpevoli di aver "tradito"
quell'integrazione fredda, studiata a tavolino da esperti, sempre pronti a
cambiare le carte in tavolo quando è necessario e conveniente, a stabilirne le
condizioni e limiti, a lanciare facili proclami: "Basta campi, bisogna superare
la logica dei campi e integrare i Rom nelle case", ma poi sono gli stessi che li
buttano fuori dalle case e rimandandoli nei campi! Tanto chi noterà queste
contraddizioni, ciò che conta è preservare il Progetto, continuare a presentarlo
come modello, anche se ormai solo pochi ossequiosi interessati lo credono tale!
Se invece, il Giudice decidesse di non seguire le "sentenze" già emesse
pubblicamente dal sindaco? Anche il Giudice entrerebbe nella lista di coloro che
minacciano la sicurezza della città?
Accetterebbe il sindaco di fare un passo indietro e di riconoscere pubblicamente
il proprio sbaglio?
Tutti parlano di integrazione, facile farlo quando si fiuta l'affare economico,
ma quando la crisi economica si fa sentire ecco che lo si smonta a pezzi. Rimane
un progetto sbiadito, ritoccato di volta in volta a piacimento dagli esperti del
bilancio, completamente trasformato rispetto gli inizi, ma sempre riscritto da
persone totalmente lontane ed estranee ai Rom, senza alcun dialogo con i diretti
interessati, altra nobile vittima del Progetto Città Sottili il dialogo! In nome
del Progetto i diritti vengono accantonati e spesso anche negati, la
collaborazione è un eufemismo per dire servilismo, e dividere al suo interno la
comunità Rom, mentre la vita di intere famiglie Rom, fatta di storie, di attese
e che vivono da decenni qui a Pisa, diventano un ostacolo da cancellare alla
prima occasione "buona"..e l'occasione buona si presenta quando uno di loro
sbaglia, poi poco importa individuare di chi la colpa, le responsabilità
oggettive..l'importante è affrettarsi a condannare in fretta e furia anche
l'intera famiglia, proclamando solennemente la loro esclusione dal Progetto:
basta aver pazienza che prima o poi qualche altro ancora cadrà nella rete. Ma è
fondamentale mostrare subito all'opinione pubblica che con i Rom
l'Amministrazione sa essere ferrea e intransigente, perché quello che conta è
non perdere la fiducia degli elettori! Ogni metodo è buono pur di raggiungere
l'obiettivo, sopratutto far uso costante della bugia pur di nascondere la realtà
agli elettori.
L'articolo pubblicato sul Tirreno del 17 Giugno a firma di Candida Virgone è un
illuminante esempio, offre delle "perle rare di questo tipo di deformazione
della realtà", ma che sa ripetersi con ostinazione anche solo dopo pochi giorni
di fronte alla "travolgente" notizia dell'assoluzione di un gruppo di Rom
coinvolti nella lite, assoluzione che sembra smontare la tesi del sindaco e del
Tirreno che per anni hanno cavalcato ideologicamente la notizia della "faida"
tra i Rom, ma alla giornalista sopra citata non trema la penna fra le dita,
ostinatamente continua a scrivere di "faida" trascrivendo nomi e cognomi dei Rom
assolti come se volesse accusarli ancora di qualcosa... e fingendo di non
conoscere le conseguenze della sentenza preferendo nascondere la testa sotto la
sabbia, anche per non mostrare pubblicamente il rossore della sua vergogna.
"Vivevano a Coltano nonostante non fossero inseriti in nessun programma di
accoglienza comunale, tantomeno in Città Sottili, che prevede l'assegnazione
delle villette ai nomadi che hanno scelto l'integrazione".
Le famiglie dei due Rom arrestati sono da almeno 13 anni che aspettano –vivendo
a Coltano – le promesse fatte dagli amministratori che di volta in volta si sono
susseguiti..il fatto poi di non essere inseriti ufficialmente nel programma di
accoglienza Città Sottili è uno dei non pochi "misteri", difficili da decifrare
che aleggiano attorno a Città Sottili e non è certo dovuto ai precedenti dei due
arrestati, come si vuol far credere. Qui la colpa è di chi volutamente li ha
esclusi fin dal principio. In effetti il Progetto Città Sottili da anni priva e
nega i diritti a tanti Rom (es. quello della residenza), in nome del Progetto
stesso, scavalcando disposizioni nazionali: una sorta di "federalismo" comunale.
E' facile, soprattutto comodo "strappare" e gettare nel cestino vite di intere
famiglie come fossero carta straccia, perché un Rom "rompe il patto" (mai
ufficializzato e tanto meno discusso e partecipato con i Rom stessi o altri
soggetti), è un esercizio abituale e meschino di tanta politica, ma che
purtroppo mina la credibilità della democrazia..
