Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

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\\ Mahalla : VAI : conflitti (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 08/07/2005 @ 19:59:51, in conflitti, visitato 2075 volte)

Google: ore 18.30

Nipote, non sta bene bere da soli!

 
Di Fabrizio (del 10/07/2005 @ 15:19:32, in conflitti, visitato 2061 volte)

Da: Rachel Francis - UK Association of Gypsy Women

Ilire Xhama. Home Office Ref: X1032702

Ilire Xhama dopo una vita di persecuzioni lasciò la sua casa in Serbia. Come Rom, musulmana e portavoce della comunità albanese, ha dovuto subire violenze e umiliazioni sia dai Serbi che dai Kossovari.

Una notte di tre anni fa, casa sua fu circondata da uomini armati e data alle fiamme. Durante la fuga, Ilire e suo marito furono malmenati. Ilire era incinta. Suo marito morì per le percosse e lei rimase con sua figlia di quattro anni, testimone anche lei delle atrocità passate.

[Arrivati in Gran Bretagna] sia Ilire che sua figlia mostrarono disordini mentali ed emotivi, conseguenze delle violenze subite. Qui è nato il secondo figlio, pochi mesi dopo il loro arrivo e nonostante tutto, hanno tentato di ricostruirsi una vita. Entrambe i bambini parlano inglese come lingua madre, frequentano la scuola, hanno amici e conducono una vita "normale".

Ora il Ministero degli Interni ha stabilito che per loro è giunto il tempo di fare ritorno da dove sono scappate traumatizzate e dove il bambino più piccolo non ha mai vissuto.

Testimonianze raccolte dalle Nazioni Unite, da Amnesty International e da altri esprimono "grave e profonda preoccupazione" sul futuro dei Rom (in particolare in quella parte d'Europa).

L'Ombudsman in Kossovo ha scritto ai governi europei per ammonire sui rischi che i rifugiati all'estero corrono ritornando in patria.

[...]

Fonte: Romano_Liloro

Petizione on line: http://www.sivola.net/download/kossovo.htm

 
Di Fabrizio (del 12/07/2005 @ 17:59:49, in conflitti, visitato 2773 volte)

Daniele Mezzana (visitate il suo blog) è coautore di un libro sulla rappresentazione delle società africane.

Sto digerendolo con molta calma: non è facile comprendere tutti i riferimenti all'organizzazione di un continente così vasto.

Ogni tanto il discorso si fa più esplicito:

[...] Quale fosse il posto dell'Africa in tutto questo non sempre era chiaro. "Come un succube l'Africa pesa sul riposo dell'Europa..." In una stampa ne "Le Rire" (18.iv.1896), l'Europa viene rappresentata come una giovane donna addormentata (La stampa è stata copiata da "Lustige Blätter". E' un pastiche del dipinto Le Cauchemar di Johann Heinrich Füssli (1741 - 1825). Starobinski, 1987, pp. 82, 76). Una particolarità, fra parentesi, è che la didascalia parla di "succube", cioè un demone donna che si riteneva avesse rapporti sessuali con uomini addormentati (Oxford English Dictionary), mentre la figura ritratta è quella di un "incubo", demone maschio, conformemente alle convenzioni del genere,in cui le figure rappresentate sonosempre "unisex". La didascalia parla di "Uno dei numerosi malesseri (ma forse il più pesante) che ora gravano sul vecchio continente.Ogni potenza europea ha qui il suo ostacolo o vespaio". La rappresentazione è singolare. Se il continente è vecchio, allora perché viene rappresentato come una giovane donna? Perché l'Europa viene rappresentata con sembianze umane e femminili e l'Africa come un demone e maschio? E soprattutto, quando l'Africa èvittima dell'aggressione europea, perché viene rappresentata come l'aggressore, come l'incubo di un'Europa che sta svanendo? E' il capovolgimento del mondo: incolpare la vittima.Come immagine dell'Africa si richiama al gargoyle del primo Medioevo.

[...]

Il regime europeo più scellerato in Africa era il Libero Stato del Congo di re Leopoldo. [...] costituito nel 1885 sotto il dominio personale di re Leopoldo, era un'iniziativa finanziaria ed economica più che un'entità politica. Esso rivendicava le terre che non venivano coltivate bene e vietava alla popolazione diiniziare nuove coltivazioni, imponendo al contempo pesanti tributi e prestazioni di lavoro.

[...]

"E' un suicidio per gli europei, notava un osservatore inglese, ammettere che gli indigeni possano fare qualcosa meglio di loro.Devono sostenere di essere superiori in tutto e permettere agli indigeni di svolgere soltanto un ruolo secondario o subordinato" (Symonds, 1966, p. 76;cfr.Memmi 1957/1965) [...]

