Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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La redazione
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\\ Mahalla : VAI : conflitti (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 05/05/2012 @ 09:23:54, in conflitti, visitato 1615 volte)

Se ultimamente vi è capitato di leggere i giornali, saprete che a in questi giorni la situazione per la comunità rom di Pescara è di una tensione estrema. Non so come si possa uscirne. Un invito alla riflessione, grazie a NO(b)LOGO, partendo da distante

Corrado Giustiniani scrive sul suo blog su il Messaggero l'opinione: Zingaro e badante parole "vietate".

Un articolo che è la migliore dimostrazione delle tesi di Lorenzo Guadagnucci in <Com'è difficile "sgomberare" gli stereotipi> pubblicato su Giornalisti contro il Razzismo.

Scrive Guadagnucci, e l'articolo è tutto da leggere, che: "emerge una certa insofferenza per critiche e suggerimenti sulle pratiche di una corretta informazione non razzista da parte di chi lavora sul campo".

Ed appunto l'insofferenza alle regole deontologiche dettate dalla Carta di Roma quello che fa scrivere a Giustiniani:

    Tra le molte e utili raccomandazioni (non riprendere con la telecamera un rifugiato o una vittima della tratta e non pubblicarne le generalità; nelle notizie di cronaca nera assegnare lo stesso spazio e rilievo ai fatti in cui autori e vittime del reato siano di origine straniera piuttosto che italiani) ve ne sono però altre che personalmente mi lasciano perplesso. La 7.2 ad esempio: "Si raccomanda di evitare l'utilizzo di termini stigmatizzanti, quali ad esempio: badante, clandestino, zingaro, vu cumprà". Stigmatizzare vuol dire disapprovare con "energica e indignata fermezza" (Devoto Oli), biasimare. Dunque stigmatizzante significa, in buona sostanza, offensivo: lo spiego a me stesso, perché non ho mai usato questo participio presente.

    Ma quali sono i termini alternativi che il giornalista dovrebbe usare?

Non sono un professore come Giustiniani ("Phd in Humanities at Il Messaggero") ma vi viene assai semplice rispondergli che nel 99,99% non andrebbe usato alcun termine atto ad identificare etnia o nazionalità o religione o stato sociale.

Non è una questione linguistica ma è l'uso della stigmatizzazione etnica, nazionale, religiosa che è da condannare.
Quasi mai si giustifica la caratterizzazione etnica nel titolare un articolo di cronaca.
Ad esempio oggi "il Messagero" titola (adottando una doppia stigmatizzazione, oltre quella etnica quella sugli ultrà)
Giallo a Pescara, irruzione di rom in casa
Ucciso un ultrà biancazzurro di 24 anni


Cambia poco nella sostanza rispetto al pessimo titolo de "il tempo":
Ultrà giustiziato in casa dagli zingari

Solo nella Germania nazista qualcuno si sarebbe sognato di titolare "irruzione di ebrei" o "giustiziato in casa dai giudei" in un episodio che vede protagonisti personaggi della microcriminalità di religione o di origine ebraica.

Invece per il giornalismo italiano è lecito titolare in questo modo ogni qual volta ci sia uno "zingaro" coinvolto in un episodio di cronaca (ed anche quando lo zingaro non c'è, come nel caso del calcio scommesse), e l'effetto diretto è il vaso di pandora di commenti razzisti che si accumulano sotto all'articolo.
Ancora peggio è soffiare sul fuoco su una situazione come quella di Pescara dove il circolo vizioso dell'intolleranza e dell'emarginazione sta diventando esplosivo.

Segnalo un ulteriore esempio di sensazionalismo razzista, utilizzo sempre come esempio un articolo de il Messaggero per ricollegarmi al commento di Giustiniani ma anche in questo caso praticamente tutta la stampa cade negli stessi errori:

Maxi blitz: sequestrate nei campi nomadi centinaia di auto usate per le rapine
Controllate oltre 5000 vetture, intestate a prestanome venivano rivendute a persone con precedenti penali

Quello che resta nell'opinione pubblica è solo quello che sommariamente si evince dal titolo: gli zingari hanno centinaia (qualcuno ha scritto 5000) auto di lusso nei campi e le usano per fare rapine.

Nella realtà nei campi Rom la finanza ha trovato solo alcune decine di emarginati, sfruttati dalla criminalità organizzata, che non avendo niente da perdere si sono venduti anche il nome fungendo da prestanome per il giro di auto illegalmente intestate e che dai campi non sono mai passate.

Quando i giornalisti capiranno che la differenza da fare non è tra le parole "zingaro" e "rom" ma quella ben più significativa tra delinquenza ed emarginazione (che sono stati sociali tra loro correlati ma del tutto indipendenti da etnia e nazionalità) sarà sempre troppo tardi.


Di seguito da Pescara parla Nazzareno Guarnieri, del Comitato scientifico Centro studi e ricercAzioni Ciliclò. Intervista realizzata da Radio Radicale, licenza Creative Commons attribuzione 2.5.

Comunicazione importante, sempre da Nazzareno Guarnieri:
Vi chiedo un favore, la situazione è molto grave. Non prendete iniziative pubbliche in questa fase. Avremo bisogno del vs. aiuto nei prossimi giorni e ve lo chiederemo, ma ora fateci lavorare in silenzio per cercare di raggiungere alcuni obiettivi per l'incolumità fisica delle persone. Abbiamo già fatto molte richieste alle istituzioni locali e nazionali che non possiamo rendere pubbliche per far sì che vengano effettivamente accolte al momento giusto.
 
Di Fabrizio (del 09/05/2012 @ 09:43:00, in conflitti, visitato 1368 volte)

(AGI) - Pescara, 19:12 07 MAG 2012

Circa venti giovani si sono presentati nella notte all'interno del Bingo che si trova lungo la via Vestina, a Montesilvano (Pescara), con i volti coperti da passamontagna e sciarpe. Cercavano i nomadi, che spesso frequentano questa struttura ma da qualche giorno non si fanno vedere. La loro frequentazione del Bingo si e' interrotta presumibilmente a seguito dell'omicidio di Domenico Rigante, l'ultra' 24enne di Pescara che sarebbe stato ucciso proprio da un rom, Domenico Ciarelli, arrestato sabato dalla polizia.

