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La redazione
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 04/10/2010 @ 09:58:45, in casa, visitato 1761 volte)

Segnalazione di Stefano Romboli

Senzasoste.it

La famiglia patriarcale di Dibran Izeir, 12 persone tra figli, nuore e nipoti, residente a Livorno da sette anni, si è iscritta all'Unione Inquilini nel 2009 per uno sfratto di morosità con sentenza del giudice, non essendo riuscita a pagare i 1500 euro al mese richiesti in Piazza Cavallotti.

Nei due costosi appartamenti limitrofi erano stati abbandonati dal Comune di Pisa, dopo il fallimento e la conclusione di "Città sottili" che ha lascato in eredità 50 sfratti per morosità a Pisa e dintorni.
A settembre 2009 è iniziata la difficile trattativa tra Unione Inquilini e assessorato al sociale, coinvolgendo anche la Fondazione Michelucci, al fine di trovare una soluzione per la famiglia.

Grazie all'impegno dell'ex assessore Maria Pia Lessi e alle nostre pressioni, l'amministrazione di Pisa, che a settembre aveva dichiarato concluso ogni impegno nei confronti della famiglia di Dibran, è stata coinvolta ed ha accettato di dare un sostegno economico, per dare il tempo al comune di Livorno di reperire una soluzione abitativa alternativa.

A questo fine è stato coinvolto l'assessore Picchi con il suo ufficio casa, che ha individuato una possibile soluzione in una struttura ex–Asl abbandonato da 8 anni ma sostanzialmente in buone condizioni.
Tutto bene dunque: nei primi mesi 2010 la delibera è pronta, manca solo la firma del Sindaco, ma a questo punto salta il banco: l'assessore Lessi si dimette, Picchi lascia la delega alla casa e per ben 7 mesi il Sindaco non riassegna queste importantissime deleghe.

E' la fine di un sogno per questa famiglia dopo che per 12 mesi l'Unione Inquilini è riuscita a mantenerli in casa, grazie anche alla sensibilità dimostrata nel corso dei quatto picchetti, dall'ufficiale giudiziario e dagli avvocati della controparte, che hanno seguito insieme a noi l'evolversi della trattativa. Non c'è stato più niente da fare per l'assenza di interlocutori istituzionali a Livorno, a garanzia egli impegni presi.
La famiglia è stata costretta a lasciare la dimora di Piazza Cavallotti.

Da parte nostra continueremo a seguire l‘evolversi del caso: i bambini non devono perdere la scuola, frequentata regolarmente da 5 anni a Livorno, dove sono ben inseriti con il nonno e la famiglia.

Il giorno 8 ottobre, nell'incontro con il Sindaco intendiamo riaffermare le nostre proposte e la necessità di concludere il percorso iniziato da Lessi e da Picchi.

per l'Unione Inquilini
Daria Faggi

Livorno 30 settembre 2010

 
Di Sucar Drom (del 08/10/2010 @ 09:35:14, in casa, visitato 1694 volte)

Il Mattino

GIUGLIANO (5 ottobre) - Un muro traccerà la linea di confine tra le imprese e le nuove case dei rom.
La barriera di mattoni alta tre metri, finanziata dalla Provincia, assieme a una nuova ordinanza di sgombero, farà scattare a breve il conto alla rovescia per portare gli ex nomadi fuori dalla zona Asi.

Dopo anni di braccio di ferro tra gli imprenditori e le associazioni, venerdì se ne discuterà in Prefettura. Sul tavolo le modalità di trasferimento e, probabilmente, di selezione dei 120 rom – sui quasi seicento presenti da metà degli anni Ottanta all’interno dell’area industriale - che dovranno alloggiare nel villaggio attrezzato dal Comune, sempre a pochi passi dall’Asi. Addio baracche di legno e lamiere, senza acqua e senza luce, ma solo per una parte delle famiglie, in pratica. Di soluzioni abitative alternative, infatti, finora non si è mai discusso, né era andato a buon fine il tentativo di provincializzare - cioè di spostare in altri comuni - i rom in esubero.