Poi a proposito dell' integrazione bisognerebbe osservarla-ascoltarla come
risuona dentro il e dal campo di Coltano, oggi è una parola che spesso arriva
stonata perché cantata con la voce di chi in tutti questi anni ha mostrato
disprezzo, false promesse, raggiri..dopo ben 8 anni di promesse, sacrifici,
attese la maggioranza dei Rom è costretta ancora a vivere in queste condizioni,
rassegnati a fingere di credere alle promesse di operatori sempre meno
credibili!
"I due, senza casa e senza permesso di soggiorno, erano noti ai servizi
sociali ed esclusi da qualsiasi forma di integrazione proprio per i tanti
precedenti, soprattutto per rapina. Nonostante ciò stazionavano da tempo
immemore al campo di Coltano, ospiti dei nomadi."
"Stazionavano da tempo immemore..ospiti dei nomadi": qui si tocca l'apice della
.. fumosità verbale, come dire le cose ma nascondendo la verità di fatto, ma ciò
che importa è veicolare il messaggio di pregiudizio verso i Rom. Praticamente è
come dire che tutte le famiglie Rom del campo autorizzato di Coltano (che solo
il sind. Filippeschi considera abusivo), "stazionano", anche se ci abitano lì
fin dagli inizi, da più di 10 anni, come le due famiglie in questione, anche se
muniti di carta d'identità e residenza in via Dell'Idrovora rilasciata dal
Comune di Pisa, ma poco importa, quando un Rom commette un reato, uno qualsiasi
si dirà prontamente che quel Rom "stazionava presso un campo abusivo", da tempo
immemore, tanto chi andrà poi a verificare?
Ospiti dei nomadi, altra perla! Ma è lo stesso comune che li tieni lì in attesa,
che da anni chiede pazienza, collaborazione, sacrifici in vista di una
sistemazione definitiva e soprattutto migliore, le stesse famiglie seguite dagli
operatori sociali che "vivisezionano" la loro vita..lo stesso comune che da anni
vieta ai Rom di ospitare qualche parente dentro il campo (altro abuso), ecco che
all'improvviso i due arrestati si trasformano in ospiti dei Rom: ma ciò che
importa è nascondere la verità e iniettare nell'opinione pubblica l'idea che i
Rom vivono nascondendosi, sono inaffidabili e approfittatori della bontà
altrui..
"I due sono stati arrestati all'alba, al campo nomadi di Coltano, dove
vivevano su una roulotte".
Qui abilmente si lancia il sospetto che chi vive in roulotte è già di per sé un
soggetto incline alla delinquenza! Roulotte-baracca uguale a probabile
delinquente, facile equazione un po' velenosa, come non darla in pasto? Allora
aggiungete anche il sottoscritto nell'elenco dei possibili sospettati: p.
Agostino che da almeno 15 anni ci vivo in roulotte, e non mi pento
assolutamente, quindi sono anche recidivo! Preciso anche che i due arrestati per
furto vivevano in roulotte e in baracche dignitose..e la colpa di vivere in
baracche, non è scontata che debba essere del tutto la loro: ma cos'altro
potevano fare di fronte a tante promesse non ancora mantenute, sempre rinviate
da parte del comune?
Lì a pochi metri di distanza il villaggio ultimato da almeno 6 mesi, bello e
splendente, ma chiuso, inaccessibile, vuoto... l'erbaccia alta ormai, fa da
padrona, già copre le finestre... un silenzio che grida le sue non poche
contraddizioni, ma anche il timore di nuove esclusioni... in nome
dell'integrazione.
p. Agostino Rota Martir - 18 Giugno 2010 – Campo nomadi di Coltano
(PI)
Di Fabrizio (del 24/06/2010 @ 09:46:47, in media, visitato 1880 volte)
Buongiorno a tutti,
è con piacere che vi invitiamo a visitare il sito web del progetto "Sinto-nìzzati!",
realizzato interamente con un gruppo di adolescenti sinti di Pavia:
Il progetto, promosso nel 2009-10 da alcune associazioni locali, tra cui
l'Associazione Italiana Sinti di Pavia e il CEM-Centro Educazione ai Media,
ha previsto la realizzazione di un format radiofonico e di contenuti video,
con la partecipazione di una decina di giovani sinti che vivono stabilmente a
Pavia e che frequentano le scuole medie e la formazione professionale.
I ragazzi e le ragazze si sono avvicinati al mondo della radio e di internet,
creando le puntate della trasmissione "Sinto-nìzzati" e realizzando i contenuti
del sito web, con l'intenzione di far conoscere il mondo e la cultura di cui
sono portatori, così come di rinsaldare i ponti relazionali che si stanno
costruendo con la più ampia società locale.
A settembre le attività realizzate saranno presentate pubblicamente in un evento
che sarà organizzato a Pavia e di cui sarà data comunicazione nelle prossime
settimane.