Nell'ambiente nomade si temono ritorsioni da parte dell'ambiente della tifoseria pescarese a cui Rigante apparteneva. Quando c'e' stata l'irruzione nel Bingo erano presenti circa 30 giocatori. Dopo aver fatto un giro senza trovare cio' che volevano i giovani si sono allontanati e hanno chiesto scusa per l'irruzione. Non sarebbero state viste armi ma non si esclude che l'obiettivo fosse quello di aggredire e picchiare gli zingari. Quando sono andati via, erano le 2.30 circa, e' stato lanciato l'allarme e sono stati avvertiti i carabinieri della compagnia di Montesilvano, coordinati dal capitano Enzo Marinelli, che hanno raccolto le testimonianze dei presenti e si stanno occupando delle indagini. (AGI) Pe1/Ett

 
Di Fabrizio (del 16/05/2012 @ 09:13:19, in conflitti, visitato 2006 volte)

Da Czech_Roma

Commento di Pavel Pospěch: I Rom "sull'attacco a Brno" - Pavel Pospěch, translated by Gwendolyn Albert
Prague, 11.5.2012 20:32, (Originally published in Czech at Blog RESPEKT. Published with the kind consent of the author)

La criminalità rom sta uscendo di controllo e ogni giorno ci sono violenze per le strade. Inoltre, i media sono dalla parte dei Rom ed ignorano completamente il problema. Questo significa che noi gente comune dobbiamo condividere le nostre esperienze e quanto sappiamo, così che sempre di più i politici sappiano che non siamo indifferenti agli attacchi dei Rom!

Vi dirò cos'è successo ai miei amici. Qualche sera fa, stavano bighellonando per le strade di Brno, cercando un posto aperto dove poter continuare la loro appassionata discussione davanti ad una birra. Per strada si aggregò un compagno, dall'apparenza piuttosto malmessa e probabilmente senza un tetto sulla testa. Aveva bevuto e non interloquiva granché con gli altri, anche se quella allegra compagnia nel mezzo della notte sembrava averlo attratto. Si unì ai miei quattro amici, rimanendo un po' indietro alla compagnia.

E' successo tutto d'improvviso. Hanno udito dei passi rapidi, e dal nulla sono apparsi due Rom ben piazzati. Avevano seguito i miei amici, forse da una strada vicina. Sono saltati addosso al senzatetto e l'hanno sbattuto a terra con diversi pugni. C'è voluto solo un istante. Il senzatetto giaceva a terra, i miei amici erano lì in piedi senza sapere che fare. Sorridendo, anche i Rom erano lì in piedi. "E' un vostro amico?" chiese uno di loro. "Pensavamo fosse qualcun altro," disse con un bel sorriso, quasi scusandosi. "Allora, cosa volete fare?" chiese ai miei amici. "Lo lasciate così?" I miei amici non sapevano che dire. Erano tre uomini e una donna, tutti mingherlini, di fronte a tre massicci criminali rom, che non aspettavano altro che di iniziare una rissa. "Gli daremo 20 corone, d'accordo?" minacciò un altro Rom. "Dovrebbero bastare, giusto?" Si stavano divertendo moltissimo. Avevano picchiato un barbone per puro divertimento e ora stavano umiliando chi era insieme a lui.

I miei amici hanno fatto l'unica cosa possibile in quel momento. Hanno chiamato la polizia e segnalato l'incidente, ma quando la pattuglia è arrivata sulla scena, tutto era già terminato. Il senzatetto malmenato si era rialzato e seduto sul marciapiedi ed i Rom erano spariti. Forse erano andati a brindare il successo del loro divertimento con una bevuta. O forse a cercare qualche altra vittima. Di notte le strade sono piene di obiettivi solitari.

E' una storia vera, ma...

Tutto ciò che ho scritto è successo veramente. Solo una cosa non è corretta: gli assalitori non erano Rom; erano Cechi bianchi, come voi e me. Un segno particolare: avevano le teste rasate.

Non Rom, ma dei "bianchi". Qual è la differenza? Beh, probabilmente sono cresciuti in una casa o un appartamento normali, non un ostello con 10 persone per stanza. Non in un edificio in rovina nel quartiere peggiore della città. Probabilmente non hanno frequentato scuole "speciali". Hanno frequentato la scuola dell'obbligo normale, come voi o io, e hanno potuto scegliere dove continuare gli studi. I loro genitori e fratelli non sono andati alla scuola "speciale", quindi quel gruppo non è dovuto crescere tra gente la cui unica istruzione proveniva dalla scuola "speciale". La loro lingua madre è probabilmente il ceco, che a scuola è naturalmente un vantaggio. I loro parenti non sono in prigione e la loro famiglia non sta pagando interessi mortali agli usurai. Il colore della loro pelle è uguale a quello di tutti gli altri. Le guardie di sicurezza non li pedinano nei supermercati. Se salgono sul tram, il controllore non risale tutta la vettura solo per loro. Probabilmente non soffrono di disagi materiali. Non vivono in mezzo a gente in dipendenza da droghe o gioco d'azzardo. Niente di tutto questo può spiegare il motivo per cui assalgono delle persone. Se picchiano la gente, è solo per divertimento.

Qual è la differenza più grande? Se fossero stati Rom, avreste appreso di questa storia dalle prime pagine dei giornali. Le testate online si sarebbero precipate sulla scena del crimine. La gente avrebbe condiviso e diffuso queste notizie attraverso Internet. Gli inserzionisti si starebbero fregando le mani dalla gioia, nel trovare i loro annunci accanto ad articoli che sollevano tanto interesse. La Gioventù Lavoratrice avrebbe indetto una marcia attraverso Brno.

Però... non erano Rom, quindi la maggior parte di voi leggerà quanto è accaduto su di un blog come questo. Dopo tutto, Dio sa cosa è successo davvero. I miei amici, erano ubriachi persi, e chissà cosa hanno visto. Forse sono stati loro a provocare. Cosa ci facevano nel mezzo della notte. Perché il senzatetto era con loro? Tutto ciò non deve sorprendere affatto.

Se gli autori non sono Rom, non è una notizia per la prima pagina di iDNES.cz, solo una banale storia da pub. Quel gruppo violento può con tutto comodo continuare a malmenare i senzatetto e chiunque altro capiti nelle loro mani. A fine settimana indossano le loro t-shirt nere, quelle che indossano per le occasioni speciali, e si spostano a Břeclav o in qualche altra città dove i media staranno tenendo un'altra lezione sulla "violenza romanì". Lì, durante un corteo organizzato dal Partito dei Lavoratori, o di una delle sue varianti, protesteranno ad alta voce contro i Rom che hanno picchiato qualcuno.

