Di Fabrizio (del 05/05/2012 @ 09:23:54, in conflitti, visitato 1615 volte)
Se ultimamente vi è capitato di leggere i giornali,
saprete che a in questi giorni la situazione per la comunità rom di Pescara è di una tensione estrema. Non so come
si possa uscirne. Un invito alla riflessione, grazie a NO(b)LOGO,
partendo da distante
Scrive Guadagnucci, e l'articolo è tutto da leggere, che: "emerge una certa
insofferenza per critiche e suggerimenti sulle pratiche di una corretta
informazione non razzista da parte di chi lavora sul campo".
Ed appunto l'insofferenza alle regole deontologiche dettate dalla
Carta di Roma
quello che fa scrivere a Giustiniani:
Tra le molte e utili raccomandazioni (non riprendere con la telecamera un
rifugiato o una vittima della tratta e non pubblicarne le generalità; nelle
notizie di cronaca nera assegnare lo stesso spazio e rilievo ai fatti in cui
autori e vittime del reato siano di origine straniera piuttosto che italiani) ve
ne sono però altre che personalmente mi lasciano perplesso. La 7.2 ad esempio:
"Si raccomanda di evitare l'utilizzo di termini stigmatizzanti, quali ad
esempio: badante, clandestino, zingaro, vu cumprà". Stigmatizzare vuol dire
disapprovare con "energica e indignata fermezza" (Devoto Oli), biasimare. Dunque
stigmatizzante significa, in buona sostanza, offensivo: lo spiego a me stesso,
perché non ho mai usato questo participio presente.
Ma quali sono i termini alternativi che il giornalista dovrebbe usare?
Non sono un professore come Giustiniani ("Phd in Humanities at Il Messaggero")
ma vi viene assai semplice rispondergli che nel 99,99% non andrebbe usato alcun
termine atto ad identificare etnia o nazionalità o religione o stato sociale.
Non è una questione linguistica ma è l'uso della stigmatizzazione etnica,
nazionale, religiosa che è da condannare.
Quasi mai si giustifica la caratterizzazione etnica nel titolare un articolo di
cronaca.
Ad esempio oggi "il Messagero" titola (adottando una doppia stigmatizzazione,
oltre quella etnica quella sugli ultrà) Giallo a Pescara, irruzione di rom in casa
Ucciso un ultrà biancazzurro di 24 anni
Solo nella Germania nazista qualcuno si sarebbe sognato di titolare "irruzione
di ebrei" o "giustiziato in casa dai giudei" in un episodio che vede
protagonisti personaggi della microcriminalità di religione o di origine
ebraica.
Invece per il giornalismo italiano è lecito titolare in questo modo ogni qual
volta ci sia uno "zingaro" coinvolto in un episodio di cronaca (ed anche quando
lo zingaro non c'è,
come nel caso del calcio scommesse), e l'effetto diretto è
il
vaso di pandora di commenti razzisti che si accumulano sotto all'articolo.
Ancora peggio è soffiare sul fuoco su una situazione come quella di Pescara dove
il circolo vizioso dell'intolleranza e dell'emarginazione sta diventando
esplosivo.
Segnalo un ulteriore esempio di sensazionalismo razzista, utilizzo sempre come
esempio un articolo de il Messaggero per ricollegarmi al commento di Giustiniani
ma anche in questo caso praticamente tutta la stampa cade negli stessi errori:
Quello che resta nell'opinione pubblica è solo quello che sommariamente si
evince dal titolo: gli zingari hanno centinaia (qualcuno ha scritto 5000) auto
di lusso nei campi e le usano per fare rapine.
Nella realtà nei campi Rom la finanza ha trovato solo alcune decine di
emarginati, sfruttati dalla criminalità organizzata, che non avendo niente da
perdere si sono venduti anche il nome fungendo da prestanome per il giro di auto
illegalmente intestate e che dai campi non sono mai passate.
Quando i giornalisti capiranno che la differenza da fare non è tra le parole
"zingaro" e "rom" ma quella ben più significativa tra delinquenza ed
emarginazione (che sono stati sociali tra loro correlati ma del tutto
indipendenti da etnia e nazionalità) sarà sempre troppo tardi.
Di seguito da Pescara parla Nazzareno Guarnieri,
del Comitato scientifico Centro studi e ricercAzioni Ciliclò. Intervista
realizzata da Radio Radicale, licenza Creative Commons attribuzione 2.5.
Comunicazione importante, sempre da Nazzareno Guarnieri:
Vi chiedo un favore, la situazione è molto grave. Non prendete iniziative
pubbliche in questa fase. Avremo bisogno del vs. aiuto nei prossimi giorni e ve
lo chiederemo, ma ora fateci lavorare in silenzio per cercare di raggiungere
alcuni obiettivi per l'incolumità fisica delle persone. Abbiamo già fatto molte
richieste alle istituzioni locali e nazionali che non possiamo rendere pubbliche
per far sì che vengano effettivamente accolte al momento giusto.
Circa venti giovani si sono presentati nella notte all'interno del Bingo che
si trova lungo la via Vestina, a Montesilvano (Pescara), con i volti coperti da
passamontagna e sciarpe. Cercavano i nomadi, che spesso frequentano questa
struttura ma da qualche giorno non si fanno vedere. La loro frequentazione del
Bingo si e' interrotta presumibilmente a seguito dell'omicidio di Domenico
Rigante, l'ultra' 24enne di Pescara che sarebbe stato ucciso proprio da un rom,
Domenico Ciarelli, arrestato sabato dalla polizia.
Nell'ambiente nomade si temono ritorsioni da parte dell'ambiente della
tifoseria pescarese a cui Rigante apparteneva. Quando c'e' stata l'irruzione nel
Bingo erano presenti circa 30 giocatori. Dopo aver fatto un giro senza trovare
cio' che volevano i giovani si sono allontanati e hanno chiesto scusa per
l'irruzione. Non sarebbero state viste armi ma non si esclude che l'obiettivo
fosse quello di aggredire e picchiare gli zingari. Quando sono andati via, erano
le 2.30 circa, e' stato lanciato l'allarme e sono stati avvertiti i carabinieri
della compagnia di Montesilvano, coordinati dal capitano Enzo Marinelli, che
hanno raccolto le testimonianze dei presenti e si stanno occupando delle
indagini. (AGI) Pe1/Ett
Commento di Pavel Pospěch: I Rom "sull'attacco a Brno" -
Pavel Pospěch, translated by Gwendolyn Albert
Prague, 11.5.2012 20:32, (Originally published in Czech at Blog RESPEKT. Published with the
kind consent of the author)
La criminalità rom sta uscendo di controllo e ogni giorno ci sono violenze
per le strade. Inoltre, i media sono dalla parte dei Rom ed ignorano
completamente il problema. Questo significa che noi gente comune dobbiamo
condividere le nostre esperienze e quanto sappiamo, così che sempre di più i
politici sappiano che non siamo indifferenti agli attacchi dei Rom!
