Ogni tanto ho il sospetto che tra i lettori ci siano anche degli
"intellettuali". Da dove nasca il sospetto... non lo so, ma questo post è
dedicato a loro. Una serie di libri sui rom da scaricare (per lo più in formato
.pdf) gratuitamente. La segnalazione arriva da
Roma_Daily_News. Per oggi riposo, dato che i libri segnalati sono in
inglese, non sto neanche a tradurvi il tutto, basta che clicchiate sull'immagine
qui sotto
Martedì 24 novembre, ore 21,
Teatro Dal Verme,
Via San Giovanni sul Muro, 2 - 20121 Milano (Lombardia) 02 87 905 - ingresso 8 euro
Torna La Notte di San Lorenzo che, dopo un periodo di pausa per l'abbandono
"forzato" di Cascina Monluè, presenta una produzione Arci, in collaborazione con
il Consolato Ungherese e con il contributo del Comune di Milano - Assessorato
alla Cultura. Un progetto-kermesse che vede tre dei maggiori gruppi gipsy
ungheresi unirsi sulla scena con OLAH GIPSY ALLSTARS PROJECT, una straordinaria
serata-evento il 24 novembre al Teatro Dal Verme alle ore 21, ingresso 8 euro.
La serata sarà al contempo un grande omaggio alla musica popolare e anche,
ricorrendo il XX anniversario dalla caduta del muro di Berlino, una serata
dedicata alla nuova Europa, inizio di un percorso musicale tematico per i futuri
anni, con un omaggio alla musica gitana d'Ungheria.
La Notte di San Lorenzo nella sua lunga storia è stata sempre sensibile al tema
delle musiche sviluppatesi nei luoghi di confine, centri di incontri e di scambi
culturali e mercantili, presentando ad esempio le musiche Tuareg, quelle dei
popoli della Via della Seta, del Rajasthan e di numerose altre culture e società
in movimento.
OLAH GIPSY ALLSTARS PROJECT E' un progetto che vede in scena contemporaneamente tre dei più noti gruppi
musicali gipsy Olah d'Ungheria: i Romano Drom, La Szilvasi Gipsy Folk Band e i
Ternipe. Si tratta di uno spettacolo unico interpretato da 15 elementi tra
cantanti, musicisti e danzatori testimoni viventi delle millenarie tradizioni
culturali e musicali gitane.
In un'unica e trascinante serata, si mescoleranno la tradizione Olah più
rigorosa dei Romano Drom, noti per il virtuosismo nell'utilizzo della voce come
trascinante strumento ritmico, intercalato dagli strumenti a percussione,
ottenuti con oggetti di uso quotidiano (le lattine del latte, i cucchiai di
legno); i bassi della nota Szilvasi Gipsy folk band (quest'ultima raccoglie più
tradizioni musicali) ottenuti per onomatopea vocale, tecnicamente szajbojozes,
con le sezioni a pizzico; gli orchestrati dei violini dei Ternipe con l'uso
pizzicato delle chitarre e il percuotere dei loro danzatori sul proscenio.
La musica Olah Gli Olah sono uno dei gruppi etnici gitani meno noti. Per lo più si trovano in
Ungheria e la loro musica si distingue dagli altri stili gitani. Il loro nome
etnografico è gitani Valch e corrisponde alla loro origine geografica, la
Valachia regione della Romania. In Ungheria sono conosciuti come Olah: antica
parola rumena . Il gruppo più numeroso è rappresentato dai Lovar che molto tempo
fa erano commercianti di cavalli; alcuni, venditori ambulanti altri, mercanti di
ferraglie e cestinai. Al contrario della maggior parte dei gitani essi non
intrattenevano relazioni con altre popolazioni e questo ha permesso alla musica
di mantenere una sua antica originalità. La loro musica basata su voci e
percussioni, rimase confinata nella loro comunità etnica fino agli anni 50'.
Solo negli anni '70 la musica gitana Olah si affaccia sul panorama
internazionale.