 

Segnalazione di Nazzareno Guarnieri



Una delegazione dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) della Presidenza del Consiglio dei Ministri si è recata oggi nella prefettura di Pescara per una serie di incontri istituzionali e con rappresentanti della comunità Rom.

Obiettivo degli incontri è garantire la piena attuazione della strategia italiana di inclusione dei Rom sul territorio, mission alla quale sta dando un grande contributo anche il comune di Pescara. L'attuazione della strategia inclusiva è legata agli impegni internazionali assunti dal governo italiano in quest'ambito riguardo all'attuazione della comunicazione della Commissione europea n.173/2011.

Dopo gli incontri con il questore Passamonti e con il comandante provinciale dei Carabinieri Galanzi, coordinati dal prefetto Vincenzo D'Antuono, i delegati Unar hanno avuto un colloquio con esponenti della comunità Rom, che ha condannato con fermezza l'omicidio del tifoso laziale ucciso la sera del 1° maggio a Pescara presumibilmente da un gruppo di Rom.

La comunità pescarese, hanno assicurato i suoi rappresentanti, è pienamente disponibile a partecipare ad un percorso di inclusione socio-lavorativa, le cui tappe, con le relative iniziative, saranno individuate nell'ambito di un tavolo di lavoro permanente.

La prefettura avrà un ruolo di primo piano nell'organismo, che sarà avviato entro giugno a cura dell'Unar nella sua doppia veste di ente per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni e di struttura di coordinamento della strategia europea e italiana di inclusione dei Rom.

In quest'ottica, ci sarà molta attenzione per la funzione dei mezzi di informazione - La Federazione nazionale della stampa italiana già collabora con Unar - che possono dare un grande contributo nel promuovere un cambiamento culturale in vista del superamento di pregiudizi e stereotipi diffusi.

 
Di Fabrizio (del 04/07/2012 @ 09:24:11, in conflitti, visitato 1713 volte)

Roma buzz monitor Bomba al quartier generale di Euroroma. Ferito attivista

Lunedì (scorso, ndr.) protesta a Londra.

Un attivista si trova in ospedale gravemente ferito, dopo lo scoppio di una bomba venerdì (29 giugno) al quartier generale del partito Euroroma, a Sandanski, l'unica città bulgara ad eleggere un consiglio comunale composto solo da Rom.

Quando Malin Iliev (59 anni) è andato a rimuovere un pacco sospetto lasciato davanti al palazzo alle 6 del mattino, l'ordigno è esploso strappandogli il braccio. Ricoverato nell'ospedale locale, è poi stato trasferito in terapia intensiva a Sofia.

La maggior parte delle finestre degli uffici di Euroroma, che si trova nei pressi della piazza del mercato, sono andate distrutte per la violenza dell'esplosione. Secondo l'agenzia di stampa Novinite anche altri edifici hanno subito danni.

La polizia sta esaminando i resti per determinare il tipo e la quantità di esplosivi usati. Al momento di questo articolo non sono stati ancora effettuati arresti (lunedì 2 luglio, arrestato un ventiduenne, QUI, in bulgaro. Aveva preso parte anche agli incidenti di Katounitsa dell'anno scorso, ndr.). 

"Iliev era uno dei nostri candidati alle elezioni locali," dice Toni Angelov, responsabile della sezione locale di Euroroma. "Riteniamo che si tratti di un attacco a sfondo politico e razziale."

Ma Tsvetan Tsvetanov, ministro degli interni, sosteneva già dal giorno dell'esplosione che la politica non c'entrava, parlando di "atto puramente criminale", sicuro che entro una settimana il commissario di polizia Georgi Kostov avrebbe catturato i responsabili.

L'ex parlamentare Tsvetelin Kanchev, presidente di Euroroma, rilasciato dalla prigione per indulto all'inizio dell'anno, critico con l'amministrazione afferma di temere che la soppressione dell'attività politica romanì continui a tempo indefinito.

Da Londra, Toma Nikolaev, direttore dell'agenzia Defacto, dice che il dipartimento di stato USA ritiene la marginalizzazione dei 700.000 Rom bulgari come la questione dei diritti umani più urgente nel paese. Aggiunge che sono diffuse la corruzione nel governo e nella magistratura, oltre che ai maltrattamenti dei carcerati.

"Parlo per esperienza personale," dice Nikolaev. "I miei uffici sono stai distrutti, sono stato picchiato per strada e una bomba è stata piazzata sul mio balcone. Ecco perché sono fuggito e ho chiesto asilo."

Nikolaev sta affrontando un procedimento di estradizione da Londra su richiesta dei procuratori bulgari. Dicono che dovrebbe scontare ulteriori cinque settimane dell'anno di carcere a cui era stato condannato per piccoli reati di ordine pubblico. Lunedì 2 luglio l'udienza al Westminster Magistrates Court.

Si terrà una protesta davanti al tribunale, contro la sua estradizione e contro l'attentato in Bulgaria.

Nikolaev, presidente di Roma London BG, sta conducendo una campagna contro quello che definisce il regime del primo ministro Boykov Borisov. La segregazione scolastica è ancora comune, con molti bambini che vivono ancora nelle baraccopoli senza aver mai ricevuto nessuna istruzione.

Inoltre, afferma che sotto Tsvetanov la polizia stia conducendo un vero regno di terrore contro gli attivisti rom. Molti sono in carcere, inclusi i suoi colleghi di Kupate (Assieme), un gruppo politico di quattro organizzazioni romanì che ha presentato candidati alle elezioni generali.

Inizialmente, dopo la caduta del comunismo, i Rom vennero spinti a votare per i partiti tradizionali. Se non si votava come indicato, si potevano perdere il lavoro, la pensione o l'appartamento, dice Nikolaev. C'era molta compravendita di voti, cosa che era un handicap per l'attività politica romanì.

Euroroma venne registrata nel 1998 e l'anno seguente i Rom a Silven fondarono Futuro, guidato da Rusi Golemanov. Seguirono Bulgaria Libera ed una ventina di altri gruppi, che portarono ai primi successi nelle elezioni locali.

Bulgaria Libera vinse tre elezioni comunali, ottenendo 60 seggi nei consigli municipali. Nel 2001, vennero eletti due Rom al Parlamento, ma tramite le liste dei partiti tradizionali. Tittavie, dopo le elezioni del 2005, un solo parlamentare rom entrò nel Sobranie. (parola che in molte lingue slave indica il Parlamento; per kla Bulgaria il termine esatto è Assemblea Nazionale, ndr.)

