Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 17/06/2010 @ 09:34:26, in lavoro, visitato 1800 volte)
Venerdì 18 giugno, alle ore 18 presso la Città dell’Altra Economia in Largo
Frisullo (portico della Pelanda) nell’ambito di Geografie Extravaganti –
Passaggi ad Ovest : luoghi di incontro con e tra donne
migranti,
il Laboratorio Manufatti Donne Rom presenterà
una relazione su Formazione, lavoro e integrazione tra donne
Rom e italiane (relatrice Cristina Rosselli Del Turco)
Gli interventi saranno accompagnati dalla lettura di poesie e testi tratti da:
"Passaggi a Ovest" a cura di Paola Splendore, "Il colore della solitudine" di
Sujata Bhatt, "Quelle voci dal vuoto" di Guido Tassinari e da cantiin lingua
madre
Canti: Sushmita Sultana, Monserrat Olavarria
A seguire catering "Il mondo nel piatto"
http://geografieextravaganti.blogspot.com -
contatti@asinitas.org
...parlare di se stessi, ma siate gentili se faccio
un'eccezione. Un invito ai lettori milanesi ad una serata per conoscersi meglio
e sentire buona ed autentica musica
Lunedì 21 giugno 2010, alle ore 21,00, al Circolo ARCI Martiri di Turro
(ingresso gratuito con tessera ARCI), Via Rovetta, 14 a Milano
Incontro dedicato a "MAHALLA - ROM E SINTI DA TUTTO IL MONDO"- il sito web di
informazione sul "popolo del vento", organizzato dall'Associazione La Conta
in collaborazione con Mahalla - Rom e Sinti da tutto il mondo
Il particolare Fabrizio Casavola farà conoscere le storie, i
racconti, le cronache, le testimonianze, i progetti e le iniziative culturali
più significative raccolte nell'ambito del lavoro pluriennale della redazione
del sito. Parteciperanno altresì alla serata Ernesto Rossi, dell'Associazione
Aven Amentza – Unione di Rom e Sinti e Associazione ApertaMente di
Buccinasco, Erica Rodari, dell'Associazione Punto Rosso ed
altri studiosi e mediatori linguistico-culturali che ci parleranno di alcune
loro esperienze realizzate nel corso del tempo. Concluderà la serata il
bravissimo violinista Rom George Moldoveanu, che eseguirà alcuni dei
brani più belli e significativi tratti dal repertorio violinistico zigano,
capaci di dare emozioni uniche.
GEORGE
MOLDOVEANU
E' un bravissimo violinista solista e direttore d’orchestra. Figlio d’arte,
a 15 anni si esibisce nel suo primo concerto pubblico. A 33 anni è già direttore
di un complesso di musica popolare e fino all’ ’89 dirige l’Ansamblul Doina
Doljului di Craiova (Romania), per poi diventare primo violino di uno dei più
importanti complessi romeni, l’Ansamblul Maria Tanase, pluripremiato in numerose
tournées all’estero (Parigi, Atene, Sofia, Il Cairo, ecc.). A Milano dal ’99
George Moldoveanu ha suonato all’ Auditorium del Centro Bonola, a Radio
Popolare, al Palalido (presentato da Gaetano Liguori e complimentato da Dario Fo
e Franca Rame), alle Vie dei Canti, manifestazione promossa da Comune di Milano
e Arci, all’ Università Cattolica, alla Provincia di Cremona, all' Università
Statale di Milano e in varie altre occasioni. George ha al suo attivo uno
spledido cd "Iubire de femeie" 2003, Romania. George suona anche nelle strade e
piazze della nostra città nonché ai matrimoni, nelle feste di compleanno e
popolari, facendo conoscere ed apprezzare lo splendido repertorio violinistico
zigano.
Vi saremo altresì grati se vorrete dare diffusione elettronica all'iniziativa
di cui sopra e/o diffondere la stessa tra le persone che ne possono esservi
interessate. Vi ringraziamo in anticipo.
Di Fabrizio (del 18/06/2010 @ 09:21:10, in blog, visitato 2415 volte)
Questo post (non è farina del mio sacco), è dedicato a
Giancarlo Ranaldi, che ringrazio per le informazioni e gli spunti che ogni
tanto mi da. Una piccola precisazione, conosco Miguel Martinez, l'autore
del post originale, da qualche anno, ed in passato ci scambiavamo spesso
opinioni. Mi aveva già raccontato brevemente questa storia ambientata ad Imola,
e recentemente l'ha descritta per esteso sul suo blog. Buona lettura.
Mercoledì, 20 gennaio 2010
Una decina di anni fa, abitavo a Imola e avevo in casa dieci amici Rom.
La faccenda era meno problematica di quanto potrebbe sembrare: io me ne stavo a
tradurre al mio computer, loro a guardare la televisione, allattare la bambina
piccola e raccontarsi i loro sogni o a esaurire le loro poche schede telefoniche
con chiamate interminabili a cugini sparsi per mezzo mondo. La cosa più
preoccupante era che avevano riempito il frigorifero di sacchi di carne,
comprati a poco prezzo su chissà quale mercato alternativo, ma le romnijà sono
attente casalinghe, e il sangue che colava sul pavimento, lo pulivano subito e
non dovevo mai pensare a fare da mangiare.
Così, tra una traduzione e l'altro, avevo un buon argomento per rispondere a chi
mi urlava sui forum virtuali, "parli bene tu, se ti piacciono tanto gli
zingari, perché non te ne prendi uno in casa?"
