Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 23/04/2011 @ 09:24:55, in Italia, visitato 1785 volte)
Cinquanta persone accampate in un parco nei pressi di via Palmiro Togliatti,
trenta in un fazzoletto di verde a piazzale della Radio e altri novanta ospitati
negli spazi messi a disposizione della Comunità di base di San Paolo.
È questo il bilancio con cui cala la notte su questo lunedì della Settimana
Santa, è questo il modo in cui le Istituzioni della Capitale si preparano alla
Santa Pasqua e alla beatificazione di Giovanni Paolo II.
Eroi della giornata sono il Delegato del Sindaco alla Sicurezza Ciardi e il
consigliere Presidente della Commissione Sicurezza Santori, in prima linea
davanti a giornalisti e fotografi per mostrare il loro impegno contro i "campi
abusivi", per cui centinaia di persone in mezzo alla strada e senza prospettiva
di soluzioni abitative sono solo un danno collaterale.
A pulire la loro coscienza basta, infatti, la rituale e inutile offerta di
accogliere solo donne e bambini per qualche giorno nei centri d'accoglienza.
Eppure appena qualche mese fa il Sindaco Alemanno si era impegnato ad avviare
gli sgomberi dei campi "abusivi" con la garanzia di soluzioni alternative per
tutti i residenti. Ancora ieri il Sindaco affermava la disponibilità del
C.A.R.A. ad ospitare interi nuclei familiari sgomberati dagli insediamenti non
autorizzati.
Sempre su questa idea, di spostare tutti i rom nel centro di Castelnuovo di
Porto, si era impegnato pubblicamente, domenica scorsa, il Delegato del Sindaco
per la questione rom, Najo Adzovic, che alle donne e agli uomini della Miralanza
aveva promesso che non sarebbero stati messi per strada.
Parole e promesse morte sotto le ruspe di oggi, buone per i giornali e per farsi
acclamare come presidente dei rom, ma inutili se davvero si vogliono superare le
condizioni di rischio e di degrado degli insediamenti spontanei.
La logica che vediamo prevalere è, invece, quella della sicurezza-spettacolo,
garantita da ruspe, minacce e manganelli, e dell'insicurezza diffusa, perché i
rom sgomberati oggi, se non saranno presi in carico autonomamente e senza
sostegno istituzionale da associazioni e realtà dei territori romani, non
faranno altro che ricostruire altrove le loro baracche, sicuramente in zone più
lontane e invisibili, ma anche più degradate e pericolose.
A quanto pare, questo è solo l'inizio di una nerissima Settimana Santa…
"Una scuolina per crescere" - Arpjtetto ONLUS
Popica Onlus
ARCI di Roma
Di Fabrizio (del 24/04/2011 @ 09:06:05, in Italia, visitato 1844 volte)
Le famiglie residenti nel campo sosta Panareo, destinatarie lo scorso gennaio
di un’ingiunzione di abbattimento delle loro baracche, hanno presentato in
questi giorni, assistite dall’Avvocato Adriano Tolomeo, il ricorso straordinario
al Presidente della Repubblica, con il quale si chiede l’annullamento previa
sospensiva dell’ingiunzione loro notificata.
In attesa che si espleti l’iter legale intrapreso, le associazioni
impegnate nel sostegno degli abitanti del campo, auspicano che le Istituzioni
intervengano quanto prima per la risoluzione intanto dell’emergenza sanitaria
esistente al campo, ovvero la sistemazione degli impianti idrici e fognari come
della bonifica ambientale. Per mercoledì, infatti, è stata convocata una
commissione intersettoriale comunale per l’individuazione di soluzioni
possibili.
La speranza è che le Istituzioni si impegnino concretamente nella
realizzazione di progettualità in grado di dare risposte efficaci ai problemi
che quotidianamente i Rom incontrano.
Vent’anni paiono un tempo sufficiente per comprendere che la logica dei campi
si traduce in interventi inefficaci, non durevoli, dispendiosi ed inadeguati. Al
fine di ridurre il danno ed opporsi ai ghetti è necessario promuovere processi
finalizzati all’effettivo inserimento dei Rom all’interno del tessuto urbano e
sociale della provincia di Lecce.
Uno sforzo istituzionale maggiore di quello che finora è stato realizzato
ovvero un’azione sinergica (di partecipazione e concertazione) fra Istituzioni,
Enti locali e cittadini Rom renderebbe possibile l’individuazione di strategie
concrete che partano dalle esigenze maturate intanto dagli interessati.
Ad oggi, però, la collaborazione fra Istituzioni ed Enti locali risulta
complessa, quasi farraginosa, impraticabile.
In questi mesi le associazioni ed i rappresentanti dei Rom di Campo Panareo
hanno tentato di proporre delle alternative al campo, chiedendo ripetutamente la
convocazione di un tavolo tecnico in Prefettura, puntualmente disatteso, e
sollecitando la Regione ad un incontro propositivo, anch'esso non ancora
avvenuto.
Alcuni Comuni della provincia di Lecce, ad esempio, proponevano la
possibilità di avviare, attraverso finanziamenti reperibili dai piani sociali di
zona, progettualità finalizzate all’inclusione socio-lavorativa dei rom. Lo
stesso Comune di Lecce ha dichiarato la propria disponibilità ad interventi di
natura differente dalla ristrutturazione del campo. Idee sospese in attesa
dell’individuazione di fondi disponibili per poterle realizzare.
