Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/08/2007 @ 09:12:14, in Europa, visitato 3397 volte)
08/12/07 - By Nicole Itano WeNews correspondent
I Rom in Albania hanno sempre affrontato la povertà e la discriminazione,
ma dopo la caduta del comunismo nel 1991, la situazione delle donne Rom è
peggiorata. Si è abbassata l'età dei matrimoni e un numero crescente di ragazze
non ha mai frequentato la scuola.
TIRANA, Albania (WOMENSENEWS) I caffé trendy di questa città colorata e
risorgente sono lontani da Breju Lumi, una baraccopoli di fango, strade
distrutte e baracche di metallo, dove vive Nexhmije Daljani.
Una volta il paese più povero ed isolato d'Europa, oggi l'economia
dell'Albania sta crescendo rapidamente e il paese sta compiendo la transizione
dal comunismo alla democrazia e al capitalismo del libero mercato.
Ma a Breju Lumi - il cui nome significa "sponda del fiume" anche se l'unica
acqua è il letto asciutto riempito di immondizie - la maggior parte delle case
non ha acqua corrente, fognature od elettricità, ed i bambini corrono per le
strade a mezzogiorno mentre dovrebbero essere a scuola.
Qui le famiglie più povere, come quella di Daljani, appartengono ai Rom,
termine che i membri della comunità preferiscono al derogatorio "Zingari".
"Io e i due figli più piccoli andiamo a mendicare," dice Daljani, che ha 22
anni e tre figli piccoli, senza marito o lavoro. "E' l'unico modo per mangiare."
Daljani ebbe il suo primo figlio a 17 anni. A 21, suo marito lo lasciò con
tre figli. Ora vive in una baracca di metallo e come per molti Rom, la sua unica
fonte di reddito è l'accattonaggio.
Il figlio più grande, disabile mentale, va in un centro diurno guidato da una
OnG chiamata Children of the World.
La vita è più dura
Per molti Rom, soprattutto donne, la vita si è fatta più dura con la fine del
comunismo. Le ragazze si sposano ed hanno figli prima, povertà e disoccupazioni
sono rampanti, mentre l'accesso ai servizi sanitari e scolastici è declinato
drammaticamente.
Al tempo del comunismo, ai Rom - come a tutti i cittadini - venivano dati
lavoro e casa e obbligati ad andare a scuola. A quei tempi, tutti gli Albanesi
erano poveri, ma i Rom non erano più poveri di ogni altro gruppo.
Con il collasso dei servizi sociali, le disparità tra Rom ed altri Albanesi
sono cresciute nella sanità e negli standards di vita. Un recente studio del
Fondo Sviluppo delle Nazioni Unite ha trovato che le entrate medie dei Rom sono
meno della metà dei non-Rom che vivono nelle medesime comunità.
"La qualità dei servizi è diminuita," dice Arlinda Ymeraj, incaricato delle
politiche sociali dell'UNICEF, nel Fondo per l'Infanzia delle Nazioni Unite in
Albania. "Rispetto al passato c'è più disparità nell'accesso ai servizi e
determinati gruppi ne soffrono."
Oggi il 57% delle donne Rom - paragonato al 48% degli uomini - non è mai
andata a scuola, un declino rispetto all'era comunista, secondo i dati della
Banca Mondiale.
Da allora la media dell'età matrimoniale è scesa a livelli che preoccupano
gli esperti dello sviluppo.
Età del matrimonio, tassi di nascita
In Albania la media dei matrimoni tra le Romnià è di circa 15 anni, comparata
alla media nazionale (23) e quella dei Rom maschi (18). Anche l'età della prima
gravidanza è scesa: prima del 1990 era di circa 19 anni, oggi è di 17. Per gli
uomini Rom è di 21.
La giovane età dei matrimoni e delle gravidanze tra i Rom li mette ad alto
rischio dall'abuso e dal traffico di persone, limita l'accesso alla
scolarizzazione e può portare ad alti tassi di mortalità per le donne ed
infantile, dicono le Nazioni Unite.
Nell'Europa Centrale ed Orientale vivono tra i 7 e i 9 milioni di Rom, in
Albania sarebbero circa 95.000. Come gruppo, rimangono tra i più poveri e
discriminati nel continente e spesso vivono ai margini della società. Oltre il
70% delle famiglie Rom nel paese sono considerate molto povere e molte, come
quella di Daljani, vivono in condizioni estreme.
Le cause di questa esclusione sociale sono dibattute. Molti Rom lamentano
discriminazioni, ma altri dicono che rifiutano di integrarsi nella società
maggioritaria. I Rom - tradizionalmente nomadici, ma ora largamente stanziali o
semi-nomadici - sono un gruppo etnico distinto con la loro propria lingua e
sistema di credenze.
"Le famiglie Rom hanno una cultura molto differente," dice Marinela Cani,
assistente sociale che lavora con le famiglie di Breju Lumi. "Non pensano
al domani."
Jalldyz Ymeri, nonna di 42 anni che vive in due stanze con otto familiari e
mendica per vivere, dice che la vita è diventata molto più dura dalla caduta del
comunismo.
Meno anni a scuola
Lei è andata alle superiori, sua figlia no. Secondo la Banca Mondiale, prima
della fine del comunismo le donne Rom avevano una media di 6,2 anni di
scolarità. Oggi la media è meno di 4.
Le donne Rom in Albania dicono che anche l'accesso ai servizi sanitari è
deteriorata. Dicono che molti bambini nascono in casa e che molte donne non
hanno educazione prenatale. L'Albania non ha statistiche attendibili su
mortalità infantile e delle puerpere, ma molti esperti ritengono che i tassi tra
i Rom siano più alti della media nazionale.
La sanità pubblica in Albania dovrebbe essere gratuita, ma molti dottori
chiedono soldi.
"Ci trattano così perché siamo Rom. Se non possiamo pagare, ci mandano via,"
dice Ymeri, il cui nipotino di 3 anni è morto perché lei non aveva abbastanza
denaro.