Vi dirò cos'è successo ai miei amici. Qualche sera fa, stavano bighellonando
per le strade di Brno, cercando un posto aperto dove poter continuare la loro
appassionata discussione davanti ad una birra. Per strada si aggregò un
compagno, dall'apparenza piuttosto malmessa e probabilmente senza un tetto sulla
testa. Aveva bevuto e non interloquiva granché con gli altri, anche se quella
allegra compagnia nel mezzo della notte sembrava averlo attratto. Si unì ai miei
quattro amici, rimanendo un po' indietro alla compagnia.
E' successo tutto d'improvviso. Hanno udito dei passi rapidi, e dal nulla
sono apparsi due Rom ben piazzati. Avevano seguito i miei amici, forse da una
strada vicina. Sono saltati addosso al senzatetto e l'hanno sbattuto a terra con
diversi pugni. C'è voluto solo un istante. Il senzatetto giaceva a terra, i miei
amici erano lì in piedi senza sapere che fare. Sorridendo, anche i Rom erano lì
in piedi. "E' un vostro amico?" chiese uno di loro. "Pensavamo fosse qualcun
altro," disse con un bel sorriso, quasi scusandosi. "Allora, cosa volete fare?"
chiese ai miei amici. "Lo lasciate così?" I miei amici non sapevano che dire.
Erano tre uomini e una donna, tutti mingherlini, di fronte a tre massicci
criminali rom, che non aspettavano altro che di iniziare una rissa. "Gli daremo
20 corone, d'accordo?" minacciò un altro Rom. "Dovrebbero bastare, giusto?" Si
stavano divertendo moltissimo. Avevano picchiato un barbone per puro
divertimento e ora stavano umiliando chi era insieme a lui.
I miei amici hanno fatto l'unica cosa possibile in quel momento. Hanno
chiamato la polizia e segnalato l'incidente, ma quando la pattuglia è arrivata
sulla scena, tutto era già terminato. Il senzatetto malmenato si era rialzato e
seduto sul marciapiedi ed i Rom erano spariti. Forse erano andati a brindare il
successo del loro divertimento con una bevuta. O forse a cercare qualche altra
vittima. Di notte le strade sono piene di obiettivi solitari.
E' una storia vera, ma...
Tutto ciò che ho scritto è successo veramente. Solo una cosa non è corretta:
gli assalitori non erano Rom; erano Cechi bianchi, come voi e me. Un segno
particolare: avevano le teste rasate.
Non Rom, ma dei "bianchi". Qual è la differenza? Beh, probabilmente sono
cresciuti in una casa o un appartamento normali, non un ostello con 10 persone
per stanza. Non in un edificio in rovina nel quartiere peggiore della città.
Probabilmente non hanno frequentato scuole "speciali". Hanno frequentato la
scuola dell'obbligo normale, come voi o io, e hanno potuto scegliere dove
continuare gli studi. I loro genitori e fratelli non sono andati alla scuola
"speciale", quindi quel gruppo non è dovuto crescere tra gente la cui unica
istruzione proveniva dalla scuola "speciale". La loro lingua madre è
probabilmente il ceco, che a scuola è naturalmente un vantaggio. I loro parenti
non sono in prigione e la loro famiglia non sta pagando interessi mortali agli
usurai. Il colore della loro pelle è uguale a quello di tutti gli altri. Le
guardie di sicurezza non li pedinano nei supermercati. Se salgono sul tram, il
controllore non risale tutta la vettura solo per loro. Probabilmente non
soffrono di disagi materiali. Non vivono in mezzo a gente in dipendenza da
droghe o gioco d'azzardo. Niente di tutto questo può spiegare il motivo per cui
assalgono delle persone. Se picchiano la gente, è solo per divertimento.
Qual è la differenza più grande? Se fossero stati Rom, avreste appreso di
questa storia dalle prime pagine dei giornali. Le testate online si sarebbero
precipate sulla scena del crimine. La gente avrebbe condiviso e diffuso queste
notizie attraverso Internet. Gli inserzionisti si starebbero fregando le mani
dalla gioia, nel trovare i loro annunci accanto ad articoli che sollevano tanto
interesse. La Gioventù Lavoratrice avrebbe indetto una marcia attraverso Brno.
Però... non erano Rom, quindi la maggior parte di voi leggerà quanto è
accaduto su di un blog come questo. Dopo tutto, Dio sa cosa è successo davvero.
I miei amici, erano ubriachi persi, e chissà cosa hanno visto. Forse sono stati
loro a provocare. Cosa ci facevano nel mezzo della notte. Perché il senzatetto
era con loro? Tutto ciò non deve sorprendere affatto.
Se gli autori non sono Rom, non è una notizia per la prima pagina di
iDNES.cz, solo una banale storia da pub. Quel gruppo violento può con tutto
comodo continuare a malmenare i senzatetto e chiunque altro capiti nelle loro
mani. A fine settimana indossano le loro t-shirt nere, quelle che indossano per
le occasioni speciali, e si spostano a Břeclav o in qualche altra città dove i
media staranno tenendo un'altra lezione sulla "violenza romanì". Lì, durante un
corteo organizzato dal Partito dei Lavoratori, o di una delle sue varianti,
protesteranno ad alta voce contro i Rom che hanno picchiato qualcuno.
Di Fabrizio (del 13/06/2012 @ 09:09:14, in conflitti, visitato 1361 volte)
Segnalazione di Nazzareno Guarnieri
Una delegazione dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) della
Presidenza del Consiglio dei Ministri si è recata oggi nella prefettura di
Pescara per una serie di incontri istituzionali e con rappresentanti della
comunità Rom.
Obiettivo degli incontri è garantire la piena attuazione della strategia
italiana di inclusione dei Rom sul territorio, mission alla quale sta dando un
grande contributo anche il comune di Pescara. L'attuazione della strategia
inclusiva è legata agli impegni internazionali assunti dal governo italiano in
quest'ambito riguardo all'attuazione della comunicazione della Commissione
europea n.173/2011.