In quel periodo, avevo conosciuto a un tavolino in piazza l'allora segretaria
della Lega Nord, una giovane signora molto energica che alternava i volantinaggi
contro gli extracomunitari al suo lavoro di donna delle pulizie in case private.
Giovanna - la chiamerò così - aveva ovviamente le idee tutte sbagliate, ma era
onesta, coraggiosa e dotata di un notevole senso dell'umorismo.
Un giorno, nell'ambito delle solite cose inter-multi-culturali in cui eccellono
le giunte di sinistra, avrebbe dovuto esibirsi al Teatro Comunale di Imola la Kocani
Orkestar, un vivace gruppo di musicisti Rom della Macedonia,
sassofoni, trombe e clarinetti, con tutta l'ebbra allegria scaramantica con cui
si caccia l'orrore imminente.
Molto prima, avevo conosciuto un musicista Rom su un treno, che ascoltava nastri
con le strane melodie islamo-slavoniche dei sufi bosniaci, e mi raccontava dei
pericoli del suo mestiere: a un suo collega, avevano sparato durante un
matrimonio, perché la sua musica non era piaciuta a qualcuno. La follia,
l'inatteso, la morte, sono sempre in agguato, e per questo occorre battere forti
i piatti e ridere molto.
Ho telefonato al sindaco - impresa non facile, visto che lo avevano appena
cacciato di casa, ma questa è un'altra storia - dicendogli che avevo dodici
profughi Rom squattrinati che avrebbero voluto assistere allo spettacolo. E
così, va detto a suo onore, mi ha fatto avere subito i biglietti.
Come potete facilmente calcolare, i profughi erano solo dieci, insomma ci ho
marciato un po' anch'io.
Un biglietto era per me e uno era ancora da piazzare. Così telefonai a Giovanna,
dicendole che avevo un biglietto in più per il teatro, senza accennarle che
sarei arrivato anche con qualche
amico.
Al teatro, ci hanno dato il palco d'onore, da cui dominavamo dall'alto la folla
di abituali frequentatori di teatro, curati e composti come avviene solo in
provincia, più quella particolare umanità che non manca mai quando c'è qualcosa
di esotico.
Giovanna e la mia banda di clandestini, zoppi, profughi, extracomunitari,
musulmani, zingari e mamme allattanti (tutto in uno e pure moltiplicato) si sono
guardati in faccia, e si sono capiti subito.
Io avevo fatto conoscere molti italiani ai miei amici, ma con poche eccezioni -
tra cui Riccardo
Venturi - erano persone
in qualche maniera mediate, come sono coloro che tollerano
gli zingari nonostante tutto. I Rom, pur comportandosi con grande cortesia,
mi confidavano sempre qualche riserva, notavano qualcosa che non quadrava,
qualche sottile elemento di ipocrisia, che non era altro che la somatizzazione
della buona coscienza borghese.
Che Giovanna fosse a capo della Lega non significava nulla per i miei amici: a
parte la mitica figura di Tito, la politica era un concetto del tutto
incomprensibile per loro, una bizzarra astrazione.
In tanti secoli di difficile convivenza con i gagè avevano affinato invece
un'istintiva percezione che andava all'essenza delle persone: e con Giovanna,
capirono con uno sguardo che si trattava di una persona che non aveva nulla di
falso. Mentre la stessa semplicità non intellettuale che portava Giovanna a
militare nella Lega, la stessa concretezza manuale del suo lavoro, le permisero
di mettersi immediatamente alla pari del gruppo di Rom.
Quella sera, sul palco d'onore, tra il clamore degli strumenti della Kocani
Orkestar, la segretaria della Lega Nord, solo all'inizio un po' imbarazzata,
ballò con Bechir, gioioso e bruttissimo e affettuoso zingaro affetto dalla
sindrome di Down, arrivato in Italia su di un motoscafo, che faceva sempre la
cortesia con i non Rom, di parlare, non in Romanè, ma in un fitto serbo tutto
suo.
Qualche giorno dopo, Giovanna mi telefonò per darmi qualche dritta per trovare
lavoro per uno dei miei amici. Non alla maniera di chi aiuta
gli extracomunitari, ma come si fa tra esseri umani che si danno una mano.
Siccome i Rom mi hanno chiesto spesso di Giovanna, qualche mese fa le ho
telefonato. E' stata espulsa dalla Lega, per chissà quali feroci beghe interne,
fatta fuori da qualche potentato locale; ma dice di credere sempre nell'Ideale.
Forse capite perché mi fa orrore demonizzare o santificare qualcuno come
persona, solo in base al raggruppamento astratto - etnico, politico, religioso,
umano - in cui le incredibili complessità del destino lo hanno fatto capitare.
Di Fabrizio (del 18/06/2010 @ 09:48:08, in Europa, visitato 2103 volte)
Da
Roma_Francais
Bastamag.net Salva la vita ad un Rom: 20 anni di prigione - Par Eric
Simon (4 giugno 2010)
In Bulgaria, la giustizia ha condannato un giovane "d'origine straniera"
per l'omicidio di uno studente modello sotto tutti gli aspetti. [...] 20 anni di
prigione per il giovane in questione: l'australiano Jock Palfreeman. Ma dietro
la versione ufficiale, si profila un'altra verità, meno favorevole alla
giustizia bulgara. Dove si apprende che è meglio non aiutare dei Rom vittime di
un'aggressione razzista in seno all'Unione Europea.