Il progetto Olah Gipsy AllStars vuole essere voce della musica gitana Olah da
quella più tradizionale fino al nuovo stile sviluppatosi recentemente. Il
progetto parte dall'iniziativa di due musicisti che crearono l'"Athe Sam" gipsy
festival a Budapest nel 2007: Antal Kovacs dei Romano Drom e Istvan Szilvasi
della Szilvasi Gipsy Folk Band chiesero ad amici e leader di altri gruppi di
Budapest per suonare insieme. Hanno ripetuto l'esperienza giungendo fino allo
Sziget Festival e al Castle festival di Budapest.
La formazione Antal Kovacs: voce, chitarra
Mate Kovacs: percussioni
Rafael Zsigmond: danza, scats, kanna
Jozsef Balogh: voce, chitarra
Matild Dobi: voce, danza
Szerena Baxtai: voce, danza
Robert Farkas: violino, fisarmonica
Bela Lakatos: voce, kanna
Istvan Farkas: voce, mandolino
Istvan Szilvasi: voce
Peter Csordas: basso
Attila Csavas: sassofono, tarogato
David Csizmadia: tromba
Balazs Vajna: VJ
Sabato 28 novembre 2009, Mantova, Teatro Bibiena, ore 21.00 Norig, la nuova grande voce della sterminata koiné gitana. Intensa,
magnetica, affascinante, Norig è il presente e il futuro di un approccio al
canto che ha pochi uguali per capacità di trasformare la voce in un mobile e
sensuale segno di umanità.
Venerdì 11 dicembre 2009 dalle ore 18.00 Presso: C.S. Casa Loca
Viale Sarca 183 Milano
Trio Mirkovic & Muzikanti di Balval presentano la
GRANDE FESTA BALCANICA
IV EDIZIONE
Ven11 dicembre 2009 alla CASALOCA
Dalle 18
Milano e razzismo: dalle politiche xenofobe alle alternative sul territorio
Incontro pubblico con la partecipazione di Alfredo Alietti (Università di
Ferrara) autore di "Società urbana e convivenza interetnica", le Maestre del
quartiere Lambrate/Rubattino e Omar Caniello di Radio Popolare
Dalle 20
Cena tradizionale balcanica a cura della Kafana Sevdah Marinkovic
Zuppa
Peperoni ripieni
Cevapcici, Insalata di cavolo, Pane fatto in casa
Dalle 22 fenomenale concerto
Muzikanti - Trio Mirkovic
& all the night… Jam session esplosiva
Per la cena si consiglia la prenotazione via mail:
festabalcanica@yahoo.com prezzi
popolarissimi (5euro l'ingresso+5 per la cena!)
Un libro sui pregiudizi verso i popoli nomadi, costruito a partire da un viaggio in un campo rom. Con la prefazione di don Colmegna, presidente della Casa della Carità
È in libreria Quel virus chiamato rom, libro-diario di Silvio Mengotto, edito dalla cooperativa culturale In dialogo di Milano, dove con parole e fotografie si racconta il lungo viaggio compiuto, giorno dopo giorno, in un campo rom alla periferia di Milano. Un giorno, parlando con una donna, l’autore del libro rimase colpito da una frase: «Noi continuiamo nel bene e nel male a parlare di rom, mentre abbiamo bisogno di parlare con i rom». Da questa intuizione nacque l’idea di scrivere un diario dell’esperienza vissuta accanto ai nomadi nell’arco di due anni, sino allo sgombero definitivo del campo, eseguito freddamente e senza una reale alternativa. Pagine scritte dal vivo, per sconfiggere il disagio e persino la paura della presenza degli zingari nelle nostre città. Pensieri, riflessioni, emozioni, dubbi, interviste che hanno memorizzato le relazioni significative, aprendo gli occhi del cuore su un mondo rom, ancora troppo sconosciuto. Un diario che si è trovato a costruire il ponte della relazione non per parlare dei rom, ma dopo aver parlato e comunicato con loro.
