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Iraq
Di Fabrizio (del 08/01/2006 @ 10:18:15, in conflitti, visitato 2841 volte)

Premessa: 6 aprile 2004, Il Washington Post riportava della completa rasa al suolo di un villaggio di zingari (Dom presumo) nell'Iraq meridionale, ad opera delle milizie sciite, dopo un intenso scontro a fuoco tra gli abitanti e la milizia stessa. Non si conosce la sorte e il numero dei superstiti. Sempre secondo l'articolo, Hamid Abed Zeid, uno dei comandanti della milizia, ha giustificato l'azione con queste parole: "Sappiamo cosa succedeva lì - attività illegali, droga, crimini, rapimenti. Queste sono attività contrarie agli insegnamenti islamici".

Foto e notizie su: Washington Post (ma il link non è più disponibile senza abbonamento) con le dovute precauzioni, visto il ruolo di occupanti degli statunitensi e i loro rapporti (allora) molto tesi con gli sciiti dell'Iraq del sud. Questa settimana Reuters e Washington Post sono ritornati su quelle storie (vedi sotto).

Qui invece un altro articolo del giugno 2005.

Per conoscere i Dom, diffusi in Medio Oriente e Africa Settentrionale

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By Deepa Babington

HADID, Iraq (Reuters) – Tra i tre milioni di Iracheni impoveriti, Jameel Mahmoud Hassan ha il non invidiabile titolo di essere tra il più povero di tutti.

Parte di un gruppo di Zingari iracheni che ha girato per anni nei fetidi terreni di un villaggio a nord di Baghdad, ha passato la sua vita nello squallore, e ora nella paura.

La casa non è niente di più di una tenda che a fatica si tiene con i sui bastoni, e un tappeto strappato circondato da sacchetti di plastica, barattoli arrugginiti e bottiglie rotte.

Una pila di bombole di cherosene con del fango sulla parte superiore, serve da forno improvvisato. Le mosche turbinano dappertutto - sull'immondizia, sui bambini che ridono senza motivo, su un cane legato ad un albero.

Dentro la tenda, sua moglie e cinque figli, i vestiti impastati dal fango, avvolti in una maglia e un tappeto. La lampada a cherosene è l'unica fonte di calore in questa gelida mattina invernale.

Patate, cocomeri e fagioli sono il piatto tipico a colazione, pranzo e cena. La carne è un lusso che appare forse ogni due settimane.

Recentemente, la milizia si è presentata da Hassan per obbligarlo a sgomberare.

“Non abbiamo niente” dice. “Siamo poveri. Cerchiamo solo un posto sicuro per nasconderci”

Disprezzati dai religiosi musulmani e a fatica tollerati dal resto della società, gli Zingari iracheni vivono un'esistenza precaria. Mancando di istruzione e professionalità, formano il gradino più basso del sistema sociale.

Ancora, gli Zingari del villaggio di Hadid, vicino a Baquba (65 km, a nordest di Baghdad), possono essere tra i più fortunati in Iraq. Le altre tribù sono state cacciate e attaccate dalle rampanti milizie islamiche, che li vedono come una macchia sulla società.

Sotto Saddam Hussein, gli Zingari erano al sicuro dalle persecuzioni – favore che ricambiavano occupandosi di danza, alcool e prostituzione, dicono gli Iracheni. La loro sicurezza scomparve con la destituzione di Hussein, lasciando aperta la porta alle milizie religiose.

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ZINGARI IRACHENI — Una famiglia condivide un modesto pasto nella tenda che serve loro da casa nella città di Diwaniya, nell'Iraq Meridionale [...]

To match feature IRAQ-GYPSIES. REUTERS/Imad Al-Khozai/Files (SIN25D)

Photo shot: 1/04/2006 5:10 AM
Photo arrived: 1/04/2006 12:13 AM

immagine dal Washington Post



VILLAGGI ATTACCATI

Una tribù di circa 250 famiglie zingare che viveva in un villaggio vicino alla meridionale città di Diwaniya fu tra quanti scoprirono sulla propria pelle la furia dei gruppi religiosi.

Il capodanno dell'anno scorso colpi di mortaio caddero sulle capanne di fango e canne, uccidendo una donna e ferendone altre tre.

Convinti di essere stati attaccati dal potente esercito di Moqtada al-Sadr, abbandonarono il villaggio, senza chiedere aiuto ai leaders religiosi. In seguito la più alta autorità sciita in Iraq, il Grande Ayatollah Ali al-Sistani, promise loro che non sarebbero più stati molestati. Fecero ritorno al villaggio, che nel frattempo era stato saccheggiato.

La scuola elementare e la clinica costruite dal governo di Saddam erano state rese inagibili, le loro case danneggiate. La povertà che credevano di essersi lasciati alle spalle era tornata.

“[Gli esponenti dei] partiti religiosi ci hanno torturato,” racconta Bizai al- Baroodi, lo sceicco della tribù. “Avevamo raggiunto un livello decente di vita, ma dopo gli ultimi attacchi, ci siamo ritrovati al punto di partenza.”

La paura di quella notte attanaglia ancora Maiyada al-Tamimi, una Zingara di 20 anni. Un colpo di mortaio colpì la sua casa, uccidendole la madre e fratturandole il braccio, che dice dev'essere ancora curato. Dice: “Se avessi un lavoro pulito e onesto, non esiterei a lasciare questa tomba e vivere come qualsiasi altra ragazza della mia età”.

Come molti Zingari iracheni, molti della sua tribù sono arrabbiati per essere costretti a vivere come fuggiaschi nella loro stessa terra. Dicono che le loro radici si trovano in Spagna e fecero dell'Iraq la loro patria oltre 150 anni fa. Molti sono originari dell'India, altri arrivano da altri paesi del Medio Oriente.

Anche se parlano arabo e si professano islamici, le loro facce più scure ed affilate le tradiscono e ne fanno oggetto di persecuzione razziale:

“Siamo musulmani ed esseri umani, cittadini iracheni,” dice al-Baroodi. “Vogliamo soltanto vivere in pace”.
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