Sul destino degli ex nomadi restano vigili le associazioni che già a dicembre 2009 erano scese in campo per strappare la sospensione dell’ordine di sgombero della Procura, legato all’inquinamento delle aree. Ora, però, i tempi sembrano maturi per andare avanti. Le condizioni per far scattare il piano ci sarebbero quasi tutte. Il villaggio attrezzato del Comune potrebbe essere completato entro ottobre con l’installazione dei 24 alloggi prefabbricati. Mentre si attende che sia tutto pronto il Comune paga un istituto di vigilanza per proteggere l’area dai vandali...

Tonia Limatola

 
Di Fabrizio (del 10/10/2010 @ 09:02:10, in casa, visitato 1745 volte)

Comunicato stampa di Luciano Muhlbauer

I capi del Pdl e della Lega di Milano, il Sindaco e il Vicesindaco del capoluogo lombardo e tutti gli altri illustri esponenti delle istituzioni locali e nazionali, che in queste ultime settimane hanno animato l'incredibile gazzarra sulle 25 case ai rom di via Triboniano, dovrebbero semplicemente chiedere scusa ai cittadini e alle cittadine.

Lo farebbero, se gli fosse rimasto ancora un briciolo di dignità, perché la realtà che sta emergendo, dopo settimane di politica politicante ed urlante, ci consegna la fotografia di un'ignobile montatura elettorale, fatta da bugie, prese per i fondelli e violazioni di regole ed accordi sottoscritti.

L'ultimo atto di questa imbarazzante e disgustosa commedia l'abbiamo letto stamattina su il Giorno di Milano, che accanto al solito ritornello decoratiano del "verranno sgomberati", riporta le dichiarazioni del Prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, il quale dichiara, invece, che il campo di via Triboniano non verrà sgomberato. Anzi, trattandosi di un campo regolare e non abusivo, sgomberarlo "sarebbe come intervenire in una casa privata; si commetterebbe reato". In altre parole, bisogna trovare soluzioni concordate.

E bene ha fatto, dunque, la Casa della Carità a pubblicare sul suo sito web finalmente la dettagliata e documentata cronistoria degli ultimi mesi. Nulla di nuovo, beninteso, nel senso che non rivela certo segreti, ma in cambio mette in fila quei fatti, coperti e nascosti da settimane di fango.

Infatti, i 25 (venticinque) appartamenti non sono stati sottratti ai milanesi in graduatoria per una casa popolare, poiché vuoti, abbandonati e bisognosi di ristrutturazione. E quindi, la Giunta regionale ha deliberato il 5 agosto scorso, all'unanimità, dunque Lega compresa, di toglierli da patrimonio Erp dell'Aler. La ristrutturazione sarebbe stata gestita dal Comune di Milano e finanziata da un apposito stanziamento di 300mila euro del Ministro Maroni.

Riassumiamo. Il Triboniano è un campo comunale e regolare e suoi residenti sono regolari e quindi non possono essere sgomberati. Quindi, volendo liberare l'area, visto che si trova sulla traiettoria dell'Expo, il Comune, la Regione e il Ministero degli Interni, gestiti tutti quanti dalle stesse forze politiche, cioè Pdl e Lega, hanno deciso di concordare con la Casa della Carità un piano, al fine di trovare soluzioni alternative e negoziate per le 104 famiglie riconosciute del Triboniano.

A tal fine, sono già stati firmati, dai rappresentanti del Sindaco e del Ministro, alcuni accordi, relativi all'ingresso negli appartamenti dei primi 11 nuclei familiari.

Ma poi, qualcuno si è ricordato della campagna elettorale e del bilancio disastroso dell'amministrazione Moratti e ha pensato bene di riesumare un po' di campagna razzista contro i rom, che funziona sempre.
A questo punto, però, il re è nudo e non rimangono che due strade. La prima ci porta fuori dalla democrazia e dalla Costituzione e consiste nel fissare formalmente il principio che in Italia c'è un'etnia a cui è inibito l'accesso ad alcuni servizi e diritti. La seconda è quella di porre fine alla gazzarra, assumersi le proprie responsabilità e trovare delle soluzioni.

La scelta sta unicamente alla Moratti, a De Corato e a Maroni.