Scrive l’autore: «Tra i cinque sensi dell’uomo quello della vista esercita un’autorità che stordisce, molto più forte dell’udito. Quando si entra nel campo rom per vedere, per conoscere bene la situazione, occorre superare l’autorità esercitata da ciò che si vede subito, a prima vista, e aprire gli occhi ad un secondo sguardo. Guardare il campo rom significa tradurlo, decifrarlo, per “accogliere” ciò che si può vedere solo aprendo le ciglia del cuore. Non è solo un’esperienza fisica dei sensi, ma un vero esercizio di sapienza.»
Dice don Virginio Colmegna, fondatore e presidente della Casa della carità di Milano, nella prefazione al volume: «In questo mondo vi è tanto inferno… eppure il fatto che il Figlio dell’Uomo vi è stato ed ha portato proprio lì il germe del paradiso mi fa comprendere il valore dello stare in mezzo, non per assorbire il senso di morte, ma per ridare la speranza di attraversare, di lasciare alle spalle questo stare in mezzo, nella periferia di abbandono, per poter ripensare alla risurrezione scendendo ogni giorno negli inferi. […] Quando essere nati in un campo nomadi o essere rom diventa un’infamia che marchia il singolo a prescindere dalla sua storia personale, noi vediamo crescere uno strisciante razzismo. Dobbiamo, invece, far respirare la bellezza della giustizia fraterna, rifuggendo dall’orribile fraintendimento che colloca la proclamazione della legalità come difesa di sicurezza contro qualcuno, come via carica di mentalità espulsiva. Per questo stiamo nel mezzo promuovendo una legalità, soffocata nei tanti inferni, soprattutto laddove la diversità è presupposto di inferiorità».
Mi scuso per il ritardo della segnalazione, il concerto è
stasera alle 20.00
Porrajmos nel linguaggio Rom significa “divoramento” e indica la persecuzione e
lo sterminio che il Terzo Reich attuò durante la Seconda Guerra Mondiale
uccidendo oltre 500 mila esseri umani. Nel 1936, alla vigilia dei giochi
olimpici di Berlino, Hitler decide che la città deve essere ripulita. La
politica razzista dei nazisti porta alla costruzione di un campo di
concentramento a Marzahn, dove vengono internati centinaia di Rom e Sinti.
La persecuzione di Rom e Sinti è l’unica, unitamente a quella ebraica, a
essere dettata da motivazioni pseudo-razziali, ma la tragedia delle popolazioni
sinte e rom non si conclude con la fine della Guerra: la Repubblica Federale
Tedesca infatti, riconoscerà la loro persecuzione molto tempo dopo, concedendo i
risarcimenti con grandissimo ritardo.
Francesco Lotoro ha cercato di ricostruire un importante tassello della
letteratura concentrazionaria aggiungendo all’opera da lui curata,
l’Enciclopedia discografica KZ Musik pubblicata dalla Musikstrasse di Roma
giunta al dodicesimo CD-volume, l’intero corpus musicale creato da Sinti e Rom
nei campi di sterminio durante il Secondo Conflitto Mondiale. Il risultato di
questa prestigiosa opera di ricostruzione sarà presentato sabato 12 dicembre
all’Auditorium dell’Assunta a Trinitapoli alle ore 20. ‘Prendi un violino e
suona’ è il titolo dato alla conferenza concerto alla quale prenderanno parte
oltre allo stesso Lotoro, l’assessore al Mediterraneo della Regione Puglia,
Silvia Godelli, il Sindaco di Trinitapoli Ruggero Di Gennaro, il Commissario
straordinario di Margherita di Savoia Rachele Gandolfo, il Dirigente scolastico
della Scuola Media Giuseppe Garibaldi di Trinitapoli Anna Maria Trufini, il
musicista Rom slovacco Milan Godla.
Il programma del concerto comprende canti creati a Belzec, Auschwitz, Chelmno
e nei campi di lavoro forzati aperti dai nazisti in Slovacchia.