Due anni dopo, grazie anche ad una campagna per l'iscrizione nei registri elettorali condotta da Amalipe e altri, una colaizione tra Euroroma, Drom e PLAM ottenne un centinaio di seggi.

Molti altri Rom sono stati eletti come candidati dei partiti tradizionali. A Sandanski, anche se la comunità rom locale è relativamente piccola, Euroroma ha ottenuto una chiara maggioranza in consiglio comunale, creando un precedente nella storia politica della Bulgaria.

Ma questo successo, in una città che ha preso il nome dal rivoluzionario Yane Sandanski - accusato di aver ucciso numerosi avversari, per ora sembra per ora il segno culminante dei progressi politici romanì. Dozzine di Rom sono stati uccisi dalla polizia e da teppisti neofascisti, molti feriti durante spedizioni paramilitari e pogrom. Nell'attuale clima di repressione pochi osano parlare, mentre la maggioranza è inchiodata al suolo da un tasso di disoccupazione del 70% e dalla spirale di povertà.

 
Di Fabrizio (del 11/07/2012 @ 09:18:09, in conflitti, visitato 1338 volte)

Anarres Riprendiamo, dal sito di Radio Blackout, questo articolo sulle radici profonde del razzismo contro i rom

Nei giorni scorsi la polizia ha arrestato due ultras juventini accusandoli per il pogrom che lo scorso dicembre mandò in fumo le miserabili baracche dove vivevano i rom nel quartiere Le Vallette di Torino.
I due arrestati sono del gruppo "Bravi Ragazzi", una delle poche formazioni ultas juventine di sinistra.

Ricordiamo i fatti.
L'attacco incendiario che il 17 dicembre ha mandato in fumo il campo rom della Continassa a Torino è l'emblema del disprezzo diffuso verso stranieri e immigrati poveri che si allarga ogni giorno di più. Spesso a farne le spese sono i rom.
Siamo alle Vallette. Un quartiere popolare, di quelli dove campare la vita non è mai stato facile. Da un lato il carcere, la discarica sociale dove tanti nati qui finiscono con trascorrere pezzi di vita; dall'altra parte c'è il nuovo stadio della Juve, dove le tensioni sociali si stemperano tra tifo e ginnastica ultrà.
In questo quartiere si è consumato un pogrom.
Una ragazzina racconta un bugia, uno stupro mai avvenuto, punta il dito su due rom, i rom che vivono in baracche fatiscenti tra le rovine della cascina della Continassa.
In questa bugia è il nocciolo di un male profondo. Una famiglia ossessionata dalla verginità della figlia sedicenne, al punto di sottoporla a continue visite ginecologiche, incarna un retaggio patriarcale che stritola la vita di una ragazza. Lei, per timore dei suoi, indica nel rom, brutto, sporco, puzzolente, con una cicatrice sul viso l'inevitabile colpevole.
In pochi giorni nel quartiere cominciano a girare i soliti volantini anonimi dei "cittadini indignati". Da anni in città i comitati più o meno spontanei animati da fascisti, postfascisti e leghisti, soffiano sul fuoco, promovendo marce per la legalità, contro lo spaccio, contro gli zingari. Tutte manifestazioni dalla cui trama sottile emerge la xenofobia, la voglia di forca .
La segretaria dei Democratici torinesi, Brangantini, ha preso le distanze dal corteo indetto per "ripulire" la Continassa, ma quella sera sfilava in prima fila. Con lei c'era tanta "brava gente" accecata dall'odio razzista.
All'arrivo dei vigili del fuoco la folla inferocita li ha fermati a lungo. Ci hanno impiegato tutta la notte a spegnere le fiamme che hanno distrutto il campo.

Quando si punta il dito su un intero popolo, quando tutti sono colpevoli perché due sono sospettati di aver stuprato una ragazza, il passo successivo sono le deportazioni, i lager, le camere a gas. La pulizia etnica. Se sei diverso e povero la tua vita diventa sempre più difficile.
L'estendersi del razzismo e della xenofobia allarga una frattura sociale sulla quale si incardina il consenso verso leggi che annullano anche nella forma l'assunto liberale dell'eguaglianza.
I media fanno la loro parte nel creare un clima di emergenza permanente, accendendo i riflettori sugli immigrati, cui cuciono addosso lo stereotipo del criminale.
I fascisti sguazzano in questo pantano, consolidando la propria presenza attiva, specie in certe zone del paese, ma sarebbe miope non vedere che il male, nella sua terrificante banalità, è ben più profondo. Investe a fondo il sentire comune di interi quartieri, anche tra la gente di "sinistra", come i Bravi Ragazzi della Continassa.
Da anni i pogrom incendiano l'Italia. Bruciano le baracche e corrodono la coscienza civile. Qualcuno agisce, troppi plaudono silenti e rancorosi, certi che saranno più sicuri. Al riparo dalla povertà degli ultimi.

Radio Blackout ne ha discusso con Paolo Finzi della redazione di A, curatore del DVD e libretto "A forza di essere vento" dedicato allo sterminio nazista di rom e sinti.

Ascolta l'intervista
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Di Fabrizio (del 11/07/2012 @ 09:20:03, in conflitti, visitato 1699 volte)

Uno degli arrestati (foto renna) Repubblica.it
I provvedimenti riguardano il clan dei Casella Circone. Il rogo risale al dicembre del 2010. Tra le accuse l'aggravante dell'odio razziale

Diciotto persone, appartenenti al clan camorristico Casella-Circone attivo nell'area orientale di Napoli, sono state arrestate in un'operazione congiunta di carabinieri e polizia. Sono ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione e danneggiamento seguito da incendio, reati aggravati dal metodo mafioso e da finalità di odio razziale.

Nel corso di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli i carabinieri della Compagnia di Poggioreale e gli agenti della squadra Mobile hanno documentato gli affari illeciti del clan, soprattutto estorsioni a imprenditori della zona, identificato personaggi dediti alla ricettazione e al riciclaggio di auto rubate, nonché accertato, scoprendone i responsabili, i motivi dell'incendio appiccato a un campo nomadi il 2 dicembre 2010 per finalità di odio razziale. Gli affiliati volevano infatti distruggere il campo per evitare che i bambini nomadi continuassero a frequentare le stesse scuole dei figli.

