Di Fabrizio (del 16/02/2013 @ 09:06:39, in lavoro, visitato 1400 volte)
CASTELLI todayPolemiche a Frascati per l'assegnazione a una ragazza di
etnia rom di una borsa lavoro del comune - di Francesca Ragno - 13 febbraio
2013
Fa le pulizie al centro anziani del Comune di Frascati ed è assegnatrice di
una borsa lavoro comunale, fin qui non ci sarebbe nulla di male se non fosse che
la ragazza in questione è di etnia rom.
L'etnia della donna ha sollevato un vespaio politico di cui si è fatto paladino
il Popolo delle libertà di Frascati e così il gruppo consigliare pidiellino ha
chiesto un incontro immediato nella giornata del febbraio con il settore servizi
sociali del comune di Frascati: "È nostro intendimento verificare che tutto si
sia svolto secondo legge", scrivono in una nota i consiglieri comunali.
Intanto sui social network il dibattito è acceso e duro, il consigliere Mirko
Fiasco da Facebook intende chiarire che il PDL non è razzista, ma intanto è
meglio non assumere una "zingara": "Non siamo razzisti, siamo per
l'integrazione, ma quanti padri di famiglia frascatani sono senza lavoro?Quanti
attendono un sussidio? Sindaco Di Tommaso l'unica via sono le dimissioni". Il
PDL è sicuro andrà "fino in fondo a questa storia".
Daniel Tomescu e i lavoratori di Artezian -
Repubblicadi ANTONIO DI
GIACOMO (22 febbraio 2013) I rom di Japigia: "Basta con l'elemosina" Il portavoce Daniel Tomescu racconta l'esperienza della cooperativa Artezian
nata nel 2008: "Sogniamo case migliori e un'esistenza dignitosa. Sono i bambini
la nostra speranza"
"Dimenticare di mendicare" non è soltanto lo slogan per promuovere la
cooperativa Artezian, nata a Bari nel 2008 all'interno del campo rom di Japigia.
"Dimenticare di mendicare è il sogno che ci riscalda il cuore" confida Daniel
Tomescu che, da 13 anni nel capoluogo, è il portavoce della comunità che
raccoglie circa 130 persone, oltre un terzo dei quali bambini. "Sono loro la
nostra forza e speranza e - racconta Tomescu - quando siamo con i bimbi
dimentichiamo tutto. Anche la fame e il gelo".
Lo sa bene Daniel che ha 47 anni, 5 figli e 12 nipoti. A Bari è arrivato da
Craiova, in Romania, e da circa 7 anni è l'anima di quello che è l'unico campo
autorizzato sul territorio. È riconosciuto come mediatore culturale europeo e,
giunto in città, ha lavorato per cinque anni come sacrista nella parrocchia di
San Sabino, guidata da don Angelo Cassano. Finché nel 2008 non s'è messo in
testa di dare vita alla cooperativa Artezian che - nata per offrire servizi di
pulizie, piccoli traslochi, facchinaggio,
guardiania e manutenzione del verde - rappresenta un tentativo concreto di
integrazione della comunità rom col territorio. Peccato che la strada sia tutta
in salita, però. "Siamo arrivati anche ad avere 17 operai al lavoro, ma adesso
siamo rimasti soltanto in 5: non c'era la forza per pagare i contributi per
tutti, soprattutto perché stiamo lavorando a fatica".
Non è la voglia di rimboccarsi le maniche a mancare, assicura Daniel che spiega:
"Alcuni dei rom che vivono in questo campo sono costretti a volte a continuare a
frugare nei cassonetti o a fare l'elemosina, pur di portare pochi euro a casa la
sera. Ma succede solo quando non c'è davvero più alternativa". Nel frattempo al
campo arriva uno scuolabus e scendono decine di bambini rom, dopo una giornata
passata fra i banchi. Anche questa, naturalmente, è integrazione ma a caro
prezzo. Non è certo un villaggio turistico il campo di Japigia, i servizi
igienici sono insufficienti, le baracche sono ormai vecchie e quando piove si
allaga tutto.