“Il lavoro di recupero della musica creata dal popolo Romanì nei Lager è
stato molto più complesso di altre parallele produzioni concentrazionarie. Ciò
perché trattasi prevalentemente di musica trasmessa oralmente e conservata
pressoché intatta nella loro vita quotidiana e nella memoria collettiva.” Spiega
il professor Lotoro. “Molti di questi canti arrivano a noi attraverso diversi
modi di esecuzione che variano (a volte anche in modo significativo) da
villaggio a villaggio. Per esempio, Andr’oda taboris cantato a Dhlè Stràze ha
piccole differenze rispetto a quello cantato a Zehra, anche se il testo
coincide”.
Da quanto tempo lavora a questo progetto di recupero della musica dei Rom
e dei Sinti nei lager? Lavoro a questo particolare filone delle mie ricerche da circa 10 anni; ho
dovuto attendere la pubblicazione del dodicesimo volume dell’Enciclopedia KZ
Musik per dedicarmi con particolare attenzione negli ultimi 12 mesi alla musica
di Rom e Sinti nei lager nazisti, convogliando qui in Puglia alcuni tra i più
validi strumentisti del repertorio Rom come Milan Godla, Marian Serba e Ion
Stanescu, noleggiare ottimi strumenti musicali adatti a tale repertorio come un
grande cimbalom, il tarogato (un particolare clarinetto a forma conica) e una
gamma enorme di flauti e recorders.
Quale è la particolarità di questa musica? Trovo questa musica molto più “permeabile” della situazione umana nei campo.
Mi spiego; tenendo sempre presente la diversa tipologia dei campi (internamento,
transito, concentramento) e lo stato di cattività più o meno flessibile (ebrei,
detenuti politici, polacchi, civili o militari), la produzione musicale degli
Ebrei a Theresienstadt, dei polacchi ad Auschwitz e Mauthausen, dei frati
benedettini e francescani a Dachau (giusto per fare alcuni esempi) è sempre
“filtrata” dal gusto mitteleuropeo dell’epoca, dall’attenzione alla partitura,
scritta meticolosamente anche su supporti fragili (carta-musica sporca, carta
igienica incollata a strati), dalla giusta strumentazione. .Nella produzione
Romanì, invece, il campo “entra tutto” nella musica, il dolore si fa
musicalmente più intenso senza mediazione; la musica sembra essere l’espressione
più autentica dello stato di abbandono che hanno particolarmente sofferto i Rom
nei campi.
Come dire, la musica di Sinti, Roma, Kalè e di altre famiglie del popolo
romanes è immediata, colpisce di primo acchito, non si fa andare a cercare; e va
suonata lasciando il musicista e il cantante, in un certo senso, liberi di
esprimersi, ricavare l’improvvisazione del momento. Non possiamo neanche
immaginare quanta musica dei Rom abbia respirato, fianco a fianco, con quella
ebraica.
Nei giorni più tristi non solo per l’Europa ma per l’intera civiltà umana,
Ebrei e Rom hanno cantato e suonato l’ultima musica prima che la peggior sorte
si accanisse su questi due popoli dando origine alla catastrofe (la Shoah) e al
divoramento (il Porrajmos).
Gianluca Giunchiglia - LUNGO LA FERROVIA - Edizioni Erasmo - 128pp.
9,50 E.
www.edizionierasmo.eu
In mezzo ai capitoli del romanzo breve “Lungo la ferrovia” corrono le storie di
due incontri. Il primo - reale - è quello tra Gianluca Giunchiglia, pisano di
nascita ma livornese d'adozione, psicopedagogista in servizio presso l'Istituto
scientifico Fondazione “Stella Maris” di Calambrone (Pisa), e il bambino rom che
la sua struttura gli ha affidato tempo fa; il secondo – intensamente immaginato
– è quello che intreccia i destini di Gioni e Miluna, undicenni, due piccoli rom
cui la fantasia del Giunchiglia scrittore ha affidato il ruolo di protagonisti
nel libro che segna il suo esordio nel campo della narrativa.