Jock Palfreeman è un giovane australiano di 23 anni, da qualche mese in
Bulgaria. La sera del 28 dicembre 2007, è testimone dell'aggressione di due Rom
da parte di una quindicina di giovani, nel centro di Sofia vicino alla stazione
Serdika. Secondo gli osservatori, i giovani urlavano gli slogan razzisti dei
sostenitori del club calcistico della capitale (il "Levski"), tristemente
celebri per le loro azioni violente.
Senza riflettere troppo, Jock si interpone con un coltello in mano, tra i
teppisti e uno dei due Rom che giace incosciente al suolo. I teppisti rinculano
di qualche dozzina di metri, per poi contrattaccare con pietre e blocchi di
cementi. Quando intervengono i poliziotti, Jock è per metà incosciente. Uno
degli aggressori, Anton Zahariev, 19 anni, è ferito ed un corpo senza vita è
steso sul marciapiede: quello di Andreď Monov, studente di 20 anni. Nel
frattempo i Rom sono spariti, poco desiderosi di passare dalle mani degli
hooligan a quelle della polizia il cui razzismo non ha niente da invidiare ai
fan del "Levski". La maggior parte dei media bulgari si schiera immediatamente
contro questo "straniero", assassino di un bambino bulgaro, di conosciuta e
rispettabile famiglia. Il 7 dicembre 2009, Jock Palfreeman è condannato a 20
anni di prigione. La storia avrebbe potuto fermarsi qui.
Testimonianze rimosse
Il padre di Jock, arrivato personalmente dall'Australia per sostenere la
difesa di suo figlio, ha condotto una propria inchiesta e indicato numerose
anomalie. Il contesto della rissa - l'attacco di un gruppo contro due Rom prima
dell'intervento del giovane australiano - è stato totalmente ignorato nel corso
del processo. Diverse versioni contraddittorie di testimoni non sono state
ascoltate. Del resto la maggior parte non è stata interrogata nel corso
dell'istruttoria, particolarmente gli amici di Jock che si sono spontaneamente
presentati ed hanno lasciato i loro indirizzi.
I testimoni convocati in udienza sono stati uno degli hooligan partecipanti
all'assalto a Palfreeman, il portiere di un albergo lì vicino ed i poliziotti
arrivati sul posto che avevano proceduto ai primi interrogatori. Le versioni
sono radicalmente cambiate tra l'istruttoria ed il processo, donando alla fine
testimonianze confuse, incomprensibili ed inutilizzabili per la difesa, negando
persino la presenza dei Rom e quindi l'aggressione a questi ultimi. Lo stesso
hooligan ferito è passato dall'essere testimone a parte offesa, anche se faceva
parte degli aggressori.
Un video accidentalmente cancellato
Altra sfortunata coincidenza: una videocamera di sorveglianza aveva
fortuitamente registrato tutta la scena, l'aggressione ai Rom, poi il
contrattacco su Jock Palfreeman qualche dozzina dimetri più lontano. Ma quando
un anonimo poliziotto l'indomani andò a visionare il nastro, un corto circuito
"accidentale" distrugge la registrazione. "Non ha importanza", stima il
procuratore, Parvoleta Nikova, che considera che, in ogni modo "non avrebbe
visto il film"! Curiosa magistrato che, oltre a negare l'attacco ai Rom ed
il rifiuto di ascoltare i testimoni della difesa, respinge le conclusioni del
rapporto psichiatrico che dimostra che l'Australiano non aveva niente di un
violento psicopatico e che era invece guidato da idee di giustizia sociale. Per
tutto il processo, lo ha descritto come un pericoloso hooligan. Prodigioso
ribaltamento dei fatti!
E' questa visione che la maggior parte dei media riprende ampiamente,
insistendo sullo status di vittima del giovane Andreď Monov. Il clima
nazionalista che regna nel paese non aiuta certo a rendere una giustizia
veramente serena. Durante il processo di Jock, il fatto che la vittima, Andreď Monov
sia stato riconosciuto come adepto allo slogan "la Bulgaria ai Bulgari"
(aggiungete: senza i Rom e gli Ebrei) non ha avuto alcuna influenza sulla corte.
Al contrario: Jock Palfreeman è stato percepito come un "antifascista
esagitato" che ha deliberatamente attaccato giovani di cui non condivideva
il punto di vista. Precisiamo che l'antifascismo è visto molto male in questo
paese dove la lotta antifascista è stata per lungo tempo l'alibi del potere e
dell'ideologia totalitaria. Quanto a difendere i Rom, una minoranza apertamente
disprezzata dalla maggioranza della popolazione, questo non gioca a favore
dell'accusato. Dal canto loro, i Rom si sono discretamente interessati del caso,
come testimoniato da diversi interventi sui forum Internet della comunità.
"La Bulgaria ai Bulgari"
Jock Palfreeman vittima sacrificale delle disfunzioni del sistema giudiziario
bulgaro? Non c'è stato alcun slittamento della giustizia. Tutto è stato gestito
perché non ci fosse nessuna giustizia possibile. Perché Andreď Monov era il
figlio del celebre psicologo Hristo Monov, attualmente vice ministro della
sanità. Riconosciuto come esperto dalla polizia, resta un personaggio influente
negli ambienti politici. La famosa videocamera dal contenuto scomparso d'altra
parte si trovava su di un edificio... del ministero della sanità!
In foto: I tifosi del club Levski
Ancor prima dell'inizio del processo, il padre di Jock ha dichiarato in un
servizio del canale australiano ABC di non avere grande fiducia nella giustizia
bulgara. E' da capire: la Bulgaria, che dal 1 gennaio 2007 fa parte dell'Unione
Europea, è conosciuta per il livello molto alto di corruzione del suo sistema
giudiziario, comparabile, secondo il Barometro mondiale della corruzione 2009
dell'organizzazione
Transparency International, a quello di paesi come la
Cambogia, la Georgia e la Mongolia.