A poco a poco, l'immagine cambiò e gli africani vennero caratterizzati non più come selvaggi o primitivi, bensì come impulsivi e infantili - la seconda parte del "mezzo diavolo e mezzo bambino".

[pagg. 156, 157, 158]


Società africane. L'Africa sub-sahariana tra immagine e realtà - Anno 2005 - Editore Zelig - Collana Futura - 330 p., brossura (cur. Mezzana Daniele, Quaranta Giancarlo)

Immagine d'Africa
 
Di Fabrizio (del 22/07/2005 @ 01:42:08, in conflitti, visitato 1811 volte)

In vista dei futuri colloqui sullo status, la Germania e altri paesi d’accoglienza aumentano le pressioni per il rimpatrio dei profughi del Kosovo. La difficile situazione delle minoranze, la posizione dell’Unhcr e i protocolli segreti. Da Transitions Online

Di Karin Waringo, Transitions Online, 11 luglio 2005

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Letizia Gambini
- continua

La petizione

 
Di Fabrizio (del 23/07/2005 @ 14:12:57, in conflitti, visitato 2744 volte)

COMUNICATO STAMPA AMNESTY INTERNATIONAL
AI Index:    EUR 70/011/2005    (Public)
News Service No:     189
13 July 2005

Kosovo: Proteggere il diritto alla vita e alla salute

La salute di centinaia di Rom, Ashkali ed Egizi, attualmente rifugiati in un ex discarica di rifiuti tossici in Kossovo, è in serio pericolo. Dal 1999 sono sistemati nel terreno della compagnia mineraria Trepca a Zvecan, presso Mitrovica, dopo essere stati costretti ad abbandonare il loro quartere a seguito del conflitto. Nel sangue dei 531 adulti e bambini si sono registrati alti livelli di piombo.

Amnesty International ha inviato una richiesta alla missione ONU (UNMIK) e all'autogoverno provvisorio (PISG), perché si ponga rimedio alla seria minaccia che grava su questi tre gruppi minoritari. La mancanza di provvedimenti in tal senso è una violazione del diritto alla vita sancito dalle leggi internazionali.

Sian Jones, collaboratore di Amnesty International per Serbia e Montenegro (incluso Kossovo): "L'alta concentrazione di piombo nell'aria e nel terreno, come pure nel sangue della popolazione locale, erano provati dagli studi condotti ben prima del 1999. L'UNMIK era a conoscenza di questa situazione almeno dal 2000. In tutto questo tempo, niente è stato fatto per trovare una sistemazione altenativa".

In due rapporti del luglio e dell'ottobre 2004, la sezione di Pristina dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ammoniva che circa in un terzo dei bambini esaminati i livelli di piombo nel sangue erano inaccettabili e in 12 di loro erano addirittura eccezionali. Concludeva "Il caso è urgente. La vita e gli sviluppi futuri dei bambini sono a rischio".

L'alta esposizione all'inquinamento da piombo porta a disfunzioni circolatorie negli adulti e nei bambini a deficit nel sistema nervoso centrale, che possono degenerare in convulsioni, coma, sino al decesso. Anche bassi livelli di esposizione portano a una diminuzione delle facoltà intellettive, alle capacità di crescita e dell'attenzione.

Il rischio per la salute è progressivo e cumulativo. Ma si presume che allontanando i bambini dalla fonte di inquinamento, è possibile ridurre in qualche settimana del 50% l'avvelenamento da piombo.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha richiesto la rilocazione dei rifugiati nel campo. [...]

Amnesty International è conscia che nelle comunità di Rom, Ashkali ed Egizi si teme di essere continuamente spostati da un campo all'altro, senza possibilità di tornare alle proprie case. Sappamo anche che molti degli interessati sono stati informati completamente sui rischi che corre la loro salute.

Chiediamo quindi un'azione immediata per:

  • evacuare immediatamente il campo in una posizione più salubre;
  • assicurare la partecipazione della comunità alle decisioni da prendere;
  • controllo dei livelli di avvelenamento e sui conseguenti effetti;
  • attenzione alle donne incinte e ai bambini;
  • assicurare che la rilocazione dei rifugiati non comprometta il diritto alle loro residenze di prima della guerra;
  • assicurare che la rilocazione sia rispettosa dei diritti di vita, libertà, dignità e sicurezza;
  • fare in modo che il reinsediamento della comunità assicuri ai membri stessi possibilità di impiego.