"Speriamo che un giorno possano arrivare dei fondi per avere delle case
migliori" solleva le spalle Daniel, mentre qui fa buio prima che altrove: i
pannelli fotovoltaici che alimentano l'illuminazione non riescono a erogare
sufficiente energia. "Fino a dicembre, almeno, diversi uomini hanno lavorato
nella raccolta delle olive, dalle 6 del mattino fino a che restava un poco di
luce. E c'è pure chi riesce a fare l'operaio nell'edilizia, ma non basta.
Speriamo che le istituzioni possano darci una mano attraverso l'affidamento di
lavori: non vogliamo mendicare, ma guadagnarci da vivere con il sudore della
fronte".
Il problema, semmai, sono ancora i pregiudizi soprattutto da parte della
committenza privata che "è frenata dalla paura di lasciarci soli in casa a
lavorare, anche se non ci mancano le buone referenze magari". Quando, invece,
una chiamata arriva troppo spesso si tratta di lavori sottopagati. "Se
pensassero di pagarci come gli italiani - dice disilluso Daniel - non ci
chiamerebbero di certo. Ma va bene lo stesso, così almeno possiamo guadagnare
qualcosa. Meglio lavorare per poco che niente e poi, come si dice proprio a
Bari, per avere un lavoro bisogna attaccare il ciuccio lì dove vuole il
padrone". Non importa. L'obiettivo di Daniel Tomescu è che Artezian, e con lei
le braccia dei lavoratori del campo rom, vada avanti. Il gruppo, infatti, si è
strutturato ora nella forma di cooperativa sociale e questo traguardo per Daniel
rappresenta la speranza di nuove opportunità.
A riaccendere presto i riflettori su questa realtà, intanto, in primavera, sarà
il filmaker Giovanni Princigalli che al campo girerà la docufiction breve Testa
e piedi, per protagonisti alcuni bimbi rom. Un ritorno per il regista barese
che, ormai emigrato in Canada, esordì dietro la macchina da presa proprio
raccontando la comunità rom di Japigia filmandola nel suo primo insediamento,
una decina d'anni fa, con il pluripremiato documentario Japigia Gagì. Ed
emblematica appare la vicenda al centro di Testa e piedi: "È la storia vista
dagli occhi di un bambino - anticipa - di una famiglia, la sua, che, venuta in
Italia, non riesce a integrarsi e decide di emigrare altrove".
Centro commerciale chiede la rimozione dei lavoratori rom
Budapest, 21 marzo 2013: Skopje City Mall,
un centro commerciale macedone, ha incaricato l'agenzia che fornisce il
personale addetto alle pulizie di rimuovere tutto lo staff romanì che lavorava
nel reparto alimentare. Skopje City Mall ha inviato una mail il 9 gennaio
2013, richiedendo che i lavoratori romanì fossero lasciati a casa entro il 20
gennaio 2013. La vicenda è venuta alla luce
sui media nazionali solo questa settimana.
L'agenzia di pulizia, Land Service, si è opposta alla richiesta. Secondo
quanto riportato sui mezzi d'informazione, il centro commerciale ha motivato la
richiesta in seguito ai furti di beni alimentari. L'agenzia impiega lavoratori
rom e no nel reparto - soltanto i Rom sono stati stigmatizzati sulla base della
loro etnia.
ERRC respinge in toto l'azione dei manager di City Mall, che viola la
costituzione macedone, i codici del lavoro e quelli anti-discriminazione.
L'azione viola inoltre le norme internazionali sui diritti umani.
"Non è accettabile incolpare collettivamente il personale in base alla sua
origine etnica," ha detto Dezideriu Gergely, direttore esecutivo di ERRC.
"Questo tipo di discriminazione sul posto di lavoro contro i Rom,
presumibilmente sulla base di stereotipi come -la criminalità zingara- non
devono essere tollerati."
ERRC sta sollecitando il corpo macedone sull'uguaglianza ad affrontare il
caso, che sta seguendo con le pertinenti istituzioni UE.
Per ulteriori informazioni, contattare:. Sinan Goekchen Media and Communications Officer European Roma Rights Centre sinan.gokcen@errc.org
+36.30.500.1324
Di Fabrizio (del 01/05/2013 @ 09:08:13, in lavoro, visitato 1601 volte)
Circa un mese fa, ero in giro col computer portatile. Freddo e pioggia di una
primavera che non arriva. Mi ero seduto nella sala d'aspetto di una stazione
per sfruttare il WiFi e terminare una traduzione (e magari scorrere qualche
inserzione di lavoro). Studenti e famigliole in partenza per il ponte pasquale.