Dopo gli incontri con il questore Passamonti e con il comandante provinciale dei
Carabinieri Galanzi, coordinati dal prefetto Vincenzo D'Antuono, i delegati Unar
hanno avuto un colloquio con esponenti della comunità Rom, che ha condannato con
fermezza l'omicidio del tifoso laziale ucciso la sera del 1° maggio a Pescara
presumibilmente da un gruppo di Rom.
La comunità pescarese, hanno assicurato i suoi rappresentanti, è pienamente
disponibile a partecipare ad un percorso di inclusione socio-lavorativa, le cui
tappe, con le relative iniziative, saranno individuate nell'ambito di un
tavolo
di lavoro permanente.
La prefettura avrà un ruolo di primo piano nell'organismo, che sarà avviato
entro giugno a cura dell'Unar nella sua doppia veste di ente per la prevenzione
e il contrasto delle discriminazioni e di struttura di coordinamento della
strategia europea e italiana di inclusione dei Rom.
In quest'ottica, ci sarà molta attenzione per la funzione dei mezzi di
informazione - La Federazione nazionale della stampa italiana già collabora con
Unar - che possono dare un grande contributo nel promuovere un cambiamento
culturale in vista del superamento di pregiudizi e stereotipi diffusi.
Di Fabrizio (del 04/07/2012 @ 09:24:11, in conflitti, visitato 1713 volte)
Roma buzz monitorBomba al quartier generale di Euroroma. Ferito
attivista
Lunedì (scorso, ndr.) protesta a Londra.
Un attivista si trova in ospedale gravemente ferito, dopo lo scoppio di una
bomba venerdì (29 giugno) al quartier generale del partito Euroroma, a
Sandanski, l'unica città bulgara ad eleggere un consiglio comunale composto solo
da Rom.
Quando Malin Iliev (59 anni) è andato a rimuovere un pacco sospetto lasciato
davanti al palazzo alle 6 del mattino, l'ordigno è esploso strappandogli il
braccio. Ricoverato nell'ospedale locale, è poi stato trasferito in terapia
intensiva a Sofia.
La maggior parte delle finestre degli uffici di Euroroma, che si trova nei
pressi della piazza del mercato, sono andate distrutte per la violenza
dell'esplosione. Secondo l'agenzia di stampa Novinite anche altri edifici hanno
subito danni.
La polizia sta esaminando i resti per determinare il tipo e la quantità di
esplosivi usati. Al momento di questo articolo non sono stati ancora effettuati
arresti (lunedì 2 luglio, arrestato un ventiduenne,
QUI, in
bulgaro. Aveva preso parte anche agli incidenti di
Katounitsa dell'anno scorso, ndr.).
"Iliev era uno dei nostri candidati alle elezioni locali," dice Toni Angelov,
responsabile della sezione locale di Euroroma. "Riteniamo che si tratti di un
attacco a sfondo politico e razziale."
Ma Tsvetan Tsvetanov, ministro degli interni, sosteneva già dal giorno
dell'esplosione che la politica non c'entrava, parlando di "atto puramente
criminale", sicuro che entro una settimana il commissario di polizia Georgi
Kostov avrebbe catturato i responsabili.
L'ex parlamentare Tsvetelin Kanchev, presidente di Euroroma, rilasciato dalla
prigione per indulto all'inizio dell'anno, critico con l'amministrazione afferma
di temere che la soppressione dell'attività politica romanì continui a tempo
indefinito.
Da Londra, Toma Nikolaev, direttore dell'agenzia Defacto, dice che il
dipartimento di stato USA ritiene la marginalizzazione dei 700.000 Rom bulgari
come la questione dei diritti umani più urgente nel paese. Aggiunge che sono
diffuse la corruzione nel governo e nella magistratura, oltre che ai
maltrattamenti dei carcerati.
"Parlo per esperienza personale," dice Nikolaev. "I miei uffici sono stai
distrutti, sono stato picchiato per strada e una bomba è stata piazzata sul mio
balcone. Ecco perché sono fuggito e ho chiesto asilo."
Nikolaev sta affrontando un procedimento di estradizione da Londra su
richiesta dei procuratori bulgari. Dicono che dovrebbe scontare ulteriori cinque
settimane dell'anno di carcere a cui era stato condannato per piccoli reati di
ordine pubblico. Lunedì 2 luglio l'udienza al
Westminster Magistrates Court.
Si terrà una protesta davanti al tribunale, contro la sua estradizione e
contro l'attentato in Bulgaria.
Nikolaev, presidente di Roma London BG, sta conducendo una campagna contro
quello che definisce il regime del primo ministro
Boykov Borisov. La segregazione scolastica è ancora comune, con molti bambini
che vivono ancora nelle baraccopoli senza aver mai ricevuto nessuna istruzione.
Inoltre, afferma che sotto Tsvetanov la polizia stia conducendo un vero regno
di terrore contro gli attivisti rom. Molti sono in carcere, inclusi i suoi
colleghi di Kupate (Assieme), un gruppo politico di quattro organizzazioni
romanì che ha presentato candidati alle elezioni generali.
Inizialmente, dopo la caduta del comunismo, i Rom vennero spinti a votare per
i partiti tradizionali. Se non si votava come indicato, si potevano perdere il
lavoro, la pensione o l'appartamento, dice Nikolaev. C'era molta compravendita
di voti, cosa che era un handicap per l'attività politica romanì.
Euroroma venne registrata nel 1998 e l'anno seguente i Rom a Silven fondarono
Futuro, guidato da Rusi
Golemanov. Seguirono Bulgaria Libera ed una ventina di altri gruppi, che
portarono ai primi successi nelle elezioni locali.
Bulgaria Libera vinse tre elezioni comunali, ottenendo 60 seggi nei consigli
municipali. Nel 2001, vennero eletti due Rom al Parlamento, ma tramite le liste
dei partiti tradizionali. Tittavie, dopo le elezioni del 2005, un solo
parlamentare rom entrò nel Sobranie. (parola che in molte lingue slave
indica il Parlamento; per kla Bulgaria il termine esatto è Assemblea Nazionale,
ndr.)
Due anni dopo, grazie anche ad una campagna per l'iscrizione nei registri
elettorali condotta da Amalipe e altri, una colaizione tra Euroroma, Drom e PLAM
ottenne un centinaio di seggi.