Messo in isolamento per aver ricorso in appello
Ad aggravare le cose, dal 19 febbraio Jock Palfreeman dal 19 febbraio scorso
è stato messo in isolamento totale. Questo significa che non ha più alcun
contatto con gli altri prigionieri, né accesso a libri, radio, televisione,
ancor meno la possibilità di seguire degli studi. Ha solamente diritto ad un'ora
e mezzo di aria quotidiana, da solo nel cortile. Questa situazione è la
conseguenza di una legge entrata in vigore nel giugno 2009, che si direbbe
diretta quasi espressamente contro di lui: tutti i prigionieri stranieri
condannati ad una pena detentiva superiore ai 15 anni devono restare in
isolamento sino alla fine del loro ricorso. Tuttavia, Jock Palfreeman si è
appellato alla decisione della corte. Il processo può durare ancora almeno due
anni. Quale mezzo migliore per dissuaderlo dal far valere i suoi diritti? Al
momento è l'unico prigioniero in Bulgaria in questa situazione, cosa che
evidentemente è contraria ai termini ed alle disposizioni della Convenzione
europea dei diritti dell'uomo.
Forse c'è un'opportunità per
sostenere il giovane australiano. Se è vero che la giustizia non può
rendersi in un quadro nazionale, è possibile appellarsi alla Corte Europea dei
Diritti dell'Uomo senza attendere la fine del ricorso a livello nazionale.
Sarebbe anche l'occasione di rendere visibile una storia che non è uscita dalla
Bulgaria se non per essere pubblicizzata in Australia, paese che non ha grandi
mezzi d'azione diplomatica a migliaia di chilometri dalle sue frontiere.
L'Unione Europea non ha mosso un dito per un caso che non riguarda uno dei
suoi concittadini. Lo stesso padre di Jock ha preferito mantenere un profilo
discreto per non infiammare, oltre il necessario, gli spiriti pronti allo
sciovinismo. Una strategia che ormai chiaramente non è più necessaria. Già la
Conferenza UNITED
contro il razzismo, riunione delle OnG antirazziste, dei gruppi antifascisti
e delle associazioni dei migranti, dei Rom e per la difesa dei diritti umani in
33 paesi europei, svoltasi a metà maggio a Budapest, ha contribuito alla
conoscenza del caso Palfreeman. Un primo colpo contro l'iniquità a cui dovranno
seguirne altri.
Il sito di supporto Jock
Palfreeman (in inglese)
Per scrivere:
Jock Palfreeman
Sofia Central Prison - 21 Gen. N. Stoletov Bul.
Sofia 1309 - Bulgaria
Di Fabrizio (del 19/06/2010 @ 09:02:08, in Italia, visitato 1782 volte)
Segnalazione di Masilia Amieri e Paolo Teruzzi
da
Eliotropo
Lungo il percorso che collega la Brianza alla stazione di Sesto FS, un
conducente si accorge della presenza dei rom e li costringe ad abbandonare il
mezzo pubblico
Al confine tra Monza e Cinisello Balsamo, alle porte di Milano, martedì 15
giugno un autista dell'autobus z221, linea gestita dalla Brianza Trasporti,
esclama: “Non voglio la merda sul mio pullman, gli zingari no. Apriamo le
finestre e cambiamo aria”. Alcuni rom e una donna di colore, impaurita dalla
situazione, rimangono a piedi.
Riavvolgendo il nastro. Sono all'incirca le 9.45. Fuori piove. Come consuetudine
la z221, l'autobus che collega la Brianza alla stazione di Sesto FS, effettua il
proprio viaggio e come sempre al confine tra Monza e Cinisello Balsamo salgono
anche i rom. Resosi conto della loro salita, il guidatore perde il controllo e
impone a quanti non hanno il biglietto di avvicinarsi alla sua postazione. Dopo
un primo momento di esitazione da parte dei viaggiatori incriminati, il tono si
fa sempre più minaccioso e aggressivo. Non contento, il conducente si alza in
piedi e pretende che quanti sono sprovvisti del biglietto, scendano
immediatamente dalla z221. Intimoriti dalla reazione, i rom e la donna di colore
abbandonano l'autobus. Raggiunto il proprio obiettivo, il conducente non
trattiene nemmeno i commenti offensivi.
Contattiamo l'ingegnere Matteo Gola dell'Ufficio marketing e comunicazione della
Brianza Trasporti, azienda appartenente al gruppo Autoguidovie, per chiedere una
spiegazione della vicenda.
Come reagisce l'azienda davanti a questi episodi?
“Riceviamo molte segnalazioni per comportamenti non professionali. Tutti gli
autisti e i controlli verificatori seguono dei corsi di formazione dove viene
loro insegnata un'etica professionale per lo svolgimento delle loro attività. Ci
sono autisti che possono svolgere la funzione di controlleria in fase di salita,
senza, però, modificare il tempo di percorrenza del mezzo. Si può non far salire
una persona senza biglietto, ma se l'utente è già sul mezzo, non lo si può
obbligare a scendere, specie nel caso di un minorenne. Se è presente un
controllore, può capitare che scenda con l'utente privo del documento di viaggio
per proseguire nella contravvenzione.
Qual è il suo giudizio?