Ci auguriamo di ricevere da tutti voi un commento o anche una critica
costruttiva al nostro progetto, permettendoci di chiedervi, se possibile, di far
conoscere questa iniziativa tramite i vostri canali di comunicazione a chi
riteniate possa essere interessato
Grazie e un cordiale saluto
Andrea Membretti (responsabile del progetto)
PhD Sociology
Prof. a c. Università di Pavia www.sociability.it
Domanda
Può un network di stazioni radio FM posseduto e gestito da comunità rom formare
le basi di una nuova soluzione del problema rom in Europa? Se è così, come
dovrebbe funzionare e quale forma prendere?
La questione La marginalizzazione delle minoranze romanì nell'Europa Centrale/Orientale
rimane tra i problemi più difficili da affrontare per l'Europa di oggi. La
ricerca di soluzioni deve includere la responsabilizzazione del popolo rom
attraverso l'istruzione e l'accesso alle strutture di supporto. Video seguente
in inglese:
Inoltre un parere di Ian Hancock
QUI (sempre in inglese ndr)
Appello all'azione Durante il Summit Rom UE, il Presidente della Commissione Europea Jose Manuel Barroso
ha invitato l'Europa tutta: "Dobbiamo usare tutti i mezzi possibili per
migliorare l'inclusione dei Rom. Se non ci saranno cambiamenti fondamentali,
milioni di giovani rom non avranno alternativa ad una vita di esclusione sociale
e marginalizzazione. Se la speranza non entrerà nei quartieri rom, prevarrà la
disperazione. Le principali società devono offrire ai Rom una possibilità reale,
pratica, di migliorare le loro prospettive." Ha poi continuato: "Dovremmo
incoraggiare i Rom nel diventare soggetti attivi del loro destino e prendere le
responsabilità delle loro vite. Ma dobbiamo offrire loro reali opportunità. Si
diventa cittadini, solo se si ha l'opportunità di farlo."
La nostra soluzione La Comunità di Radio possedute e gestite da gruppi rom possono fornire
strumenti efficaci per l'alfabetizzazione mediatica, collaborazione, inclusione,
accesso, sviluppo di capacità per l'impiego e coesione sociale. Il Progetto
Radio Rom è un'iniziativa pluriennale (2009-2012) per stabilire e mantenere una
rete sostenibile di radio FM gestite dalle minoranze rom in Europa. L'obiettivo
è di creare un ambiente che consenta lo sviluppo di Radio Rom nelle società
civili, e sviluppare organizzazioni sostenibili di Radio Rom. Il progetto si
basa su un piano strategico sviluppato da
Henry Loeser all'Università Masaryk che impiegherà consulenza e formazione.
Come funziona? Il piano è di lavorare in parallelo a macro e micro livello. Poiché gli
ambienti della società civile sono resi più favorevolei per le radio
comunitarie, così anche quelli radio dovrebbero essere sufficientemente
sviluppati: prima come OnG solo per Internet, quindi la migrazione a FM per
diventare organizzazioni comunitarie autosufficienti. In primo luogo, tutti i
soggetti interessati dovranno essere coinvolti attraverso una serie di
conferenze, laboratori, consulenze e sessioni di formazione per il settore e le
organizzazioni per costruire le capacità necessarie. Poi, realizzata e misurata
tramite il coordinamento costante, supporto, e consultazione progressiva. Si
tratta di un esercizio di costruzione comunitaria con la radio al centro della
collaborazione delle parti interessate.
L'attivazione degli ambienti Comunità - Individuare e informare le comunità rom
Interessi organizzati - coordinare ed eseguire conferenze OnG
Fattibilità - ricerca di macro sociali, economiche e questioni tecniche
Politica - chiamare alla partecipazione di agenzie governative
Legislazione / Regolamenti - sviluppo e definizione della legislazione apposita
Supporto - sollecitare il sostegno finanziario per assicurare la sostenibilità
Organizzazioni sostenibili delle Radio
Comunità / Consiglio di Amministrazione - identificare e sviluppare i gruppi
interessati
Fattibilità - micro ricerca sociale, economica e questioni tecnici
Strategia / Piano / Bilancio - sviluppare le basi da cui partire per costruire
Management - assumere, e costruire una squadra responsabile
Tecniche - acquisire e installare lo studio e le strutture della trasmissione
Programmazione - formare gli addetti radio rom per creare la loro presentazione
in onda
Sviluppo - attuazione del piano, le persone, e sistemi per assicurare la
sostenibilità
Il Progetto Radio Rom contribuirebbe ad accrescere la tolleranza e la mutua
comprensione fornendo mezzi di comunicazione ai Rom per comprendere meglio il
loro ruolo e responsabilità nella società UE, ed anche per chi non è Rom
nell'apprendere sulla loro cultura, valori e richieste, riducendo quindi il
razzismo e l'intolleranza attraverso la comprensione. Dovrebbe promuovere
l'occupazione attraverso il trasferimento di know-how e capacità di costruire
competenze. Le Radio Rom di successo saranno quindi un mezzo per lo sviluppo
sostenibile dei gruppi associati, incoraggiando anche la coesione sociale
definendo le Radio Rom stesse come efficaci organizzazioni della sociale civile.