Stando a quanto riportato dalla stampa, durante un incontro avvenuto fra
Comune di Lecce ed Assessorato regionale alle Politiche di Benessere Sociale e
Pari Opportunità, si è individuato un possibile canale di finanziamento per la
ristrutturazione del campo Rom ovvero l'uso dei fondi normalmente erogati per
l’albergo diffuso.
Una soluzione, dunque, non quella auspicata, ma comunque una soluzione. La
precarietà è senza dubbio preferibile allo sgombero, specialmente dopo vent’anni
di vita in uno stesso luogo ma non può essere sempre e solo l'unica azione
possibile.
I campi, d’altronde - oramai è più che noto - producono ghettizzazione,
emarginazione, solitudini e l'eterogeneità degli agglomerati abitativi Rom
all’interno della Regione Puglia non permette delle soluzioni univoche e
generali alla situazione. Superare senza demagogia la logica ghettizzante dei
campi, intervenire con azioni specifiche e differenziate nei diversi territori,
impone un’unica propedeutica strada: quella del confronto e della partecipazione
democratica nella gestione della cosa pubblica che parta da un'idea di fondo: i
Rom di Puglia non sono nomadi. Saranno destinati a lungo a vivere nei ghetti?
Rete Antirazzista Salento
Comitato per la Difesa dei Diritti degli Immigrati, Lecce
Contatti
Katia lotteria: katialotteria@gmail.com
- 320 0740257
Antonio Ciniero:
antoniociniero82@libero.it - 329 6931041
Di Fabrizio (del 29/04/2011 @ 18:19:05, in Italia, visitato 2476 volte)
Venerdí 29.04.2011 17:21
È iniziata la chiusura dello storico campo rom regolare di via Triboniano a
Milano: secondo gli agenti di Polizia municipale presenti sul posto, entro
domani le famiglie dovranno lasciare il campo. Le operazioni, precluse ai
giornalisti, stanno avvenendo sotto la supervisione del capo della Polizia
municipale, Tullio Mastrangelo. Alcune delle famiglie rom che stanno smontando
le loro abitazioni non sanno ancora dove passeranno la notte, in attesa di una
comunicazione della Prefettura per una collocazione alternativa al campo. La
chiusura del Triboniano avviene a poche ore dal primo incontro pubblico tra
Letizia Moratti, sindaco uscente e candidata alle prossime elezioni
amministrative, e il leader della Lega Umberto Bossi, previsto per questa sera a
Milano in piazza del Cannone (ore 21). Tra gli obiettivi del sindaco uscente
c'era lo smantellamento di tutti i campi nomadi della città, regolari e
irregolari.
Alcune notizie (non tutte verificate) raccolte di corsa:
Lo sgombero sarebbe iniziato stamattina, senza alcun preavviso. Entro le
ore 20.00 tutte le 39 famiglie coinvolte dovrebbero essere ospitate dalla
Protezione Civile.
Di queste, 33 avevano avevano iniziato un percorso di allontanamento dal
campo. Sentita una di queste famiglie, ha detto che si stava organizzando per il
trasloco nella casa che le era stata assegnata, ma non essendoci ancora luce
e nient'altro in casa, tuttora non vi si può trasferire.
Le 6 famiglie che non hanno accettato alcun percorso di uscita loro
proposto, potranno rimanere presso la Protezione Civile per il periodo di un
mese.
Segue un comunicato del NAGA, appena giuntomi: Milano vota, Triboniano si
svuota. La denuncia del Naga
Milano, 29 aprile 2011 Apprendiamo da alcune famiglie Rom che risiedono
presso il campo autorizzato di Via Triboniano che questa mattina è partita
l'ultima fase di svuotamento del campo stesso.
"Poche le famiglie rimaste nel campo. La maggior parte ha sottoscritto
"liberamente" un progetto per il rientro in Romania e per ricevere un compenso
per la ristrutturazione della loro abitazione nel loro Paese di origine.
Progetto discutibile sia per quanto riguarda la libertà di scelta concessa alle
famiglie (che non avevano alternative), sia per quanto riguarda l'erogazione del
contributo, l'obbligo di restare in Romania per un anno e di rinunciare alla
residenza presso il Comune di Milano. Poche le famiglie più fortunate che hanno
ricevuto le case dell'ALER e solo dopo un ricorso che ha condannato il Comune."
Affermano i volontari del Naga.
"Delle famiglie rimaste nel campo, dopo ormai un anno di attività volta
all'alleggerimento dello stesso, alcune verranno allontanate senza alternative
entro domenica. E così, almeno per un po', di Rom a Milano se ne vedranno meno.
Obiettivo raggiunto dunque. Non conosciamo purtroppo in dettaglio la situazione
di tutte le famiglie coinvolte in questa operazione. Ci basta però segnalare e
denunciare la situazione di una famiglia con un bimbo affetto da una grave
malattia (lipoma intracranico associato ad agenesia del corpo calloso) in cura
presso l'Ospedale Sacco. Per il bambino è stata avviata una presa in carico
riabilitativa che richiede la presenza dei genitori. Per questa famiglia dunque
il ritorno in Romanie è impraticabile. Per loro e per tutti gli altri dove sono
le valide alternative?" concludono i volontari dell'Associazione.
Sembra ovvio (ma probabilmente non a tutti) che, trattandosi di campo
autorizzato, l'eventuale chiusura dello stesso deve necessariamente essere
accompagnata dalla predisposizione di alternative praticabili. Ciò tuttavia non
è avvenuto.