 
Di Fabrizio (del 13/10/2010 @ 09:59:26, in casa, visitato 1615 volte)

Gazzetta di Reggio di Marco Martignoni

L'assessore Matteo Sassi propone: "Una casa popolare anche per le giovani coppie di nomadi, purché lavorino e mandino a scuola i figli".

REGGIO. E se le campine non fossero l'unica soluzione per l'integrazione dei nomadi? Ne è convinto l'assessore comunale al welfare Matteo Sassi che dopo le dichiarazioni del sindaco Delrio - "i soldi per proseguire in questo momento non ci sono e il provvedimento è fermo" - lancia il suo progetto. Un progetto per molti versi innovativo e che, probabilmente, farà discutere. "Non mi sogno certo di chiedere a un capo famiglia Sinti di lasciare il campo e le sue tradizioni per sposare un progetto casa - dice Sassi - ma se noi investiamo nelle giovani coppie, allora possiamo invitarle a partecipare alle graduatorie per l'assegnazione degli alloggi popolari. E' un modo per avere un'integrazione vera che ci possa permettere di ricacciare la paura".

LE CRITICHE. Invitare i giovani nomadi a "gareggiare" per avere una casa popolare, potrebbe provocare reazioni pesanti, in particolare tra i reggiani. "Sulle giovani generazioni - aggiunge l'assessore - possiamo avviare un progetto con punti saldi precisi: scolarizzazione, casa e lavoro. Il principio cardine sul quale deve basarsi il nostro ragionamento politico è il superamento della logica del campo nomadi. I cittadini forse non lo sanno, ma su una popolazione nomade residente in città di 800 persone, solo 300 vivono nei campi. I reggiani non si sono accorti che sono in realtà decine le campine sparse per la città. Il mio obiettivo è che per il cittadino, il Sinto sia una persona e non un demone. Ecco perché dove si è realizzato un percorso di integrazione vero, si sono ottenuti risultati ottimi. Campine sì, campine no? Non mi faccio certo calamitare da un dibattito che non mi appartiene".

NESSUN PRIVILEGIO. L'assessore poi ci tiene a precisare. "Lo strumento che propongo - spiega - parte dalle condizioni economiche di una coppia giovane. Potremo dare loro una casa se ne faranno richiesta e senza alcun privilegio, ma solo se avranno diritto ad accedervi. Questa è la differenza tra noi e quanto succede a Milano. Dove una persona, in quanto nomade, non ha nemmeno la possibilità di accedere ai servizi abitativi". Poi un accenno su quanto dichiarato dal sindaco in merito ai tagli agli enti locali. "Il sindaco - aggiunge Sassi - ha riportato al tema attuale degli enti locali. Il tentativo del governo è quello di destrutturare il meccanismo degli enti locali. La manovra incide a questo livello. Le campine, al pari delle altre opere pubbliche, sono progetti congelati. Basta fare un esempio: da aprile ad oggi il Comune ha speso meno della metà sulle manutenzioni straordinarie. Questo tanto per dare il senso della crisi economica che incombe anche su di noi".

LE SOLUZIONI. Secondo Sassi per affrontare nel migliore dei modi il "problema" nomadi, il ragionamento politico da fare abbraccia anche la nascita delle campine. "Perché fare le campine? - si chiede l'assessore - L'obiettivo vero è superare i campi nomadi. La campina non è il fine, ma il superamento dei campi è il traguardo da tagliare. Le microaree sono sempre state uno strumento per farlo. Non lo strumento, ma uno strumento. Il punto politico è il superamento del campo che non permette una vera integrazione sociale e culturale. Finché non si arriva a un punto di incontro, la soglia dei pregiudizi e della paura non si abbassa".