Molti altri Rom sono stati eletti come candidati dei partiti tradizionali. A
Sandanski, anche se la comunità rom locale è relativamente piccola, Euroroma ha
ottenuto una chiara maggioranza in consiglio comunale, creando un precedente
nella storia politica della Bulgaria.
Ma questo successo, in una città che ha preso il nome dal rivoluzionario
Yane Sandanski - accusato di aver ucciso numerosi avversari, per ora sembra per
ora il segno culminante dei progressi politici romanì. Dozzine di Rom sono stati
uccisi dalla polizia e da teppisti neofascisti, molti feriti durante spedizioni
paramilitari e pogrom. Nell'attuale clima di repressione pochi osano parlare,
mentre la maggioranza è inchiodata al suolo da un tasso di disoccupazione del
70% e dalla spirale di povertà.
Di Fabrizio (del 11/07/2012 @ 09:18:09, in conflitti, visitato 1338 volte)
AnarresRiprendiamo, dal sito di Radio Blackout, questo articolo sulle radici profonde
del razzismo contro i rom
Nei giorni scorsi la polizia ha arrestato due ultras juventini accusandoli per
il pogrom che lo scorso dicembre mandò in fumo le miserabili baracche dove
vivevano i rom nel quartiere Le Vallette di Torino.
I due arrestati sono del gruppo "Bravi Ragazzi", una delle poche formazioni
ultas juventine di sinistra.
Ricordiamo i fatti.
L'attacco incendiario che il 17 dicembre ha mandato in fumo il campo rom della
Continassa a Torino è l'emblema del disprezzo diffuso verso stranieri e
immigrati poveri che si allarga ogni giorno di più. Spesso a farne le spese sono
i rom.
Siamo alle Vallette. Un quartiere popolare, di quelli dove campare la vita non è
mai stato facile. Da un lato il carcere, la discarica sociale dove tanti nati
qui finiscono con trascorrere pezzi di vita; dall'altra parte c'è il nuovo
stadio della Juve, dove le tensioni sociali si stemperano tra tifo e ginnastica
ultrà.
In questo quartiere si è consumato un pogrom.
Una ragazzina racconta un bugia, uno stupro mai avvenuto, punta il dito su due
rom, i rom che vivono in baracche fatiscenti tra le rovine della cascina della
Continassa.
In questa bugia è il nocciolo di un male profondo. Una famiglia ossessionata
dalla verginità della figlia sedicenne, al punto di sottoporla a continue visite
ginecologiche, incarna un retaggio patriarcale che stritola la vita di una
ragazza. Lei, per timore dei suoi, indica nel rom, brutto, sporco, puzzolente,
con una cicatrice sul viso l'inevitabile colpevole.
In pochi giorni nel quartiere cominciano a girare i soliti volantini anonimi dei
"cittadini indignati". Da anni in città i comitati più o meno spontanei animati
da fascisti, postfascisti e leghisti, soffiano sul fuoco, promovendo marce per
la legalità, contro lo spaccio, contro gli zingari. Tutte manifestazioni dalla
cui trama sottile emerge la xenofobia, la voglia di forca .
La segretaria dei Democratici torinesi, Brangantini, ha preso le distanze dal
corteo indetto per "ripulire" la Continassa, ma quella sera sfilava in prima
fila. Con lei c'era tanta "brava gente" accecata dall'odio razzista.
All'arrivo dei vigili del fuoco la folla inferocita li ha fermati a lungo. Ci
hanno impiegato tutta la notte a spegnere le fiamme che hanno distrutto il
campo.
Quando si punta il dito su un intero popolo, quando tutti sono colpevoli perché
due sono sospettati di aver stuprato una ragazza, il passo successivo sono le
deportazioni, i lager, le camere a gas. La pulizia etnica. Se sei diverso e
povero la tua vita diventa sempre più difficile.
L'estendersi del razzismo e della xenofobia allarga una frattura sociale sulla
quale si incardina il consenso verso leggi che annullano anche nella forma
l'assunto liberale dell'eguaglianza.
I media fanno la loro parte nel creare un clima di emergenza permanente,
accendendo i riflettori sugli immigrati, cui cuciono addosso lo stereotipo del
criminale.
I fascisti sguazzano in questo pantano, consolidando la propria presenza attiva,
specie in certe zone del paese, ma sarebbe miope non vedere che il male, nella
sua terrificante banalità, è ben più profondo. Investe a fondo il sentire comune
di interi quartieri, anche tra la gente di "sinistra", come i Bravi Ragazzi
della Continassa.
Da anni i pogrom incendiano l'Italia. Bruciano le baracche e corrodono la
coscienza civile. Qualcuno agisce, troppi plaudono silenti e rancorosi, certi
che saranno più sicuri. Al riparo dalla povertà degli ultimi.
Radio Blackout ne ha discusso con Paolo Finzi della redazione di A, curatore del
DVD e libretto "A forza di essere vento" dedicato allo sterminio nazista di rom
e sinti.
Di Fabrizio (del 11/07/2012 @ 09:20:03, in conflitti, visitato 1699 volte)
Uno degli arrestati (foto renna)
Repubblica.it I provvedimenti riguardano il clan dei
Casella Circone. Il rogo risale al dicembre del 2010. Tra le accuse l'aggravante
dell'odio razziale
Diciotto persone, appartenenti al clan camorristico Casella-Circone attivo
nell'area orientale di Napoli, sono state arrestate in un'operazione congiunta
di carabinieri e polizia. Sono ritenute responsabili, a vario titolo, di
associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione e danneggiamento
seguito da incendio, reati aggravati dal metodo mafioso e da finalità di odio
razziale.
Nel corso di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di
Napoli i carabinieri della Compagnia di Poggioreale e gli agenti della squadra
Mobile hanno documentato gli affari illeciti del clan, soprattutto estorsioni a
imprenditori della zona, identificato personaggi dediti alla ricettazione e al
riciclaggio di auto rubate, nonché accertato, scoprendone i responsabili, i
motivi dell'incendio appiccato a un campo nomadi il 2 dicembre 2010 per finalità
di odio razziale. Gli affiliati volevano infatti distruggere il campo per
evitare che i bambini nomadi continuassero a frequentare le stesse scuole dei
figli.
Di Fabrizio (del 30/07/2012 @ 09:17:21, in conflitti, visitato 1683 volte)
Famiglia CristianaFurono almeno 500 mila i rom vittime della furia nazista.