E così, a due settimane dalle elezioni, l'amministrazione comunale festeggia il
superamento dei 500 sgomberi dal 2007 e la chiusura definitiva del più grande
campo autorizzato di Milano: Triboniano.
ed ancora COMUNICATO STAMPA
I milanesi pagano la campagna elettorale della Moratti
La notizia è di quelle che lasciano allibiti: per sgomberare gli ultimi rom
rimasti dal campo di via Triboniano entro la data promessa del 30 aprile, il
sindaco Moratti ha deciso di far pagare ai milanesi un soggiorno in albergo per
una decina di famiglie.
Manca infatti solo qualche giorno per completare i lavori di ristrutturazione in
quei pochi appartamenti, assegnati alle associazioni, a loro destinati in
affitto. Ma in nome della campagna elettorale si può fare di tutto.
Su questi lavori pesava un ritardo di mesi causato dal sindaco stesso che con la
sua Giunta aveva deciso di sospendere le assegnazioni. Situazione sbloccata dal
tribunale solo nel gennaio scorso.
Perché ora tanta fretta? La campagna elettorale è agli sgoccioli. Ancora una
volta tutto si compie sulla pelle di famiglie che vengono trattate come oggetti
e con una schizofrenia totalmente priva di ratio, prima i milanesi hanno pagato
milioni per gli sgomberi, spostando solo il problema di qualche centinaio di
metri, ora pagano anche alberghi e pasti.
Tutto questo mentre a Milano non ci sono sistemazioni per le situazioni
contingenti, come sfratti e emergenze.
Ines Patrizia Quartieri - Consigliere comunale
Di Fabrizio (del 30/04/2011 @ 09:16:33, in Italia, visitato 1951 volte)
Carta.org 26/04/2011Nino Lisi
Hanno vinto i Rom. Sì, hanno vinto i Rom. È importante. Ed è importante che
siano stati loro in gran parte gli artefici della vittoria, opponendo sino alla
fine un pacato ma fermo rifiuto alla consueta proposta del Comune di Roma di
dividere i nuclei familiari: le donne e i bambini da una parte, al Car, e gli
uomini dall'altra, che trovino loro dove. E hanno resistito anche all'opera di
persuasione della Caritas che all'inizio consigliava di adattarsi ad accettare
le condizioni imposte dal Comune: separazione dei nuclei familiari fin quando
non venissero apprestati i lager, denominati «campi nomadi», dove ricomporre le
famiglie; oppure accettare il «rimpatrio assistito».
La vicenda dei Rom si è protratta per tre giornate, dal venerdì santo alla
domenica di pasqua. È quasi simbolico.
Da Giovanni Franzoni – che più o meno quarant'anni fa era l'abate della basilica
di san Paolo fuori le mura, e che il giorno di pasqua è venuto a portare la sua
amicizia ai Rom condividendo con loro, sul piazzale, il pranzo solidale promosso
dalle associazioni che hanno sostenuto la lotta dei Rom – sentii spiegare una
volta che dove qualcuno/a è nel bisogno e non trova accoglienza, per chi crede,
lì si rinnova la passione di Cristo, si ripete il venerdì santo; quando invece
chi soffre viene accolto, allora la vita si rinnova ed è pasqua. Per dire che il
venerdì santo e la pasqua, la passione e la resurrezione, non capitano una volta
all'anno ma tutti i giorni.
E la vicenda degli scorsi giorni dei Rom si è svolta per l'appunto tra un
alternarsi di rifiuti e di accoglienza. Rifiuti delle istituzioni e accoglienza
da parte della società. La passione di questo gruppo di oltre 150 Rom è iniziata
il 18 aprile con lo sgombero del campo dell'ex Miralanza. Sbaraccati dal misero
rifugio di fortuna, una sessantina di persone, tra cui almeno una decina di
bambini, restano prive di quella parvenza di tetto che erano riuscite a darsi.
Si spargono per i giardinetti della zona, ma anche da lì le forze dell'ordine le
scacciano. Arpjtetto, l'associazione di volontari che opera nella zona, segnala
l'emergenza alla comunità di base di san Paolo e i Rom vengono accolti nel
salone di via Ostiense dove trascorrono la notte. Al mattino vanno via per
cedere il posto ai richiedenti asilo che arrivano alle 9 per partecipare alla
scuola di italiano che Asinitas gestisce da anni in maniera impeccabile. Per
alcuni giorni i Rom della ex Miralanza vagano alla ricerca di una soluzione che
non trovano.
Venerdì 22 altro sgombero, altra passione. Questa volta tocca al campo di via
dei Cluniacensi, in zona Tiburtino. Intervengono altre associazioni: Popica,
Arci Solidarietà e Apjtetto.
La Comunità di Sant'Egidio invia un comunicato in cui protesta fortemente per la
politica del Comune. Il sindaco Alemanno risponde: «siete fuori dalla realtà».
C'è chi commenta che se la «realtà» è questa meglio starne fuori.
Si decide di unire i nuovi «sgombrati» a quelli dell'ex Miralanza.
L'appuntamento è alla basilica di san Paolo, che si raggiunge con la metro.