Risultato Per ottenere i desiderati risultati di sostenibili radio rom in FM, abbiamo
bisogno della vostra partecipazione e appoggio.
Contattate quindi da
oggi radioexpert e continuiamo a costruire un futuro migliore per le comunità
romanì e tutta la società europea.
Di Fabrizio (del 02/07/2010 @ 09:43:30, in media, visitato 1839 volte)
Sembra non aver tregua la campagna di distorsione della
verità dei fatti che da tempo contraddistingue anche il quotidiano Il Tirreno di
Pisa, non solo quando sono coinvolti direttamente dei Rom in episodi di
criminalità o di cronaca locale... ma adesso il Tirreno li coinvolge
esplicitamente anche quando i Rom (nomadi) non c'entrano per niente.
Ne è la prova l'episodio raccontato da Pierluigi Ara nella cronaca di Calci del
29 Giugno, relativo all'aggressione subita dal parroco Mons. Antonio Cecconi ad
opera – secondo il quotidiano il Tirreno- di un gruppetto Rom
(nomadi). "Nomadi si scatenano contro il parroco di Calci", così titolava
l'articolo che raccontava il fatto in questione.
Lo stesso parroco ammette il fatto e l'aggressione verbale subita, ma dichiara
anche che non si trattava di Rom, ma di cittadini immigrati! Una distinzione che
sembra troppo difficile da cogliere per il giornalista autore della
segnalazione, ed è una notizia troppo "ghiotta" per la redazione de Il Tirreno
di Pisa da lasciar cadere, così senza un minino di verifica prima di pubblicarla
ben in risalto..tanto diffamare i Rom fa sempre presa, è la logica che
caratterizza anche Il Tirreno di Pisa, ciò che importa è continuare sbattere i
Rom in faccia all'opinione pubblica presentandoli come arroganti e pericolosi..
"Nomadi scatenati o giornalisti scatenati?" non so proprio chi dobbiamo
temere di più!
La mia vicinanza e solidarietà piena a don Antonio, ma senza dimenticare quei
colpevoli-fantasmi Rom visti dall'occhio attento e indagatore del Tirreno.
Agostino Rota Martir
IL Tirreno – cronaca di Calci del 29 giugno 2010 Nomadi si scatenano contro il parroco di Calci di Pierluigi Ara
CALCI. Gazzarra inscenata da un gruppetto di nomadi all'indirizzo di monsignor
Antonio Cecconi, parroco di Calci e vicario generale della diocesi di Pisa. Al
centro del paese, mentre il sacerdote dalla pieve romanica si stava recando alla
vicina canonica, è stato fatto bersaglio di parole pesanti.
Una aggressione verbale in piena regola. Alcuni individui, tra cui spiccavano
due donne, hanno cominciato ad inveire nei confronti del sacerdote il quale, a
loro dire, non li avrebbe aiutati abbastanza. Nella circostanza probabilmente
non era nella condizione di dare i soldi che gli venivano richiesti. Da qui la
protesta, scomposta e fuori luogo.
Si consideri che monsignor Cecconi quelle persone, come tante altre, le ha
sempre aiutate anche a costo di sacrifici attingendo non di rado alle sue
risorse personali. Non a caso, uomo di chiesa dalla parte degli ultimi della
società, ha fatto della sua vita e dell'impegno di apostolato cristiano, la
bussola di condotta quotidiana. Tutti conoscono e ricordano l'impulso dato alla
Caritas della provincia di Pisa, di cui è stato massimo responsabile, e alla
Caritas nazionale che lo ha visto vice direttore. Non c'è situazione di grave
disagio sociale del singolo e della collettività, anche internazionale, nella
quale lui non sia intervenuto o non si prodighi coinvolgendo gli altri con
l'esempio di concreta generosità. Si pensi ai più poveri del mondo, ai
terremotati, ai colpiti da calamità naturali, di recente anche a favore della
popolazione di Haiti.
Il parroco calcesano si richiama a Lorenzo Milani, a Giorgio La Pira, ex sindaco
di Firenze, a don Ciotti che proprio di recente ha invitato in Vallegraziosa.
Adesso questo episodio isolato e circoscritto di contestazione da parte di un
esiguo numero di esagitati che comunque il sacerdote ha fronteggiato con estrema
civiltà. Alcuni passanti sulla piazza e dal vicino circolo Acli "Giuseppe
Fascetti" gli avventori, che avevano assistito alla scena, hanno subito preso le
difese di monsignor Cecconi rivolgendo ai nomadi l'invito a smetterla e ad
allontanarsi. Però solo la minaccia di chiamare i carabinieri ha posto fine alla
gazzarra.