 
Di Fabrizio (del 30/07/2012 @ 09:17:21, in conflitti, visitato 1683 volte)

Famiglia Cristiana Furono almeno 500 mila i rom vittime della furia nazista. Un tema su cui esiste ancora un vuoto storico, denuncia l'Opera nomadi. La testimonianza di Goffredo Bezzecchi.
Goffredo Bezzecchi, rom originario di Postumia, porta la sua testimonianza.

27/01/2012 Porrajmos, in romanes, significa "devastazione": è il nome con cui rom e sinti ricordano lo sterminio, di cui anche loro sono stati vittime. Le cifre degli storici parlano di almeno 500 mila zingari uccisi, ma per qualcuno si può arrivare al milione. «Su questo tema c'è un enorme vuoto storico», sottolinea Maurizio Pagani, dell'Opera nomadi di Milano, «nessuno finora ha fatto un tentativo di ricostruzione seria e i testimoni diretti ormai sono pochissimi, poiché la vita media di un rom è inferiore rispetto a quella di un italiano».

Tra i sopravvissuti, c'è Goffredo Bezzecchi detto Mirko, rom harvato nato a Postumia di Grotte (Trieste), da madre rom e padre gagio (termine che in lingua romanes indica i non-rom) «sposati regolarmente in chiesa», ci tiene a sottolineare. Era bambino quando il padre partì soldato e non fece più ritorno, non riesce nemmeno a ricordarne il volto. Con la madre si trasferirono dal nonno, un fabbro stimato dai contadini della zona, che in cambio gli davano pane, patate e qualche soldo. «Una sera, uno di loro venne ad avvisarci di scappare, perché quella notte sarebbero venuti a bruciarci la casa. Facemmo appena in tempo: vedemmo la casa in fiamme». Dì lì iniziò una lunga fuga a piedi, fino a Udine, sotto i bombardamenti. «Ricordo le urla di mia madre, che mi nascondeva dietro la sua ampia gonna perché io non vedessi i cadaveri a pezzi. Una volta, hanno preso due dei nostri ragazzi, ci hanno obbligati a scavare una fossa, fuori da un cimitero, li hanno legati col fil di ferro, gli hanno sparato e li hanno buttati dentro. Una notte, io e il mio amico dormivamo sotto un carro, sono arrivati due tedeschi ubriachi e ci hanno sparato. Mia madre ha urlato vedendomi, ma il sangue che schizzava a frotte era del mio amico, che è morto dissanguato la mattina dopo... C'era anche gente che ci aiutava, qualcuno ci dava da dormire nella stalla, a proprio rischio, e ci offriva un po' di polenta».

A Udine, anche Goffredo e la sua famiglia vengono catturati. Finiscono alla Risiera di San Sabba, a Trieste, poi vengono mandati nel campo di Teramo. «Mia zia invece è finita ad Auschwitz. Č tornata, dopo la guerra, ma non era più normale; non si poteva parlare di ciò che era successo, perché lei cominciava ad urlare». A Teramo, Goffredo e i suoi vengono rinchiusi in baracche fetide, senza latrine, senza possibilità di lavarsi, senza cibo. «Eravamo pieni di pidocchi, arrivò anche il tifo». Da lì vengono spostati a Lipari, poi in Sicilia. Riescono a scappare, raggiungono Genova e nel frattempo la guerra finisce. «Ci cercavano perché siamo rom. Certo. Č come oggi. Non lo dicono, ma è come una malattia: tu, zingaro, sei sempre l'ultimo. Le mie figlie lavorano regolarmente, ma nessuno sa chi sono!».

Giusy Baioni

 
Di Fabrizio (del 14/08/2012 @ 09:13:27, in conflitti, visitato 1933 volte)

Da Hungarian_Roma

The Contrarian Hungarian "Abbiamo attaccato gli zingari e ne siamo fieri" Manifestazione dell'estrema destra a Devecser sfocia in violenza - 8 agosto 2012
Foto ufficiale della manifestazione, dell'Hungarian News Agency - fotografo Lajos Nagy.

C'è curiosamente poca o nessuna copertura sui media ungheresi riguardo al comportamento violento dei gruppi razzisti - alla luce del giorno e di fronte alle telecamere - in un villaggio ungherese il fine settimana scorso.

Quindi, la storia che seguirà non è soltanto su una manifestazione organizzata dal terzo più grande gruppo parlamentare in Ungheria, durante la quale, ancora una volta hanno reso lampante quanto siano vicini alle milizie di estrema destra che abitualmente incitano alla violenza razzista.

Però, è anche una storia sulla mancanza di copertura da parte dei mezzi di informazione, riguardo la più scandalosa agitazione dell'estrema destra ungherese, senza che nessuno di loro fosse personalmente presente a testimoniare la sconcertante crescita di audacia con cui questi gruppi politici rinfocolano i conflitti etnici nei villaggi del paese. Succede sempre più spesso che i media ungheresi rifuggano dal fornire rapporti corretti sul comportamento criminale dei politici di Jobbik e dei suoi alleati paramilitari. Da ciò ne deriva uno dei recenti sviluppi nella retorica dell'estrema destra: vale a dire la loro applicazione piuttosto liberale del concetto di "autodifesa" per giustificare il loro clima intimidatorio e razzista - ed in questo caso - i violenti attacchi alle minoranze. Nel contempo la polizia e gli apparati giuridici stanno a guardare.

Ma torniamo alla storia. La citta di Devecser aveva già ottenuto attenzione internazionale durante il disastro del fango rosso nel 2010 quando, assieme a Koontár, fu una delle diverse città sfortunate inondate dai rifiuti caustici dei materiali tossici conservati nell'impianto di alluminio di Ajka (vedi Wikipedia, ndr.).

Ora, due anni dopo, l'estrema destra si concentra sulla città non perché il risanamento ambientale resta incompiuto, ma perché vuole una dimostrazione di forza contro ciò che loro chiamano l'inazione della polizia contro i vicini rom. Le violenze sembrano aver seguito questo argomento, precipitando in un avvertimento, nella forma di una manifestazione dell'estrema destra, sponsorizzata da un partito, di forza collettiva contro tutti i residenti rom della città.