È la mossa che si rivelerà vincente. Per due motivi: anzitutto l'accoglienza,
che l'abbazia, sia pure con qualche ambiguità e contraddizione concede, protegge
i Rom dalle forze dell'ordine che non vi possono entrare [solo qualche
funzionario della Digos che se ne sta in disparte è dentro ad osservare in
silenzio]. In questa situazione i Rom si sentono rincuorati. In secondo luogo
l'occupazione pacifica e sommessa «fa notizia» e nella società dell'immagine
scattano i media.
Il piazzale si riempie di televisioni, fotografi e giornalisti e di quasi tutte
le associazioni impegnate nella difesa dei diritti dei Rom. A Arpjtetto, Popica,
ed Arci si aggiungono A Buon Diritto, Aizo Onlus, Casa dei Diritti Sociali,
Comitato ex Casilino 900, Comunità di Base di san Paolo, Donne antirazzista
della Casa Internazionale delle Donne, Federazione Romanì, Monteverde
Antirazzista, Osservatorio Antirazzista del Pigneto. E inoltre la Funzione
Pubblica delle Cgil di Roma Ovest e esponenti di vari partiti e i Blocchi
Precati Metropolitani. Accorre anche il presidente dell'XI Municipio, Andrea
Catarci, che sarà presente sino alla fine della vicenda, portando con sé un
figlio, in braccio o in carrozzina.
Escono i primi lanci di agenzie, poi i telegiornali e i quotidiani on line. La
maggior parte dei media si schierano (miracolo! davvero è pasqua) dalla parte
dei Rom criticando duramente l'operato delle istituzioni. La trattativa condotta
da una solerte funzionaria prefettizia e un assessore del Comune si avvia dunque
sotto la pressione dell'opinione pubblica. I Rom non cedono.
Alle 19 si chiudono i cancelli e si apprende che l'abbazia ha fatto entrare i
Rom nell'edificio e la Caritas sta portando cibi e coperte.
Al mattino i/le Rom usciti/e per fare dei piccoli acquisti non sono però fatti
rientrare. I contatti con quelli che sono dentro si tengono con i cellulari.
All'interno la trattativa prosegue. Le istituzioni insistono. I Rom non cedono.
All'esterno alle associazioni e ai media si aggiungono cittadini e cittadine che
vengono a dare solidarietà.
Trascorre così l'intera giornata di sabato. Si profila la continuazione
dell'occupazione anche per il giorno dopo. Si decide perciò di invitare i romani
e le romane ad un pranzo solidale lì, in strada per il giorno di pasqua. È un
rischio, perché non c'è tempo per organizzarlo. Ma riuscirà. Si comincia a
pensare anche al lunedì.
Intanto si fa sera, il tempo si rannuvola. All'aperto vi sono tra gli altri
anche due famiglie con bambini piccolissimi; due sono gemelli nati da appena due
settimane. Il Municipio monta allora una tenda sul piazzale per ripararvi chi
non può rientrare nella basilica. Ma arriva, solenne, un messo comunale che
sembra venire dall'epoca delle grida manzoniane, e dà lettura in pubblico di
un'ordinanza del sindaco che impone di smontare la tenda. La polizia esegue.
Piove. I rom provano a trovare rifugio nella basilica ma la gendarmeria vaticana
impedisce a loro e agli attivisti di entrarvi. Molti fedeli, convenuti per la
veglia pasquale che annuncia che Cristo dopo la morte risorse all'alba di un
giorno di oltre duemila anni fa, solidarizzano con la lotta dei Rom: alcuni
rifiutano addirittura di entrare nella chiesa alla quale oggi è inibito
l'ingresso dei Rom. Una famiglia venuta a far battezzare il figlio vi rinuncia
tra gli applausi dei presenti.
Le due famiglie con bambini piccolissimi però si arrendono, è troppo alto il
rischio se restano sotto la pioggia: accettano il rimpatrio. Si aggiungono a
quanti – poco più di una decina – l'avevano accettato in precedenza. Gli altri e
le altre Rom trovano ospitalità per la notte nella comunità di base che apre di
nuovo la porta della sua sede.
Al mattino la trattativa riprende: le istituzioni insistono nel voler separare
gli uomini dalle donne e dai bambini, ma i Rom non cedono. Arriva Giovanni
Franzoni che rilascia delle dichiarazioni molto ferme e fa pressione sulla
Caritas perché non sostenga l'aut aut del Comune ma trovi una soluzione
alternativa. Dal canto loro le associazioni si attivano per allestire una
soluzione che veda l'accoglienza dei singoli nuclei familiari in più punti della
città. Incredibile. le Tv e i giornali incalzano e anche il papa dal balcone da
cui si affaccia per la benedizione spende una parola di solidarietà con i Rom.
Sul piazzale si svolge il «pranzo solidale». A un certo punto la trattativa si
interrompe. Di fronte alla ferma posizione dei Rom le istituzioni si ritirano.
La situazione è in stallo.
La basilica non può scacciare i Rom ma nemmeno può continuare ad ospitarli
all'infinito, tanto più che il primo maggio si avvicina e sarebbe molto
disdicevole che la beatificazione del papa che si è voluto santo subito
avvenisse con la basilica di san Paolo occupata dai Rom.
Fallita l'opera di convincimento, la Caritas cambia strategia: si dà carico di
realizzare in proprio una soluzione che accolga la richiesta dei Rom di non
smembrare neppure provvisoriamente i nuclei familiari. L'annuncio viene accolto
da grandi applausi di chi è all'interno dell'abbazia. Da fuori si sentono. I Rom
hanno vinto.