Le condizioni sono talmente cattive che molti Rom hanno lasciato il paese per
andare nella confinante
Grecia, che è parte dell'Unione Europea. Benché siano discriminati - con in
più il rischio di deportazione - molti dicono che la vita lì è migliore perché è
più facile trovare lavoro, o fare soldi mendicando o suonando per i turisti. Ymeri
e la sua famiglia hanno passato diversi anni in Grecia e dice che le è
dispiaciuto dover tornare in Albania.
Ma anche in Grecia - una terra promessa per i Rom albanesi - la vita è dura.
In un insediamento rom chiamato Grthaios, in un'area industriale di Atene, le
famiglie vivono in baracche di legno circondate da pile di immondizia. La casa
di una stanza di Elena Zerollari, 39 anni e madre di 5 figli, è pulita e
ordinata. [...] Zerollari, che è originaria dell'Albania, dice che molte cose
sono migliori in Grecia: i dottori li trattano meglio ed è più facile trovare
lavoro. I bambini che ha avito da quando è arrivata in Grecia sono nati tutti in
ospedale.
Ma Zerollari dice che le piacerebbe una casa con acqua corrente e che i suoi
figli andassero a scuola. La scuola accetta i bambini rom, dice, ma molti
abbandonano perché sono molestati per i loro vestiti o perché senza scarpe.
"I Rom non dovrebbero vivere così per sempre," aggiunge. "Vogliamo essere
come voi."
Nicole Itano is a freelance reporter based in Athens, Greece. Before moving to
Greece in 2006, she spent five years reporting from across the African continent.
Her book, "No Place Left to Bury the Dead," about AIDS in Africa will be
published in November by Atria Books.
Di Fabrizio (del 24/08/2007 @ 09:41:17, in Europa, visitato 2150 volte)
Ricevo e porto a conoscenza:
http://www.idebate.org/roma/profiles.php
Carissimi!
Come ideatore della pagina web
http://www.idebate.org/roma/ vi sarei grato se voleste assistermi con
informazioni su individui Rom, ben integrati nella società civile, e che nel
contempo non abbiano perso la loro identità etnica. Questi profili sono
richiesti per combattere i forti stereotipi negativi contro i Rom diffusi in
Europa.
Il profilo può essere composto in questo formato (in lingua inglese):
Name
Year of birth
Country of residence
Profession
Biography in brief
Photo (if available)
Potete inviarmi informazioni a
romale@zahav.net.il
Baxt, sastipe!
Kind regards,
Valery Novoselsky.
Editor of Roma Virtual Network.
http://www.valery-novoselsky.org/romavirtualnetwork.html
Di Fabrizio (del 28/08/2007 @ 08:58:39, in Europa, visitato 2214 volte)
Intervista: il reporter TV Richard Samko -
Praga, 20.8.2007, 13:01, (By Alice Tejkalová and Israel Tockman -
Common Ground)
"Gli skinheads non sanno cosa dire ad un Rom giornalista"
Richard Samko (29 anni) ha lavorato per la Televisione Ceca (la più grande
stazione TV non privata) per almeno 8 anni. Ha cominciato scrivendo piccoli
pezzi ed è diventato un rispettato giornalista ed il secondo presentatore rom
della televisione. Ci ha parlato della sua infanzia a Náchod, della
preparazione agli esami, della sua famiglia e su come la TV ceca tratta i raduni
skinheads.
Come sono stati i tuoi primi anni di scuola?
Sono di Náchod, una città a 150 km da Praga, vicino al confine polacco. Per
quattro anni ho frequentato una piccola scuola, tutto andava bene. C'erano solo
tre studenti Rom - io, mio fratello e un altro bambino. Provengo da una famiglia
Rom tradizionale. Mio padre aveva nove fratelli e sorelle e mia madre otto. Ma
sono cresciuto in un blocco di appartamenti tra i "gagè" ed avevo un fratello e
una sorella. Mio padre non voleva vivere nel centro di Náchod e costruì un altra
casa per noi. Ci ho vissuto sino a 15 anni. A scuola non ebbi problemi. A volte
i miei compagni mi deridevano per il colore scuro della mia pelle, ma non ci
furono seri problemi razziali.
Perché tuo padre ha voluto dividersi dalla sua famiglia?
Voleva per noi un futuro migliore per noi; che ognuno avesse la sua stanza ed
il suo letto. Non voleva che passassimo la sua esperienza - per esempio, dormire
con i suoi fratelli in uno o due letti. [...] Ma non ci separammo del tutto
dalla sua famiglia. Andavamo in visita dai nostri nonni, anche se non vivevamo
più con loro.
I tuoi genitori erano andati a scuola, e ti hanno appoggiato nel tuo
processo educativo?
Sia mio padre che mia madre sono nati in tipico povero villaggio Rom in
Slovacchia e arrivarono poi in Boemia al seguito dei genitori. Mio nonno era
solo capace di firmare una lettera e mio padre ha frequentato solo cinque anni
di scuola. Tutti i membri della mia famiglia erano illetterati e vennero in
Boemia per lavori manuali. Mia madre parlava solo l'ungherese ed un po' di
slovacco. Mio padre fece pressione perché io e i miei fratelli andassimo a
scuola, ma è stata nostra madre che ci aiutava (o almeno ci provava) con i
compiti a casa. Li ammiro veramente. Non erano scolarizzati, ma volevano che noi
lo fossimo, anche se non erano in grado di aiutarci. In ogni modo, noi facemmo
del nostro meglio per soddisfare le loro aspettative, perché hanno fatto molti
sforzi perché noi avessimo un futuro migliore.
Cosa hai fatto dopo le elementari?
Sono andato ad una scuola per cuochi e camerieri a Nové Město nad Metují,
una piccola città vicino a Náchod.
Perché hai scelto questa scuola?
Ho preso parte a spettacoli teatrali quand'ero alla scuola dell'obbligo e un
insegnante che si era affezionato a me voleva che studiassi arte drammatica.