Il giornalista zingaro che mi ha insegnato sugli Zingari in Medio Oriente
- Jake Bowers, editore di Gypsy Roma Traveller: Non sono pigro e non vivo nel
retro di un Carrozzone
02/07/2010 - La sua vita è sempre in movimento come una stella del cinema o una
celebrità, se la sua fortuna fosse stata differente, avrebbe potuto essere uno
di loro. Ancora, non è mai stato accolto col tappeto rosso. Ciò che rende la
vita di Jake Bowers (vedi
QUI ndr) totalmente differente dalle celebrità, anche se viaggia come
loro, è il fatto di essere uno Zingaro. E' schiacciato in uno stampo non
comodo costruito dai media per chi fa parte di gruppi minoritari. Il mio stampo
è la mia kefia e quello di Jake è un carrozzone. Bowers è un Viaggiante, un Rom
in pace con tutte le frontiere e confini, ed il mondo è la sua casa.
Cosa rende questo Zingaro britannico così differente dai 300.000 altri
Zingari GB? Jake mi ha detto "I media principali ammoniscono la gente su di noi,
siamo descritti come pigri, non istruiti, che vivono nei carrozzoni, criminali,
non credibili perché gli Zingari rapiscono i bambini." Bowers è uno Zingaro
ed un giornalista di talento. Non è pigro, da sostentamento alla sua famiglia,
paga le tasse e ha un lavoro regolare. Non è sporco, è brillante e si comporta
come un vero gentleman alle conferenze dove è invitato come relatore. Da
quanto ne so, non vive in un carro, anche se mi ha detto che gli piacerebbe
vivere in una casa mobile trainata da un cavallo. Non ha lasciato la sua
carovana perché scontento di quello stile di vita, l'ha abbandonato per amore di
sua moglie che veniva da un altro ambiente e trovava difficile collegare
l'asciugacapelli.
Bowers ci ha accompagnato in macchina, usando il navigatore satellitare per
trovare la strada attorno a Bristol, di conseguenza non si fida delle stelle per
conoscere la strada, né usa i tarocchi per prevedere il futuro, altrimenti
avrebbe saputo quanto è difficile trovare un parcheggio. Non è un criminale,
altrimenti non sarebbe diventato editore-capo della prima rivista di questo tipo
in GB. E' un giovanotto istruito che ha buon gusto nelle arti ed una buona
conoscenza delle società e della storia che mi ha chiarito su alcuni gruppi
zingari nel Medio Oriente in Siria, Iraq e Turchia ed anche a Gaza in Palestina
(vedi
QUI ndr). Si può aver fiducia in lui perché mi è stato presentato dal
mio caro amico Mike Jempson, un accademico e giornalista che ha dato un pezzo
della sua vita per il giornalismo investigativo e per difendere gli sforzi dei
giornalisti nel creare gruppi e sindacati che proteggano i loro diritti nel
mondo.
Bowers è un giornalista che sta combattendo la cattiva immagine data dai
media sugli zingari, perché sono una minoranza vittimizzata e perché è uno di
loro ed è molto fiero della sua ascendenza.
La GB ospita 300.000 Zingari, anche se non sono rappresentati nei media che
si diverte a bullarsi di loro. E' per questo che pubblica il Gypsy Roma
Traveller, la prima rivista zingara in GB e forse nel mondo, il cui scopo è
informare sulla storia, la vita e le arti degli Zingari che ancora soffrono i
travisamenti dei media, come le altre minoranze.
Durante il seminario tenutosi a Bristol mercoledì 30 giugno, il secondo di
una serie sponsorizzata dall'Economic and Social Research Council per
indagare sulle barriere poste dai media riguardo l'assunzione dei neri e dei
membri di minoranze etniche, Bowers era invitato come relatore ed ha condiviso
con noi le diapositive con i titoli apparsi in una sola settimana sui principali
mezzi d'informazione in GB, incluso l'ampiamente distribuito Sun, che
incriminano e discriminano gli Zingari.
Ha anche condiviso con i presenti le foto e le copie dei manifesti che
vietano agli Zingari l'ingresso in differenti posti, pub compresi, incolpando
gli Zingari per i problemi sociali. Il punto da lui sottolineato è che gli
Zingari sono uno dei più grandi gruppi di minoranza nel mondo, con una
popolazione di 12 milioni, in viaggio da 1.000 anni, che soffrono tuttora gli
stereotipi dei media. Ci sono gruppi minoritari che non sono rappresentati per
niente dai media, ed altri che sono male rappresentati. Il razzismo dovrebbe
essere affrontato dai media e tutti hanno il diritto ad essere rappresentati.
Qualcuno può dirmi quando viene riportata l'etnia dei criminali sui media
cechi? Di regola, l'etnia viene elencata solo nei casi di crimini commessi da
Rom. Non ho mai letto sui media cechi di un "Boemo" che abbia commesso un furto,
un omicidio da parte di un "Moravo", una rapina da parte di un "Ebreo"
(perdonatemi Achab, Mosé ed il resto) o che uno "Slensano" abbia saccheggiato. I
componenti di queste etnie, inclusi quelli di noi che sono Rom, sono tutti
cittadini della Repubblica Ceca, con documenti d'identificazione e
passaporti.