Un tema su cui esiste ancora un vuoto storico, denuncia l'Opera nomadi. La
testimonianza di Goffredo Bezzecchi. Goffredo Bezzecchi, rom originario di Postumia, porta la sua testimonianza.
27/01/2012 Porrajmos, in romanes, significa "devastazione": è il nome con cui
rom e sinti ricordano lo sterminio, di cui anche loro sono stati vittime. Le
cifre degli storici parlano di almeno 500 mila zingari uccisi, ma per qualcuno
si può arrivare al milione. «Su questo tema c'è un enorme vuoto storico»,
sottolinea Maurizio Pagani, dell'Opera nomadi di Milano, «nessuno finora ha
fatto un tentativo di ricostruzione seria e i testimoni diretti ormai sono
pochissimi, poiché la vita media di un rom è inferiore rispetto a quella di un
italiano».
Tra i sopravvissuti, c'è Goffredo Bezzecchi detto Mirko, rom harvato nato a
Postumia di Grotte (Trieste), da madre rom e padre gagio (termine che in lingua
romanes indica i non-rom) «sposati regolarmente in chiesa», ci tiene a
sottolineare. Era bambino quando il padre partì soldato e non fece più ritorno,
non riesce nemmeno a ricordarne il volto. Con la madre si trasferirono dal
nonno, un fabbro stimato dai contadini della zona, che in cambio gli davano
pane, patate e qualche soldo. «Una sera, uno di loro venne ad avvisarci di
scappare, perché quella notte sarebbero venuti a bruciarci la casa. Facemmo
appena in tempo: vedemmo la casa in fiamme». Dì lì iniziò una lunga fuga a
piedi, fino a Udine, sotto i bombardamenti. «Ricordo le urla di mia madre, che
mi nascondeva dietro la sua ampia gonna perché io non vedessi i cadaveri a
pezzi. Una volta, hanno preso due dei nostri ragazzi, ci hanno obbligati a
scavare una fossa, fuori da un cimitero, li hanno legati col fil di ferro, gli
hanno sparato e li hanno buttati dentro. Una notte, io e il mio amico dormivamo
sotto un carro, sono arrivati due tedeschi ubriachi e ci hanno sparato. Mia
madre ha urlato vedendomi, ma il sangue che schizzava a frotte era del mio
amico, che è morto dissanguato la mattina dopo... C'era anche gente che ci
aiutava, qualcuno ci dava da dormire nella stalla, a proprio rischio, e ci
offriva un po' di polenta».
A Udine, anche Goffredo e la sua famiglia vengono catturati. Finiscono alla
Risiera di San Sabba, a Trieste, poi vengono mandati nel campo di Teramo. «Mia
zia invece è finita ad Auschwitz. Č tornata, dopo la guerra, ma non era più
normale; non si poteva parlare di ciò che era successo, perché lei cominciava ad
urlare». A Teramo, Goffredo e i suoi vengono rinchiusi in baracche fetide, senza
latrine, senza possibilità di lavarsi, senza cibo. «Eravamo pieni di pidocchi,
arrivò anche il tifo». Da lì vengono spostati a Lipari, poi in Sicilia. Riescono
a scappare, raggiungono Genova e nel frattempo la guerra finisce. «Ci cercavano
perché siamo rom. Certo. Č come oggi. Non lo dicono, ma è come una malattia: tu,
zingaro, sei sempre l'ultimo. Le mie figlie lavorano regolarmente, ma nessuno sa
chi sono!».
The Contrarian Hungarian"Abbiamo attaccato gli zingari e ne siamo
fieri" Manifestazione dell'estrema destra a Devecser sfocia in violenza
-
8 agosto 2012 Foto ufficiale della manifestazione, dell'Hungarian News Agency - fotografo Lajos
Nagy.
C'è curiosamente poca o nessuna copertura sui media ungheresi riguardo al
comportamento violento dei gruppi razzisti - alla luce del giorno e di fronte
alle telecamere - in un villaggio ungherese il fine settimana scorso.
Quindi, la storia che seguirà non è soltanto su una manifestazione
organizzata dal terzo più grande gruppo parlamentare in Ungheria, durante la
quale, ancora una volta hanno reso lampante quanto siano vicini alle milizie di
estrema destra che abitualmente incitano alla violenza razzista.
Però, è anche una storia sulla mancanza di copertura da parte dei mezzi di
informazione, riguardo la più scandalosa agitazione dell'estrema destra
ungherese, senza che nessuno di loro fosse personalmente presente a testimoniare
la sconcertante crescita di audacia con cui questi gruppi politici rinfocolano i
conflitti etnici nei villaggi del paese. Succede sempre più spesso che i media
ungheresi rifuggano dal fornire rapporti corretti sul comportamento criminale
dei politici di Jobbik e dei suoi alleati paramilitari. Da ciò ne deriva uno dei
recenti sviluppi nella retorica dell'estrema destra: vale a dire la loro
applicazione piuttosto liberale del concetto di "autodifesa" per giustificare il
loro clima intimidatorio e razzista - ed in questo caso - i violenti attacchi
alle minoranze. Nel contempo la polizia e gli apparati giuridici stanno a
guardare.
Ma torniamo alla storia. La citta di Devecser aveva già ottenuto attenzione
internazionale durante il disastro del fango rosso nel 2010 quando, assieme a Koontár,
fu una delle diverse città sfortunate inondate dai rifiuti caustici dei
materiali tossici conservati nell'impianto di alluminio di Ajka (vedi
Wikipedia, ndr.).
Ora, due anni dopo, l'estrema destra si concentra sulla città non perché
il risanamento ambientale resta incompiuto, ma perché vuole una
dimostrazione di forza contro ciò che loro chiamano l'inazione della polizia
contro i vicini rom. Le violenze sembrano aver seguito questo argomento,
precipitando in un avvertimento, nella forma di una manifestazione dell'estrema
destra, sponsorizzata da un partito, di forza collettiva contro tutti i
residenti rom della città.