Jobbik, organizzatore ufficiale dell'evento, vi ha incluso conosciute organizzazioni estremiste e paramilitari violente. Assieme, hanno portato nella cittadina un numero considerevole di simpatizzanti di estrema destra: ne sono arrivati circa 1.000 in una città di 5.000 residenti. La Nuova Guardia Ungherese (Új Magyar Gárda), L'associazione Guardia Civile per un Futuro Migliore (Szebb Jövőért Polgárőr Egyesület), Movimento Giovanile 64 Contee (Hatvannégy Vármegye), Forza di Difesa (Véderő), Guardia Motociclistica (Gárda Motorosok) ed Esercito Fuorilegge (Betyársereg), ognuno con i suoi simpatizzanti (come è stato recentemente chiarito da un tribunale ungherese, dal punto di vista giuridico questo tipo di collaborazione è per loro la più vantaggiosa: assieme, non possono essere ritenuti responsabili di atti criminali specifici durante le proteste; tuttavia, è difficile stabilire responsabilità individuali, con così tanti gruppi presenti).

Jobbik era rappresentata da tre parlamentari: Gábor Ferenczi, Szilvia Bertha e Balázs Lenhardt.

Il rapporto più completo su quanto accaduto viene dalla testimonianza oculare di un collaboratore del blog ungherese Kettős Mérce (Doppio Standard):

Gábor Ferenczi di Jobbik ha iniziato i discorsi. Ha detto di volere pace, ordine e sicurezza a Devecser, e che questa manifestazione è sul diritto degli ungheresi all'autodifesa, perché gli ungheresi possano difendersi e gli zingari assumersi le loro responsabilità.

Ferenczi si è rivolto in particolare al sindaco di Devecser, il quale aveva detto in precedenza alla stampa che la manifestazione di Jobbik non era necessaria. Ferenczi ha esortato il sindaco a non rivolgere le sue parole contro gli ungheresi "normali", invece di ergersi contro i "criminali". Ferenczi ha anche detto di non voler più sentire alcuna lamentela, specialmente nulla di più su furti e truffe degli zingari di Devecser. Se ci dovessero essere problemi di ogni sorta,ha detto di chiamare la Forza di Difesa [Véderő, gruppo paramilitare coinvolta anche nell'occupazione di Gyöngyöspata l'anno scorso]. Ha sottolineato che c'è bisogno della reintroduzione della pena capitale, e dicendo che se i problemi non cesseranno, ci saranno altre manifestazioni.

Dopo è stato il turno di László Toroczkai di 64 Contee [persona più volte accusata, ma mai condannata, di atti terroristici]. Ha iniziato il discorso dicendo che gli ungheresi hanno tre possibilità: immigrare, diventare schiavi "degli zingari" o rimanere e combattere; in questo caso chi fosse stato infastidito "dall'ungarità" doveva andarsene. Ha detto che ci sono zingari e criminalità zingara in tutto il paese e che "dovunque questo gruppo etnico sia presente, si mostrano distruzione e devastazione." Secondo lui, gli zingari vogliono sterminare gli ungheresi, e se vogliono combattere allora bisogna lottare contro di loro, non ci sono altre possibilità. Ha aggiunto anche che gli ungheresi o combattono o diventeranno vittime.

In seguito, è stato lasciato il microfono a  Attila László dell'associazione Guardia Civile per un Futuro Migliore [una manifestazione di questo gruppo ha segnato l'inizio di un lungo periodo di tensioni etniche a Gyöngyöspata l'anno scorso]. "Tutta i rifiuti devono essere spazzati fuori dal paese," ha detto nell'apertura.

Secondo lui, ci si deve ribellare e cacciare tutti i criminali, ed organizzarsi in ogni comunità - per questo, c'è bisogno di tutti gli "ungheresi militanti". In conclusione, ha definito l'autodifesa come "un istinto che arriva alla formulazione durante le emergenze e che viene poi seguito da un'azione cosciente."

Dopo i discorsi, ha avuto luogo il corteo: i manifestanti si sono recati alla casa della famiglia da proteggere per cui erano convenuti. Mentre il testimone arrivava alla casa della famiglia - probabilmente sostenitori di Jobbik o organizzatori locali del partito - i manifestanti cantavano:

"Siete nessuno!" "State per morire, zingari, state per morire qui!"

A questo punto, è iniziata una seconda serie di interventi, il primo di Zsolt Tyirityán (Esercito Fuorilegge - Betyársereg), che ha parlato di guerra razziale e pulizia etnica. "Gli zingari hanno la criminalità nel codice genetico," ha detto. Per rafforzare il concetto, ha aggiunto che sono i "sionisti" a dirigerli per andare contro la legge. "Mi considero un razzista," ha detto Tyirityán, "ed ho intenzione di ergermi per non lasciare spazio vitale ad un'ulteriore razza." "La spazzatura codificata geneticamente dev'essere sterminata dalla vita pubblica." "Stiamo per debellare questo fenomeno, dev'essere estirpato dalle nostre vite."

Successivamente, l'autore del blog ha proseguito verso una casa di amici.

La casa si trovava lungo il percorso dei manifestanti, che sono arrivati poco dopo. "Stavano gridando diversi slogan razzisti ed intimidatori, il mio braccio destro è stato colpito prima da una bottiglia d'acqua e pochi secondi dopo da un più grande pezzo di cemento. Mi sono fatto da parte prima di essere colpito alla testa... Siamo entrati nella casa attraverso il cortile. Nel frattempo, attorno a noi piovevano letteralmente altri pezzi di cemento e bottiglia d'acqua. Entrati in casa abbiamo dovuto chiudere le persiane, perché anche le finestre erano un obiettivo. In casa c'erano molti bambini.

"Una volta che se ne furono andati, ci siamo avventurati fuori dalla casa, scoprendo che avevano fatto lo stesso a molte case abitate dagli zingari." Anche Ferenczi, deputato Jobbik, era tra i feriti. "Davanti alle abitazioni c'era molta polizia, ma è successo lo stesso."