Dal primo incontro, si sviluppa il secondo. Dentro l'invenzione letteraria che
insegue questi adolescenti attraverso le tantissime gamme della loro penetrante,
solare, inquieta vitalità, ci sono le impressioni, i ricordi, le riflessioni di
un “gagé” (termine che i rom usano per indicare noi italiani) che viene invitato
dalla famiglia di un piccolo zingaro all'interno di un “campo”. Capitò un 6
maggio, si festeggiava S. Giorgio. L'incontro si svolse «dentro un container
adibito a casa – scrive l'autore in una nota – dove questa famiglia vive. Era il
primo giorno della loro festa e grandi e piccini erano ben tenuti e vestiti con
gli abiti più belli che avevano. Mi hanno accolto con dolcezza, omaggiandomi
delle pietanze tipiche della loro cultura […] Pure le regole dell'igiene erano
rispettate, gli alimenti cucinati in contenitori usa e getta con posate di
plastica. All'esterno, nel “campo”, non vi erano immondizie sparse attorno,
contrariamente a quello che si può immaginare. Solo che vivono con un sistema
fognario danneggiato e mal funzionante che crea pozzanghere di acque nere a
cielo aperto. Le atmosfere però sono invidiabili; le musiche, il contatto con la
terra, sono tipiche di quel popolo, così molto attento alla natura...».
Luci e ombre. Le stesse che colorano i gesti, le parole di Gioni e Miluna. Ecco
perché la fantasia e la realtà risultano, tra queste pagine, sorprendentemente
sincrone, empatiche, parallele come le verghe del binario che appare nella foto
di copertina. Anche le luci e le ombre di quest'esistenza di frontiera osservata
con gli occhi dell'adolescenza corrono in parallelo. Ciò che affiora in
superficie è una penombra cangiante pronta in qualsiasi momento a diventare
sereno come anche a trasformarsi in tempesta; una specie di tramonto dalla luce
sorprendentemente nitida che consente di osservare tutto con chiarezza, anche le
contraddizioni, anche il doloroso attrito di bene e male, legalità e illegalità,
integrazione ed emarginazione, cultura e degrado. Giunchiglia sintetizza (e
spiega) questa realtà dalla valenza ossimorica con un verso di Holderlin: “Là
dove c'è pericolo, cresce ciò che salva”.
Pubblicato in marzo da Media Print Editore, subito dopo ristampato per i tipi
delle Edizioni Erasmo, “Lungo la ferrovia” si è aggiudicato menzioni speciali al
Premio Internazionale “S. Margherita Ligure – Franco Delpino”, al Premio
“Emozioni d'inchiostro” di Reggio Calabria, al Premio letterario “Viareggio
Carnevale”. A novembre è stato premiato da Alexian Santino Spinelli,
ambasciatore dell’arte e della cultura Romanì nel mondo e professore
all’Università di Chieti, per il secondo posto al Premio artistico
Internazionale “Amico rom”, sezione opere edite di narrativa.
Il libro è stato presentato al settembre pedagogico del Comune di Livorno e
diverse scuole secondarie di primo grado lo stanno adottando per i progetti
sull’intercultura.
Andrea Lanini (Giornalista)
“Lungo la ferrovia” è un romanzo breve, di facile lettura, scritto da un
pedagogista che ama la poesia, tanto da vincere dei premi. Un romanzo si sa è
una rappresentazione (fantastica) della realtà, l’immaginazione di eventi che
accadono nella mente dell’autore che li ha vissuti in altra forma e che li ha
approfonditi e analizzati in vari aspetti; cioè esso è un ideazione che riporta
però dei fatti conosciuti a fondo, dentro le loro dinamiche interattive che poi,
con l’ausilio della creatività, si trasformano in un’invenzione. Non faccio una
recensione all’opera letteraria, non sarei adatto. Ho letto il romanzo con una
visione pedagogica e traggo solo qualche considerazione.