Public Document
****************************************
For more information please call Amnesty International's press office in London, UK, on +44 20 7413 5566
Amnesty International, 1 Easton St., London WC1X 0DW.  web:
http://www.amnesty.org

For latest human rights news view http://news.amnesty.org  

 
Di Fabrizio (del 01/08/2005 @ 16:20:13, in conflitti, visitato 11254 volte)
61 anni fa, il giorno 2 agosto 1944, le truppe sovietiche liberarono Auschwitz. La "sezione Rom" del campo era stata smantellata e in una notte vennero gasati circa 3000 Rom, uomini, donne e bambini. I prigionieri fecero una resistenza, attaccarono le SS, ma fu tutto inutile.
Un articolo sulla memoria di questi 61 anni.


Note a margine per una Storia dell'Olocausto

By Karin WARINGO, in: Index on Censorship 2 2005

I pregiudizi persistenti usati per disconoscere l'Olocausto Rom

A Francoforte, Braubachstrasse è una piccola strada quasi insignificante, che congiunge i due principali assi di comunicazione nel centro della città. Le decine di migliaia di turisti la percorrono inconsapevoli, per raggiungere la Paulskirche, la culla della democrazia tedesca, o il Römer, pseudo-romantica ricostruzione del municipio. Tre volte all'anno quella strada è palcoscenico di uno strano pellegrinaggio: una folla di Rom e di simpatizzanti si raduna si fronte a un grigio edificio sul lato sinistro della strada. Qui dopo tanti anni c'è ancora la sede del Dipartimento di Salute Pubblica, dove lavorarono il biologo nazista Robert Ritter e la sua assistente Eva Justin. Anche quest'anno la folla ricorderà la liberazione di Auschwitz, la liquidazione del cosiddetto "campo Zingaro" ad Auschwitz-Birkenau ed il decreto che stabiliva la deportazione di Rom e Sinti.

Le ricerche di Robert Ritter su quelle che considerava le caratteristiche razziali dei Rom, fornirono le basi alle teorie pseudo- scientifiche della soluzione finale. Vennero distinti i Rom puri dai mezzosangue. Stabilito che erano discendenti, per quanto primitivi, di una casta indiana, ma nel contempo geneticamente proni al crimine e alla devianza sociale.

Ne lui ne la sua assistente furono mai condannati e nel dopoguerra furono usati anche come esperti nel giudicare le cause legali intentate dai Rom. Toccò alla Frankfurt Roma Union richiedere per molto tempo al comune di porre sull'edificio una targa che ricordasse le responsabilità della scienza nel genocidio dei Rom.

Un'indicazione della mancanza di interesse su questi argomenti è l'assenza di dati precisi sui Rom morti sotto il nazismo. Gli attivisti Rom indicano una cifra tra 500.000 e 1,5 milioni di morti, altre stime più modeste danno una cifra di 100.000. Molte delle uccisioni avvennero lontano dai riflettori e non vennero documentate, altre vittime furono elencate come Ebree.

Da parte Rom, mancò un nucleo intellettuale e una diaspora recettiva, per raccontare la loro versione della storia (cfr. Pirori). Inoltre furono pochissimi i sopravvissuti, soltanto 13 Rom fecero ritorno dai campi di sterminio in Belgio [...]

L'etichetta di asociali affibbiata ai Rom dai nazisti e la persistenza degli stereotipi d'anteguerra ha seriamente inibito i pochi sopravissuti dal parlare pubblicamente delle persecuzioni subite, e questo stato un grave deterrente nel momento in cui si è aperta la possibilità di chiedere una compensazione per le sofferenze passate. Sono stati esclusi dalla Wiedergutmachung (la riparazione per i crimini di guerra) adducendo il fatto che non sarebbero stati perseguitati per motivi razziali, ma a causa della loro attitudine antisociale. [Alcuni] Ebrei negano che la persecuzione dei Rom si sia basata su radici razziali, rendendo l'Olocausto esclusivamente ebreo. E' diventato quasi impossibile convincere l'opinione pubblica che anche i Rom hanno sofferto un genocidio. Anche recentemente Yehuda Bauer, direttore dello Yad Vashem Memorial Centre, ha affermato che a differenza degli Ebrei, i Rom non erano un obiettivo centrale della soluzione finale, ma soltanto un "elemento di fastidio".

Lo stesso Tribunale di Norimberga non fece mai menzione sui Rom, e vennero poi classificati, come i popoli di pelle scura, come "razzialmente distinti" e di "sangue alieno". E' vero che sino al 1943, a differenza degli Ebrei, i Rom prestarono servizio militare nella Wehrmacht, da cui furono deportati direttamente ad Auschwitz, come ricorda il sopravvissuto Walter Stanoski Winter (cfr. "Sentivamo la stessa pena") nelle sue memorie.