[...] Ma i miei voti non erano tanto buoni, così non avevo possibilità di andare
al ginnasio. Ho sceltola scuola per cuochi perché non era lontana da casa e mi è
sempre piaciuto cucinare. Alla fine del corso di studi iniziai in un piccolo
ristorante con giardino con la mia ragazza, Angelica, che ora è mia moglie.
Dženo e Zdeněk Šámal mi hanno aiutato molto.
Come sei finito a studiare il programma per giornalisti rom
sponsorizzato dalla OnG Dženo?
Ci fu una grande possibilità nella mia vita quando raggiunsi i 15 anni.
Iniziai ad andare tra i Rom. Era qualcosa come tornare alle mie radici. Per
esempio, abbiamo un giorno speciale per i bambini Rom e di solito volevano me o
qualcuno dei miei amici per presentare questi eventi. Ero una specie di
commediante e la gente lo sapeva ed è per questa ragione che mi contattavano.
Ho passato la prova introduttiva e fui accettato l corso di sei mesi per Rom
giornalisti. Iniziai ad ottobre 1998 e terminai a marzo 1999. Ogni settimana si
studiava da giovedì a domenica e dopo pochi mesi iniziammo ad andare nelle
stazioni radio e TV per fare pratica. Il mio grosso vantaggio fu che Zdeněk Šámal
era a capo dello staff delle notizie della TV ceca e mi aiutò in questo progetto.10
di noi furono assunti nella televisione ceca, ma la maggior parte mon durarono.
Perché?
E' difficile da spiegare... è parte del carattere dei Rom. Guarda, ognuno è
un individuo, ma abbiamo tutti delle caratteristiche in comune: Vogliamo un
risultato immediato. Forse arriva dal passato - "Ho lavorato e mi pagano
subito." Aspettare è duro per noi. E' questa la ragione per cui non molti Rom
frequentano la scuola. Cinque anni è per noi un periodo lungo. Un giovane pensa:
"Se vado con mio nonno a costruire case, in cinque anni faccio mezzo milione di
corone."
I Rom con cui iniziai a lavorare in TV non furono abbastanza pazienti. Ho
aspettato cinque anni per diventare presentatore ed altri due per ottenere un
regolare impiego. Durante questo periodo non avevo molti soldi. [...] ma sentivo
che era l'opportunità della vita e che non sarebbe passata un'altra volta.
Forse non sono in grado di spiegarvi l'approccio dei Rom alla vita, ma è
qualcosa di profondo in noi, la consapevolezza di una natura transitoria delle
cose. E' conensso al nostro destino, all'olocausto. Vivi per l'oggi e non vuoi
pensare al domani.
Sei grato a Dženo?
Naturalmente. Ivan Veselý e Jarmila Balážová mi hanno offerto la prima
possibilità, mi hanno aiutato agli inizi. E sono in una posizione dove tanti Rom
vorrebbero essere. In molti hanno iniziato a lavorare con la TV ceca, ma
non hanno potuto continuare questo percorso. E'dura per chi studia giornalismo.
E' molto difficile per chi ha solo due mesi di corso alle spalle di continuare.
A volte i Rom pensano che io non lo sia affatto.
Da quando hai iniziato a lavorare come giornalista, hai sperimentato
del pregiudizio nei tuoi confronti?
Ho avuto un'esperienza con gli skinheads andai a Nové Město a visitare
Angelica. Una volta mi picchiarono. Ma nessuno mi ha urlato contro per la strada
o cose del genere. A lavoro i miei colleghi non mi hanno mai fatto pesare
l'essere Rom. Tanta gente mi ha aiutato all'inizio e nessuno è stato contro di
me perché ero Rom. Ma quando ho iniziato a vivere a Praga, uscendo da casa
sentivo molto forte il pregiudizio. Ora va meglio.
So che le cose non sono soltanto rosee. Anche tra di noi c'è il cattivo, chi
ruba eccetera. Ma non so perché la gente generalizza. Per esempio, perché dovrei
aver paura di una persona che è seduta accanto a noi al ristorante. Posso
lasciare il mio cellulare sul tavolo accanto a lui senza problemi. Ma se invece
fosse un gruppo di Rom seduti lì, allora alcuni porrebbero le borse sul lato
opposto del tavolo. Perché?
Qualcuno ha espresso pregiudizi verso di te mentre intervistavi la
gente per strada?
Se appaio con una telecamera, la gente non vede che sono Rom. Penso, vedano
un giornalista della TV ceca. Ho anche storie divertenti. Per esempio una volta
trasmettevo da una festa religiosa rom a vatý Kopeček; intervistavo un Rom
chiedendogli le differenze tra le celebrazioni Rom e no. Mi rispose: "Quando VOI
fate una festa è completamente differente dalle NOSTRE." Non aveva capito che
anch'io ero Rom!
A lavoro mi hanno ammonito di non andare tra i razzisti, tra gli skinheads.
Ma io amo queste situazioni strane. Così per circa tre anni ho riportato i
rallies degli skinheads col mio collega Karel Rožánek. Una volta ero da qualche
parte fuori Praga e l'atmosfera era tesa perché loro erano molto muscolari. Ma
avresti dovuto vedere le loro facce quando mi sono avvicinato con la telecamera
e il microfono ed ho iniziato a porre domande. Sapevano che ero Rom e non
sapevano che dire o che fare. Erano semplicemente scioccati.
Vedendo un Rom giornalista?
Esattamente. Erano totalmente confusi. Mi accade anche quando seguo per
lavoro le loro dimostrazioni. Non sanno come reagire. Le loro rimangono aperte.
Una sola volta ho avuto un incidente con due ubriachi, ma io e il cameraman ci
siamo rifugiati in macchina e siamo andati via. Forse è questa la maniera per
mostrare realmente come sono.
I genitori devono persuadere i loro figli ad andare a scuola
Ora ti stai preparando agli esami ad una scuola a Praga. Perché?
Ho terminato gli studi per cuoco e cameriere ma non ho fatto gli esami
finali. Così ho iniziato un corso a distanza in una scuola evangelica per
diritto sociale un paio di anni fa ed ora lo sto terminando. [...] Lì ho
incontrato tante persone, specialmente lavoratori sociali ed ho conosciuto i
loro problemi.
Nessuno nella TV mi ha spinto agli studi superiori o a fare gli esami, ma è
qualcosa di profondo dentro me, qualcosa del tipo: Sei un Rom e lavori nella TV,
se ci fosse qualcosa nel futuro che non volesse che tu lavori lì, allora saresti
nei problemi.
Ti sei mai sentito discriminato a scuola per essere un Rom?
Non ho mai imparato qualcosa sulla storia e la cultura Rom finché non ho
iniziato a frequentare il corso di giornalismo. Ho imparato così che ci sono
libri scritti in romanes, ci sono autori Rom, musicisti... Non penso che il
problema sia che queste informazioni non siano nei libri di testo. Credo che i
genitori dovrebbero insegnarle ai loro bambini. Non è discriminazione. E' più un
fraintendimento delle condizioni in cui vivono i Rom. Per esempio, io sono stato
davvero fortunato perché i miei insegnanti erano realmente preoccupati per me.
Ma alcuni insegnanti semplicemente non si preoccupano se tu sei indietro
rispetto agli altri. Siedi in fondo e ti lasciano solo.
Pensi che ci sia un sistema per persuadere tutti i bambini Rom a
frequentare regolarmente, visto che una larga porzione di loro non va a
scuola?
Mia sorella ha due figlie. Incontrano persone che dicono loro che sono
zingare. Io provo a spiegare la situazione e dico "Dovete essere orgogliose di
essere Rom! Avete una ricca cultura!" E loro lo capiscono. Le incoraggio a
studiare. Dico loro: "Tu sarai una dottoressa e tu un'avvocatessa. E' chiaro?"
Hanno già fatto i loro piani. Vedono il mio successo. Mi vedono in TV e così mi
ascoltano con attenzione, io ne sono molto contento. Sono sempre orgogliose
quando prendono buoni voti e si vergognano quando non succede.
Ma realmente non saprei come migliorare l'intero sistema, perché i
miglioramenti devono arrivare dalle famiglie. I genitori devono persuadere i
loro bambini ad andare a scuola. I miei genitori sono cresciuti poveri e ci
hanno spinti tutti a scuola. Questo è il terreno.
Di Fabrizio (del 30/08/2007 @ 09:27:32, in Europa, visitato 6871 volte)
Un partito di estrema destra ai margini della politica ungherese ha
presentato sabato i primi membri di un corpo paramilitare, facendo temere un
risorgere dell'estremismo.
I membri fondatori di Magyar Garda, o Guardia Ungherese, hanno prestato
giuramento accanto al palazzo presidenziale di Budapest alla presenza di circa
1000 sostenitori del partito Jobbik.
Nei pressi, in centinaia partecipavano a una contromanifestazione organizzata
dai gruppi anti-fascisti, incluse organizzazioni per i diritti di Ebrei e
Rom, che richiedono che le autorità vietino il gruppo paramilitare.
Alla cerimonia, erano presenti molte bandiere bianche e rosse dell'Arpad, una
formazione storica delle Frecce Uncinate pro-naziste durante la II Guerra
Mondiale. Anche le uniformi erano addobbate dall'emblema.
La Magyar Garda è stata formata per eseguire una vera (politica) transizione
e salvare il popolo Ungherese," ha detto alla folla il fondatore della Guardia e
presidente di Jobbik, Gabor Vona.
Jobbik, conosciuta per la retorica anti-semita, anti-Rom e anti-gay, è un
partito di estrema destra non rappresentato in Parlamento, ma presente in
diverse municipalità.
Il gruppo paramilitare intende "difendere l'Ungheria fisicamente, moralmente
e spiritualmente." I loro appartenenti, tra l'altro verranno istruiti all'uso
delle armi.
Di recente a luglio, i sostenitori di Jobbik hanno interrotto una
manifestazione gay nella capitale, lanciando uova e bottiglie e ferendo diversi
partecipanti.
Alcuni partecipanti alla contro-manifestazione portavano cartelli con foto
che mostravano ebrei con la stella gialla, inviati sui treni verso i campi di
sterminio.
Le organizzazioni internazionali ebree hanno chiesto al Primo Ministro, il
socialista Ferenc Gyurcsany, di mettere al bando la Magyar Garda, la cui
formazione affermano essere "uno sviluppo estremamente allarmante
dell'anti-semitismo in Europa."
Di Fabrizio (del 02/09/2007 @ 09:49:57, in Europa, visitato 1615 volte)
da
LA
VOIX DES RROMS
Oggi, 31 agosto 2007, verso 10 ore, una ventina di Rroms che erano stati
espulsi di un terreno situato dietro la via André Campra a Saint-Denis si sono
raccolti dinanzi alla sindaca di Saint-Denis. Fanno parte di quei 600 Rroms che
si trovavano su questo terreno e che non sono stati scelti per il progetto
d'inserimento professionale realizzato dal vice prefetto, né hanno accettato il
famoso "aiuto umanitario al ritorno" gestito dalla ANAEM. Erano venuti a
chiedere alla sindaca una soluzione per il loro rialloggiamento.
Un rappresentante de "LA VOIX DES RROMS" è andato alla loro riunione e previa
una consultazione, è stata posta una domanda alla sindaca, che precisa le
aspirazioni di queste famiglie : apprendimento del francese, inserimento
professionale, iscrizione dei bambini a scuola e rialloggiamento provvisorio in
attesa dell'acquisizione di un'indipendenza di ciascuno.
Una delegazione di 6 persone è stata ricevuta dalla prima aggiunta al sindaco,
la signora Soulas, come pure i sigg. Cossic e Dionisi, dei servizi
amministrativi del municipio. La sig.ra Soulas ha precisato che il comune di
Saint-Denis salutava l'iniziativa del vice prefetto, ma che aveva bene messo in
guardia sul fatto che lo sgombero del terreno creava una situazione nuova
difficile per loro (gli espulsi) che non potrebbe essere gestita dalla città.
Tuttavia, il municipio rilancerà la sua domanda di una tavola rotonda a livello
almeno regionale per trovare soluzioni a questa situazione che si trova in molte
altre città dell'Ile-de-France. "LA VOIX DES RROMS" ha annunciato la sua analisi
della situazione, in particolare del fatto, poco conosciuto e/o trascurato dalle
autorità, che nella maggior parte dei casi, le famiglie interessate vengono da
un ambiente rurale. Così, sarebbe più giudizioso e più conforme alle domande
degli interessati da allargare il campo del lavoro ed esplorare le possibilità
d'impianto delle famiglie che lo desiderano in villaggi francesi, in cui possono
allo stesso tempo acquisire esperienze nuove e contribuire allo sviluppo
duraturo con l'agricoltura biologica.
Per quanto riguarda la domanda di rialloggiamento, la sindaca di Saint-Denis si
è detta nell'impossibilità di rispondervi. Cosciente del rischio di vedere una
nuova bidonville costituirsi con edifici in abbandono occupati, la signora
Soulas ha informato che la durata di tale impianto non dipendeva dalla volontà
della sindaca ma che non avrebbe chiesto un'espulsione.
Sulla questione dell'istruzione dei bambini, Rroms vi tiene tanto più che il
rientro arriva a grandi passi, e passi saranno fatti nel corso della settimana
prossima.
Di Fabrizio (del 04/09/2007 @ 09:37:17, in Europa, visitato 1612 volte)
Francesca Cookney -
http://europe. tiscali.co. uk/114b6f42bd6. html
Nonostante il generalmente impatto positivo della legislazione
anti-discriminazione della UE, un recente rapporto mostra che la violenza ed i
crimini razzisti sono aumentati in Europa dall'introduzione delle direttive del
2000. Il rapporto intitolato "Razzismo e Xenofobia negli stati membri della UE"
è stato pubblicato agli inizi della settimana (scorsa ndr) dalla
recentemente stabilita Agenzia per i Diritti Fondamentali e rivela che il
razzismo e la discriminazione sono aumentati in 8 dei 27 Stati Membri, incluse
Danimarca, Germania, Francia, Irlanda, Finlandia e GB.
Secondo il rapporto, le disuguaglianze e le discriminazioni etniche
continuano nell'impiego, nella scolarizzazione e nell'alloggio ed i dati
raccolti tra il 2005 ed il 2006 mostrano un aumento dei crimini e della violenza
razziale in diversi paesi d'Europa. La ricerca appunta come gli immigrati siano
vittime dei casi di discriminazione più diffusi e particolarmente i Rom che sono
finiti recentemente sotto i riflettori dopo che un incendio in Italia ha ucciso
quattro bambini Rom ed alimentato il dibattito sulle politiche UE e sulla realtà
della situazione a livello nazionale.
L'Italia è un paese che per lungo tempo è stato criticato per le scorciatoie
politiche riguardo la comunità viaggiante. Aperta discriminazione ed odio
razziale appaiono fuori controllo secondo quanto Nazzareno Guarnieri, Rom e
membro di un'associazione che raggruppa varie associazioni Rom e Sinte, descrive
come "indifferenza politica". Non è l'unico paese ad essere criticato per le sue
politiche verso i Rom, ma dopo la tragedia di Livorno è sotto attacco da tutte
le parti. Il Primo Ministro Romano Prodi ha riconosciuto il problema ma dice che
prima che sia risolto a livello UE, sarà difficile affrontarlo a livello
nazionale. "La questione Rom è terribilmente complicata," dice. Guarnieri è meno
convinto. "Il fatto è che la UE ha promulgato una serie di regole che l'Italia
non ha applicato o rispettato."
Secondo le statistiche ci sono circa 12 milioni di Rom in Europa. La
maggioranza di loro vive in baraccopoli ai margini delle maggiori città, isolati
dal resto della comunità ed in condizioni sciagurate. "Ci sono diverse politiche
a livello regionale o locale, e ciò è problematico (...) si ha una situazione
estremamente confusa, con differenti norme, regole differenti in differenti
città e nessun approccio comprensivo o un quadro in cui lavorare," riconosce
Michael Guet, capo della Divisione Rom e Viaggianti del Consiglio
d'Europa, ma aggiunge fermamente che "la ghettizzazione di parte della
popolazione non è accettabile per gli standards del Consiglio d'Europa."
Di Fabrizio (del 06/09/2007 @ 09:47:11, in Europa, visitato 1899 volte)
Da
Macedonian_Roma
E' vietato ai Rom l'ingresso al caffè bar "Kartel", sulla riva del fiume
Vardar, nel centro di Skopje. Pochi giorni fa un gruppo di sette giovani Rom,
Alen Hasan, Daniel Petrovski, Leila Amet, Gilbert Mamut, Alberto Mamut, Selina
Alieva e Nexharije Muratova, volevano prendere un caffé da "Kartel", ma il
cameriere ha detto loro che non potevano sedersi senza una prenotazione. I
giovani Rom hanno chiesto a chi avrebbero dovuto rivolgersi, ed il cameriere ha
risposto che dovevano parlare col proprietario. I giovani Rom aggiungono che
durante la loro discussione col manager del bar, altri clienti entravano e si
sedevano senza ulteriori richieste del cameriere e senza prenotazione.
La discussione col manager è terminata quando questi ha detto: "Non vogliamo
Rom. Sono un danno alla nostra reputazione".
Alcuni di questi Rom erano in vacanza in Macedonia dalla Francia. "Cose così
là non accadono. Siamo tutti uguali. Sono tornato nel mio paese e mi hanno detto
che c'era un bel bar lungo il viale. Sfortunatamente, la cultura di qualcuno è
di basso livello." dice Gilbert Mamut.