L’argomento trattato è un tema d’indubbia attualità sociale e politica: il
problema rom che, pur esistendo da sempre, in questo periodo storico è
sviscerato dai media continuamente più nel male che nel bene, con ricadute che
considero importanti sul piano culturale. Ciò che mi ha colpito nel racconto non
è tanto il rapporto dei due protagonisti (Gioni e Miluna), la loro storia e la
loro amicizia, quanto le relazioni dei contesti in cui essa si sviluppa. I
contesti sono rappresentati dal gruppo dei pari, dalla scuola e dagli adulti che
in essa vi lavorano, dal “campo” rom, dalla comunità vicina al “campo” rom. In
questi contesti l’autore descrive una fitta rete di interazioni fatte da
accettazione e rifiuti. Non emerge nessun tentativo d’integrazione nel suo
significato pieno, forse un atteggiamento di questo tipo lo si ritrova
nell’autista dello scuolabus, che però ha un ruolo marginale per poter diventare
la figura di riferimento per l’integrazione.
I due ragazzi protagonisti, come tutti i ragazzi della loro età, sono in una
fase di costruzione della propria identità personale e sociale, per cui hanno
bisogno sperimentare ruoli, realizzare esperienze mediante l’incontro con l’
“altro”, di seguire esempi e modelli. Essi manifestano bene questi bisogni nel
corso della loro vita quotidiana e nel rispetto delle differenze di genere:
Gioni li esprime con molta più energia di Miluna e, proprio per le differenze
individuali, reagisce con la fuga a quello che percepisce come rifiuto.
L’esempio, il modello buono, il riferimento educativo è il nonno (nemmeno il
padre) che è l’unico ad esprimergli un progetto di vita, è colui che stimola il
nipote a compiere la programmazione del suo futuro. Ma è una figura sola, che
sta nel “campo” rom (e questo non è un caso!) e con un debole aggancio (la
signora amica) nella comunità sociale. Poco per un processo evolutivo, per un
cambiamento sociale.
Il romanzo descrive una realtà vera che una società civile come la nostra,
democratica, che si basa sul principio della non discriminazione, non può più
trascurare e rimandare oltre.
L’autore con questo suo primo romanzo offre molti spunti di riflessione e ci
spinge ad avviare un progetto serio verso l’integrazione delle culture.
Ja
imam talenat! 2009 - Finale - Danijel, Darko i Sandra Piler Tre giovanissimi musicisti di strada Rom vincono in
Serbia un'importante competizione musicale, che darà loro la possibilità di
completare la loro istruzione musicale. Un talento straordinario.
buon 2010 a tutti! ecco l'occasione per prolungare i festeggiamenti, ascoltare e ballare buona
muzika nell'attesa del natale e del capodanno ortodosso, che ancora han da
venire! (ma soprattutto della prossima festa balcanica)
Muzikanti di Balval a Pregnana Milanese
5 gennaio 2010 Auditorium di via Varese 21
dalle ore 21 degustazione di piatti di diversi paesi
concerto di musica balcanica rom e danze gypsy fusion
organizzato dall'associazione La Sorgente e Di Più
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
il link: www.sivola.net/dblog.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. In caso di utilizzo commerciale, contattare l'autore e richiedere l'autorizzazione. Ulteriori informazioni sono disponibili QUI
La redazione e gli autori non sono responsabili per quanto
pubblicato dai lettori nei commenti ai post.
Molte foto riportate sono state prese da Internet, quindi valutate di pubblico
dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla
pubblicazione, non hanno che da segnalarlo, scrivendo a info@sivola.net
Filo diretto sivola59 per Messenger Yahoo, Hotmail e Skype
Outsourcing Questo e' un blog sgarruppato e provvisorio, di chi non ha troppo tempo da dedicarci e molte cose da comunicare. Alcune risorse sono disponibili per i lettori piu' esigenti: