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Kosovo
Di Fabrizio (del 21/03/2006 @ 10:34:09, in conflitti, visitato 2375 volte)

Dal Kosovo, due documenti (AVVISO di lettura lunga e complicata):

  • la riflessione di Rand Engel, coordinatore dei volontari per la ricostruzione in Kosovo
  • la lettera aperta di Brahim MUSIĆ, Rom della diaspora e presidente dell'associazione Ternikano Berno

Sviluppi della diaspora della Mahalla di Mitrovica

Tema: Il nodo irrisolto della Diaspora nelle decisioni sulla Mahalla dei Rom può causare il ritiro dei dispersi interni (IDP) dalla partecipazione e dalla presa delle decisioni, e questo può danneggiare seriamente tutta la comunità. Le loro necessità sono da risolvere subito.

Retroscena del caso:
Il ritorno nella Mahalla di Mitrovica è stato tentato praticamente ogni anno, a partire dal 2000. Gli sforzi precedenti non hanno mai ottenuto risultati concreti e c'è a possibilità che nel 2006 si arrivi ad un risultato. La comunità internazionale e le municipalità procedono sulla base degli accordi siglati il 18 aprile 2005, che però non sono mai stati approvati dai rappresentanti IDP dei campi attorno a Mitrovica o dai residenti della ex Mahalla. Si registra un'iniziativa dei rappresentanti degli IDP, che richiede di essere ammessi ai tavoli negoziali che trattano il ritorno.

Proposta che è attualmente dibattuta seriamente dal "Gruppo Direttivo" - il comitato interagenzia responsabile del progetto di ritorno nella Mahalla. Il Gruppo Direttivo si è diviso tra chi ritiene la proposta 1) facilmente accettabile, 2) valida se ci fossero futuri negoziati, 3) quasi impossibile.

Nell'ultimo incontro del 3 marzo i rappresentanti degli IDP hanno espresso la loro insoddisfazione per:

  • l'inattività del comune all'interno del Gruppo Direttivo. Il comune avrebbe un ruolo attivo da assumere su diversi punti chiave, ma la mancata partecipazione induce gli IDP a credere di essere abbandonati a se stessi;
  • non si tiene conto degli interessi degli ex residenti della mahalla, la maggior parte dei quali è oggi dispersa in altre nazioni. La loro preoccupazione è che tutta l'area venga riconvertita ad altri scopi oppure abbandonata e che gli ex residenti siano obbligati ad accettare condizioni vessatorie per il loro ritorno.

Ci sono preoccupazioni temporali: la ricostruzione nell'area dovrebbe partire il 1 aprile. Inoltre, i finanziatori si ritroveranno a convegno a Mitrovica il 27 marzo. Per questo continuano gli incontri tra il Comitato Direttivo e i rappresentanti dei RAE (Rom, Askali ed Egizi) che attualmente sono sparsi nei campi profughi.

In ogni caso, la ricostruzione partirà con o senza un accordo in tal senso. Nel 2006 il programma prevede circa 57 case su terreno privato e due appartamenti su terreno municipale accanto all'istituto di agricoltura.

Le urgenze:
I rappresentanti degli IDP al momento possono ricercare un accordo ragionevole per quelli che sono dispersi nei campi profughi interni. Non hanno alcun mandato e mancano di rapporto con la comunità della diaspora. Dati i tempi pressanti, si trovano di fronte due scenari:

  • se riuscissero ad ottenere un accordo congiunto col comune e il Gruppo Direttivo, molte delle loro richieste del 18 aprile 2005 verrebbero incorporate nel piano d'azione. Tra queste, contratto d'affitto per gli abitanti della mahalla con scadenza a 99 anni, riconsegna delle case agli ex abitanti anche in assenza di documenti originali. La cooperazione tra finanziatori e comune assicurerebbe eque condizioni di ritorno.
  • in mancanza di accordo, i finanziatori della ricostruzione sarebbero comunque tenuti a provvedere alla ricostruzione, ma non ci sarebbero garanzie per gli ex abitanti della mahalla. Le ipotesi più probabili sarebbero che il comune assegnasse queste case a nuovi proprietari, piuttosto che divisioni e tensioni nella comunità per poter ritornare alle case originali.

Presupposti:

  • questo è il migliore anno per avere progressi nella mahalla;
  • molti finanziatori sono stanchi di dover continuamente cambiare i piani esistenti ed hanno perso la fiducia nel fatto che le cose possano migliorare. Credono che non riusciranno mai raggiungere un accordo coi rappresentanti degli IDP;
  • alcuni finanziatori minacciano di ritirare i loro soldi se non vedranno significativi processi;
  • molti di quanti vivono la diaspora e che provengono dalla mahalla, comprendono la tragedia di vivere in campi per profughi interni, e sono pronti ad accettare qualsiasi ragionevole accordo che permetta di fare ritorno nella mahalla;
  • altri viceversa hanno interesse nel bloccare ogni accordo, perché questo accelererebbe la loro espulsione dai paesi dell'Europa occidentale;
  • non c'è tempo ulteriore. L'accordo va siglato entro questo mese;
  • i componenti della diaspora sono vari, dispersi e i loro interessi non sempre coincidono. Il problema è come rappresentarli unitariamente ed in modo appropriato.

Interessi della diaspora contro interessi degli IDP
Si stima che sino al 1999 vivessero 8.000 persone nella mahalla di Mitrovica. Poco meno di 700 sono nei campi IDP in Kosovo. Il resto sono dispersi, buona parte in Serbia e Montenegro, e molti di più nei paesi dell'Europa occidentale. Tra loro ci sono interessi divergenti. I 700 nei campi IDP vivono in condizioni deplorevoli e hanno una fortissima necessità di migliorare la loro condizione. Possono anche accettare il compromesso di andare a vivere in case in affitto, pur di no restare nei campi. I compromessi non sono mai desiderabili: si può pensare che siano un ricatto, ma verrebbero accettati, anche al costo di perdere la proprietà della loro casa.

Il popolo della diaspora ha meno ragioni per cedere a compromessi. Vivono più o meno sicuramente altrove. Molti probabilmente non hanno intenzione di ritornare a Mitrovica - almeno nei prossimi anni. Vedono qualsiasi compromesso come una violazione dei loro diritti umani fondamentali (diritto al ritorno, alla proprietà, minaccia di rimpatrio forzato).

Soluzioni proposte:

  • IDP: i loro rappresentanti hanno chiesto che i Rom della diaspora nominino propri rappresentanti, in tempo utile per la chiusura dei colloqui preliminari.
  • Diaspora: Brahim Music suggerisce la formazione di una commissione che coinvolga le OnG dei diversi paesi. Un primo incontro si è già tenuto a Bruxelles ed un altro si terrà entro fine mese a Vienna. E' un'opzione che comprende la partecipazione di un ampio spettro della diaspora, ma che necessita di tempi più lunghi.
  • Gruppo Direttivo: da parte loro vorrebbero dividere la trattativa tra il settore est e quello ovest della mahalla, senza intervenire nel settore ovest finché non sia risolta la questione della rappresentanza della diaspora. La proposta può essere accettata anche dai rappresentanti degli IDP - che però chiedono: 1) una presa di posizione dai Rom della diaspora, 2) la presa d'atto da parte di questi ultimi che nel frattempo si inizierà ad operare nel settore est, 3) la comprensione dei diversi attori (istituzioni, comunità internazionale, finanziatori) e l'impegno che la mahalla potrà ritornare ai legittimi abitanti.

Se fosse possibile da parte dei componenti della diaspora, di promuovere una visita non ufficiale di una propria delegazione, questo sarebbe di grande aiuto. Si potrebbe anche organizzare una conferenza telefonica a cui prendano parte componenti della diaspora.

Questioni irrisolte:

  1. Chi parlerà a nome della diaspora? Quanto e come potrà dirsi rappresentativo?
  2. Se il Gruppo Direttivo ed assieme gli altri soggetti locali ed internazionali coinvolti, garantissero di non intervenire nel settore ovest della mahalla sino al coinvolgimento di una delegazione della diaspora, questo sarà sufficiente perché nel frattempo i Rom delle comunità all'estero avvallino il ruolo di mediatore sin qui assunto dai rappresentanti degli IDP?
  3. La diaspora potrà accettare che nel frattempo inizi la ricostruzione nel settore est? Questo non li porterà viceversa ad appellarsi all'accordo del 18 aprile 2005?

Attualmente, i piani approvati prevedono la ricostruzione delle case distrutte a tutti gli ex residenti, indipendentemente dalla dimensione delle case, o che fossero in affitto o di proprietà. I Rom confinati nei campi sono disposti ad accettare di ottenere casa anche in località  e condizione diversa dalla loro provenienza. Non è una soluzione ottimale, ma il Gruppo Direttivo ritiene che questo compromesso potrebbe smuovere le resistenze del comune.

Conclusioni:
Il tempo a disposizione è quasi scaduto. Certo, sarebbero stati invece necessari mesi per lavorare a questa fase, ma non è così. I finanziatori e gli amministratori (UNMIK, OnG, comune) mostrano sempre più la loro impazienza, ma anche per gli IDP è così. Il ruolo della diaspora verrà tenuto in conto, se si dimostrerà capace di accelerare il processo di ritorno.