In Macedonia d'altronde, aggiunge il resto del gruppo, questa sta diventando
la norma quotidiana per i Rom. "Siamo una nazione di fronte a grandi
discriminazioni, e nessuno ci accetta come cittadini uguali agli altri,
nonostante il fatto che siamo leali allo Stato", è il loro commento.
I Rom affrontano tuttora discriminazioni, dicono diversi studenti che di
propria iniziativa, hanno compilato una lista di tutti i casi dove i Rom sono
bersagli di apparenti discriminazioni.
Dicono gli studenti: "Abbiamo condotto l'iniziativa indipendentemente. Stiamo
ancora raccogliendo informazioni. La lista dei bar che hanno -regole- simili a
Kartel è molto lunga. Non è un evento isolato. Ne abbiamo registrato più di 50,
gli stessi casi o simili."
I Rom continuano ad essere la comunità più discriminata nella Repubblica di
Macedonia, conclude Iso Rusi, Presidente del Comitato di Helsinki per i Diritti
Umani in Macedona. Dice che il progetto del "Decennio Rom" che aveva lo scopo di
includere attivamente i Rom nella società, appare una "bugia multicolore" ed i
Rom sono una comunità etnica a cui nessuno presta attenzione.
Conclude Rusi: "Il numero dei partiti politici Rom sta crescendo, ma
sono ancora lontani dall'articolare effettivamente i loro problemi. Dubito che i
partiti Rom nella regione stiano contribuendo al miglioramento della loro
situazione, che può essere descritta come catastrofica, ed i Rom sono il miglior
esempio che non esiste uno "stato campione" che abbia regolato le relazioni
interetniche in maniera decente."
Di Fabrizio (del 14/09/2007 @ 10:05:47, in Europa, visitato 1817 volte)
Da
Abitare a Roma
Francia, Germania e Spagna sembrano essere più avanti nella ricerca di
una soluzione efficace
di Laura Roxana Neamtu
La vicenda dei quattro bambini Rom morti nella periferia di Livorno, nella notte
di venerdi, 10 agosto è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da mesi
si discute del problema nomadi in Italia, ma questa volta la questione è
diventata un caso politico a livello europeo.
E stato l’intervento del presidente del Consiglio, Romano Prodi, in seguito alla
tragedia di Livorno ad innescare una reazione a catena. “Quello dei Rom - ha
affermato il premier - è un problema politico. L’Europa ha risolto molti
problemi interetnici, ma non quello dei rom.”
La Commissione Europea, nelle vesti di Katharina Von Schnurbein, portavoce del
Commissario agli Affari sociali e alle Pari Opportunità ha risposto per le rime:
"Dal 2000 esiste una legislazione sul tema, la direttiva contro la
discriminazione basata sulla razza e le origini etniche. Attualmente stiamo
valutando l'effettiva trasposizione della direttiva (nella legislazione dei
singoli stati) e lo scorso giugno abbiamo inviato una notifica formale
(equivalente al primo passo di un procedimento di infrazione, ndr) a 14 stati
membri, inclusa l'Italia".
Pronta la replica del Ministero dell’Interno, il quale precisa che la direttiva
in questione è già stata applicata nel 2003, con il decreto legislativo nr. 215,
ritenuto non soddisfacente su tre aspetti, che però “non riguardano la specifica
questione dei rom”.
Due punti di vista contrapposti, quindi, quella dell’Italia e della C.E., sulla
gestione italiana della questione rom. Vedute diverse, che non tolgono però il
fatto che l’Italia si sta effettivamente trascinando addosso, oramai da anni, un
problema che oggi viene comunemente - e non a a caso- definito “emergenza rom”.
In Italia sono 160 mila, di cui 70 mila con cittadinanza italiana e 90 mila
provenienti dai Balcani; un popolo con una alta percentule di minori ( ben 60% )
che vive in condizioni igienico- sanitarie pessime: spesso nei campi rom
autorizzati e controllati dal comuni( all’incirca un centinaio in tutto il
paese); più spesso ancora nei campi abusivi dove “spuntano” roulotte, tende,
strutture di legno e metallo senza alcun tipo di sicurezza e dove accade, non
poche volte, che bimbi piccoli perdano la vita a causa di una stufa o di una
bombola di gas. Eppure il Viminale dichiara di aver applicato la direttiva della
Commissione Europea, la direttiva 2000/43/CE del 29 giugno 2000 che attua il
principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza
e dall’origine etnica. Perché le buone intenzioni non hanno avuto altrettanto
buoni risultati? Forse perché la direttiva in questione non indica un modello
esecutivo unico per fronteggiare la questione rom. Questo è quanto risulta dalla
dichiarazione di Maria Ochoa-Llido, responsabile del Dipartimento rom e migranti
del Consiglio d’Europa, secondo la quale ”purtroppo non esiste un modello unico
per affrontare la questione. La situazione varia da paese a paese e ogni governo
affronta la questione con un proprio approccio politico”.
E pare che le soluzioni adottate dagli altri paesi della CE non abbiano prodotto
i risultati sperati, ma almeno su qualche punto risultino soddisfacenti:
prendiamo il caso della Spagna, con una delle comunità gitane più popolose( qusi
800mila persone): qui i campi nomadi non esistono quasi più, la maggior parte
dei rom vivono in affitto nei condomini popolari o in case di proprietà, chi non
riesce a trovare un impiego riceve un sussidio di quasi 700 euro al mese per sei
mesi. Resta comunque alto il tasso di criminalità, ma non si può certo parlare
di emergenza rom.
Anche la Francia pare sia riucita a affrontare la questione con la legge Besson
del 2000 e quella voluta nel febbraio 2003 dal attuale presidente, Nicolas
Sarkozy. La legge Besson prevede che ogni comune con più di cinquemila abitanti
sia dotata di un’ area di accoglienza, la legge sulla sicurezza interna voluta
da Nicolas Sarkozy contempla sanzioni pesanti per chi non rispetta le regole dei
campi.
