...
Dalla prefazione di Jean Léonard-Touadi:
... Un inferno con tanti gironi e ciascuna consorteria pro-Africa che si
impadronisce di un girone e lo spaccia per il tutto. Ogni associazione ha la
"sua Africa": quella dei lebbrosi, dei bambini soldato, dell'Aids, dei pozzi da
scavare, delle mutilazioni genitali da combattere, delle periferie degradate
degli "street boys" e delle masse da evangelizzare. Tutte battaglie sacrosante.
Ci può essere il pericolo, però, che diventi l'Africa della messa in scena,
della spettacolarizzazione e dello sfruttamento della sofferenza altrui a fini
di "fund raising". La fibra emotiva qui è di rigore. Si tratta di suscitare la
"pietas" del donatore eventuale, senza minimamente preoccuparsi di fare capire
le cause remote e attuali delle situazioni. Qui gli africani sono passivi, oltre
che pazienti, in attesa che irrompa il "deus ex machina" europeo che tutto sana,
tutto risolve e salva. E gli africani, grati di tanta generosità, vengono
mostrati mentre ballano e cantano inni di ringraziamento. Quest'Africa della
drammatizzazione della bontà europea ignora la soggettività di popoli che da
sempre si sono caratterizzati per la loro precipua capacità di resistenza e di "debroullardise"
(arte di arrangiarsi). Donne, giovani e intere comunità - tramortiti dai
meccanismi infernali della globalizzazione neoliberale e da poteri locali
conniventi - che cercano di dare un senso alla loro esistenza ridotta a una
ginnastica individuale e collettiva di sopravvivenza. Cambiare l'immagine
dell'Africa non significa dare voce a quelle realtà, come spesso si sente dire;
ma tendere un megafono perché queste voci arrivino il più lontano possibile. In
altri termini, l'immagine delle Afriche che hanno smesso di guardare il cielo
degli aiuti rende giustizia alla realtà di un continente che ha imparato a
"ottimizzare l'anarchia" della politica e dell'economia ufficiali. Forse ciò
servirà poco alle operazioni di raccolta fondi ma è più aderente al vissuto
individuale e collettivo degli africani.
[...]
Dall'introduzione di Daniele Mezzana
... quest'immagine dell'Africa a Sud del Sahara è, purtroppo, rintracciabile
nei molti punti di vista che si occupano, a diverso titolo, delle vicende di
tale continente. Non solo i "cattivi" pensano a un'Africa stereotipata e, per
così dire, araldica, ma anche, spesso, i "buoni", o addirittura i buoni
"intelligenti". Tutto ciò ha come conseguenza una concezione asimmetrica delle
relazioni internazionali, a svantaggio dei Paesi africani, e una forma, in
qualche modo crudele, di forte isolamento di tali Paesi, che si risolve in una
sostanziale, spesso involontaria, negazione dell'umanità africana. Questo
accentua, se possibile, il dolore che l'Africa già patisce, poiché aggiunge ai
suoi numerosi problemi la sofferenza, del tutto inutile ed evitabile, prodotta
dall'incomprensione e da uno stigma neanche tanto nascosto. La realtà, in
effetti, è profondamente diversa, o quanto meno più complessa di quanto non
pensino tante persone, anche colte e avvertite.
[...]
Penso che sarebbe un libro indicato a chi si interessa alle tematiche
solitamente trattate in MAHALLA
Società africane. L'Africa sub-sahariana tra immagine e realtà - Anno 2005 -
Editore Zelig - Collana Futura - 330 p., brossura (cur. Mezzana Daniele,
Quaranta Giancarlo)