Quelli di loro che sono sul piazzale vengo fatti entrare. Arrivano i pullman per
portare tutti e tutte nella nuova destinazione. Non è un gran che, ma meglio che
niente. E soprattutto stanno insieme, donne bambini e uomini. L'alternarsi di
rifiuti ed accoglienza è finito. Sono passate le 20. Finalmente è pasqua.
Le associazioni che dal venerdì alla domenica sono rimaste sul piazzale, si
riuniscono e stilano un comunicato in cui danno atto alla Caritas e a
Sant'Egidio del contributo fornito per trovare per la prima volta a Roma una
soluzione che accoglie le richieste dei Rom segnando una netta sconfitta della
politica degli sgomberi e della segregazione nei «campi nomadi».
Da poco, a Brugnasco sono terminati i funerali di Vittorio Arrigoni, Brugnasco è
lontano, ma per tutte le «tre giornate romane dei Rom» il pensiero – ed anche le
telefonate – sono andate al piccolo comune lombardo. Non a caso il comunicato
stampa diramato alle 13 di domenica era intitolato Umano e disumano e terminava
con l'invito di Vittorio a restare umani. E anche il comunicato delle 22.30
finisce così: restiamo umani.
È davvero quel che va fatto. Grazie Vittorio per averlo detto e praticato.
Di Fabrizio (del 03/05/2011 @ 09:52:40, in Italia, visitato 1478 volte)
Le Acli, in collaborazione con altre associazioni, organizzano dal 2 al 7
maggio la settimana dedicata ai popoli zigani. Cinema, cultura, gioco e anche un
"open day" della formazione professionale nel campo sinti
Popolazioni dalla storia antica e tormentata, senza una patria ma orgogliose
delle loro tradizioni: per conoscere le etnie zigane, le Acli organizzano la
settimana "Rom e Sinti, vivere ai margini". Si tratta di una serie di eventi -
dal 2 al 7 maggio 2011 - che da un lato puntano a far conoscere storia e
tradizioni delle popolazioni zigane (di origine italiana o estera), dall'altro a
favorire la reciproca conoscenza e percorsi di integrazione positiva e
rispettosa.
L'iniziativa è promossa da Acli provinciali di Varese, Acli Zona di Gallarate,
circolo Acli, in collaborazione con Agesci, Opera Nomadi Milano, Caritas
Ambrosiana, Comunità pastorale San Cristoforo di Gallarate, UISP, Padri Somaschi,
Vip Verbano Onlus, Enaip, CTP - Centro Eda.
Lunedì 2 maggio si parte con la proiezione del film "Un'anima divisa in due", di
Silvio Soldini, che racconta l'incontro tra un uomo italiano e una ragazza
zingara. Una pellicola per riflettere anche sui problemi, senza sermoni e con un
po' d'ironia. Alle 21, al Circolo Acli di Gallarate (via Agnelli 33), Sala Rimoldi.
Mercoledì 4 maggio l'iniziativa si trasferisce al campo Sinti di Gallarate (in
fondo a via Lazzaretto, rione di Cedrate): dalle ore 16 Scuola Eda e l'ente di
formazione Enaip Lombardia offrono il loro open day. La presenza delle due
scuole all'interno vuole cercare un dialogo e una opportunità di avvicinamento
dei giovani del campo perché - completato il percorso nella scuola dell'obbligo
frequentata in istituti gallaratesi - possano proseguire nella formazione
professionale.
Giovedì 5 maggio lo sguardo si allarga ad esperienze positive nell'integrazione
e tutela delle comunità nomadi: sarà presentato il libro "I rom e l'azione
pubblica", di Giorgio Bezzecchi e Maurizio Pagani dell'Opera Nomadi di Milano,
introdotti da Valerio Pedroni della comunità dei Padri Somaschi di Milano. Nella
stessa serata sarà presentata l'interessante esperienza lavorativa della
Sartoria Taivè, promossa dalla Caritas Ambrosiana per favorire l'occupazione
delle donne rom.
Sabato 7 maggio, infine, si conclude con una iniziativa di gioco che punta a
coinvolgere soprattutto i più piccoli. Il "Party-tone" di calcio farà incontrare
scout, ragazzi del campo sinti e dell'oratorio. Il "mini-torneo a squadre
(molto) miste" è organizzato in collaborazione con le parrocchie della Comunità
San Cristoforo e con "Vivere in Positivo Verbano onlus" e si terrà a partire
dalle 14.30, all'oratorio di Cedrate.
1/05/2011 - redazione@varesenews.it
Di Fabrizio (del 08/05/2011 @ 09:28:15, in Italia, visitato 1446 volte)
Segnalazione di Agostino Rota Martir
PisaNotizie.it Circa venti persone, tra cui donne e bambini, sono state allontanate
nella giornata di ieri. Distrutto l'insediamento
Sono state sgomberati nella giornata di ieri (mercoledì 4 maggio) due
insediamenti di ridotte dimensioni fra il viale delle Piagge e il Ponte alle
Bocchette. Sul luogo diciannove persone, tutti rom di cittadinanza rumena.
Tre famiglie sono state dunque allontanate dalla Polizia Municipale in
collaborazione con Carabinieri e Polizia. Lo sgombero è iniziato intorno alle
otto e alle 10.30 le ruspe avevano già abbattuto le strutture presenti. Sul
posto anche la Croce Rossa e gli operatori della Società della Salute. Le donne
e i bambini sono state ricevuti dai servizi sociali e, dopo il colloquio, hanno
ricevuto alcuni buoni per l'acquisto di generi alimentari e di prima necessità.