Spesso però molti gitani vivono in case popolari, lavorano e se sono disoccupati
per sei mesi, ricevono un sussidio; i diritti sono però accompagnati dai doveri:
l’accattonaggio e l’elemosina sono vietati e per i genitori che non mandano i
figli a scuola il diritto alla casa, agli assegni familiari, e al sussidio in
caso di disoccupazione si trasforma in una bolla di sapone.
I 130mila rom che vivono invece in Germania sono considerati per legge
“minoranza nazionale”, il che implica il fatto che i rom dispongono di molti più
diritti, rispetto ai “nomadi” italiani- in Italia la minoranza rom non è
considerata minoranza nazionale- ma anche di altrettanti doveri Secondo i
Rapporti del Consiglio Europeo in Italia invece “non si riscontra a livello
nazionale un coordinamento. E in assenza di una guida a livello nazionale, la
questione non potrà mai essere affrontata in modo valido”
Di Fabrizio (del 19/09/2007 @ 09:41:33, in Europa, visitato 1712 volte)
Si possono trovare scritte contro i Turchi e contro i Rom sui muri di Sofia, come dappertutto nei Balcani. Ma in Bulgaria gli slogan sono transitati ad un livello superiore ed appaiono sulle fiancate delle macchine.
Come i suoi vicini balcanici, la Bulgaria ha una significativa popolazione di minoranza, inclusa l'etnia Turca (circa il 10% della popolazione) e Rom (forse oltre l'8%). L'etnia Turca ha creato un potente partito, il Movimento per i Diritti e la Libertà, che è presente nella coalizione di governo e conta ministri in posizioni chiave. Il suo successo ha generato risentimento nella maggioranza della popolazione. I Rom [...]non hanno virtualmente partito e soffrono discriminazioni a tutti i livelli della società, in Bulgaria come negli altri stati europei.
Nel 2005, gli slogan dipinti sui muri si evolserono in un nuovo partito politico, Ataka. Fondato da Volen Siderov, proprietario di una stazione TV, sull'onda del successo di Silvio Berlusconi in Italia, Ataka ha capitalizzato i sentimenti anti-governativi, la percezione pubblica di corruzione attorno al partito dell'etnia Turca, e un profondo sentimento di razzismo. Il mantra della sua campagna elettorale fu il piuttosto scontato "La Bulgaria ai Bulgari" (non è chiaro se qualcuno recentemente abbia fatto un'offerta in questo senso). Secondo una ricerca del Comitato di Helsinki in Bulgaria, le attitudini negative verso le minoranze etniche sono gradualmente ma significativamente scese dal 1992 al 1997. Alla domanda se si potesse appoggiare un valido candidato Rom, per esempio, l'82% delle risposte erano no nel 1992,ma soltanto il 66% nel 1997. Nel 2005 col sorgere di Ataka, la percentuale di no risalì al 76%.
Ataka ha ottenuto l'8% dei voti nelle elezioni del 2005. Alcuni sondaggi hanno mostrato che la sua popolarità è precipitosamente cresciuta sino al 14%, in occasione delle elezioni per il Parlamento Europeo del 2007. I rappresentanti di Ataka nel Parlamento Europeo hanno formato una coalizione chiamata Identità Tradizione e Sovranità, assieme a partiti come il Fronte Nazionale Francese, i neo-fascisti Italiani, e lo xenofobo Partito Liberale Austriaco. Una coalizione multinazionale di xenofobi può sembrare una contraddizione in termini, ma il progetto europeo di integrazione ha generato una strana prole.
Per quanto il razzismo permei le attitudini e le istituzioni bulgare, Ataka non ha portato ad una significativa crescita della violenza, e non ha trasformato il panorama politico del paese. Effettivamente, sembra come se Ataka si sia trasformata. Con il supporto stagnante e forse declinante, il partito cerca aiuto nei collegi elettorali da opporre alla coalizione governativa che include realisti, ex-comunisti e pro turchi.. Questo potrebbe spiegare l'apparizione nella stazione TV di Ataka di temi legati alla comunità Rom. John Feffer is the co-director of Foreign Policy In Focus at the Institute for Policy Studies
Di Fabrizio (del 22/09/2007 @ 09:53:45, in Europa, visitato 2565 volte)
scrive Mihaela Iordache
Secondo le autorità italiane il numero di rom di origine rumena in Italia
dopo il primo gennaio 2007 è aumentato. E si parla d'emergenza e rimpatri. Il
dibattito in Romania e in Europa
I rom che provengono dalla Romania preoccupano da tempo le autorità italiane che
sempre più spesso utilizzano rispetto alla questione il termine “emergenza”. Il
tragico episodio avvenuto a Livorno agli inizi di agosto, dove in un incendio
sono morti quattro bambini rom originari della Romania, ha richiamato
ulteriormente l’attenzione sull’esistenza stessa di queste persone che spesso
vivono in condizioni disumane.
Sull’opportunità di allestire campi rom si sono accese polemiche e scambiate
accuse tra autorità locali, centrali e europee. Alle dichiarazioni del premier
Prodi secondo il quale l’Italia non è preparata ad affrontare questo fenomeno -
relativamente recente per il paese - e che comunque si tratta di un problema
politico, l’Unione europea ha risposto categoricamente ribadendo che le regole
per l’integrazione dei rom esistono e che l’Italia come anche altri paesi
europei deve seguirle.
Il problema è complesso e l’argomento è comunque sensibile. Dove i rom
installano i loro campi - spesso abusivi - i residenti si lamentano per aspetti
che vanno dalle condizioni igieniche precarie fino ad episodi di criminalità di
cui si renderebbero responsabili. Spesso la situazione viene strumentalizzata
portando a gravi episodi di razzismo e violenza. Non raramente si arriva a
sgomberi che risolvono solo localmente la situazione, spostando il problema
altrove.