Jobbik, organizzatore ufficiale dell'evento, vi ha incluso conosciute
organizzazioni estremiste e paramilitari violente. Assieme, hanno portato nella
cittadina un numero considerevole di simpatizzanti di estrema destra: ne sono
arrivati circa 1.000 in una città di 5.000 residenti. La Nuova Guardia Ungherese (Új Magyar Gárda),
L'associazione Guardia Civile per un Futuro Migliore (Szebb Jövőért Polgárőr Egyesület),
Movimento Giovanile 64 Contee (Hatvannégy Vármegye), Forza di Difesa (Véderő),
Guardia Motociclistica
(Gárda Motorosok) ed Esercito Fuorilegge (Betyársereg), ognuno con i suoi
simpatizzanti (come è stato recentemente chiarito da un tribunale ungherese, dal
punto di vista giuridico questo tipo di collaborazione è per loro la più
vantaggiosa: assieme, non possono essere ritenuti responsabili di atti criminali
specifici durante le proteste; tuttavia, è difficile stabilire responsabilità
individuali, con così tanti gruppi presenti).
Jobbik era rappresentata da tre parlamentari: Gábor Ferenczi, Szilvia
Bertha e Balázs Lenhardt.
Il rapporto più completo su quanto accaduto viene dalla
testimonianza oculare di un collaboratore del blog ungherese Kettős Mérce
(Doppio Standard):
Gábor Ferenczi di Jobbik ha iniziato i discorsi. Ha detto di volere
pace, ordine e sicurezza a Devecser, e che questa manifestazione è sul diritto
degli ungheresi all'autodifesa, perché gli ungheresi possano difendersi e gli
zingari assumersi le loro responsabilità.
Ferenczi si è rivolto in particolare al sindaco di Devecser, il quale
aveva detto in precedenza alla stampa che la manifestazione di Jobbik non era
necessaria. Ferenczi ha esortato il sindaco a non rivolgere le sue parole
contro gli ungheresi "normali", invece di ergersi contro i "criminali". Ferenczi
ha anche detto di non voler più sentire alcuna lamentela, specialmente nulla di
più su furti e truffe degli zingari di Devecser. Se ci dovessero essere problemi
di ogni sorta,ha detto di chiamare la Forza di Difesa [Véderő, gruppo
paramilitare coinvolta anche nell'occupazione di Gyöngyöspata l'anno
scorso]. Ha sottolineato che c'è bisogno della reintroduzione della pena
capitale, e dicendo che se i problemi non cesseranno, ci saranno altre
manifestazioni.
Dopo è stato il turno di László Toroczkai di 64 Contee [persona più volte
accusata, ma mai condannata, di atti terroristici]. Ha iniziato il discorso
dicendo che gli ungheresi hanno tre possibilità: immigrare, diventare schiavi
"degli zingari" o rimanere e combattere; in questo caso chi fosse stato
infastidito "dall'ungarità" doveva andarsene. Ha detto che ci sono zingari e
criminalità zingara in tutto il paese e che "dovunque questo gruppo etnico sia
presente, si mostrano distruzione e devastazione." Secondo lui, gli zingari
vogliono sterminare gli ungheresi, e se vogliono combattere allora bisogna
lottare contro di loro, non ci sono altre possibilità. Ha aggiunto anche che gli
ungheresi o combattono o diventeranno vittime.
In seguito, è stato lasciato il microfono a Attila László
dell'associazione Guardia Civile per un Futuro Migliore [una manifestazione di
questo gruppo ha segnato l'inizio di un lungo periodo di tensioni etniche a Gyöngyöspata
l'anno scorso]. "Tutta i rifiuti devono essere spazzati fuori dal paese," ha
detto nell'apertura.
Secondo lui, ci si deve ribellare e cacciare tutti i
criminali, ed organizzarsi in ogni comunità - per questo, c'è bisogno di tutti
gli "ungheresi militanti". In conclusione, ha definito l'autodifesa come "un
istinto che arriva alla formulazione durante le emergenze e che viene poi
seguito da un'azione cosciente."
Dopo i discorsi, ha avuto luogo il corteo: i manifestanti si
sono recati alla casa della famiglia da proteggere per cui erano convenuti.
Mentre il testimone arrivava alla casa della famiglia - probabilmente
sostenitori di Jobbik o organizzatori locali del partito - i manifestanti
cantavano:
"Siete nessuno!" "State per morire, zingari, state per
morire qui!"
A questo punto, è iniziata una seconda serie di interventi, il primo di Zsolt Tyirityán
(Esercito Fuorilegge -
Betyársereg), che ha parlato di guerra razziale e pulizia etnica. "Gli zingari
hanno la criminalità nel codice genetico," ha detto. Per rafforzare il concetto,
ha aggiunto che sono i "sionisti" a dirigerli per andare contro la legge. "Mi
considero un razzista," ha detto Tyirityán, "ed ho intenzione di ergermi per non
lasciare spazio vitale ad un'ulteriore razza." "La spazzatura codificata
geneticamente dev'essere sterminata dalla vita pubblica." "Stiamo per debellare
questo fenomeno, dev'essere estirpato dalle nostre vite."
Successivamente, l'autore del blog ha proseguito verso una casa di amici.
La casa si trovava lungo il percorso dei manifestanti, che sono arrivati
poco dopo. "Stavano gridando diversi slogan razzisti ed intimidatori, il mio
braccio destro è stato colpito prima da una bottiglia d'acqua e pochi secondi
dopo da un più grande pezzo di cemento. Mi sono fatto da parte prima di essere
colpito alla testa... Siamo entrati nella casa attraverso il cortile. Nel
frattempo, attorno a noi piovevano letteralmente altri pezzi di cemento e
bottiglia d'acqua. Entrati in casa abbiamo dovuto chiudere le persiane, perché
anche le finestre erano un obiettivo. In casa c'erano molti bambini.
"Una volta che se ne furono andati, ci siamo avventurati fuori dalla
casa, scoprendo che avevano fatto lo stesso a molte case abitate dagli zingari."
Anche Ferenczi, deputato Jobbik, era tra i feriti. "Davanti alle abitazioni
c'era molta polizia, ma è successo lo stesso."
Ne filmato seguente viene ripreso l'incidente all'esterno della casa dove
vive la famiglia rom. Lunedì sono stato in grado di vedere un versione più lunga
del filmato, preparata da una delle derivazioni di estrema destra - ma quel
video (della lunghezza di circa 6') sembra essere stato rimosso da internet.