La discriminazione in Europa nasce ben prima del nazionalsocialismo, e fu comune in tutto il continente. In Francia, un primo censimento per identificare Rom e girovaghi, venne fatto nel 1895.. Nel 1912, venne introdotto un carnet antropometrico per regolare la loro circolazione,completo difotografie e impronte digitali; rimase in vigore sino al 1972. Nel 1899 a Monaco di Baviera venne adottato un "Registro Centrale per la Lotta alla Piaga degli Zingari", che originò squadre speciali all'interno dei commissariati. Dal 1933, i Rom in Germania furono confinati in campi speciali, ripresi poi anche in Austria. Oggi sono sotto attacco aperto di politici che dovrebbero conoscerli meglio.

I ripetuti sforzi di alcuni titolati accademici Rom,come Ian Hancock, autore di "Risposte al Porrajmos: l'Olocausto dei Rom", di riportare il dibattito alla correttezza, poco hanno ottenuto nei confronti del pregiudizio popolare o per contrastare la pubblicazioni come "La persecuzione nazista degli Zingari" di Günter Lewy (Oxford University Press 2001 - edizione italiana Einaudi 2002). Questo testo riprende tutta una serie di vecchi stereotipi, che emergono nella società quando, si discute da annisull'opportunità o meno di erigere a Berlino un monumento che ricordi l'Olocausto dei Rom.

Il riconoscere il destino degli Ebrei europei ha reso coscienti sul percolo del latente antisemitismo e ha profondamente cambiato l'attitudine europea nel dopoguerra. Lo stesso non è accaduto per i Rom, tuttora prigionieri di vecchi stereotipi e di un impunito antiziganismo oggi vigoroso come nell'anteguerra.

Karin Waringo è giornalista indipendente e ricercatrice.

 
Di Fabrizio (del 03/08/2005 @ 10:03:57, in conflitti, visitato 3900 volte)

[English Text]

Riprendo un appello del 10 luglio scorso, per evitare il rimpatrio forzato di una famiglia di profughi kossovari richiedenti asilo in Gran Bretagna e con gravi problemi di salute. La UK Association of Gypsy Women ha promosso una raccolta di firme in tutta Europa per far pressione sul governo perché a questa famiglia di profughi sia permesso di rimanere in Gran Bretagna, sia per i motivi di salute che per la situazione di permanente insicurezza personale che perdura in Kossovo (e se leggerete l'appello, noterete che le due cose sono strettamente collegate). So che le sole firme non cambiano l'operato dei governi e che agosto non è il mese ideale per appelli di questo genere. Ma il rimpatrio potrebbe avvenire in qualsiasi momento. Per questo è necessario l'impegno e la mobilitazione di tutti. GRAZIE


Da: Rachel Francis - UK Association of Gypsy Women

Llire Xhama. Home Office Ref: X1032702

Llire Xhama dopo una vita di persecuzioni lasciò la sua casa in Serbia. Come Rom, musulmana e portavoce della comunità albanese, ha dovuto subire violenze e umiliazioni sia dai Serbi che dai Kossovari.

Una notte di tre anni fa, casa sua fu circondata da uomini armati e data alle fiamme. Durante la fuga, Llire e suo marito furono malmenati. Llire era incinta. Suo marito morì per le percosse e lei rimase con sua figlia di quattro anni, testimone anche lei delle atrocità passate.

[Arrivati in Gran Bretagna] sia Llire che sua figlia mostrarono disordini mentali ed emotivi, conseguenze delle violenze subite. Qui è nato il secondo figlio, pochi mesi dopo il loro arrivo e nonostante tutto, hanno tentato di ricostruirsi una vita. Entrambe i bambini parlano inglese come lingua madre, frequentano la scuola, hanno amici e conducono una vita "normale".

Ora il Ministero degli Interni ha stabilito che per loro è giunto il tempo di fare ritorno da dove sono scappate traumatizzate e dove il bambino più piccolo non ha mai vissuto.

Testimonianze raccolte dalle Nazioni Unite, da Amnesty International e da altri esprimono "grave e profonda preoccupazione" sul futuro dei Rom (in particolare in quella parte d'Europa).

L'Ombudsman in Kossovo ha scritto ai governi europei per ammonire sui rischi che i rifugiati all'estero corrono ritornando in patria.

[...]

Llire and her Family Must Stay!

c/o NCADC

109 Parliament Road

Middlesbrough

TS1 4JE.