Una signora seduta accanto a me avvisa la sua vicina, una vecchietta malmessa,
di fare attenzione al borsellino, perché ha visto una zingara che si aggira tra
la sala d'aspetto e le macchinette delle bibite.
Esco a fumare, il bar è chiuso. La zingara mi chiede qualche moneta. Le
rispondo in romanes che non ho un soldo. Quella mi guarda curiosa, sorride, e tempo un
minuto ne saltano fuori altri quattro, e mi circondano per vedere uno che parla la loro lingua. Mi
chiedono se sono rom e facciamo le presentazioni.
Loro sono rom rumeni, arrivati da poco dalla Spagna. Mi informo su dove siano
stati e sulla situazione in Spagna. Non c'è più lavoro per nessuno, mi dicono. E
si continua a parlare sul cosa fare, in un misto italiano-spagnolo-romanes. Dato
che il lavoro sembra un tasto dolente per tutti, su youtube cerco qualche brano
musicale rom e rumeno. Si mettono a ballare sul marciapiede, tra i passeggeri che aspettano il
treno. Arriva un loro amico, credo un facchino siciliano.
Sono numerosi i cittadini di origine rom che vogliono una diversa identità
non per sfuggire alla giustizia, ma al pregiudizio. Un pregiudizio che mette a
repentaglio tanti diritti, compreso quello al lavoro.
"Può sembrare assurdo, ma cambiare cognome è l'unica soluzione. Solo che ci
vuole troppo tempo e io debbo lavorare". Sandro (necessario omettere il cognome)
è un cittadino italiano di origine rom: "Cittadino da tre generazioni - ci tiene
a precisare - Mio nonno è nato a Fiume, (l'attuale Rijeka, ndr) quando era una
città italiana. Mio padre, emigrato, è nato a Brindisi e io a Napoli, e ho dei
figli qui che rischiano di finire come me". Sandro, dopo una lunga e tormentata
esperienza romana, vive con gran parte della sua famiglia allargata nel
padovano. Da generazioni si tramandano un mestiere tanto difficile quanto
delicato: il restauro degli arredi sacri, soprattutto oggetti in metallo. A Roma
non faticavano a trovare commissioni. Ma adesso è tutto diverso. "Un lavoro con
cui sono nato e che mi piacerebbe tanto continuar a fare - racconta - ma in cui
attualmente sono in difficoltà per due ragioni: la crisi e la diffidenza". In
tempi di magra, anche gli investimenti in opere di questo tipo diminuiscono. Ma
Sandro e tanti suoi parenti non trovano lavoro anche per via di quelle "c" e
quelle "h" con cui termina il loro cognome. "Capiscono subito che sei "zingaro"
- dice - e trovano le scuse per non prenderti, anche se magari sei il solo che
può fare bene un lavoro del genere, che ha le competenze giuste, che conosce i
segreti dei metalli e di come li si pulisce. Ormai pensano che se ti porti "lo
zingaro" in casa, qualcosa ti ruba. Ma che colpa abbiamo noi per reati commessi
da altri?". Allora si affaccia l'idea di cambiare cognome. Togliendo quelle
lettere finali o prendendo magari il cognome italiano della propria madre o
della propria nonna.
Il cambiamento di cognome deve essere autorizzato dal Prefetto e la richiesta
può essere presentata ed esentata dal pagamento del bollo laddove quello che
appare sui documenti sia "ridicolo, vergognoso o rilevante l'origine naturale".
E il terzo caso è certamente quello più appropriato. Ma c'è un iter per compiere
questa procedura, già di per sé lungo e reso ancora più complesso dal fatto che,
dal 9 luglio del 2012, la decisione finale in merito a tale richiesta è di
competenza esclusiva del Prefetto del luogo di residenza o di quello in cui è
registrato l'atto di nascita. L'interessato deve sottoscrivere la domanda in
presenza del dipendente della Prefettura-U.T.G. addetto a riceverla, ovvero
altra persona munita di delega e di fotocopia di un documento di riconoscimento
dell'interessato. La domanda deve essere presentata in Prefettura-U.T.G. e
sottoscritta dal richiedente in presenza del dipendente addetto a riceverla o,
inviata per raccomandata A/R, allegando fotocopia di un documento di
riconoscimento. Qualora la richiesta appaia "meritevole di essere presa in
considerazione", il richiedente sarà autorizzato, con Decreto del Prefetto, a
far affiggere per trenta giorni consecutivi, all'albo pretorio del Comune di
nascita e del Comune di residenza, un avviso contenente il sunto della domanda.
Lo stesso Decreto può prescrivere la notifica del sunto della domanda, da parte
del richiedente, a determinate persone controinteressate. Se entro trenta giorni
dalla data dell'ultima affissione o notificazione nessuno si oppone, il
richiedente deve presentare alla Prefettura copia dell'avviso con la relazione
che attesti l'eseguita affissione e la sua durata. Il Prefetto, accertata la
regolarità delle affissioni e vagliate le eventuali opposizioni, provvederà ad
emanare il Decreto di autorizzazione o di rigetto al cambio del nome e/o del
cognome. Tempi insomma poco compatibili con situazioni di estrema urgenza con
quelli delle circa 50 persone appartenenti alla famiglia di Sandro. Da quanto
poi risulta, anche in assenza di dati verificabili, questo tipo di problematica
è diffuso in maniera estremamente persistente in gran parte del territorio
nazionale.
Tra i rom sono in molti a voler cambiare cognome, rinunciando in parte anche
alla propria identità, non solo per problemi occupazionali. Molti hanno figli
che vanno a scuola e non vorrebbero evitar loro di sentire, sin da piccoli, il
peso della discriminazione, altri vogliono poter trovare una casa in affitto o
accendere un mutuo in banca senza dover temere elementi di pregiudizio. Oltre ai
tempi, esiste poi un elemento di discrezionalità nella decisione che va
considerato totalmente fuori luogo. Difficile giustificare uno Stato che da una
parte non solo non riconosce neanche formalmente i rom come minoranza
linguistica, ma che è stato più volte sanzionato per l'assenza di politiche di
inclusione sociale e per la persistenza di pratiche discriminatorie e che
contemporaneamente si arroga il diritto di decidere se un cognome può essere
cambiato o meno. E comunque la stessa costrizione a dover chiedere di cambiar
cognome, per i motivi raccontati da Sandro, rappresenta una sconfitta culturale
e politica enorme per l'intera società italiana. Se si deve ricorrere ad un
sotterfugio burocratico per veder rispettato il diritto a poter lavorare
onestamente, significa che qualcosa di profondo non è stato affatto rimosso. Ma
Sandro non ha tempo per queste disquisizioni: "Ho una moglie e tre figli da
mantenere e voglio vederli crescere felici - conclude pragmatico. - Forse un
giorno in Italia non ci saranno più questi problemi di cognome e di origini, ma
io oggi ho 41 anni e devo guardare al nostro presente e al futuro dei miei
figli. Quindi che ci vorrebbe a rendere più snelle queste pratiche? Io non ho
nulla da nascondere, mi chiedano quello che serve, ma che si sbrighino per
favore. Altrimenti non so come andare avanti".
Politics.hu- Orban guarda ai Rom come una "risorsa nascosta" per
l'economia ungherese - by MTI (Magyar Tàvirati Iroda)
Martedì il primo ministro ha detto che il governo considera i Rom d'Ungheria
una "risorsa nascosta" e non un problema.
Mentre la maggioranza dei partiti vede i Rom come fossero un problema, il
governo vede la comunità come "un'opportunità", un potenziale inesplorato per
l'economia del paese, ha detto Viktor Orban alla sessione del Consiglio degli
Affari Rom a Budapest.
"Per cui, per noi non è soltanto una questione di diritti umani, come i Rom
vivano in Ungheria, ma anche una sfida economica e sociale," ha detto.
Ha aggiunto che non devono considerarsi secondari né gli aspetti dei diritti
umani, né quelli sociali o economici.
Orban ha definito molto importanti le opportunità d'impiego per i Rom,
notando che lo schema di avviamento lavorativo del governo è più uno strumento
che una meta. Parlando nel contesto del quadro strategico per i Rom europei,
Orban ha notato che l'Ungheria si è impegnata a sollevare mezzo milione di
persone dalla povertà e ha anche sottolineato l'accordo quadro siglato tra il
governo e l'Auto-Governo Rom Nazionale (ORO), per creare 100.000 posti di lavoro
per i Rom entro il 2015.
Ha detto che istruzione per i Rom, e permettere loro di preservare la propria
cultura è ugualmente importante.
Ha sottolineato: "E' nostro desiderio, scopo e programma assicurare che i Rom
di Ungheria possano trovare il loro posto nel futuro dell'Ungheria."
Rivolgendosi agli intervenuti,il ministro alle risorse umane, Zoltan Balog,
ha notato che l'Ungheria ha incluso nella strategia rom la sicurezza pubblica e
la cultura come aree ulteriori, accanto all'impiego, all'istruzione,
all'assistenza sanitaria e all'alloggio. Tra i risultati raggiunti sinora, ha
elencato l'impiego dei Rom nell'ambito del regime dei lavori pubblici, nuove
borse di studio, formazione sull'applicazione delle leggi ed eliminazione delle
baraccopoli.
Florian Farkas, capo dell'Auto-Governo Rom Nazionale, ha detto che sinora
54.000 Rom sono stati inclusi nello schema governativo di opere pubbliche.
Alla riunione hanno partecipato i ministri degli interni e dell'economia
nazionale, ed anche il capo ufficio del primo ministro.
Di Fabrizio (del 07/06/2013 @ 09:05:42, in lavoro, visitato 1212 volte)
Leggevo martedì scorso questo accorato grido di dolore:
Milano: annullati eventi estivi, soldi spesi per il campo nomadi
(clicca sull'immagine per leggere tutto l'articolo)
Immagino che la prima reazione degli amati lettori sarà stata del tipo:
"Razzisti senza neanche più un briciolo di vergogna", magari
con qualche riserva su quel lussuoso destinato al nuovo campo
dell'Ortomercato.
Ma come sapete, per quanto io sia persona di saldissimi principi (o
quantomeno, ci si prova), il mio approccio alla morale e ad appioppare giudizi
(la chiamo: sovrastruttura) è piuttosto elastico.
Detto questo, mi rivolgo a tutti quei Rom e Sinti che tuttora svolgono
attività di intrattenimento, cercando di farsi accettare dai gagé, ma
padroneggiando ancora a stento determinati loro meccanismi economici e
culturali. Fossi in loro, scriverei alla redazione (redazione@voxnews.info) una letterina di questo
tenore (leggete anche le note):
e abbiamo letto il vostro articolo di settimana scorsa riguardo la
mancanza di eventi per "Verdestate". Gradiremmo porre rimedio a questa
incresciosa situazione (son problemi!), proponendoci per allietare i vostri
pomeriggi e le vostre serate estive (la mattina si dorme o si lavora...). Siamo
Rom (e/o Sinti) anche noi, ma per niente "nomadi", e questa ci pare l'occasione
più opportuna per iniziare ad appianare vecchie divergenze (o quantomeno
provarci), a cominciare con l'impatto che può avere sulla zona il previsto campo
all'Ortomercato. Speriamo di cuore che non siate infastiditi dal nostro essere "zingari":
sarebbe strano (non ci permettiamo di dire RAZZISTA) lamentarsi della mancanza
di eventi estivi, ma opporvisi se questi vedano la nostra partecipazione. Ovviamente, in quanto professionisti (2), non possiamo
esibirci a titolo gratuito, ma riteniamo giusto che ad adeguata prestazione
debba corrispondere adeguato compenso. TENIAMO FAMIGLIA (3). Con i nostri più distinti saluti,
Firma
Note:
1: scegliere la propria
categoria, sono possibili scelte multiple;
2: ricordarsi di dare di sé
un'immagine seria e professionale. Anche se il vostro capitale
iniziale è minimo, viviamo gli ultimi scampoli di un
capitalismo-straccione dove la prima impressione3 vale anche di
più delle proprie capacità;
3: è l'occasione per
dimostrare non solo la propria volontà di integrarsi, anche
economicamente, nella società maggioritaria. Quel "TENIAMO
FAMIGLIA" dimostra di aver appreso la filosofia economica della
cultura italiana
Aiutare i soggetti più deboli a mettere a fuoco - e poi nero su bianco - i
propri punti di forza professionali. Succede nel capoluogo siciliano. Un'idea da
esportare.
Il bilancio di competenze - lo spieghiamo per chi non ne avesse sentito parlare
- è uno strumento finalizzato a mettere a fuoco le capacità e le risorse della
singola persona, in modo da facilitarne l'inserimento nel mondo del lavoro o la
crescita professionale. In genere viene “somministrato” a manager,
professionisti e a giovani in cerca della prima occupazione.
Come mai, vi domanderete, ne stiamo parlando su Corriere Immigrazione? Perché da
circa un mese, a Palermo, il
Fo.rom sta provando a utilizzare questo strumento a
vantaggio della locale comunità romanì. Si tratta, in prevalenza, di kosovari e
serbi. La maggior parte di loro vive all'interno del campo rom, ai margini del
parco della
Favorita, nelle vicinanze dello stadio di calcio. Altri invece sono
dislocati nel centro storico della città. Pochi hanno una casa vera e quasi
tutti vivono in condizioni precarie.
Mentre scriviamo ci risultano portati a compimento trenta bilanci. Altri
quarantacinque saranno stilati nelle prossime settimane. Attraverso un
questionario semi-strutturato, si prova a tirar fuori tutto quello che può
valorizzare le esperienze maturate negli anni. Capita spesso che le persone
sappiano fare delle cose particolari e/o utili (a livello artigianale, per
esempio), ma non si rendano pienamente conto del valore del proprio know how.
Tirare fuori certe informazioni, esplicitarle e metterle nero su bianco è molto
utile per darsi un nuovo punto di partenza e una speranza di riscatto. E
sortisce effetti positivi anche dal punto di vista psicologico. Ogni bilancio,
infatti, è una storia, e rispettandola e portandola alla luce, le si dà il
valore e il riconoscimento che merita. Chi fa i bilanci, certamente, deve
possedere una reale capacità d'ascolto, che è qualcosa che va oltre la tecnica
dell'intervista aperta: è un'arte della relazione, un incontro tra due persone e
un percorso a ritroso nel tempo, a volte doloroso, che traccia storie e profili
di immenso valore.
A circa un mese dall'avvio del progetto, si cominciano a vedere i primi
risultati: due ragazze, per esempio, sono state inserite all'interno di un corso
base di taglio e cucito organizzato da una sartoria sociale di Palermo,
organizzata sotto il segno del riciclo e del riuso. Ma altri (buoni risultati)
non mancheranno. È solo questione di tempo e di bilancio.
Di Fabrizio (del 02/07/2013 @ 09:07:26, in lavoro, visitato 1316 volte)
Segnalazione
di Giacomo Marino
Pubblicato in data 28/giu/2013
Campagna Dosta! a Reggio Calabria il 5 dicembre 2012. Il dr Lamberti, nella
qualità di imprenditore, riporta l'esperienza positiva registrata nella sua
azienda con un gruppo di lavoratori rom .
Di Fabrizio (del 10/07/2013 @ 09:06:24, in lavoro, visitato 1337 volte)
Un articolo di
Ilaria Sesana, su
CORRIEREIMMIGRAZIONE. A parte la partecipazione emotiva dell'autrice,
non racconta molto di nuovo e non entra nel merito delle soluzioni possibili.
Utili i dati su una catastrofe ecologica, che comunque sentiamo lontana, come
se il Ghana fosse su un altro pianeta. Non è l'ecatombe di
Bhopal,
per fare il primo esempio che mi viene in mente, ma un avvelenamento, vittime e
carnefici assieme; lento e progressivo e soprattutto silenzioso.
Succede però qualcosa che fa impazzire il quadro informativo: situazioni
simili le viviamo anche in Italia, ad esempio in quella parte di Campania che
difatti è stata rinominata "Terra dei Fuochi", o in quei campi rom dove
nell'indifferenza o nell'inazione totale la vita si svolge proprio come nel
sobborgo di Accra. E un fenomeno che altrimenti passerebbe sotto silenzio, ci
indigna quando ce lo ritroviamo sotto casa.
Omertosi i Rom, per paura di perdere l'unica fonte di
reddito, complici molti non-rom che forniscono la maniera prima da smaltire,
agli altri non rimane che protestare - anche animatamente - ma senza una
soluzione a portata di mano.
Questo il video girato da Ilaria Sesana, se qualcuno volesse farlo
circolare, soprattutto tra i Rom (non credo cambierà niente, ma cos'altro si può
fare?).
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