Ne filmato seguente viene ripreso l'incidente all'esterno della casa dove vive la famiglia rom. Lunedì sono stato in grado di vedere un versione più lunga del filmato, preparata da una delle derivazioni di estrema destra - ma quel video (della lunghezza di circa 6') sembra essere stato rimosso da internet. Tuttavia, grazie al blog Egyenlítő si possono ancora guardare su internet i 25 secondi riguardo all'incidente:

Quanto sopra è stato confermato in seguito da un mezzo d'informazione di estrema destra.  Quanto registrato effettivamente non comprende alcune delle citazioni peggiori. Se si dovesse presentare una causa penale per istigazione al conflitto etnico, si dovrebbe far valere questa interazione, disponibile sul video realizzato da ATV. Anche se non si riesce a rendersi conto della dimensione reale della folla, a partire dal minuto 1.08 il discorso si traduce così:

"Che ne pensate, secondo voi ci sono segni di una guerra razziale in questo paese?" - chiede l'oratore alla folla (Zsolt Tyirityánof di Esercito Fuorilegge).
"Sì!" urla la folla dietro di lui.
"Secondo voi, ci sarà un'escalation del conflitto in base alla razzia o all'etnia?"
"Sì!"
"Allora mandiamogli un messaggio!"

Ed i fatti contestati non riguardano, difatti, i partecipanti alla manifestazione! Sono orgogliosi del "successo" della loro protesta unificata. Come scrivono nel titolo di un loro rapporto: "Siamo stati noi ad attaccare gli zingari, e ne siamo fieri."

Questo è quanto è avvenuto a Devecser, nelle parole dell'estrema destra:

"La marcia era guidata dai selvaggi combattenti di Betyársereg, che non conoscono paura, con le loro impressionanti bandiere nere, che non mancano mai di incutere paura al nemico. Dietro di loro seguivano le file disciplinate delle [64] Contee. Il corpo principale era composto da civili e membri di Jobbik, mentre il corteo terminava con Migliore Futuro e le Guardie. Gli ungheresi hanno fatto scappare gli zingari più volte. Prima, presso la casa dove è avvenuto lo scontro [si parla di fine luglio]. C'era un cordone di poliziotti a tutela della strada degli zingari e, dietro di loro, 5-6 zingari erano fermi ad osservare gli ungheresi, ma quando i Fuorilegge hanno caricato - passando attraverso il cordone poliziesco- gli zingari sono fuggiti. I mezzi della polizia hanno bloccato gli ungheresi penetrati nella via degli zingari. Il corteo è proseguito, ma in un'altra strada con molti zingari, ci sono stati ulteriori scontri."

"Gli [epiteto razziale] facevano capolino da dietro il recinto di pietra di una casa abitata da zingari. Stavano registrando lo svolgimento del corteo con una cinepresa rubata chissà dove. E' seguita una discussione tra loro e i manifestanti. Infine, è stata lanciata una bottiglia d'acqua, che ha colpito uno [epiteto razziale] in testa, dopodiché da dietro il recinto hanno lanciato una pietra contro la folla. Ne è seguita una tempesta di pezzi di mattoni, pietre e cemento, che hanno cacciato gli zingari dentro casa. Gábor Ferenczi, membro del parlamento per Jobbik, è stato ferito durante l'incidente - probabilmente colpito alla testa da uno zingaro (ha richiesto le cure nel vicino ospedale di Ajka).

"La polizia non era sul posto, è arrivata dopo, non sono riusciti a gestire la situazione, molti di loro avevano paura. Se il pogrom non c'è stato, non è dipeso da loro. Al momento, gli ungheresi erano assolutamente superiori."

La questione dell'autodifesa e della ferita a Ferenczi è importante per i media: in quanto parlamentare, richiama sufficientemente l'attenzione delle redazioni (con la sua testa ferita, è l'immagine perfetta per un rapporto accattivante). Secondo l'estrema destra, è stato ferito da una bottiglia d'acqua. Sempre secondo la ricostruzione dell'estrema destra, c'è stata una pietra lanciata dalla casa dove si erano prima rifugiati gli abitanti, quando il recinto era stato assalito. Osservando il video, prima che sparisse da internet - tranne il frammento riportato, dall'interno non sono state lanciate pietre. Ma l'incidente, tutto sommato, è un atto di autodifesa: un atto istintivo che si è tradotto in un'azione cosciente e coordinata. Difesa: dalla criminalità codificata geneticamente degli zingari, naturalmente. Cercando un buco in questo solido argomento.

Si potrebbe pensare che quanto sopra potrebbe far riflettere qualsiasi organizzazione attenta al rispetto delle notizie. Tuttavia la storia termina con le tristi note degli eventi che hanno avuto luogo il 5 agosto a Devecser, nell'interpretazione dei principali giornali, tanto governativi che di opposizione.

Quanto segue, ora, è la traduzione parola per parola del rapporto completo su questo "incidente" pubblicato dal più diffuso quotidiano di sinistra in Ungheria:

Il deputato Gábor Ferenczi, rappresentante Jobbik per il distretto di Veszprém, ha chiesto il ripristino della pena capitale, durante un evento organizzato domenica dal suo partito a Devecser dove, secondo le stime del deputato, erano presenti un migliaio di persone.

La manifestazione, dal nome "Vivi e lascia vivere: manifestazione per la legittima autodifesa ungherese," si è tenuta con la partecipazione di Jobbik e di numerose organizzazioni della destra radicale. E' partita dalla piazza di fronte alla chiesa cattolica, dopodiché i manifestanti hanno marciato per le strade in cui pensavano vivessero gli zingari.

A Devecser, città diventata famosa durante il disastro dei fanghi rossi e che conta 5.000 abitanti, Gábor Ferenczi ha dichiarato che il loro obiettivo non è la discriminazione su base etnica, quello che vogliono a Devecser è pace, ordine e sicurezza. "Vivi e lascia vivere in questo comune: è quanto chiediamo ai nostri compatrioti zingari."

Il deputato ha chiesto il rafforzamento della stazione di polizia a Devecser, dopodiché ha sottolineato che nel paese avvengono sempre più brutali atti criminali. Ha dichiarato di chiedere il ripristino della pena di morte, "come deterrente per respingere e prevenire questi crimini."

László Toroczkai, presidente del Movimento Giovanile 64 Contee, ha richiamato i partecipanti a non lasciare il paese ed il loro suolo natale, e non farsi cacciare.

Sfilando dopo il comizio i partecipanti sono sfilati davanti alla casa dove alla fine di luglio avevano avuto luogo una discussione e una rissa, che hanno fornito il motivo della manifestazione.

La polizia ha messo in sicurezza la manifestazione con un cordone, che i dimostranti hanno cercato più volte di rompere. In un'occasione, hanno ingaggiato un lancio di oggetti con i locali, in questo frangente Gábor Ferenczi è stato ferito ad una tempia. Imre Orbán, vicepresidente di Jobbik per il distretto di Veszprém, ha informato l'Agenzia Ungherese delle Notizie che la ferita di Gábor Ferenczi è stata medicata nel locale ospedale di Ajka; la pietra che l'avrebbe colpito, secondo la loro versione, sarebbe stata lanciata dal cortile di una delle case."