Tuttavia, grazie al
blog Egyenlítő si possono ancora guardare su internet i 25 secondi riguardo
all'incidente:
Quanto sopra è stato confermato in seguito da un mezzo d'informazione di
estrema destra. Quanto registrato effettivamente non comprende alcune
delle citazioni peggiori. Se si dovesse presentare una causa penale per
istigazione al conflitto etnico, si dovrebbe far valere
questa interazione, disponibile sul video realizzato da ATV. Anche se non si
riesce a rendersi conto della dimensione reale della folla, a partire dal minuto
1.08 il discorso si traduce così:
"Che ne pensate, secondo voi ci sono segni di una guerra razziale in
questo paese?" - chiede l'oratore alla folla (Zsolt Tyirityánof di Esercito
Fuorilegge). "Sì!" urla la folla dietro di lui. "Secondo voi, ci sarà un'escalation del conflitto in base alla razzia o
all'etnia?" "Sì!" "Allora mandiamogli un messaggio!"
Ed i fatti contestati non riguardano, difatti, i partecipanti alla
manifestazione! Sono orgogliosi del "successo" della loro protesta unificata.
Come scrivono nel titolo di un loro rapporto: "Siamo stati noi ad attaccare gli
zingari, e ne siamo fieri."
Questo è quanto è avvenuto a Devecser, nelle parole dell'estrema destra:
"La marcia era guidata dai selvaggi combattenti di Betyársereg, che non
conoscono paura, con le loro impressionanti bandiere nere, che non mancano mai
di incutere paura al nemico. Dietro di loro seguivano le file disciplinate delle
[64] Contee. Il corpo principale era composto da civili e membri di Jobbik,
mentre il corteo terminava con Migliore Futuro e le Guardie. Gli ungheresi hanno
fatto scappare gli zingari più volte. Prima, presso la casa dove è avvenuto lo
scontro [si parla di fine luglio]. C'era un cordone di poliziotti a tutela della
strada degli zingari e, dietro di loro, 5-6 zingari erano fermi ad osservare gli
ungheresi, ma quando i Fuorilegge hanno caricato - passando attraverso il
cordone poliziesco- gli zingari sono fuggiti. I mezzi della polizia hanno
bloccato gli ungheresi penetrati nella via degli zingari. Il corteo è
proseguito, ma in un'altra strada con molti zingari, ci sono stati ulteriori
scontri."
"Gli [epiteto razziale] facevano capolino da dietro il recinto di pietra
di una casa abitata da zingari. Stavano registrando lo svolgimento del corteo
con una cinepresa rubata chissà dove. E' seguita una discussione tra loro e i
manifestanti. Infine, è stata lanciata una bottiglia d'acqua, che ha colpito uno
[epiteto razziale] in testa, dopodiché da dietro il recinto hanno lanciato una
pietra contro la folla. Ne è seguita una tempesta di pezzi di mattoni, pietre e
cemento, che hanno cacciato gli zingari dentro casa. Gábor Ferenczi, membro del
parlamento per Jobbik, è stato ferito durante l'incidente - probabilmente
colpito alla testa da uno zingaro (ha richiesto le cure nel vicino ospedale di
Ajka).
"La polizia non era sul posto, è arrivata dopo, non sono riusciti a
gestire la situazione, molti di loro avevano paura. Se il pogrom non c'è stato,
non è dipeso da loro. Al momento, gli ungheresi erano assolutamente superiori."
La questione dell'autodifesa e della ferita a Ferenczi è importante per i
media: in quanto parlamentare, richiama sufficientemente l'attenzione delle
redazioni (con la sua testa ferita, è l'immagine perfetta per un rapporto
accattivante). Secondo l'estrema destra, è stato ferito da una bottiglia
d'acqua. Sempre secondo la ricostruzione dell'estrema destra, c'è stata una
pietra lanciata dalla casa dove si erano prima rifugiati gli abitanti, quando il
recinto era stato assalito. Osservando il video, prima che sparisse da internet
- tranne il frammento riportato, dall'interno non sono state lanciate pietre. Ma
l'incidente, tutto sommato, è un atto di autodifesa: un atto istintivo che si è
tradotto in un'azione cosciente e coordinata. Difesa: dalla criminalità
codificata geneticamente degli zingari, naturalmente. Cercando un buco in questo
solido argomento.
Si potrebbe pensare che quanto sopra potrebbe far riflettere qualsiasi
organizzazione attenta al rispetto delle notizie. Tuttavia la storia termina con
le tristi note degli eventi che hanno avuto luogo il 5 agosto a Devecser,
nell'interpretazione dei principali giornali, tanto governativi che di
opposizione.
Quanto segue, ora, è la traduzione parola per parola del rapporto completo su
questo "incidente" pubblicato dal più diffuso quotidiano di sinistra in
Ungheria:
Il deputato Gábor Ferenczi, rappresentante Jobbik per il distretto di Veszprém,
ha chiesto il ripristino della pena capitale, durante un evento organizzato
domenica dal suo partito a Devecser dove, secondo le stime del deputato, erano
presenti un migliaio di persone.
La manifestazione, dal nome "Vivi e lascia vivere: manifestazione per la
legittima autodifesa ungherese," si è tenuta con la partecipazione di Jobbik e
di numerose organizzazioni della destra radicale. E' partita dalla piazza di
fronte alla chiesa cattolica, dopodiché i manifestanti hanno marciato per le
strade in cui pensavano vivessero gli zingari.
A Devecser, città diventata famosa durante il disastro dei fanghi rossi e
che conta 5.000 abitanti, Gábor Ferenczi ha dichiarato che il loro obiettivo non
è la discriminazione su base etnica, quello che vogliono a Devecser è pace,
ordine e sicurezza. "Vivi e lascia vivere in questo comune: è quanto chiediamo
ai nostri compatrioti zingari."
Il deputato ha chiesto il rafforzamento della stazione di polizia a Devecser,
dopodiché ha sottolineato che nel paese avvengono sempre più brutali atti
criminali. Ha dichiarato di chiedere il ripristino della pena di morte, "come
deterrente per respingere e prevenire questi crimini."
László Toroczkai, presidente del Movimento Giovanile 64 Contee, ha
richiamato i partecipanti a non lasciare il paese ed il loro suolo natale, e non
farsi cacciare.
Sfilando dopo il comizio i partecipanti sono sfilati davanti alla casa
dove alla fine di luglio avevano avuto luogo una discussione e una rissa, che
hanno fornito il motivo della manifestazione.