CONTINUITA'. "Non abbiamo ripensato la nostra politica - ha detto nei giorni scorsi il sindaco Delrio alla Gazzetta -, la prospettiva di arrivare a chiudere i campi nomadi è una prospettiva che come amministratori locali abbiamo tutti, e che si pone all'interno di un programma nazionale di riduzione dei campi nomadi. Il tema di via Gramsci è da avviare a soluzione, ma va detto che la prima micro-area è stata allestita con finanziamenti regionali. Oggi, però, hanno tagliato tutti i fondi. I soldi per proseguire in questo momento non ci sono, e il provvedimento è fermo. Mancano le risorse: le difficoltà che riguardano i reggiani purtroppo riguardano anche loro". E' su queste basi che si fonda un'altra proposta di Sassi. "Per abbassare il livello di paura dei cittadini - dice - proviamo a rendere più visibili le condizioni in cui vivono i nomadi nei campi. Allora i reggiani si accorgeranno di quanto avviene in quelle aree. Conoscendo quella realtà, la si potrà vivere senza paura".

10 ottobre 2010

 
Di Fabrizio (del 06/11/2010 @ 09:33:52, in casa, visitato 1581 volte)

quiBrescia.it venerdì 05 novembre 2010

(red.) Potrebbe finalmente trovare una soluzione la questione che ha visto contrapposti comune di Brescia e comunità sinti sulla questione del campo di via Orzinuovi (leggi qui, qui e qui).

La parola fine potrebbe essere definitivamente messa con il cosiddetto "Patto di cittadinanza", un documento, approvato da entrambe le parti, che consente la permanenza temporanea delle famiglie di sinti nel campo alla periferia della città e obbliga l'Amministrazione a bonificare l'area entro febbraio 2011.

Secondo quanto previsto nell'accordo, che è al centro di un incontro promosso da Arciragazzi, Cgil e Fondazione Piccini in programma sabato alle 21 nella Casa del Popolo di via Risorgimento 18, la Loggia "procederà alla chiusura del campo allo scadere dell'anno di validità del Patto, prorogando eventualmente i tempi dello sgombero per massimo tre mesi, in funzione del rispetto o meno delle regole stabilite e dell'impegno assunto nella ricerca di proposte alternative di collocazione".

Il Patto ha ottenuto il sì anche di Damiano Galletti, segretario della Cgil di Brescia (leggi qui) che si era battuta per una bonifica del campo, e da Donatella Albini, consigliere comunale.

Le venti famiglie attualmente nel campo di via Orzinuovi vi potranno rimanere fino al completamento dei lavori, al termine dei quali cinque di esse saranno trasferite in un altro contesto con il supporto del comune.

I sinti, per rimanere nel campo, saranno tenuti a rispettare il pagamento di alcune quote (leggi qui).

L'accordo prevede anche che in ogni piazzola possano sostare due caravan, mentre nell'area attrezzata per famiglie non potranno fermarsi altri mezzi.

Una volta avvenuta la bonifica dell'area, ogni nucleo familiare dovrà versare al comune 150 euro al mese per i consumi elettrici. 50 euro in più nel caso in cui nella piazzola fosse presente più di una famiglia.

La spesa per l'acqua, invece, sarà suddivisa in base al numero degli occupanti, calcolato al 50% per i bambini al di sotto dei 12 anni e secondo i consumi effettivi.

Inoltre, i sinti dovranno pagare 47 euro mensili per lo spazio occupato. La manomissione e/o il danneggiamento delle strutture presenti nell'area comporteranno invece l'allontanamento delle famiglie responsabili.

 
Di Fabrizio (del 12/11/2010 @ 09:59:06, in casa, visitato 1655 volte)

Segnalazione di Paolo Teruzzi

 il link per chi legge da Facebook

De Corato (Pdl): "Se cominciamo a dare le case ai Rom, ne arriverà un milione". Salvini (Lega): "Nessuno fa politica nella Lega per dare privilegi a chi vive nei campi".

Trascinata fino alle soglie della nuova campagna elettorale per le prossime comunali, a Milano l'emergenza nomadi stenta a trovare una conclusione. Nonostante i milioni di euro stanziati dal ministero dell'Interno, la maggioranza di centro destra litiga sulle soluzioni.

Le ambizioni di Roberto Maroni si infrangono sui muri del più grande campo di Milano, quello di via Triboniano, dove l'assegnazione di alcune case comunali ha fatto insorgere Lega e Pdl. Il Comune fa marcia indietro, ma i contratti ci sono, e i Rom portano Maroni e la Moratti in tribunale.