Ci sono pochi rituali che mi piace seguire. Uno di questi è seguire le
principali notizie alla TV. Alle 18.50 guardo TV Prima, Alle 19.00 giro su ČT1
ed alle 19.30 seguo Nova. La mattina compro il Děčín Daily e
comprensibilmente navigo nel web. Dovunque, la notizia si ripete nello
stesso contenuto fuorviante che deforma l'opinione pubblica. DOVUNQUE!
Le prime "iene" che hanno iniziato a saccheggiare i luoghi afflitti dalle
recenti inondazioni, si dice siano "stranieri". Io capisco che ci si riferisce a
persone di un paese vicino. Invece. il giorno dopo sento e leggo che i Rom
stanno saccheggiando. Anche se i Rom sono cittadini della Repubblica Ceca, ci si
riferisce alla loro etnia e alla loro nazionalità. Il tempismo di TV NOVA sulla
notizia è stato il migliore. Prima il canale ha trasmesso una relazione
strappacuore di un soldato che stava aiutando le vittime quando qualcuno gli ha
rubato il cellulare e altri oggetti personali - tutto il paese, incluso io,
eravamo al suo fianco - a cui, improvvisamente, segue un rapporto sui Rom che
saccheggiano. Non sono molto acculturato in psicologia o in messaggi
subliminali, ma anche un idiota lo vedrebbe. Tutto l'odio ha ora un bersaglio
specifico.
Stamattina, altro riferimento a saccheggi, furti, ecc. Al momento, il
colpevole non è identificato, ma se si appurasse che non è un Rom, evidentemente
non sapremo mai se fosse un Boemo, un Ebreo, un Moravo o un Sleso. Si tratta
solo di folklore locale. E' normale informare il pubblico con una tale mancanza
di obiettività?
Fondamentalmente sono contrario a dichiarare l'etnia o la nazionalità dei
criminali se si tratta di cittadini della Repubblica Ceca. Piuttosto, ecco
un'idea: menzioniamo sempre l'etnia, per tutti, non solo con i casi che hanno a
che fare con i Rom. Ho l'impressione che sarebbe molto strano sentire: "Un
Moravo ha rubato, uno Slensano ha rapinato una banca, un Ebreo ha saccheggiato, un
Boemo ha fatto si è spogliato in pubblico..."
Di Fabrizio (del 22/08/2010 @ 09:05:12, in media, visitato 1760 volte)
Cronaca Qui è senz'altro uno dei giornali più
antizigani che abbiamo in Italia. Interessante seguire l'evolvere dei suoi
"ragionamenti" a proposito della svolta politica in Francia:
dall'entusiasmo del 19 agosto, è passato in soli 2 giorni al riconoscere che
queste decisioni rischiano di spostare i problemi sotto casa dei suoi lettori
(pubblico in calce l'articolo). Insomma, nonostante i salti di gioia
(propagandistici) dei vari De Corato, cominciano ad emergere le contraddizioni e
il riconoscimento delle strumentalizzazioni e piccolezze di Sarkozy, come potete
leggere anche
QUI, o addirittura sul
Foglio. Prima
e dopo la lettura, vi ricordo l'appuntamento a Parigi.
Non ce ne vogliano i sostenitori della sovranità dello Stato, ma ci sono
situazioni in cui il singolo Paese non può esprimersi senza pensare alle
ricadute sugli altri.
Prendiamo il caso del pugno di ferro del francese Sarkozy, che ha deciso
l'espulsione e il rimpatrio di centinaia di zingari rom. La questione non
riguarda solo la Francia, ovviamente, perché buona parte di costoro non
aspetteranno l'espulsione per allontanarsi dalle sponde della Senna e
raggiungere lidi più "ospitali". Per intenderci, quasi certamente l'Italia. Non
per nulla a Torino si sta già ipotizzando un vertice in Prefettura, non appena
sarà insediato il successore di Padoin, per fare fronte alla situazione. E anche
coloro che torneranno in Romania, certo non impiegheranno molto a riprendere la
strada per destinazioni dove sicuramente potranno trovare appoggi logistici. E
alcune delle comunità più numerose si trovano sicuramente a Torino e Milano.
Dunque, la politica ferrea di Sarkozy, al di là di ogni tipo di giudizio
sulla sua efficacia, rischia di divenire una sorta di spostamento della polvere
sotto il tappeto, oppure - per usare una immagine più appropriata - assomiglia
al gesto di chi pulisce il proprio giardino gettando le foglie secche e gli
sfalci in quello del vicino.