Dalle undici di ieri, poi, si sono attivati gli uomini e i mezzi di Avr,
impegnati nella rimozione di due roulotte e un camper parcheggiati nella zona
che si trova lungo la golena dell'Arno non facilmente raggiungibile con mezzi di
grandi dimensioni.
L'area era già stata interessata da un'operazione di
sgombero il 15 aprile
scorso, quando Polizia Municipale e Carabinieri procedettero all'allontanamento
molto probabilmente delle stesse persone coinvolte nella giornata di ieri.
Intanto, però, delle famiglie sgomberate non si hanno notizie certe. Se infatti
sono stati dati loro buoni per acquistare generi di prima necessità, non è dato
sapere dove abbiano passato la notte né se gli siano state prospettate soluzioni
alternative.
Ennesima operazione di sgombero, dunque, da parte dell'amministrazione comunale,
verso la quale solleva forti dubbi l'associazione Africa Insieme, da anni
impegnata nella tutela dei migranti presenti sul territorio: "Il
16 Febbraio scorso il Consiglio Regionale della Toscana aveva approvato
all'unanimità una mozione in cui si chiedeva la sospensione degli sgomberi e l'avvio di una
diversa politica in materia di insediamenti".
"Il Comune di Pisa - proseguono da Africa Insieme - si pone al di fuori delle
politiche toscane, e avvia una nuova campagna di sgomberi condotti alla stessa
maniera di Alemanno a Roma: distruzione delle baracche e nessuna soluzione
alternativa per gli abitanti dei campi. Intere famiglie, con donne e bambini al
seguito, vengono messe in mezzo ad una strada: gli unici interventi in loro
favore - qualche misero pacco-spesa alimentare - hanno quasi il sapore di una
beffa, per chi si è visto distruggere il tetto sotto il quale dormiva ed è ora
costretto a vagare di luogo in luogo. Una politica crudele, costosa e del tutto
inutile, perché tutti sanno che gli sgomberi non allontanano nessuno. Ci
chiediamo a chi giovi tutto questo".
Di Fabrizio (del 12/05/2011 @ 09:34:05, in Italia, visitato 1624 volte)
Di Fabrizio (del 13/05/2011 @ 09:50:02, in Italia, visitato 1321 volte)
RIPARTONO GLI SGOMBERI: PISA DICE AI ROM "ANDATE IN ALTRI COMUNI"
AFRICA INSIEME ORGANIZZA LA SOLIDARIETA' CON LE FAMIGLIE SGOMBERATE: UN APPELLO
ALLA CITTADINANZA PER L'ACQUISTO DI TENDE E GENERI DI CONFORTO
I comunicati della Giunta annunciano l'avvio di una nuova tornata di sgomberi
nei già martoriati campi di rom rumeni a Pisa. L'amministrazione, in
particolare, informa di aver effettuato "quattro interventi in cinque
giorni": lo dice con tono trionfale, come fosse una cosa di cui andar fieri.
Il fatto che le famiglie sgomberate siano senza un tetto sulla testa, costrette
a vagare per la città alla ricerca di un luogo dove nascondersi, non sembra
turbare i sonni dei nostri amministratori. Né suscita alcuna preoccupazione il
fatto che cinque minori provenienti dal campo dietro le Piagge – tra cui un
bambino di un anno e mezzo e una bambina di due anni – dormano all'aperto.
La Giunta si limita a dire, in proposito, che le famiglie sarebbero state
"ricevute dagli assistenti sociali", i quali avrebbero fornito "buoni per
l’acquisto di generi alimentari". Un bel lavoro: si sbattono donne e bambini in
mezzo a una strada, e in cambio si regala un pacco di pasta...
Interventi di questo tipo ricordano quelli condotti a Roma e a Milano dal
centro-destra: si distruggono le baracche, si allontanano le famiglie (ben
sapendo che si sistemeranno pochi metri più avanti) e non si offre alcuna
sistemazione alternativa. E si ignorano le voci autorevoli che criticano
l'inumanità, e l'inutilità, degli sgomberi: ricordiamo quella del Presidente
Napolitano, o quella della Caritas che solo pochi giorni fa ha offerto
accoglienza ai rom sgomberati da Alemanno, rifugiatisi nella Basilica di San
Paolo.
Eppure, proprio in Toscana sarebbero disponibili strade alternative.
A pochi chilometri da Pisa, il Comune di San Giuliano ha avviato un percorso
positivo con i rom dell'ex Ostello di Madonna dell'Acqua: rifiutando lo
sgombero, sforzandosi di garantire percorsi di inclusione per le famiglie, con
la collaborazione delle associazioni del territorio.
Il Consiglio Regionale ha approvato all'unanimità, lo scorso 16 Febbraio, una
mozione in cui si critica la politica degli sgomberi. Il rogo di Roma, dove
hanno perso la vita quattro bambini rom, dimostra in modo inequivocabile –
scrive il Consiglio Regionale - «l’inutilità della pratica degli sgomberi, che
non fanno altro che trasferire le comunità rom su un altro territorio».