A proposito:

Nell'ambito della campagna DOSTA! di Milano

12 novembre - ore 18-20.30 Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, via Romagnosi 3 MILANO
"Rom: a Milano si può? Politiche abitative (e altro): soluzioni possibili"
Saluti: Carlo Feltrinelli presidente della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
Introduzione: un esponente dell'UNAR; Alfredo Alietti, Upre Roma, docente di sociologia università degli studi di Ferrara

Testimonianze: don Massimo Mapelli, Casa della Carità; abitanti dei campi; Interventi: Laura Balbo, docente di sociologia università degli studi di Padova; Antonio Tosi, docente di sociologia urbana al Politecnico di Milano; Tommaso Vitale, Scientific Director of the Master "Governing the Large Metropolis" CEE, Sciences Po Paris

E' stata invitata Mariolina Moioli, assessore alle politiche sociali Comune di Milano.

 
Di Fabrizio (del 26/11/2010 @ 09:17:02, in casa, visitato 2267 volte)

Corriere della Sera Famiglia nomade fa sgomberare gli abusivi: quell'alloggio era assegnato a noi

MILANO - Rosa quasi non ci credeva più, e invece. Dieci anni di attesa ma alla fine anche lei e la sua famiglia - marito e quattro figli, sinti italiani del campo di via Idro - dopo tutta la trafila erano riusciti a scalare la classifica dell'Aler e ottenere una casa. Peccato solo che quando si sono presentati a prenderne possesso l'abbiano trovata già abusivamente occupata. Da una famiglia italiana a sua volta, che solo ieri è stata a sua volta sfrattata: inizialmente aveva pensato di rivolgersi a sua volta alla Casa della Carità, ma in serata ha evidentemente trovato il modo di arrangiarsi altrimenti.
«Adesso ci manca soltanto - ironizzava ieri don Virginio Colmegna con amarezza - che qualcuno scateni la campagna sugli italiani che vengono sfrattati per far posto agli zingari...».
L'episodio, in verità, rappresenta un capitolo parallelo rispetto al problema dello svuotamento di quell'altro - più famoso - campo rom di via Triboniano: quello interessato dalle polemiche degli ultimi mesi sulle famose case Aler che il Piano Maroni sottoscritto dal Comune destinava, prima che il Comune stesso cambiasse idea, ai percorsi di uscita dei suoi occupanti. Un'area complessa, una parte della quale - il vecchio settore bosniaco - si è peraltro già svuotata quasi del tutto un po' alla volta senza tanto rumore, attraverso gli itinerari più vari e l'individuazione di alloggi anche sul mercato privato: salvo la presenza di un'ultima famiglia, attualmente «circondata» dalle altre di origine romena tuttora in attesa di una soluzione.

Ma la famiglia di Rosa non c'entrava nulla con tutto questo. Quella di Rosa, come altre famiglie italiane del campo di via Idro, è solo una di quelle che da molti anni hanno fatto una semplice, regolare domanda in cui segnalare i propri requisiti per l'assegnazione di una casa popolare. E alla fine Rosa ce l'ha fatta: presentatevi in via Vincenzo da Seregno - diceva la lettera che le era arrivata qualche giorno fa - e andate a vivere nella casa che vi è stata assegnata. Solo che quando ci sono arrivati hanno trovato la porta chiusa e un'altra famiglia già dentro da anni. Anche in questo caso una donna con un marito e quattro figli, di origine calabrese. La variazione sul tema è che questa volta gli abusivi erano loro, e a dover chiedere l'intervento della polizia sono stati gli «altri».
La polizia è intervenuta ieri. E così nel pomeriggio è stato lui, l'occupante abusivo italiano, a ritrovarsi in strada con i mobili: le sue proteste davanti alle telecamere e ai fotografi non sono servite. E oggi la famiglia di Rosa, salvo sorprese, entrerà nella sua nuova casa.