Da quello che mi descrive, l'autista ha sbagliato. Non doveva far scendere le
persone, quando erano già salite. Poteva bloccare in fase di salita, ma non far
scendere forzatamente della gente che stava viaggiando, pur senza biglietto. Il
conducente stava guidando e non poteva intervenire, perché automaticamente
avrebbe ritardato il programma di esercizio e questo non va bene. Avrebbe dovuto
chiamare o segnalare alla direzione che avrebbe fatto intervenire dei
controllori. L'azienda chiede ai dipendenti di usare atteggiamenti sempre
professionali, senza alcuna discriminazione. Il titolo di viaggio deve essere
chiesto all'italiano come all'extracomunitario. A volte il biglietto viene
chiesto agli italiani e non agli stranieri, perché sembra che ci sia un
accanimento verso gli extracomunitari ed è un'immagina brutta da vedersi.
Cosa pensa delle esternazioni offensive del vostro autista?
Sono espressioni che non vanno dette. Sulla z221, tuttavia, che passa vicino al
campo che si trova in fondo a via Borgazzi, salgono molti rom che ci hanno
creato diversi problemi. Certe cose si possono pensare, ma non si possono
esprimere. Bisognerebbe sempre mantenere un atteggiamento professionale e
educato, ma non è facile. Gli autisti sono tanti e ognuno ha la propria testa,
nonostante la formazione, spesso agiscono in autonomia. Diversi controllori sono
stati rimossi dalla loro mansione per i loro atteggiamenti. Ognuno di loro è
sottoposto a un periodo di verifica in cui si valutano i loro comportamenti.
Ogni sei mesi l'azienda fa le proprie valutazioni e decide se sono idonei a
svolgere la mansione. Molti non sono in grado o perché troppo aggressivi o
perché troppo poco determinati. Noi chiediamo di agire senza discriminazione, ma
con professionalità ed educazione.
Benedetta Guerriero
fonte:
http://it.peacereporter.net
Di Fabrizio (del 19/06/2010 @ 09:04:30, in Italia, visitato 2582 volte)
PeaceReporter.net
I rom chiedono al Comune di Milano di essere coinvolti nelle trattative che
li riguardano
"Non siamo gente cattiva, vogliamo solo vivere in pace". Così dice Marian,
uno degli abitanti del campo di via Triboniano, al termine della conferenza
stampa organizzata a Milano dalla Federazione Rom&Sinti insieme. Obiettivo
dell'incontro, denunciare la situazione della comunità rom nel capoluogo
lombardo. "Siamo molto preoccupati – dice Dijana Pavlovic, vicepresidente della
Federazione – quello che si sta verificando a Milano è anomalo, anche rispetto
alle altre città italiane". A impensierire i rom è il continuo ricorso alla
pratica degli sgomberi che ormai sistematicamente viene portato avanti dalle
autorità milanesi, senza alcuna proposta alternativa. "Dal 2007 a oggi –
prosegue la Pavlovic – nella città sono stati effettuati 271 sgomberi, ben 95
solo nei premi mesi del 2010. Quasi la totalità degli zingari allontanati vive
ancora a Milano: lo sgombero non è una soluzione. Il ministero degli Interni ha
stanziato 13 milioni di euro per affrontare il problema dei rom nel capoluogo,
ma il Comune non fornisce spiegazioni chiare sull'utilizzo di questi soldi. In
base ai dati forniti dalla Caritas e dalla Casa della Carità, nove dei tredici
milioni verranno utilizzati per la sicurezza. Tradotto significa per gli
sgomberi e l'installazione delle telecamere nei campi, che poi verranno
dismessi. Solo i restanti quattro milioni verranno usati per l'inserimento
sociale dei rom, di cui un milione e 800mila per l'inserimento nelle case".
Secondo la comunità rom, le risorse stanziate, se usate in maniera diversa,
potrebbero risolvere una volta per tutte il problema legato alla loro presenza
sul territorio. Manca, però, una qualsiasi forma di dialogo con i responsabili
del Comune, il vice-sindaco Riccardo De Corato, e Mariolina Moioli, assessore
alla Famiglia, Scuola e Politiche Sociali. "Nessuno parla con noi – dice Marian
-. Nel campo di Triboniano, dove abito, la situazione è critica. Sappiamo che
entro il 30 agosto il campo verrà sgomberato per fare spazio all'Expo, ma nulla
di più. Ci sono 220 bambini, molti di loro sono nati in Italia e vanno a scuola.
Che senso ha spingerli su una strada, così ci obbligheranno a rubare. Sono
romeno e sono in Italia da quasi 10 anni, ho tre figli di 15, 10 e 5 anni e loro
non parlano romeno, perché si sentono italiani. Alcuni di noi sbagliano, ma non
è giusto che paghiamo tutti e che veniamo discriminati o tenuti all'oscuro delle
trattative. Siamo esseri umani e sappiamo parlare. Venite nei campi a
conoscerci, così cambierete idea su di noi".
Smentito anche il luogo comune secondo cui da parte della comunità rom non viene
mai fatta alcuna proposta concreta, quasi fossero incapaci di formularla e fosse
il loro obiettivo vivere nelle discariche o nelle zone più degradate della
città. Nel corso dell'incontro gli zingari di Triboniano hanno fatto riferimento
a una lettera, indirizzata al Comune di Milano, che conteneva dei suggerimenti
per una soluzione del problema dopo l'effettuazione dell'annunciato sgombero. Le
proposte si concretizzano in quattro punti e di questi due sono particolarmente
interessanti e riguardano la volontà di trovare una casa in affitto e la
possibilità del rimpatrio assistito, che molti non escludono, a patto che venga
eseguito in maniera civile. "Assegnateci una caserma dismessa – si legge nel
testo – o un immobile da riadattare all'abitabilità, di proprietà pubblica o di
Enti religiosi. Assegnate a questi ultimi parte dei fondi a noi destinati dal
Governo o dalla Comunità europea per l'acquisto di materiale edile e per il
compenso a un tecnico supervisore e noi ristruttureremo gratuitamente i
locali...". Proposte che fino a questo momento sono cadute nel vuoto. Quel che è
certo, è che entro fine anno verranno sgomberati altri quattro campi regolari:
via Novara, via Idro, via Triboniano e via Bonfadini.