Tel/Fax: 01642 226260

INVIA

Cliccando su "INVIA" il messaggio "LLIRE AND HER FAMILY MUST STAY" verrà inoltrato alle seguenti mail del Governo Inglese e del Parlamento Europeo:

* bob.last@fco.gov.uk
* c.clarke@parliament.gov.uk
* indpublicenquiry@ind.homeoffice.gsi.gov.uk
* ashokkumarmp@parliament.uk
* dorispack@aol.com
* swoboda@europarl.eu.int
* sludford@europarl.eu.int
* ljaroka@europarl.eu.int
* vmohacsi@europarl.eu.int
* klevai@europarl.eu.int
* edegroen@europarl.eu.int
* cmoraese@europarl.eu.int
* alvaro.gil-robles@coe.int
* john.dalhuisen@coe.int
(secretary)

e una copia per conoscenza alla UK Association of Gypsy Women. Il campo testo è in bianco e potete (eventualmente) aggiungere un vostro messaggio


We the UK Association of Gypsy Women in partnership with our sisters of the International Roma Womens Network seek to register our protest in the strongest possible terms against the inhuman decision by the Home Office to deport this young Mother and her very young Children back to Kosovo against her will.

Llire and children pose no threat to the National Security of the United Kingdom, Indeed Llire's dearest wish is to be allowed to remain in the UK and raise her little family in peace and safety.

We therefore make our appeal in the hope you will use your good office to influence reconsideration of Llire's case.
Faithfully
UK Association of Gypsy Women



Llire and Her Family Must Stay!

Llire Xhama is a widow with two young children. She is a Roma from Kosovo where she and her family suffered physical assaults, racist abuse and discrimination because of their ethnicity.

Llire and her daughter fled to the UK after witnessing the brutal murder of Llire's husband, an experience that has left Llire so traumatised that she suffers severe mental ill health. At the time of this atrocity Llire was pregnant. Her little boy was later born in the North East of England, where the family now lives.

Llire's application for asylum has been refused, but she is terrified at the prospect of being returned to the 'hell' from which she escaped and fears for the future of her children.

As an Albanian speaking Muslim woman, alone with children, Llire will be at risk if she returns to Kosovo. She has no home or family to return to and no one to help her.

Today the situation for Roma people remains dangerous. In May this year, the UN's Economic and Social Council expressed 'deep' concern about ethnically motivated attacks against the Roma. It said it was "gravely concerned" about the absence of basic medical facilities and schools for the Roma.

This year Amnesty International stated its concern over "continuing discrimination against the Roma, especially Kosovo RomaŠ."

On May 18th 2004, Mr. Marek Antoni Nowicki, the Ombudsperson in Kosovo, sent a letter of concern to government authorities in Belgium, Denmark, Germany, Netherlands, Norway and Sweden, strongly advising against the return of Roma asylum seekers to Kosovo stressing that they face "considerable risks to their personal safety" and affirming that such action would violate international human rights standards.

Llire has tremendous support amongst her local community, who are appalled that the Home Office should consider the forced removal of such a vulnerable family.

Llire's children both speak English, as their first language and the family have become a valued part of their community in the North East.

Llire has won the affection and admiration of her friends with her devotion as a mother and with her courage in the face of emotional and mental devastation.

Llire's only hope of safety and recovery is to be allowed to remain in the UK with her family.

What you can do to help
Lucien with friends and supporters have set up a campaign to try and persuade Tony McNulty, Minister for Immigration to allow Llire and her Family to remain in the UK. The campaign has drawn up a petition and model letter attached, which they are asking everyone to print off, fill them in and get as many other people as possible to do the same, and return them to the campaign office. When they have collected enough signatures, the campaign will present them to the Minister.

Let your friends know about the 'Llire and her Family Must Stay! Campaign'

Llire and her Family Must Stay!

For further details/information contact the campaign at:
Llire and her Family Must Stay!
c/o NCADC
109 Parliament Road
Middlesbrough
TS1 4JE.
Tel/Fax: 01642 226260


End of Bulletin:

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Llire and her Family Must Stay!

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Message "LLIRE AND HER FAMILY MUST STAY" will forwarded to:

* bob.last@fco.gov.uk
* c.clarke@parliament.gov.uk
* indpublicenquiry@ind.homeoffice.gsi.gov.uk
* ashokkumarmp@parliament.uk
* dorispack@aol.com
* swoboda@europarl.eu.int
* sludford@europarl.eu.int
* ljaroka@europarl.eu.int
* vmohacsi@europarl.eu.int
* klevai@europarl.eu.int
* edegroen@europarl.eu.int
* cmoraese@europarl.eu.int
* alvaro.gil-robles@coe.int
* john.dalhuisen@coe.int
(secretary)

and CC to UK Association of Gypsy Women. Feel free to write your own opinion

 
Di Fabrizio (del 21/08/2005 @ 12:52:08, in conflitti, visitato 2033 volte)

da: Roma Support Project im Netzwerk Fluchtlingshilfe & Menschenrechte e.V

Kontakt: Tel. 0171 -181 50 26 + 0511 -473 81 44 - Info:

Hannover: 30a Settimana Interculturale

Protezione della minoranza Rom in vista della deportazione in Kossovo

25 settembre -1 ottobre 2005

  • Martedì 28-09-05 h.9.30-16.00 / Kulturzentrum Pavillon: I Rom cittadini d'Europa. Sviluppi recenti e futuri della situazione in Kossovo
  • Venerdì 30-09-05 h. 16.00-18.00 / Kropcke, Hannover-Zentrum: Giornata del Rifugiato. Solidarietà e diritto d'asilo
  • Venerdì 30-09-05 h. 19.00 / Freizeitheim Linden, Windheimstr. 4, Hannover-Linden: "Kossovo: ci sarà un ritorno in sicurezza?" Documenti e immagini

Programma

  • Venerdì 16-09-05 h. 19.30 / Kunstlerhaus, Sophienstr. 2: Letteratura: Guerra e Pace, con Norbert Gstrein e Margarete von Schwarzkopf

30. Interkulturelle Woche 2005 in Hannover

La 30. edizione si svolgerà nell'autunno 2005. La settimana è promossa dalla Conferenza Vescovile tedesca, dalla Chiesa Evangelica tedesca e dal Metropolita greco-ortodossa. Nel contempo l'iniziativa si svolge con la cooperazione di molte organizzazioni nazionali e locali, impegnate nel confronto con le autorità per l'integrazione degli immigrati e un costante processo di apprendimento e sviluppo della società. Lo slogan è: Trovare un modo per vivere assieme.

Ulteriori informazioni: http://www.interkulturellewoche.de

La 30. Settimana Interculturale si vuole schierare a fianco di quanti, espressione della politica, dei media, delle associazioni e cittadini, si sono pronunciati contro il rimpatrio forzato concordato dal governo tedesco, in particolare dei richiedenti asilo dal Kossovo e dall' Afghanistan. Per questo, oltre alle iniziative programmate, la 30. Settimana Interculturale invita tutti a prendere parte alla manifestazione che si terrà il 30 settembre presso l'aeroporti del Niedersachsen, da dove partiranno i voli per il rimpatrio.

Invita anche ad aderire alla petizione europea contro i rimpatri forzati, promossa a giugno dal Kosovo Roma und Ashkali Forum,che può essere sottoscritta on line su www.sivola.net/download/kossovo.htm

 
Di Fabrizio (del 24/08/2005 @ 00:00:56, in conflitti, visitato 3048 volte)

Riferimento precedente: 19 aprile 2005

TOL

TRANSITIONS ONLINE: 
Czech Republic: 
The Lessons of Lety 
by Jarmila Balazova
22 August 2005

L'acceso dibattito in corso sull'ex campo di concentramento della II guerra mondiale, vede anche una risoluzione del Parlamento Europeo. Da Romano Vod’i 

Nel 1942 fu pubblicato il decreto che stabiliva le norme persecutorie dei Rom nel protettorato tedesco di Moravia e Boemia. Si ispirava a quello già in vigore in Germania dal 1938 per la soppressione della "piaga zingara". Sessantatre anni fa, la polizia ceca, con la supervisione della polizia criminale tedesca, emise la lista di tutti "gli Zingari, Zingari mezzo-sangue e persone che vivono in maniera zingaresca" con circa 6.500 nomi. Immediatamente, iniziarono le retate e le detenzioni nei cosiddetti "campi Zingari" di Lety vicino a Pisek nella Boemia Meridionale e di Hodonin, in Moravia vicino a Kunstat. Molti altri vennero inviati coi vagoni piombati ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento. Meno del 10% fecero ritorno: circa 600 sopravvissuti.

Dal campo di Lety passarono in 1.308, tra l'agosto 1942 e maggio 1943, quando il campo venne chiuso.Intere famiglie furono rinchiuse nel campo costruito per una capienza massima di 300 persone. Il misero vitto e le condizioni igieniche, sommati alla condizione generale di disagio, contribuirono alla morte di 327 persone. Il campo era gestito dalla polizia ceca. Nessuno fu giudicato colpevole per i crimini commessi.

Ogni anno, il 13 maggio i Rom della Repubblica Ceca si ritrovano nella città di Lety, per ricordare quanti vi furono rinchiusi e perirono, come pure quelli che furono inviati negli altri campi.

La prima volta che ci andai era il 1995. La cerimonia era modesta e raccolta. Pioveva e il fango arrivava alle ginocchia, rendendo difficile il cammino. Due fatti rendevano particolare quell'avvenimento: la notte precedente un gruppo di skinheads a Zdar nad Sazavou aveva fatto irruzione nell'appartamento di una famiglia di lontane origini rom; il capofamiglia Tibor Berki era stato picchiato a morte sotto gli occhi della moglie e dei cinque figli. Il secondo episodio era che all'interno dell'ex campo di concentramento si era insediata un'industria per l'allevamento dei maiali. Pensate che da allora ogni 13 maggio nello stabilimento viene azionata l'aria condizionata, così nessuno si può lamentare dell'odore, nota Markus Pape, del Comitato per la Riparazione dell'Olocausto.