Ma forse è proprio questa la politica del Comune di Pisa: trasferire le comunità
rom nei territori vicini. Lo disse pochi mesi fa, con tono di minaccia, il
Comandante della Polizia Municipale a un gruppo di rom rumeni, non sapendo di
essere registrato: "andate in un altro Comune!". Oggi, a pochi mesi di distanza,
quella frase sembra ispirare le scelte dell'amministrazione.
Mentre chiediamo al Comune di Pisa di interrompere immediatamente questa
politica folle e insensata, facciamo appello a tutti i cittadini e a tutte le
cittadine, affinché si attivi una "catena della solidarietà": offriamo alle
famiglie sgomberate tende dove dormire, in modo che possano avere un qualche
riparo sia pur provvisorio. Africa Insieme si rende disponibile a coordinare gli
aiuti: chiunque abbia una tenda da donare a una famiglia, o chiunque intenda
fare un'offerta per comprarla, ci contatti all'indirizzo
volontariato@africainsieme.net
.
Africa Insieme Pisa - 10 Maggio 2011
Di Fabrizio (del 15/05/2011 @ 09:44:00, in Italia, visitato 1726 volte)
giovedì 19 maggio dalle 10.00 alle 17.00
Sala di rappresentanza del Comune di Bolzano
Ma è vero che gli zingari rubano i bambini? Una ricercatrice è andata a
verificare come sono andati a finire tutti i processi a donne rom accusate di
aver rapito un bambino italiano. Mentre un'altra ricercatrice è andata per le
procure minorili in giro per l'Italia a verificare quanti bambini rom (e sinti)
sono stati sottratti alle loro famiglie per essere affidati a famiglie non-rom.
Intervengono l'antropologo Leonardo Piasere e le due autrici delle ricerche.
Nel pomeriggio invece si parlerà del sistema di tutela dei minori sinti e rom
nella nostra provincia con il giudice Benno Baumgartner, la sovrintendente
Nicoletta Minnei, con Radames Gabrielli e Kanja Asan, oltre che con Nigritella
Pilat e Anna Bergonzini dei distretti sociali di Bolzano.
Il programma completo dell'iniziativa su
www.nevodrom.it
Di Fabrizio (del 16/05/2011 @ 09:26:55, in Italia, visitato 2069 volte)
Segnalazione di Giovanna Bellotti
di Alessandro Marzo Magno
Anche prima dell'invenzione delle campagne elettorali c'era chi voleva
cacciare via gli zingari. Nella Milano del Cinque-Seicento sembra che
provocassero una specie di fobia collettiva, tanto da far varare una legge che
stabiliva l'impunità per chiunque li avesse ammazzati e si fosse impadronito dei
loro beni. Non è che se la cavassero tanto meglio da altre parti d'Italia, ma ma
in nessun luogo come nel ducato milanese si varavano provvedimenti tanto duri. E
tanto inutili. Visto che si è andati avanti per due secoli a inasprire le pene
senza raggiungere il risultato voluto.
Nessuno faceva le campagne elettorali su di loro – anche perché le elezioni non
erano ancora state inventate – ma gli zingari invece c'erano e già c'era anche
chi voleva cacciarli via. Nella Milano del Cinque-Seicento sembra che gli
zingari provocassero una specie di fobia collettiva, tanto da far varare una
legge ("grida", in quel tempo, come ci ricordava Alessandro Manzoni) che
stabiliva l'impunità per chiunque li avesse ammazzati e si fosse impadronito dei
loro beni. Non che negli altri stati italiani volessero bene ai nomadi (li
bandiscono da Roma e anche la Serenissima non vede l'ora di mandarli a vogare
nelle galee), ma in nessun luogo come nel ducato milanese si varavano
provvedimenti tanto duri (che però non servivano a niente, visto che si è andati
avanti per due secoli a inasprire le pene senza raggiungere il risultato
voluto).
Gli zingari penetrano in Europa occidentale nel XV secolo, spinti dalla
conquista turca dei Balcani. Nei primi anni sono guardati con un misto di
curiosità benevolenza, sentimenti che poi lasciano il passo alla ripulsa e
all'odio. I primi a espellere gli zingari sono gli svizzeri di Lucerna, nel
1471; a ruota, seguono tutti gli altri. «È finito quel brevissimo lasso di tempo
in cui lo zingaro, esotico e misterioso, incuriosiva la gente e commuoveva con
la sua triste storia di pellegrino: inizia ora la caccia allo zingaro ladro,
pigro e imbroglione», scrive Giorgio Viaggio nel suo Storia degli zingari in
Italia.
Va subito chiarita una cosa: gli aspetti che più colpiscono negativamente le
popolazioni di allora non sono tanto l'accattonaggio e la mendicità, quanto il
fatto che siano considerati "oziosi", ovvero che non abbiano alcuna intenzione
di cambiare stile di vita. Nelle società di antico regime chiedere l'elemosina
non era un'attività così disdicevole: il buon cristiano aveva il dovere di
aiutare i bisognosi, mentre esistevano confraternite e gilde di mendicanti e
l'accattonaggio era un'attività regolata, con tanto di concessioni di licenze e
divieto di mendicare per chi non fosse residente. A mano a mano che si sviluppa
la filantropia, cresce il disprezzo per chi non si vuole sottrarre alla
condizione di presunta inferiorità, la repulsione verso gli "oziosi", come li
chiamavano al tempo. L'ozio, si sa, è il padre dei vizi. È sempre meno otium
latino, ovvero lo stato di grazia che permette alla mente di partorire i suoi
frutti migliori, e si avvicina sempre più all'accidia, cioè a uno dei sette
peccati capitali.