Bisogna considerare che su certi temi, e le politiche dell'immigrazione sono
tra questi, la sovranità nazionale deve accettare il proprio limite: le misure,
per essere realmente efficaci, non possono trascendere da una condivisione più
ampia di obiettivi e metodi, a livello europeo se possibile. Poi è vero che
troppe cose separano i vari Paesi ben più di un confine, troppo diverse sono le
singole politiche nazionali. E accordarsi diventa impossibile. Ma ai critici, e
a coloro che temono un accanimento di tipo razzistico, ricordiamo che non solo
la tolleranza, ma anche la stessa accoglienza hanno dei costi. Basti vedere
quanto occorre pagare a Torino per ripulire le discariche nei pressi degli
accampamenti abusivi. L'illegalità ha un costo economico oltre che sociale. E
venirne a capo è interesse collettivo, di cui l'Europa, intesa come unione di
governi, deve farsi carico. Anche se, per certi versi, appare più facile
occuparsi delle carrette del mare che approdano o meno sulle coste, che non di
coloro che nei nostri Paesi già vivono, nella legalità o meno. Non farlo è
semplice dimostrazione di miopia. andrea.monticone@cronacaqui.it
DOC. Da Napoli alla Romania, "Europa 0 km" racconta un viaggio nel presente
dei rom tra soprusi della camorra, razzismo dilagante e fabbriche chiuse. Disoccupazione in Romania, ostilità in Italia. Il documentario Europa 0 km
"segue la diaspora dei 900 rom cacciati da Ponticelli nel maggio di due anni fa
- racconta il co-regista Luca Bellino - dopo 3 giorni di roghi e bombe molotov
sui loro campi".
Com’è potuto succedere?
E' stata la conseguenza di un contesto nazionale durato mesi, a partire
dall’omicidio Reggiani a Roma. Lo sfondo è stato un accordo sotterraneo tra
apparati amministrativi e il clan dei Sarno, per cui nella zona dove si
trovavano i nove campi si doveva costruire, cantierizzando entro una data.
Esattamente un mese dopo l’incendio. I soldi sono arrivati a pioggia, e tra
l’altro nell’inchiesta l’assessore coinvolto è stato arrestato.
L’atteggiamento della gente comune?
Purtroppo in quel quartiere gestiva tutto la criminalità. Se invece guardiamo
alle vite private, c’erano grande comunione e amicizie. Ma, quando è arrivato il
richiamo all’ordine, appoggiato anche da manifesti del Pd ("Via i Rom da
Ponticelli"), come al solito sono state mandate avanti le donne a dire: "via
tutti".
Dove sono finiti i rom?
Una parte è tornata in Romania, a Calarasi, e un’altra si è rifugiata in altri
nuovi campi arrangiati a Napoli.
Com’è la situazione nel Paese d’origine?
C’è una grandissima nostalgia del regime comunista, si ricorda che nelle
fabbriche lavoravano soprattutto i rom. Dopo l’89 hanno chiuso e da lì è
iniziata la diaspora verso l’Europa, culminata con l’ingresso della Romania
nell’Unione europea. Da qui il titolo del film, perché lì abbiamo visto ovunque
cartelli con questa scritta. L’Europa però ha significato sfruttamento da parte
delle multinazionali, tante anche italiane, con stipendi bassissimi e Rom che
non lavoravano più. Ora con la crisi generale le nuove fabbriche stanno per
chiudere, la crescita del Paese un po’ di soldi li porta, molti sono tornati e
un tessuto lavorativo si sta ricreando.
E a Napoli?
La situazione è d’emergenza, i campi sono in condizioni estreme e precarie, non
c’è nessun progetto di scolarizzazione né di formazione. I rom vivono della
raccolta del ferro, attività principale, e di elemosina. Vogliono una stabilità,
e quando d’estate tornano a Calarasi, con quei soldi costruiscono le proprie
case.
L’idea del documentario?
Ci siamo resi conto che di questo evento simbolico fortissimo - cruciale nella
storia del razzismo italiano, nel quale ci si è sentiti legittimati, nel
silenzio generale, a incendiare abitazioni come fecero i fascisti in Africa -
non se ne parlava più. Quindi per noi è stato un atto necessario.
Travellers' TimesIl cielo è il limite - Un film potente
basato sull'esperienza del bullismo vissuto da una ragazza romanì ha ottenuto
premi e presto verrà trasmesso da Sky TV, scrive Jake Bowers
(il link per chi legge da
Facebook)
Un trailer dal film Romany Me, per ottenerne una copia, scrivere a:romanyme2010@aol.com
Bullismo, autolesionismo ed odio razziale sono tutti presenti in un nuovo
film che espone i danni che l'ignoranza può compiere a scapito delle vite dei
giovani zingari e Viaggianti. Romany
Me, basato su alcuni degli eventi di vita vera di una ragazza, presto verrà
proiettato su Sky TV.
Il potente dramma di 16' ha vinto il premio Film Giovanile durante il London
Happy Soul Festival ad aprile di quest'anno - di sensibilizzazione sulla salute
mentale nelle minoranze etniche e nei gruppi socialmente esclusi.
Da quando è iniziato nel sobborgo londinese di Merton nel 2007, si è
allargato dalla comunità asiatica a quelle iraniana, coreana, congolese, somala,
etiopica, caribica-africana, indiana, ebrea ed ora quella zingara e viaggiante.