La polizia ha messo in sicurezza la manifestazione con un cordone, che i
dimostranti hanno cercato più volte di rompere. In un'occasione, hanno
ingaggiato un lancio di oggetti con i locali, in questo frangente Gábor Ferenczi
è stato ferito ad una tempia. Imre Orbán, vicepresidente di Jobbik per il
distretto di Veszprém, ha informato l'Agenzia Ungherese delle Notizie che la
ferita di Gábor Ferenczi è stata medicata nel locale ospedale di Ajka; la pietra
che l'avrebbe colpito, secondo la loro versione, sarebbe stata lanciata dal
cortile di una delle case."
Il giornale di sinistra ha preso la storia dal lancio di agenzia: non un
giornalista è stato assegnato alla storia (questa sembra sempre più la strategia
della stampa ungherese: seguire quanto pubblicato dall'Agenzia Ungherese delle
Notizie). Parola su parola, il rapporto sopra riportato si ritrova altrove su
diversi media.
Con l'eccezione di alcuni giornali pro-governativi, che fanno affidamento
sulla controversa segnalazione di Hir TV. Nel suo resoconto, il canale
televisivo conservatore afferma che la testa di Ferenczi è stata colpita da
"fuoco amico": la bottiglia d'acqua che l'ha colpito proveniva dai suoi. Ma dato
che ciò ha scatenato un grande chiasso da parte dei portali di estrema destra,
hanno ritrattato la dichiarazione originale. Questa la versione stampata alla
fine, nella sua interezza:
La manifestazione tenuta da Jobbik e dalle organizzazioni di estrema
destra vicine, si è conclusa senza gravi incidenti. Due persone durante il
corteo sono svenute per il caldo.
La folla ha marciato verso la casa dove nelle scorse settimane c'era
stata una rissa tra due famiglie, una ungherese e l'altra zingara, legate tra
loro da una lunga faida. Alcuni hanno gettato bottiglie d'acqua contro la casa,
da cui sono usciti alcuni rom per strada, ma la polizia ha posto velocemente
fine a questo. Gábor Ferenczi di Jobbik è stato colpito con un pezzo di cemento.
Precedentemente, il parlamentare aveva tenuto un discorso, in cui dichiarava di
essere venuto con intenzioni pacifiche, ma che se nel comune non fosse
migliorata la sicurezza, sarebbero tornati. Il politico ha chiesto un
rafforzamento della stazione di polizia nella città già colpita dalla catastrofe
dei fanghi rossi. Le autorità hanno controllato l'evento con un significativo
spiegamento di forze.
Andrebbe oltre lo scopo di questo post già troppo lungo, purtroppo,
commentare la questione a portata di mano: quanto è avvenuto a Devecser è
incitamento alla guerra etnica e razziale.
Il punto è esattamente sul come e perché l'estrema destra ungherese sta
guadagnando terreno in Ungheria. Dalla sola lettura di media e giornali questa
storia non esisterebbe quasi. Quando se ne fa menzione, viene distorta nel
profondo: distante dalla furia liberata di gruppi razzisti in una lontana città
ungherese, si racconta di un raduno con "intenzioni pacifiche".
Il compito appare difficile: non si tratta soltanto della lotta legale,
politica e sociale contro l'estremismo, ma anche contro il silenzio e la
disinformazione.
Questa mattina Vigili urbani e polizia di Stato sono arrivati in gran numero
presso il "campo nomadi" di Tor de Cenci per realizzare lo sgombero di persone e
cose. Senza avvertire preventivamente, senza chiudere l'area, senza allontanare
le persone che vi abitavano, hanno iniziato a distruggere i
container che fungevano da oltre 15 anni da abitazioni per i rom.
Le ruspe hanno distrutto uno dopo l'altro i circa 50 container collocati lì
dalle precedenti amministrazioni e pagati con soldi pubblici. Le ruspe hanno
distrutto tutto davanti agli occhi dei bambini che in quelle "case" avevano
dormito fino ad un ora prima, esterrefatti, arrabbiati, atterriti, piangenti.
Stamattina si erano preparati per andare a scuola - il pulmino li attendeva - ma
la storia è andata in altra direzione. Il pianto di quei bambini è un macigno
sulla coscienza di chi ha voluto e realizzato lo sgombero in questo modo indegno
di una città considerata per secoli communis patria.
I responsabili delle operazioni hanno detto ai rom che saranno trasferiti per
una settimana in un centro di accoglienza allestito in modo provvisorio e
successivamente nel campo di Castel Romano, sulla via Pontina, dove vivono già
oltre 900 Rom.
Sono mesi che si discute del piano nomadi, che ci si confronta su alternative,
arrivando anche a ricorsi legali. Posizioni che, su alcuni punti, vedono
l'amministrazione capitolina molto distante dalla sensibilità delle
organizzazioni che lavorano per l'integrazione dei rom. Quello che ci preme oggi
non è tornare su questi argomenti, ma denunciare il modo violento e incivile con
cui è stato urlato agli abitanti del campo di andare via e la fretta con cui si
è dato seguito allo sgombero senza programmare pronte alternative dignitose. Ciò
che colpisce è il trattamento riservato ai minori, di fronte ai quali è stato
inscenato uno spettacolo non degno di un'amministrazione di un Paese civile,
capitale di uno stato fondatore dell'UE e patria del diritto.
Ciò a cui hanno assistito stamane in prima persona il Direttore della Caritas di
Roma, monsignor Enrico Feroci, e i volontari della Comunità di Sant'Egidio
presenti al campo è qualcosa che non appartiene alla nostra cultura e al
rispetto dei diritti umani e del fanciullo, che vorremmo non appartenesse alla
nostra amata città di Roma.
Abbiamo un'amara certezza: se ci fossero stati altri bambini in quel campo
invece dei bambini Rom le modalità, le attenzioni, il linguaggio, sarebbero
stati altri.
Non possiamo non ricordare in questa triste circostanza le parole di don Bruno
Nicolini, scomparso il 17 agosto scorso dopo una vita spesa al fianco dei rom:
"Chi mai pensa che un nomade sia una persona da prendere sul serio? Chi pensa
che il nomade possa essere un santo? Chi pensa che possa essere una persona con
cui discuto dell'educazione comune dei nostri figli? Lo zingaro è soltanto un
tipo a cui dare qualcosa con molto sospetto, la società lo ha già giudicato. Ma
cosa sappiamo di lui? Di quando viene svegliato nel cuore della notte per essere
sgomberato. Di quando le loro mogli non vengono accettate negli ospedali per
partorire. Come possono crescere i bambini vedendo i rappresentanti dello Stato
solo per essere mandati via dalle città?"
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