Benedetta Guerriero
c6.tv
Video | Rom e Sinti a convegno: "Gli sgomberi? Parlatene con noi"
Milano. Che fine fanno i rom dopo gli sgomberi? Che fine faranno quelli del
campo di via Triboniano? La Federazione Rom e Sinti Insieme, durante una
conferenza stampa, ha spiegato ai milanesi la grave situazione che sta colpendo
la minoranza Rom nella nostra città. Secondo la Federazione la "politica degli
sgomberi" attuata da questa amministrazione comunale è "del tutto inutile,
perchè si tratta - come ha spegato Dijana Pavlovic vice presidente della
Federazione- di uno spreco di denaro, denaro pubblico, perchè queste persone non
fanno altro che andare da un'altra parte per poi essere sgomberate anche da lì".
Un problema quello dei Rom a Milano che parte anche dalla mancata comunicazione
tra la parti. "Difficilmente l'amministrazione parla direttamente con i
rappresentanti dei campi, e questo è sbagliato, noi con il Comune dobbiamo
sempre parlare attraverso intermediari" racconta Adrian Tanase, abitante del
campo rom di via Triboniano. Secondo la Federazione dei 13 milioni di euro che
il Ministero degli Interni ha stanziato per la questione Rom, solamente 1
milione e 800 mila andrebbero investiti nella soluzione abitativa, e solamente
800mila per l'inserimento lavorativo. Nove milioni, invece, sono destinati alla
"sicurezza" il che significa ulterori sgomberi, cancellate, telecamere e altri
sistemi per mettere in sicurezza campi che rimarranno, secondo le previsioni,
comunque vuoti. La Federazione ha parlato anche di "azioni legali" in
preparazione per i fatti di Triboniano. Abbiamo incontrato Diana Pavlovic,vice
presidente della Federazione e Adrian Tanase rom del campo di via Triboniano.
Servizio ed interviste di Federica Giordani
Di Fabrizio (del 20/06/2010 @ 09:23:37, in Italia, visitato 1968 volte)
Domenica 27 giugno
h. 14.00 pranzo collettivo e solidale
h. 16.00 attività ludiche per bambini e non solo
h. 18.00 assemblea sulle prospettive della lotta di via Triboniano
h. 20.00 musica e proiezioni fino a tarda sera
Crediamo che far giocare insieme i nostri bambini, sedersi insieme intorno alla
stessa tavola, danzare fianco a fianco, significhi creare quell'occasione
d'incontro per dimostrare che i rom non sono cattivi come alcuni vogliono far
credere.
Noi rom abbiamo una nostra cultura, siamo dei lavoratori come tutti e i duecento
bambini del campo frequentano ormai da una decina d'anni le scuole della zona.
Noi rom non siamo persone da vendere per gli interessi dell'expo 2015. Siamo
donne e uomini come tutti voi con diritti e dignità.
Cancellare la vita del campo senza reali soluzioni alternative, equivale a
buttarci su una strada come animali e destinare i nostri figli a una vita di
emarginazione.
Perciò con questa iniziativa vogliamo semplicemente rivendicare il diritto ad
avere un futuro migliore per noi e soprattutto per i nostri bambini.
Gli abitanti del campo rom di via Triboniano e di via Barzaghi
Di Fabrizio (del 20/06/2010 @ 09:44:33, in lavoro, visitato 1966 volte)
Strill.it di Anna Foti - Mercoledì 16 Giugno 2010 15:31
Volgerebbe al termine nel peggiore dei modi la vicenda della cooperativa Rom
1995, per la quale non è stata prevista la condizione di subappalto dello
smaltimento dei rifiuti ingombranti nell’ultimo bando del comune di Reggio
Calabria.
Solo rassicurazioni verbali e buoni propositi da parte delle istituzioni,
anche consacrate in atti ufficiali, ma nessun intervento concreto. Addirittura,
oggi arriva l’ufficialità dell’affidamento formale, oltre che sostanziale, del
servizio alla società Leonia che dunque non si occuperà più solo dello
smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Ma riferiamo un po’ di storia per
comprendere cosa significherebbe la fine della cooperativa Rom 1995 e che cosa
la città di Reggio Calabria stia realmente perdendo. Non solo licenziamenti, che
già di per sé sarebbero gravi, ma molto, molto di più.
Confiscato a Paolo Aquilino nel 1997, il fabbricato a due piani con cortile,
ubicato nella zona di Condera a Reggio Calabria, è stato destinato all’omonimo
Comune nel 1999 ed assegnato nel 2000 alla Cooperativa sociale Rom 1995, nata
dalla motivazione di giovani volontari dell’Opera Nomadi e presieduta da
Domenico Modafferi. Ristrutturato con il contributo della Regione Calabria,
l’immobile, il primo destinato all’amministrazione comunale di Reggio Calabria,
ospita quella che è stata fino ad alcuni mesi la virtuosa attività di raccolta
differenziata di rifiuti a domicilio e su strada e di deposito diretto degli
stessi, avendo la stessa gestito anche il servizio di spazzamento manuale
stradale nel comune di Melito Porto Salvo e quello di pulizia di servizi
igienici pubblici. La Cooperativa Rom 1995 impiegava quasi trenta persone, tra
cui la maggior parte di etnia Rom, di età compresa tra i 25 e i 30 anni, che
adesso potrebbero rimanere senza lavoro. Costoro erano stati formati e avviati
al lavoro grazie ad un corso di formazione intitolato “Lacio Grave” che in
lingua romanes significa “buona città”, curato proprio dalla cooperativa tra il
1999 e il 2000.