Secondo le autorità italiane si è verificato un aumento della presenza dei rom
in Italia dal primo di gennaio, quando la Romania è diventata membro dell’Unione
europea e i cittadini romeni di conseguenza cittadini comunitari. Questi ultimi
vengono in Italia spesso per sfuggire, in Romania, a una situazione di miseria e
discriminazione.
Dei circa sei milioni di rom che vivono nell'Ue quasi 2,5 milioni si trovano in
Romania, anche se l’ultimo censimento parla di 700.000 persone. In Romania i rom
sono considerati una minoranza e come le altre 16 minoranze etniche hanno
diritto ad un loro rappresentante nel Parlamento di Bucarest. Inoltre un
dipartimento speciale governativo si occupa dei problemi che li riguardano,
dalla discriminazione fino a progetti finanziati con fondi nazionali, europei ed
internazionali per favorire la loro integrazione.
Ciononostante l’Unione europea ha recentemente criticato aspramente il modo in
cui la Romania gestisce la questione dei rom. Il rapporto del 2007 sul razzismo
e xenofobia menziona ad esempio come nonostante alcune misure positive varate
dallo stato i rom continuino ad essere evacuati con la forza senza ricevere
alcuna abitazione in cambio.
Anche molte ong romene hanno segnalato evacuazioni forzate seguite da
demolizioni in alcune località della Romania. "Gran parte dei problemi dei rom
della Romania sono i problemi di altre comunità, di romeni o magiari. La povertà
non è una categoria etnica, non è qualcosa esclusivamente dei rom. Ma i rom si
confrontano con problemi specifici , come la discriminazione", spiega Ioan Gruia
Bumbu il presidente dell’Agenzia nazionale per i rom.
E' solo da poche settimane che il ministero romeno per l’Educazione ha varato un
decreto che vieta dall’anno scolastico 2007-2008 la costituzione di classi, sia
nelle scuole elementari che nelle medie, separate per i rom. Cosa che sino ad
ora è avvenuta regolarmente. Il clima dominante in Romania rispetto ai rom
emerge chiaramente da uno studio commissionato dalla Fondazione Soros e dalla
Banca Mondiale: tre quarti della popolazione non desidera abitare nelle
vicinanze degli “zingari”. I rom romeni per conservare le loro tradizioni e a
fronte di un’integrazione mai avvenuta (anche se imposta forzatamente durante il
regime di Ceausescu) vivono in vere e proprie enclave, comunità ben determinate,
luoghi spesso “ai margini” dove si riscontrano gravi problemi di criminalità.
In questo contesto le continue notizie che arrivano dai paesi europei tra cui
anche Italia e che trattano dell’emergenza rom hanno destato preoccupazione in
Romania, soprattutto per l’immagine negativa che si ritiene poi si rifletta su
tutti i cittadini romeni. I forum dei giornali e i siti delle tv sono pieni di
commenti spesso a carattere razzista. I romeni sono indignati perché si fa di
tutta l’erba un fascio ed in particolare si confonda tra rom, “di origine
indiana” (benché siano residenti in Romania perlomeno da sette secoli) e romeni,
“di origine latina”.
Con toni simili è intervenuto sul quotidiano italiano “Il giornale” anche l’ex
console della Romania a Milano, Mircea Gheordunescu, che ha spiegato che “non
tutti i romeni sono rom e che non tutti i rom sono romeni”. Come se i rom della
Romania non fossero a pieno titolo cittadini romeni. “L’equazione romeni uguale
rom è un "inganno” - ha proseguito il console perché - la gente tende a
generalizzare e a confondere troppo facilmente i due popoli”.
La questione rom non riguarda solo l’Italia bensì anche altri paesi Ue. In
Francia ad esempio, gli sgomberi sono continui e le autorità hanno offerto anche
denaro ai rom affinché tornassero in Romania: 150 euro per un adulto e 45 per un
bambino per i quasi 200 rom che abusivamente si erano istallati su un terreno
nelle vicinanze di Lione. Difficile credere questa possa essere una soluzione.
In base al diritto alla libera circolazione i rom possono stabilirsi in un paese
Ue per tre mesi. In Francia se vogliono prolungare il loro soggiorno dopo quella
data devono trovare un posto di lavoro, seguire studi o lavorare come liberi
professionisti. Ma naturalmente non è facile: confrontandosi con problemi di
discriminazione già nei paesi di provenienza quando poi arrivano in Francia, in
Italia, Spagna di solito i rom sono di solito privi di mezzi finanziari e hanno
uno scarso livello di formazione.
La visita del sindaco di Roma, Walter Veltroni, recatosi a fine giugno a
Bucarest dove ha insistito per un rimpatrio progressivo dei rom man mano che in
Romania si trova per loro un lavoro e un alloggio, in Romania ha destato
perplessità: si è da più parti sottolineato che ormai la libertà di movimento
non riguarda solo i capitali ma anche la forza lavoro ed i cittadini.
Secondo un rapporto annuale della Commissione europea contro il razzismo e le
intolleranze presentato al Parlamento Europeo il 23 novembre 2005 i rom sono la
popolazione più discriminata d'Europa. In Europa si calcola che viva un gruppo
di circa 9-12 milioni di persone. La Romania è la prima in classifica, con i
suoi 2,5 milioni, seguono poi Bulgaria, Spagna, Ungheria, Serbia, Slovacchia,
Francia, Russia, Regno Unito, Macedonia, Repubblica ceca e Grecia. L'Italia è al
quattordicesimo posto con una stima, ufficiosa, che si aggira sui 120mila. Per
quanto riguarda Italia, secondo il Consiglio d'Europa, il paese non ha una
politica chiara per i rom. Mancano regole precise tra l'altro in materia di
documenti d'identità e di soggiorno.
Intanto a Roma sono in corso da mesi lavori in vista di una conferenza
dell’ottobre prossimo a cui dovrebbero partecipare le associazioni che li
rappresentano. Un tentativo per capire come affrontare questa problematica
complessa.
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