INCONTRI A LETY

Ogni anno incontro lì Fedor Gal (sociologo ed editore). Lety gli ricorda la sua personale storia e quella della sua famiglia: è nato nel ghetto di Terezin e suo padre morì in una "marcia della morte". Lo preoccupa la più recente politicizzazione dell'evento di Lety: i rappresentanti dello stato che si mischiano alla "gente comune" nel ricordare la tragedia. Il rabbino capo della Repubblica, Karel Sidon, nota a proposito dell'allevamento di maiali: "Io se fossi in voi, non mi concentrerei nel richiedere la chiusura della fabbrica. Lascerei pure che stia lì, solo mi assicurerei che sulla fronte di ogni maiale sia tatuato il nome di un prigioniero".

Parlano anche il senatore Petr Pithart, due sopravissuti, donne che hanno perso l'intera famiglia a Lety e cresciute nel dopoguerra in un orfanotrofio. Jan Vrba, che in quel campo ci è nato, e a differenza di tanti altri bambini è sopravissuto. I giornalisti gli chiedono un parere sulla fabbrica e lui risponde senza rancore: "E' tutto molto difficile da raccontare. Questo è stato un posto reale dove i Rom, compresa la mia famiglia, sono stati rinchiusi a forza. Chi provava a scappare, veniva legato al palo. Le condizioni erano paurose. Sono morti a centinaia. E' nostro dovere trovare una soluzione, non credete?" Per lui, lo è di sicuro. Non si tratta solo di spostare la fabbrica o di sostituirla con un monumento commemorativo.

Terminano le preghiere e i discorsi, ci dirigiamo verso la vicina Mirovice, dove sono sepolti diversi ex prigionieri.

Saliamo sull'autobus e poco dopo riscendiamo. Qualcuno vuole visitare l'allevamento. Ci guida Petr Uhl, ex commissario distrettuale per i diritti umani, che durante il suo mandato aveva richiesto senza successo che l'allevamento fosse spostato. Oggi come giornalista continua ad occuparsi di diritti umani. Ha denunciato Miroslav Randsford (deputato del Partito Comunista Ceco) che si è opposto quando il Parlamento Europeo ha votato perché la fabbrica fosse rimossa da Lety. Precisa: "Non ho protestato contro Ransford per come ha votato, ma per le sue affermazione alla Agenzia di Stampa Ceca (che Uhl aveva diretto all'inizio degli anni '90), quando a detto che a Lety non c'è mai stato nessun campo di concentramento! Per me, questo contribuisce alla cosiddetta -bugia di Auschwitz-. Adopera la sua posizione e la sua cultura per negare ciò che ha fatto il fascismo e l'Olocausto dei Rom. E' uno sbaglio credere che Lety riguardi solo i Rom. No: è un nostro problema. I nostri genitori hanno permesso che questo campo fosse edificato, lavorarono qui come guardie, è il momento di chiedere perdono! Nemmeno Auschwitz nacque per essere un campo di concentramento, ma sappiamo cosa è successo lì. Questa la ragione della mia protesta: non dobbiamo permettere a nessuno di negare il genocidio di una nazione o di un popolo".

Petee Uhl non è il solo che si è sentito offeso per le affermazioni di Miroslav Ransford, che a sua volta non è l'unico a fare affermazioni simili. Ransford in passato aveva affermato che i soldi impiegati per spostare la fabbrica sarebbero stati spesi meglio per educare i figli dei Rom. Dimenticandosi... che anche la società va educata. Anche la società minoritaria ha le sue pecche: nella relazione con le minoranze, il loro ruolo, il loro destino storico ecc. Anche l'attuale presidente Vaclav Klaus avrebbe bisogno di ripetizioni in storia. Dieci anni fa il suo predecessore Vaclav Havel aveva inaugurato un modesto monumento a Lety. Klaus una volta si lasciò scappare che Lety non era un campo di concentramento per i Rom, ma un posto costruito per chi non aveva voglia di lavorare. E Klaus mal sopporta le "ingerenze" europee in quelli che ritiene siano temi locali.

DA LETY AL GOETHE INSTITUTE

Il giorno seguente si è tenuto un seminario presso il Goethe Institute di Praga: "Le politiche sulle minoranze in Europa relative ai Rom e ai Sinti". Tra gli interventi più interessanti c'è stato quello di Romani Rose, del Consiglio Tedesco dei Rom e Sinti: ha parlato non solo dell'Olocausto che ha segnato indelebilmente i Rom e i Sinti tedeschi (cfr: http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=85 ndr), ma anche delle attuali manifestazioni di discriminazione e razzismo. Ha anche stigmatizzato le ultime prese di posizione del presidente Klaus come un'incredibile volgarizzazione di una tragedia e concludendo che affermazioni simili denotano ignoranza assoluta della storia del campo di Lety.