Positiva la risposta della cittadinanza che contattava la cooperativa per
richiedere il loro intervento, associando a questo servizio prezioso, serio e
puntuale, il volto spesso discriminato delle persone di etnia rom. Ma accanto a
questo anche una realtà formativa ed educativa sul riciclo, sull’integrazione e
sul rispetto dell’ambiente aperta costantemente alle scuole e alle giovani
generazioni.
Un’esperienza tanto positiva, quanto amaro è l’epilogo annunciato da mesi e
che oggi, dopo una lunga agonia, giunge a quel traguardo che avrebbe dovuto
essere evitato. Integrazione sul territorio della comunità Rom nel segno del
lavoro e della qualificazione e rispetto dell’ambiente attraverso la raccolta
differenziata dei rifiuti e l’avvio al loro corretto smaltimento, un binomio
pregno di senso civico che aveva anche il valore aggiunto di essere ubicato nel
primo bene confiscato alle ndrine destinato e riutilizzato a Reggio Calabria. Un
emblema le legalità ed un esempio su scala nazionale dell’uso sociale dei beni
parte di un patrimonio illecitamente accumulato adesso al servizio di quella
stessa collettività prima defraudata.
Un progetto che, come tale, guardava anche al futuro con iniziative che hanno
condotto all’istituzione dell’isola ecologica nel 2007 e più recentemente
all’avvio dei lavori per la costruzione della ricicleria al piano superiore. Ma
tutto questo adesso potrebbe essere passato. Forse, anzì sicuramente, avrà
seminato qualcosa di buono, ma perché accontentarsi di un rimpianto quando
avremmo ancora potuto vedere la cooperativa Rom 1995, segno di grande speranza
di cambiamento, crescere e operare a Reggio Calabria?
Di Fabrizio (del 21/06/2010 @ 09:34:28, in lavoro, visitato 2034 volte)
Segnalazione di Paolo Teruzzi
Progetto Cuccagna
Tutto ha inizio da un vino un po' speciale... vino R.O.M. per l'appunto,
ovvero Rosso di Origine Migrante. Da qualche settimana i restauratori del
Consorzio hanno dei nuovi collaboratori: tre papà rom, il cui lavoro è stato
reso possibile grazie all'encomiabile impegno di un gruppo di genitori e maestre
di alcune scuole primarie di Zona Rubattino e della Comunità di Sant'Egidio di
Milano che hanno finanziato borse di avviamento al lavoro attraverso la vendita
del vino. Un'esperienza che per Sandu, Marco e Christian porta la speranza di
una vita diversa: la possibilità di avere una fissa dimora e di mandare
finalmente i propri figli a scuola
Il campo rom di Rubattino
Tutto ha inizio due anni fa nel campo rom di via Rubattino, una vera e
propria favela cresciuta ed rganizzatasi autonomamente negli spazi di in un ex
centrale Enel abbandonata. Le famiglie di rom romeni sono molte, moltissimi i
bambini in età scolare che non hanno accesso alla scuola.
Vista la stabilità del campo di Rubattino, la Comunità di Sant’Egidio prende
l’iniziativa ed iscrive una trentina di bambini in tre scuole primarie della
zona: Toti, Morante e Munari.
Per i bambini è la prima volta a stretto contatto tra i “gagè”, sconosciuti e
temuti. Anche per le famiglie italiane è il primo incontro con i bimbi rom e le
loro famiglie, altrettanto sconosciute e temute. Questa semplice esperienza da
subito sovverte i pregiudizi: i bambini rom ora hanno nomi, storie, sorrisi, si
sentono parte dell’esperienza scolastica, nasce un rapporto di amicizia con
maestre e compagni di classe.
Lo scorso novembre, poi, arriva lo sgombero. Per un mese oltre settanta bambini
sono costretti a vivere per strada con le rispettive famiglie, senza neanche più
il tetto di una baracca sulla testa: molti spariscono da scuola per intere
settimane.
Un gruppo di genitori italiani e di maestre affezionati ai piccoli alunni e
compagni di gioco dei figli prendono in mano la situazione, aprendo le loro case
e ospitando le famiglie rom per periodi più o meno lunghi.
Rosso di origine migrante
Negli ultimi mesi, lo stesso gruppo di genitori e maestre hanno fatto il
possibile per sostenere le famiglie dei bambini rom e permettere a questi ultimi
di tornare a scuola. Con l’appoggio di Gas Feltre e Intergas hanno progettato
un’iniziativa per raccoglie fondi e sostenere con borse di studio e lavoro le
famiglie rom. Un viticoltore toscano, che con i rom avevano in comune una storia
di sgombri, mette a disposizione del vino: da questa iniziativa il vino prende
il nome di "R.O.M.", Rosso di Origine Migrante. Il vino "R.O.M." ha raccolto la
solidarietà di tantissime persone, tanto che gli incassi hanno consentito di
approntare le prime borse-lavoro, grazie anche al supporto della Comunità di
Sant’Egidio e alla sua esperienza nell'ambito di percorsi di integrazione e di
autonomia per le persone rom senza tetto in Italia.