Gli zingari rappresentano tutto ciò: sono gli estranei che portano il male. La
loro persecuzione comincia, forse niente affatto casualmente, in anni e luoghi
vicini alla persecuzione antiebraica, e continuerà nei secoli, fino agli Untermenschen dei nazisti.
I primi zingari arrivano a Milano, a fine Quattrocento, quando il duca Gian
Galeazzo Sforza ne accoglie benevolmente un gruppo, capeggiato dal "conte del
piccolo Egitto" (spessissimo gli zingari erano indicati come "egiziani" perché
si pensava fossero originari del Nordafrica). Ma già il suo successore, Ludovico
il Moro, vara un decreto con cui ordina agli zingari di allontanarsi dal
territorio compreso tra i fiumi Po e Adda, minacciando di morte i disobbedienti.
Si tratta di uno dei provvedimenti più severi del tempo, giustificato dal
crescente numero di nomadi sul territorio milanese e dall'aumento di "furti e
delitti". Alla morte dello Sforza, nel 1498, il ducato passa sotto la
dominazione francese e anche gli Orleans confermano le politiche di espulsione:
la grida del 23 aprile 1506 si occupa degli zingari dal punto di vista
sanitario, affermando che con il loro nomadismo potrebbero favorire la
diffusione della peste (il cosiddetto "cordone sanitario" consisteva in un
blocco delle città in modo da impedire a chiunque di entrarvi e diffondere il
contagio), ma già nel dicembre successivo si prendono provvedimenti più
drastici, stabilendo che gli zingari debbano partire entro quattro giorni, pena
la frusta, mentre gli osti che li ospitassero sarebbero puniti con un'ammenda di
venticinque ducati.
Ma è con gli spagnoli che i provvedimenti antizingari a Milano diventano una
vera e propria ossessione, tanto che si arriverà a una sessantina di grida sul
tema. Il che, in paio di secoli, fa una media di una legge ogni poco più di tre
anni, con un crescendo di pene talmente esagerato da rivelarne l'assoluta
inefficacia. Con il duca di Terra Nova (1568) e Carlo d'Aragona (1587) inizia la
repressione vera e propria, con la condanna a cinque anni di remo per gli uomini
e alla «pubblica frusta» per le donne; nel decreto del 1587 si parla di «cingheri,
gente pessima, infame, data solo alle rapine, ai furti e ogni sorte di mali».
Una grida del 1605 comanda invece che nessuna «persona, ancora privilegiata o
feudataria, ardisca alloggiare, dare ricetto, aiuto o favorire in alcun modo a
detti cingari».
Nel 1624 in una legge contro le delinquenza comune gli zingari vengono definiti
i più pericolosi tra i malfattori e si dichiara lecito derubarli delle loro
cose, senza tener conto di permessi e licenze da essi posseduti (spesso avevano
autorizzazioni all'accattonaggio e al girovagare emesse in Germania). Inoltre si
intima il divieto di frequentarli. Evidentemente le autorità del ducato di
Milano non riescono a fare nulla di concreto contro i nomadi, visto che
autorizzano la giustizia fai da te: nel 1657 si concede alle popolazioni di
riunirsi al suono della campane a martello «e perseguitare detti cingari
prenderli e consignarli prigioni». Non si riesce a farli star buoni? E allora
che non entrino nemmeno: il 15 marzo 1663 una grida vieta l'accesso agli zingari
nel ducato, pena sette anni di galera agli uomini e alle donne di essere
pubblicamente frustate e mutilate di un orecchio (la pena della galera non
significa andare in prigione, significa diventare "forzati da remo" a bordo
delle unità militari della flotta – galee o galere – da cui il termine è passato
poi a indicare le carceri). Trent'anni dopo, nell'agosto 1693, è prevista
l'impiccagione immediata per gli zingari che fossero trovati nel territorio
milanese.
Di più: qualunque cittadino ha diritto di «ammazzarli impune» e poi di «levar
loro ogni sorta di robbe, bestiami denari che gli trovasse», in regime di
esenzione fiscale, «senza che s'habbia a interessare il regio fisco». Come in
guerra, insomma: si ha diritto di ammazzare e di far bottino dei beni del nemico
ucciso. «Parecchi di loro, specialmente donne, vennero abbruciati», scrive
Francesco Predari, bibliotecario della Braidense, in "Origine e vicende dei
zingari", pubblicato nel 1841. Bisognerà attendere Maria Teresa perché alla
politica degli ammazzamenti si sostituisca quella, meno violenta, ma egualmente
illiberale, dell'assimilazione forzata. Comunque la secolare lotta intrapresa
dal ducato di Milano contro gli zingari non ha portato a nulla, sono sempre
riusciti a evitare le conseguenze peggiori e continuare nel loro tradizionale
nomadismo. I figli del vento non possono essere messi in gabbia.
NDR: Nel pezzo viene ripetuto + volte che gli zingari non
votano, ed è per questo che le leggi si sono sempre burlate di loro. A Milano,
per via Idro ma anche altri campi, il sindaco Moratti ha ripetuto + volte che
dopo le elezioni sgombererà i campi... per andare... nessuno l'ha spiegato.
Così, i Rom hanno ritirato le loro schede elettorali, hanno scelto sindaco e
candidati e, se non fanno casino, andranno a votare. VEDIAMO CHI LA VINCERA'
STAVOLTA.
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