Paolo Foschini
24 novembre 2010

 
Di Fabrizio (del 14/12/2010 @ 09:26:55, in casa, visitato 1638 volte)

Il presidente del Tribunale di Busto ha disposto la riunione dei fascicoli: il processo civile per l'area del campo di via Lazzaretto ripartirà nel 2011

La causa civile tra Comune e famiglie del campo Sinti di via Lazzaretto riprenderà a gennaio: il presidente del Tribunale di Busto Arsizio ha disposto che i fascicoli dei singoli procedimenti (nove, in mano a tre giudici diversi) siano riuniti e affidati ad un unico giudice. L'udienza è stata fissata per il 25 gennaio: il legale del gruppo di famiglie del campo chiederà probabilmente l'ammissione di alcuni testimoni, per ricostruire la tesi sostenuta fin dall'inizio, vale a dire che tra Comune e Sinti non vi fosse un contratto vero, ma una proposta unilaterale.

Anche se spesso si parla di comunità Sinti, in realtà in via Lazzaretto (nella foto) abitano nuclei famigliari distinti, per ognuno dei quali è stato avviato un procedimento di sfratto: da questo è nato l'allungamento dei tempi del processo. Parallelo al percorso scelto dai 9 nuclei che si sono affidati ad un avvocato, prosegue l'iter della causa per le altre sei famiglie: la prossima udienza per questo gruppo è fissata martedì 21 dicembre. Anche in questo caso probabilmente i procedimenti saranno riuniti e aggregati agli altri. E anche in questo caso, dunque, è previsto l'ulteriore rinvio a gennaio.



Le famiglie Sinti di via De Magri furono trasferite nel settembre nel 2007 in via Lazzaretto, in una zona periferica tra Cedrate, Caiello e Cavaria, sulla base di un accordo di durata annuale. L'anno dopo l'affitto non venne rinnovato, nonostante non emergessero problemi particolari (la Lega invece denunciava degrado legato all'accumulo di rifiuti). Le associazioni cattoliche hanno sempre criticato l'isolamento eccessivo del campo, poco favorevole a percorsi d'integrazioni: per questo Acli, Caritas e San Vincenzo proposero anche un progetto specifico, che però non è stato ritenuto adatto dall'Amministrazione. Si confidava forse proprio nella possibilità dello sfratto, per cercare di spingere le famiglie ad abbandonare l'idea della vita in comunità e in case mobili. I tempi degli sfratti però sono risultati ben più lunghi di quanto previsto dall'Amministrazione.

11/12/2010
Roberto Morandi - redazione@varesenews.it

 
Di Fabrizio (del 21/12/2010 @ 09:09:26, in casa, visitato 1560 volte)

In dieci si erano rivolti al tribunale di Milano per chiedere al Comune di rispettare l'intesa sull'assegnazione di 25 alloggi popolari. Il provvedimento è rivolto anche al ministro Maroni e al prefetto Lombardi

Il giudice Roberto Bichi, della prima sezione civile del tribunale di Milano, ha accolto il ricorso promosso da dieci rom del campo nomadi di via Triboniano contro la mancata assegnazione delle 25 case popolari e ha ordinato al sindaco Letizia Moratti, al prefetto Gian Valerio Lombardi e al ministro dell'Interno, di adempiere agli accordi firmati lo scorso settembre con la Casa della carità, Ceas e Consorzio Farsi prossimo.

Nel ricorso i legali dei rom, Alberto Guariso e Livio Neri, elencavano tutti i passi compiuti dalle amministrazioni citate: si va dalla dichiarazione dello stato di emergenza rom in Lombardia, del 21 maggio 2008, fino alla sottoscrizione dei progetti tra il 5 e il 20 settembre scorso da parte dei ricorrenti, "del dottor Francesco Russo per conto del commissario emergenza rom e dall'amministrazione comunale, in persona del direttore di settore dottoressa Paola Suriano". Progetti che non solo prevedevano l'assegnazione in locazione dei 25 alloggi ancora da ristrutturare ai tre enti sociali e l'individuazione delle famiglie a cui assegnarli, ma che anche, rimarcavano, "recano a carico di ciascun ricorrente-firmatario il seguente formale impegno: 'Rinuncio all'autorizzazione alla permanenza nel campo di via Barzaghi che lascerò entro il giorno 15 ottobre (2010), consapevole che la mancata realizzazione del progetto per responsabilità mia o dei componenti del mio nucleo familiare comporterà comunque la perdita del diritto a risiedere nel campo".

