Al Responsabile della Protezione Civile Nazionale - Roma
Stim.sso Dott. Bertolaso,
Come forse avrà appreso dalle cronache dei mezzi di informazione, nei giorni scorsi l’ennesimo, drammatico incendio di questo lungo inverno ha distrutto una vasta parte dell’insediamento Rom di Via Triboniano a Milano, privando di alcun riparo centinaia di persone di cittadinanza romena.
Nel corso di poche ore, oltre trecento persone, in gran parte bambini che frequentavano le scuole del quartiere, donne, anziani e uomini adulti hanno infatti perso tutto quanto possedevano.
L’intervento delle Autorità Pubbliche e della stessa Protezione Civile Comunale, la cui sede dista poche centinaia di metri dall’accaduto, si è tuttavia limitato alla sommaria indicazione di una pronta accoglienza in alcune strutture comunali, prive però delle effettive attrezzature per l’accoglienza (nei locali della stessa protezione civile è stata messo a disposizione solo il refettorio con delle coperte ma senza l’ausilio di brandine, uso delle docce, assistenza psicologica alle persone ecc.).
L’indomani la situazione non appariva mutata, tant’è che i posti letto disponibili nei cameroni aperti per “l’emergenza freddo invernale” che ospitano i “senza fissa dimora” erano solo 8.
Crediamo che valga la pena riassumerLe brevemente e senza eccessiva enfasi quale era la situazione reale che nel frattempo si viveva e si vive tutt’ora nell’insediamento rom.
Donne e bambini giacevano distesi per terra, lungo i muri di cinta che fronteggiano il Cimitero Maggiore, sotto una coltre fitta di coperte, tra immondizie e pericoli di ogni genere e topi, tanti topi.
Molti sono quelli che hanno trascorso le notti in macchina, con tutta la famiglia, accendendo di tanto in tanto il motore per attivare il riscaldamento.
All'interno dell’area comunale scampata all’incendio vi era una processione continua di gente da una roulotte all'altra, dove le persone si stipavano silenziosamente una accanto all’altra per passare la notte. E questo accadeva anche per i bambini che, stremati, dormivano a gruppi di 5 o 6 in un’unica branda.
Neonati, bambini di pochi mesi, minori malati sono rimasti, malgrado quello che era successo, senza alcuna forma di assistenza se non quella minima che in quelle condizioni potevano dargli i propri sventurati genitori, eppure era ben noto come in quel “campo”, abitato inizialmente da 600 – 700 persone, vi fossero anche numerosi minori con patologie gravi per le quali lo stesso Tribunale per i Minorenni ha predisposto nel tempo delle misure di protezione.
Ancora una volta sono quindi mancati quegli interventi umanitari, di conforto e assistenza minima che pure ormai riteniamo abituali e meritori in occasione di un blocco stradale, di un evento con un gran numero di persone e non solo nelle calamità che in ogni dove percorrono periodicamente il nostro Paese.
Anche nei giorni successivi all’evento non è stato predisposta alcuna azione volta a verificare se e in quale misura vi fossero situazioni di reale disagio o di richiesta di aiuto da parte delle persone, eppure sul luogo erano presenti per interventi di ordine pubblico forze di polizia dello Stato e locale, ma non assistenti sociali e personale sanitario dei servizi del territorio.
Pur conoscendo le condizioni e i motivi, accidentali, per i quali si è sviluppato l’incendio, non sono state infine predisposte quelle misure minime atte a scongiurarne efficacemente un altro, che infatti potrebbe ripetersi in qualsiasi momento con esiti ancor più drammatici.
A fronte di quanto sopra descritto riteniamo che l’impiego e l’intervento della Protezione Civile Comunale, nel suo coordinamento e non certo per l’abnegazione degli operatori, abbia seguito un criterio “politico” pregiudiziale, non ottemperando ai propri obblighi di assistenza umanitaria verso persone in stato di grave necessità e gettando un’ombra di discredito e preoccupazione sull’operato di un’istituzione che per i propri indiscussi meriti si è guadagnata in Italia e all’estero un generale apprezzamento e simpatia.
Distinti saluti
Il Direttivo
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