Erano attese anche le parole di Viktoria Mohacsi, una delle due deputate Rom al Parlamento Europeo e di Milan Horacek, eletto in Germania nel Parlamento Europeo nella lista dei Verdi. Entrambe hanno steso la bozza che impegnava il governo ceco alla chiusura dell'allevamento a Lety e alla costruzione di un monumento alla memoria, mozione che ha visto il voto contrario di 25 deputati (tra cui Ransford). Alla mia domanda sull'impatto che hanno le tematiche Rom nel Parlamento, Viktoria Mohacsi ha risposto: "Questo è stato il primo passo, la prima risoluzione ed è stata approvata. Livia Jaroka (l'altra deputata di origine Rom, anche lei ungherese cfr. http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=193 ndr) ed io stiamo coinvolgendo altri colleghi, facciamo pressione, molti di loro ci hanno detto di essere stupiti che anche nel loro paese non siano stati eletti dei rappresentanti Rom. Stiamo anche lavorando per il rafforzamento delle strutture esistenti (come l'European Roma Forum e il Consiglio Europeo del Gruppo di Esperti). Il futuro mi sembra buono. Credo che prima o poi riusciremo a creare una commissione specifica sugli affari Rom"

Milan Horacek, che ha collaborato alla stesura della mozione, assieme al Comitato per la Riparazione dell'Olocausto, si è mostrato pure lui alterato per le parole di Vaclav Klaus. Ha raccontato che non solo molti deputati non sapevano dove fosse Lety, ma che gli stessi rappresentati cechi al momento del voto non fossero a conoscenza di cosa si stesse parlando.Ha terminato ricordando di essere sempre stato orgoglioso di avere due cittadinanze e due paesi, Germania e Repubblica Ceca. Ma che adesso si vergogna della seconda.

I PROSSIMI PASSI

Da allora, ho visto altre due volte Milan Horacek: a prima alla televisione ceca durante un alterco con Miroslav Randsford e poi dopo un meeting col Primo Ministro Jiri Paroubek. Quella volta finì meglio.Il MInistro Pavel Nemec, con delega alle minoranze nazionali, disse ai giornalisti: "Il consiglio dei ministri sta valutando la possibilità di acquistare l'allevamento a Lety. Dobbiamo discuterne con i proprietari. Non mi sbilancio sui costi e sul tetto di spesa, se ci sarà accordo, l'acquisteremo, ma non intendiamo procedere all'esproprio".  [Le stime sul trasferimento della fabbrica e la costruzione del monumento variano tra i 10 e i 25 milioni di $ - nota di TOL] Nel contempo il Ministro negò che la decisione del governo fosse stata presa a seguito delle pressione europee.

[...]

Jarmila Balazova is editor-in-chief of Romano Vod'i, a monthly published by the Czech non-profit organization Romea. This article originally appeared in Czech in the June 2005 edition of Romano Vod'i. Translated by Ky Krauthamer.


Riferimenti: 2 Agosto

 
Di Fabrizio (del 29/08/2005 @ 14:12:26, in conflitti, visitato 3129 volte)
In Italia ci fu un periodo, forse 10 anni fa (potrei sbagliarmi) in cui le "carrette del mare" scaricavano in Sicilia e Calabria masse di Sudanesi che scappavano dalla guerra e dalla siccità. Una situazione feroce che oggi chiamiamo Darfur.
Nel Sudan (anche in Pakistan la situazione era simile, e anche in Egitto: man mano riprendo a ricordare) però i campi profughi erano al limite per i rifugiati che erano arrivati lì da altri conflitti e miserie.
Precisiamo: più che campi profughi, erano immense distese brulle piene di tende e di gente abbandonata a se stessa, senza nessuno che badasse loro.
Il discorso sembra ritornare con questo articolo, che vi invito a leggere integralmente su:


(in pratica, i paesi da cui riceviamo più immigrati irregolari, sono anche quelli che fungono da "barriera" tra l'Italia e il resto del mondo che bussa):

Rifugiati ai confini dell’Europa
29.08.2005 [Mihaela Iordache]

Sono fuggiti dall'Uzbekistan dove vengono perseguitati. Ora 439 profughi sono ospitati presso un centro d'accoglienza creato con fondi UE a Timisoara. Dovrebbero rimanervi 6 mesi in attesa di essere spostati altrove. Se la Romania si dimostra solidale, l'UE sembra sempre più una fortezza

 
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