Rand Engel
Balkan Sunflowers


Da: Ing. Brahim MUSIĆ
President of the NGO «Ternikano Berno»

Clichy-sous-Bois

FRANCE

To: Mrs. Laurie WISEBERG Minority Rights Adviser & Executive Officer for Return to Roma Mahalla Project

Mrs. Els de GROEN, MEP

Mrs. Anastasia CRICKLEY, Special Representative of OSCE Chairmanship

Mr. Yves DOUTRIAUX, Ambassador of France at OSCE

Mr. Nicolae GHEORGHE, OSCE/ODIHR Adviser on Roma and Sinti Issues

Mr. Rudko KAWCZYNSKI, President of ERTF

Mr. Bashkim IBISHI, President of ERTF’s Kosovo Commission

Mr. Rand ENGEL, Coordinator Volunteers for Social Reconstruction

Signore e Signori

Come Rom di Mitrovica, che vive in Francia da oltre tre decadi, sono profondamente preoccupato per gli ultimi sviluppi nella mia città. La Rromani Mahlàva, lo storico quartiere dove vivevano oltre 8.000 Rrom, Askali e Balcano-Egizi, è stato svuotato dai suoi abitanti da oltre sei anni. La maggior parte di loro è in esilio nell'Europa occidentale. Circa 700, i meno fortunati, dal 1999 sono confinati nei capi della parte settentrionale della città, in un'area altamente pericolosa, causa l'inquinamento da metallo di tutta la zona. Sono tutti fatti a voi noti, per cui il mio scopo non è di informarvi, ma piuttosto portare la vostra attenzione sui rischi attuali. In realtà, la disastrosa situazione di questi 700 IDP è stata internazionalmente discussa, - più come si trattasse di uno "scoop", mentre i rischi erano già noti sei anni fa, - ed ora il dibattito si sta accelerando, avviandosi verso la confusione totale. Nella fretta di spostare gli IDP dall'area contaminata, sono apparse due opzioni: a) una caserma dismessa, inappropriata perché posta sulla stessa area contaminata, b) il ritorno nella Mahlàva. Proprio su quest'ultima ipotesi vertono le mie osservazioni:

Sin dal 2002, diverse OnG rromani con sede in Francia, hanno proposto una serie progetti per assicurare, in fasi diverse, un ritorno sicuro e sostenibile dei rifugiati e degli IDP del Kosovo. E' la nostra personale esperienza che insegna come spesso, il ritorno debba essere preparato e guidato, incluso quei rari casi, - come la Francia - dove i richiedenti asilo Rrom dal Kosovo sono stati garantiti dallo status di rifugiati. In molti farebbero ritorno volontariamente,. Nondimeno, nessuno dei loro progetti ha ottenuto l'attenzione dei finanziatori.

Con la crisi della contaminazione ambientale a Mitrovica nord, il tema del rimpatrio ha invaso la discussione. Ma se agissimo nel senso sbagliato? Cioè, l'inquinamento dei campi profughi è una questione prettamente umanitaria, e come tale dev'essere affrontare ed urgentemente risolta. invece, il rimpatrio e "la ricostruzione della Mahlàva" sono più un processo politico, da affrontare in fasi differenti e senza precipitazione, pena il fallimento e probabili conflitti. Per questo, occorre definire cosa sta accadendo a Mitrovica. La mia opinione - condivisa da tutti i Rrom con cui mi sono consultato - l'intero processo altro non sarebbe che una soluzione d'emergenza per i 700 IDP che sono in pericolo di vita. Riguarda esclusivamente la rilocazione di queste famiglie, senza dover dipendere da quelle che fossero le loro precedenti proprietà o la ricostruzione della Mahlàva nel suo complesso (prego notare che il 90% degli ex abitanti è rifugiata all'estero e quindi non coinvolta).

Per quanto le famiglie che vivono nei campi per IDP si trovino in una situazione senza via di scampo, non hanno ritenuto di prendere una posizione netta sul piano di rilocazione proposto, perché sanno di non poter decidere a nome dei loro ex-vicini e di potersi trovare nella situazione di ledere i diritti ed interessi di questi ultimi. Preoccupazione comprensibile e condivisibile, che trova d'accordo anche i rifugiati di Mitrovica che appartengono alla diaspora, che si sentono esclusi dal processo di "ricostruzione della Mahlàva", e nel contempo sono a rischio imminente di rimpatrio forzato, quando questo non sia già avvenuto come nel caso della Germania.