Poi, però, si ricordava come il 27 settembre, a una settimana dall'ultima firma dei progetti, in una conferenza stampa convocata in prefettura il ministro Maroni avesse "affermato che i ricorrenti (come gli altri destinatari dei 25 alloggi) non avrebbero potuto acquisire gli alloggi indicati nei rispettivi progetti, bensì altri, che sarebbero stati reperiti facendo leva 'sul gran cuore di Milano'". Di qui la decisione di ricorrere al giudice, che ha depositato la decisione favorevole ai ricorrenti.

 
Di Fabrizio (del 22/12/2010 @ 09:21:44, in casa, visitato 1817 volte)

Da Romanian_Roma

Azione urgente: Sgombero forzato di Rom in Romania By Marie-Francoise

Created 17/12/2010
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MANDATE PREGO GLI APPELLI PRIMA DEL 31 DICEMBRE 2010. Controllate se l'ufficio postale invierà l'appello dopo la data indicata.

Le autorità di Cluj, una città nel nord-ovest della Romania, stanno preparandosi ad effettuare lo sgombero forzato entro fine dicembre delle comunità rom che vivono nelle vie Coastei e Cantonului. Amnesty International è preoccupata che a quanto si riporta, le case saranno demolite ed alcune famiglie verranno spostate in nuove unità abitative che non soddisfano i criteri di alloggio adeguato, mentre altre si troveranno senza casa.

Il 15 dicembre, le famiglie di via Coastei hanno ricevuto una notificazione a voce che intimava loro di rimuovere i loro averi entro il 17 dicembre, quando il comune li avrebbe spostati in una sistemazione alternativa. Secondo il comune, si stima che vivano in via Coastei 345 persone, 140 delle quali non hanno residenza a Cluj, e che sono a rischio di essere rimandate al loro luogo di residenza, sollevando preoccupazioni sul loro diritto alla libertà di movimento.

Le autorità non hanno consultato in maniera piena e partecipativa la comunità coinvolta nei piani di sgombero. Il sindaco ha annunciato che 40 famiglie saranno alloggiate in 40 nuove unità costruite ai margini della città nell'area di Pata Rat, e che a quanti rifiuteranno di spostarsi non verrà offerta una sistemazione alternativa. Quest'area, secondo le informazioni ricevute da Amnesty International, è in prossimità di una discarica e separata dal resto della città, così i residenti avranno difficoltà ad accedere ad opportunità di lavoro e ai servizi pubblici, inclusi scuola e sanità.

Circa altre 429 persone (saranno 100 famiglie) risiedono in case, baracche improvvisate e container in via Cantonului sono pure a rischio di sgombero. Il numero di unità alloggiative proposto dalle autorità cittadine è limitato e si prevede di ospitare solo 40 famiglie, il che solleva serie preoccupazioni per un certo numero di persone che rimarrebbero senza casa se sgomberate.

SCRIVETE IMMEDIATAMENTE in inglese o nella vostra lingua:

  • Sollecitare le autorità cittadine per assicurare che qualsiasi sgombero delle comunità che attualmente vivono nelle vie Coastei e Cantonului siano condotti solo come ultima risorsa e nel pieno rispetto degli standard internazionali sui diritti umani;
  • Chiedendo loro di assicurare che lo sgombero avvenga solo dopo una vera consultazione con le comunità rom delle vie Coastei e Cantonului, per identificare tutte le alternative possibili agli sgomberi e che vengano condotte le opzioni di reinsediamento;
  • Esortare le autorità cittadine a fornire un adeguato alloggio alternativo, compatibilmente con i requisiti dei diritti umani e che la gente non venga trasferita a forza dal luogo originale di residenza senza possibilità di ritorno.

MANDATE PREGO GLI APPELLI PRIMA DEL 31 DICEMBRE 2010. Controllate se l'ufficio postale invierà l'appello dopo la data indicata.