Il giornale di sinistra ha preso la storia dal lancio di agenzia: non un giornalista è stato assegnato alla storia (questa sembra sempre più la strategia della stampa ungherese: seguire quanto pubblicato dall'Agenzia Ungherese delle Notizie). Parola su parola, il rapporto sopra riportato si ritrova altrove su diversi media.

Con l'eccezione di alcuni giornali pro-governativi, che fanno affidamento sulla controversa segnalazione di Hir TV. Nel suo resoconto, il canale televisivo conservatore afferma che la testa di Ferenczi è stata colpita da "fuoco amico": la bottiglia d'acqua che l'ha colpito proveniva dai suoi. Ma dato che ciò ha scatenato un grande chiasso da parte dei portali di estrema destra, hanno ritrattato la dichiarazione originale. Questa la versione stampata alla fine, nella sua interezza:

La manifestazione tenuta da Jobbik e dalle organizzazioni di estrema destra vicine, si è conclusa senza gravi incidenti. Due persone durante il corteo sono svenute per il caldo.

La folla ha marciato verso la casa dove nelle scorse settimane c'era stata una rissa tra due famiglie, una ungherese e l'altra zingara, legate tra loro da una lunga faida. Alcuni hanno gettato bottiglie d'acqua contro la casa, da cui sono usciti alcuni rom per strada, ma la polizia ha posto velocemente fine a questo. Gábor Ferenczi di Jobbik è stato colpito con un pezzo di cemento. Precedentemente, il parlamentare aveva tenuto un discorso, in cui dichiarava di essere venuto con intenzioni pacifiche, ma che se nel comune non fosse migliorata la sicurezza, sarebbero tornati. Il politico ha chiesto un rafforzamento della stazione di polizia nella città già colpita dalla catastrofe dei fanghi rossi. Le autorità hanno controllato l'evento con un significativo spiegamento di forze.

Andrebbe oltre lo scopo di questo post già troppo lungo, purtroppo, commentare la questione a portata di mano: quanto è avvenuto a Devecser è incitamento alla guerra etnica e razziale.

Il punto è esattamente sul come e perché l'estrema destra ungherese sta guadagnando terreno in Ungheria. Dalla sola lettura di media e giornali questa storia non esisterebbe quasi. Quando se ne fa menzione, viene distorta nel profondo: distante dalla furia liberata di gruppi razzisti in una lontana città ungherese, si racconta di un raduno con "intenzioni pacifiche".

Il compito appare difficile: non si tratta soltanto della lotta legale, politica e sociale contro l'estremismo, ma anche contro il silenzio e la disinformazione.

 
Di Sucar Drom (del 29/09/2012 @ 07:47:23, in conflitti, visitato 1459 volte)

da U VELTO venerdì 28 settembre 2012
Il comunicato della Caritas di Roma e della Comunità di Sant'Egidio sullo sgombero del "campo" di Tor de Cenci avvenuto poche ore fa.

Questa mattina Vigili urbani e polizia di Stato sono arrivati in gran numero presso il "campo nomadi" di Tor de Cenci per realizzare lo sgombero di persone e cose. Senza avvertire preventivamente, senza chiudere l'area, senza allontanare le persone che vi abitavano, hanno iniziato a distruggere i container che fungevano da oltre 15 anni da abitazioni per i rom.

Le ruspe hanno distrutto uno dopo l'altro i circa 50 container collocati lì dalle precedenti amministrazioni e pagati con soldi pubblici. Le ruspe hanno distrutto tutto davanti agli occhi dei bambini che in quelle "case" avevano dormito fino ad un ora prima, esterrefatti, arrabbiati, atterriti, piangenti. Stamattina si erano preparati per andare a scuola - il pulmino li attendeva - ma la storia è andata in altra direzione. Il pianto di quei bambini è un macigno sulla coscienza di chi ha voluto e realizzato lo sgombero in questo modo indegno di una città considerata per secoli communis patria.

I responsabili delle operazioni hanno detto ai rom che saranno trasferiti per una settimana in un centro di accoglienza allestito in modo provvisorio e successivamente nel campo di Castel Romano, sulla via Pontina, dove vivono già oltre 900 Rom.

Sono mesi che si discute del piano nomadi, che ci si confronta su alternative, arrivando anche a ricorsi legali. Posizioni che, su alcuni punti, vedono l'amministrazione capitolina molto distante dalla sensibilità delle organizzazioni che lavorano per l'integrazione dei rom. Quello che ci preme oggi non è tornare su questi argomenti, ma denunciare il modo violento e incivile con cui è stato urlato agli abitanti del campo di andare via e la fretta con cui si è dato seguito allo sgombero senza programmare pronte alternative dignitose. Ciò che colpisce è il trattamento riservato ai minori, di fronte ai quali è stato inscenato uno spettacolo non degno di un'amministrazione di un Paese civile, capitale di uno stato fondatore dell'UE e patria del diritto.

Ciò a cui hanno assistito stamane in prima persona il Direttore della Caritas di Roma, monsignor Enrico Feroci, e i volontari della Comunità di Sant'Egidio presenti al campo è qualcosa che non appartiene alla nostra cultura e al rispetto dei diritti umani e del fanciullo, che vorremmo non appartenesse alla nostra amata città di Roma.

Abbiamo un'amara certezza: se ci fossero stati altri bambini in quel campo invece dei bambini Rom le modalità, le attenzioni, il linguaggio, sarebbero stati altri.

Non possiamo non ricordare in questa triste circostanza le parole di don Bruno Nicolini, scomparso il 17 agosto scorso dopo una vita spesa al fianco dei rom:
"Chi mai pensa che un nomade sia una persona da prendere sul serio? Chi pensa che il nomade possa essere un santo? Chi pensa che possa essere una persona con cui discuto dell'educazione comune dei nostri figli? Lo zingaro è soltanto un tipo a cui dare qualcosa con molto sospetto, la società lo ha già giudicato. Ma cosa sappiamo di lui? Di quando viene svegliato nel cuore della notte per essere sgomberato. Di quando le loro mogli non vengono accettate negli ospedali per partorire. Come possono crescere i bambini vedendo i rappresentanti dello Stato solo per essere mandati via dalle città?"

 
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