Alcune tra la parti in causa nel processo di ricostruzione, richiedono il coinvolgimento della diaspora tramite uno o più rappresentanti. Con tutto il rispetto per quello che si chiama processo di autorappresentazione politica - che non sempre si è mostrato efficace - penso che questa strada sia inappropriata. Progetti ed interessi delle singole famiglie sono diversi. Talvolta variano tra gli stessi componenti di un gruppo familiare. In queste condizioni, non è possibile arrivare ad una rappresentanza univoca. Questa forma di coinvolgimento, d'altro canto, è in contrasto col diritto alla scelta libera e cosciente dei rifugiati, come riconosciuta dalle leggi e dalle norme internazionali. Per questo, diverse OnG, esperti ed attivisti rromani hanno proposto la creazione di una Commissione che indaghi sui diritti di proprietà e sui piani riguardanti ogni singola famiglia che ha abbandonato Mitrovica dall'inizio del conflitto. Ciò permetterebbe il disegno di un piano urbano ed eviterebbe futuri conflitti sulle proprietà. E' un metodo che trova d'accordo gli IDP e la diaspora, perché assicurerebbe una soluzione a lungo termine. Ancora, non abbiamo ottenuto nessuna risposta dall'UNMIK. Siamo coscienti che la nostra proposta prenderà più tempo, ma è l'unica su cui si può fondare la ricostruzione del quartiere rromani di Mitrovica. Tra le varie ragioni, ne elenco tre:

  1. Prima che inizi la ricostruzione, è necessario identificare ogni possibile reclamo sull'area che verrà edificata. I documenti del catasto di Mitrovica sono incompleti e gli ex residenti (che siano in possesso di documenti che comprovino il loro status o viceversa ne siano sprovvisti) non sarebbero rintracciabili stramite una ricerca sul campo o incrociando i dati a disposizione.
  2. La Mahlàva si è progressivamente sviluppata nel corso dei secoli, senza seguire alcun piano urbano. Di questo c'è invece bisogno ora, quando se ne affronta la ricostruzione. Ragione ulteriore per coinvolgere gli ex residenti nelle scelte che competeranno le unità abitative e le infrastrutture.
  3. Il ritorno dev'essere affrontato come un processo globale. Soddisfare esclusivamente il  bisogno di alloggio, non è sufficiente per programmare un ritorno sostenibile, se non è accompagnato da misure che riguardino l'occupazione, i servizi sociali, la scuola ecc. Nel passato , molti Rrom della Mahlàva campavano di piccole e medie attività commerciali. Come ricordavo in precedenza, gli IDP confinati nella parte nord della città, tornerebbero in una situazione di estrema deprivazione sociale, economica e sanitaria, e non sarebbero in grado da soli si assicurare al quartiere il necessario dinamismo economico. Per questo, l'ipotesi più probabile è che sarebbero obbligati a rivendere le loro case. Un piano globale e ragionato, inclusa l'opzione del ritorno degli ex residenti in esilio, darebbe maggior sicurezza sia in termini economici che di atmosfera generale.

Le attuali pressioni, in vista della conferenza indetta dai finanziatori il 27 marzo, non devono farci ulteriori fretta per una soluzione in tempi brevi. Certamente, è necessario raccogliere quanto necessario per finanziare la ricostruzione, ma ragionando in semplici termini economici, ogni investimento deve prevedere la successiva redditività. Colgo l'occasione per ricordare che il prezzo delle case nel quartiere è praticamente il doppio di quanto si vorrebbe stanziare. Siamo perfettamente consci che attualmente c'è un'incompatibilità tra una soluzione emergenziale per gli IDP e quella più a lungo termine della ricostruzione. Ma questi due nodi estremi non possono essere separati. Dobbiamo per forza proseguire secondo una logica che preveda tempi diversi: prima gli IDP e poi i rifugiati che sceglieranno il ritorno. Più breve sarà il tempo che intercorre tra queste due fasi, più avremo la certezza di un ritorno sostenibile. Per tutte queste ragioni, caldeggio la Commissione che abbiamo proposto, a fronte di un esplicito mandato e che entri in funzione prima che la ricostruzione abbia inizio. Le ragioni sono tanto pratiche quanto politiche. Quanto qui proposto no solo raccoglie il parere favorevole dei diretti interessati -  gli stessi Rrom - ma assicura anche l'esperienza e la pratica maturata da me e dai miei colleghi. Per questo, chiediamo il vostro appoggio istituzionale finanziario.

Siamo naturalmente disponibili al dialogo e a fornire tutte i chiarimenti e le spiegazioni necessarie.

Brahim MUSIĆ