Sindaco di Cluj-Napoca
Sorin Apostu
Str. Motilor 5
Cluj-Napoca 400001,
Romania
Fax: +40 264 599 329
Email: sorinapostu@primariaclujnapoca.ro

Copie al:
Primo Ministro
Emil Boc
Guvernul Romaniei
Piata Victoriei nr. 1,
Sector 1, Bucuresti
Romania
Fax: +40 21 313 98 46
Email: drp@gov.ro

Presidente
Traian Basescu
Palatul Cotroceni,
Bulevardul Geniului nr. 1-3
Cod postal 060116
Sector 6 - Bucuresti
Romania
Fax : +40 21 410 38 58
Email: procetatean@presidency.ro

Mandate anche copia alle rappresentative diplomatiche accreditate nel vostro paese.
Ambasciata di Romania
Rue Gabrielle 105
1180 Bruxelles
eMail: secretariat@roumanieamb.be
Fax 02.346.23.45

INFORMAZIONI AGGIUNTIVE

Amnesty International ha visitato Cluj e le comunità rom che vivono nelle vie Coastei e Cantonului nel dicembre 2010. Le comunità rom erano preoccupate riguardo la minaccia di un possibile sgombero. Dissero ad Amnesty International che - nei mesi precedenti - le autorità cittadine avevano annunciato che sarebbero stati sgomberati. La comunità di Coastei è situata a circa cinque minuti a piedi dal centro cittadino. Le famiglie ricevono la posta al loro indirizzo e qualcuna di loro è collegata alla rete elettrica.

Le autorità cittadine hanno confermato - durante un incontro con Amnesty International l'8 dicembre 2010 -i loro piani di spostare le famiglie da via Coastei alle nuove unità abitative nell'area di Pata Rat. Secondo il vice sindaco, le costruzioni di cinque unità per 20 famiglie dovrebbero terminare entro il 15 dicembre. Ha dichiarato che i futuri inquilini riceveranno contratti d'affitto a breve termine che potrà essere prorogato. Il comune cita lamentele diverse provenienti dalla vicina biblioteca e da una multinazionale nelle prossimità di via Coastei, come ragione dello sgombero. Secondo il diritto internazionale, gli sgomberi possono avvenire soltanto come ultima istanza, una volta che tutte le alternative possibili siano state esplorate in una vera consultazione con le comunità interessate. Inoltre le autorità hanno il dovere di fornire un adeguato preavviso; rimedi giurisdizionali, una sistemazione alternativa ed un risarcimento. Devono assicurarsi che le persone non vengano rese senza casa o vulnerabili alla violazione di altri diritti umani come conseguenza dello sgombero. Secondo gli standard internazionali, gli sgomberi non dovrebbero avvenire particolarmente col cattivo tempo o di notte e le autorità hanno il dovere di fornire un adeguato preavviso agli interessati.

Come stato parte della Convenzione Internazionale sui Diritti Politici e Civili, la Romania ha anche l'obbligo di assicurare a tutti quanti risiedono legalmente sul suo territorio, il diritto alla libertà di movimento e di scegliere dove vivere. Per questo Amnesty International è preoccupata che le persone non originarie di Cluj vengano rimandate ai loro luoghi di residenza originale, il che violerebbe il loro diritto [...].

La Romania è parte di una serie di trattati internazionali e regionali sui diritti umani che sanciscono severamente di proibire ed astenersi dagli sgomberi forzati. Questi trattati includono la Convenzione Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione Internazionale sui diritti politici e civili, la Convenzione sui diritti del bambino, la Convenzione Internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale e la Carta sociale europea. Il Comitato ONU sui diritti economici, sociali e culturali ha sottolineato nel suo commento generale 7 che gli sgomberi devono avvenire solo come ultima risorsa, una volta che tutte le altre alternative allo sgombero siano state esplorate. Anche quando uno sgombero viene considerato come giustificato, può avvenire solo quando siano messe in atto appropriate procedure di protezione e venga fornito un indennizzo per tutte le perdite, assieme ad una sistemazione alternativa.

UA: 256/10 Index: EUR 39/007/2010

Isavelives.be: le site d'action de la section Amnesty International Belgique francophone - Rue Berckmans, 9 - 1060 Bruxelles. Tel: 02/538.81.77

 

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