Ma il film è lontano da una visione estranea, perché Romani Me è stato
co-scritto da una giovane, Tayla-Jaye e da sua madre, Adele "Dee" Gregory,
dopo che avevano vinto la loro lotta al bullismo.
Si focalizza su una teenager viaggiante, Lena, che dopo lo sgombero del sito
dove viveva con la famiglia, si trasferisce in una casa. Racconta del suo
viaggio per superare il bullismo subito, focalizzandosi sulla sua passione per
la danza.
Il film parla di come fattori esterni, come il bullismo, possano condizionare
il benessere mentale ed emozionale di una persona. Dice Dee "Ci sono stati
periodi davvero traumatici a scuola ed è per questo che abbiamo voluto
raccontare la sua storia."
La Fondazione Salute Mentale Sutton, che è coinvolta nell'Happy Soul
Festival, si è approcciata alla famiglia per scrivere e realizzare un film sulla
comunità zingara e viaggiante, ed assieme hanno deciso che presentare la storia
della loro famiglia sul bullismo avrebbe aiutato a far crescere la dovuta
consapevolezza.
"Ci sono stati dei momenti in cui pensavo: -Cosa sto facendo?- ma la forza e
la passione dati da tutti nel raccontare questa storia, è stata la spinta per
vedere attraverso il progetto." dice Dee.
Dee vede la sua famiglia passata attraverso l'inferno quando sua figlia
subisce il bullismo: "Mi ha colpito e ha riguardato tutti noi," dice. Aggiunge
che qualcuno potrebbe chiedersi perché semplicemente non è andata in un'altra
scuola, spiegando che se fosse andata altrove, sarebbe potuto succedere di
nuovo.
Cecile Bowie, operatrice per lo sviluppo comunitario della fondazione, è
entrata in contatto con altri membri della comunità zingara e viaggiante nel
quartiere londinese di Sutton.
E molto spesso le dicono di quanto sono stati discriminati e dei tanti
bambini della comunità viaggiante che hanno subito il bullismo a scuola.
"In termini di salute è molto difficile per loro aver fiducia nel settore
pubblico, quando sono stati esclusi dalla società britannica per oltre 600
anni," aggiunge Cecile.
Un'altra ragione per cui Dee voleva raccontare la storia di sua figlia era di
cambiare la percezione sui membri della comunità viaggiante.
"Ad essere onesti, quella era la ragione - se cambiassimo anche l'opinione di
una sola persona - sarebbe importante," aggiunge Dee.
Il film è stato diretto dal regista (premiato anche lui) Julius Amedume, di
cui Dee dice che ha preso del tempo per approcciare la comunità. prima di
dirigere il progetto.
Cary Rajinder Sawhney, che ha organizzato il film festival vinto da Romany
Me, dice: "E' contro la legge essere razzisti o omofobi, ma il tipo di vicende
provate dai viaggianti non sono altrettanto largamente condannate, e succedono
ancora oggi."
"Ho trovato scioccante scoprire quanto pregiudizio c'era verso questo
gruppo."
Intende raccomandare il film al London Film Festival ed altri festival
cinematografici internazionali e Dee spera che possa tramutarsi in un
lungometraggio.
"Non è soltanto un film bello davvero. E' una rara rappresentazione della
loro comunità," dice lui.
"Credo che il film meriti di essere visto più ampliamente, perché è una
storia unica e ci sono soltanto cinque o sei film sui Viaggianti mai girati in
GB."
Il film è ripreso a lungo nella scuola di danza iniziata da Dee, dopo che lei
porta via Tayla-Jaye dalla scuola di danza che lei frequentava sin da bambina, a
causa del bullismo patito quando scoprono che è di origine romanì.
Il gruppo Ambition Dance and Drama ora è cresciuto da nove ragazzi a circa
50, di origini e culture differenti, parzialmente finanziato dal consiglio e
genera altri redditi attraverso la raccolta di fondi.
"E' diventato sempre più grande - abbiamo ottenuto tanto in 17 mesi, è un
club per tutti," dice Dee.
La notte dei premi, quando Romany Me è stata annunciato come vincitore, Dee
dice che tutti i 50 ragazzi le sono saltati addosso per l'eccitazione.
"Li ho dovuti tirare giù dal soffitto. Quel che ricordo è che ero abbracciata
da questi bambini e che venivano da me da tutte le parti," dice.
Dee spera che in futuro la cultura romanì diventi più accettata e che la
gente sia in grado di distinguere tra le diverse comunità viaggianti.
Negli ultimi 3 anni, il gruppo di danza ha sostenuto il Mese di Storia Rom,
Zingara, Viaggiante ogni mese di giugno, cosa che Dee ritiene aiuterà a
promuovere una migliore comprensione e a rimuovere i pregiudizi verso zingari e
Viaggianti.
"La parola "pikey" dovrebbe essere eliminata dal vocabolario. Queste non sono
parole che la gente deve dire," conclude.
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