Le borse lavoro al Cantiere Cuccagna
Ed è proprio nel cantiere Cuccagna che da qualche settimana hanno iniziato a
lavorare due papà rom, un terzo invece arriverà a giugno. Si tratta di una
collaborazione lavorativa part time della durata di due mesi.
Se l'esperienza sarà positiva, il responsabile del restauro, Juan Carlos
Usellini, ha dato la disponibilità nel riconfermare la collaborazione in
cantiere.
Per Christian, Garofita e i loro tre bambini che da un anno sono ospiti di una
comunità, questo lavoro rappresenta un reale percorso verso l’autonomia. Per
Sandu, che insieme ad Alina - donna molto coraggiosa ed intelligente - ha
quattro figli, è l’inizio di una nuova vita. Pochi giorni fa ha firmato un
contratto per una casa a Truccazzano. Finalmente non dovranno più dormire per
strada: il lavoro gli permetterà di ottenere la residenza e di mandare i due
bimbi più piccoli a scuola l'anno prossimo. Per Marco l'esperienza in Cuccagna è
la speranza di una vita diversa: da anni vive per strada con moglie e figli,
costretti a frequenti sgomberi e con il dolore di una bambina di quattro anni
persa in una roggia di Chiaravalle.
Di Fabrizio (del 21/06/2010 @ 09:46:36, in casa, visitato 1800 volte)
Da
Slovak_Roma
17 giugno 2010 Fermate gli sgomberi dei Rom in Slovacchia -
Per firmare l'appello di Amnesty International (testo in calce)
Image: L'insediamento romanì a Plavecky Stvrtok. Copyright: Amnesty
International
"Non posso credere che nella Slovacchia di oggi, un paese che è
nell'Unione Europea, lui [il sindaco del villaggio di Plavecký Štvrtok]
voglia rendere senza un tetto 600 persone." Aneta, donna romanì, abitante
dell'insediamento.
Circa 90 famiglie romanì a Plavecký Štvrtok, un villaggio a circa 20 km.
a nord della capitale Bratislava, sono di fronte alla minaccia di essere espulsi
a forza dalle loro case, situate al margine del villaggio, da parte delle
autorità locali entro le prossime settimane.
I Rom hanno vissuto sullo sulla stessa terra di Plavecký Štvrtok per diverse
generazioni. Ma solo negli ultimi mesi è stato chiesto loro dal comune di
provare la legalità delle loro case, tramite l'esibizione dei permessi di
costruzione, certificati di proprietà ed altri documenti.
E' stato detto loro che se non avessero fornito la documentazione necessaria,
ci sarebbero stati ordini di demolizione. Nella maggior parte dei casi i Rom non
possiedono questi documenti, in quanto non sono proprietari del terreno su cui
vivono.
Da gennaio, il comune ha notificato a 18 famiglie di demolire le loro case
entro tre mesi, dato che non avevano fornito i documenti necessari. Se non
l'avessero fatto, il comune avrebbe mandato i bulldozer a demolirle.
Darina, una delle abitanti dell'insediamento ha detto ad Amnesty
International: "Non abbiamo dove andare. Questa è casa nostra. Ognuna delle case
è stata costruita dalla nostra gente, senza nessun aiuto. [...] Ognuno qui ha
dovuto costruire la sua casa coi propri sforzi."
"Questo sgombero avverrà senza riguardo per centinaia di persone, incluse
famiglie con bambini, che non sono state consultate per individuare alternative
allo sgombero od opzioni di reinsediamento, o neanche informate adeguatamente
sul potenziale sgombero," ha detto David Diaz-Jogeix, vice direttore di Amnesty
International per l'Europa e l'Asia Centrale.
Le autorità hanno detto che una delle ragioni del progettato sgombero forzato
è stata la preoccupazione per la sicurezza pubblica, dato che sette case sono
costruite entro l'area di rispetto di 8 m. attorno ad un gasdotto, e la maggior
parte delle altre case sono ad una distanza di 50 m.
Ma gli standard usati per Rom e non-rom sembrano essere differenti. A nessuna
delle famiglie non-rom, le cui case pure sono costruite nella stessa "zona di
protezione", è stato notificata l'ordinanza di demolizione o è stata contattata
in qualche modo dal comune. Ciò fa crescere le preoccupazioni per un trattamento
discriminatorio.
Nel contempo le autorità non stanno considerando nessuna possibilità di un
alloggiamento alternativo, violando gli impegni internazionali della Slovacchia
sui diritti umani.
Il giornale Slovak Spectator ha riportato il 19 aprile che il sindaco di Plavecký
Štvrtok ha dichiarato che il comune ha rigettato l'idea di costruire alloggi
popolari come soluzione, "perché il villaggio dovrebbe investirvi tropo e gli
appartamenti sarebbero del comune. La loro gestione costerebbe molto denaro e
sappiamo molto bene come questi cittadini intendono gli alloggi - in pochi anni
sarebbero tutti in rovina."
"Una dichiarazione simile indica un disinteresse totale degli obblighi della
Slovacchia di garantire un alloggio adeguato a tutti, senza discriminazione," ha
detto David Diaz-Jogeix.
"Le autorità devono assicurare che nessuna famiglia venga resa senza tetto o
vulnerabile alla violazione di altri diritti umani come conseguenza di sgombero.
Questo include fornirle di rimedi legali, incluso quello di un compenso per la
distruzione delle loro case e proprietà. Il governo ha il dovere di assicurare
che le autorità di Plavecký
Štvrtok rispondano alla legge internazionale dei diritti umani."
|